Sopravvissuta

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Ero paralizzato.

Riascoltai più volte il messaggio. La voce della ragazza, così piatta e vuota, era spaventosa. Sembrava che fosse completamente assoggettata dalla persona che aveva di fronte.

Avevo paura. Per lei, per Marianne. Per qualcosa che era fuori dal mio controllo, e che allo stesso tempo sembrava riguardarmi così da vicino. Non riuscivo a realizzare che stava capitando proprio a me. Non ero più neanche convinto che potesse trattarsi di una coincidenza. Mi ero scontrato con l'assassino, e con ciò? Erano bastati quei pochi secondi a rendermi un obiettivo?

Non aveva senso.

Ciò che era certo era che ci sarebbe stata presto una nuova ragazza assassinata, e io non potevo fare nulla per impedirlo. Nessuno poteva fare nulla, perché era già troppo tardi.
Non potevo sapere quando quel messaggio vocale fosse stato registrato.

Mi incamminai lungo la strada deserta, con il telefono tra le mani. Dovevo chiamare un taxi e farmi portare alla centrale di polizia, avvisare Miller, ma non avevo tempo. Così decisi di chiamare sia lui che Ryan.

Stavo per comporre il primo dei due numeri di telefono, quando una voce femminile, proveniente dalle mie spalle, mi sorprese.

<<Ethan Welback?>>

Mi voltai e di fronte a me vidi una ragazza bionda sui vent'anni, che a malapena sembrava reggersi in piedi.

Tremava.

Mi avvicinai a lei, esitando.

<<Sono io. Chi... Chi sei? Ci conosciamo?>>

Scosse la testa lentamente, con lo sguardo perso verso un punto lontano, da qualche parte oltre le mie spalle. Mi voltai per capire che cosa stesse guardando, ma non vidi nulla.

Tornai a rivolgere gli occhi su di lei.

<<Lui... Lui mi ha detto che avrei dovuto parlare con te. Mi ha lasciata... Mi ha lasciata andare...Ma dovevo...>>

Si interruppe, la voce spezzata. Si piegò sulle ginocchia e si lasciò cadere a terra, sul ciglio del marciapiede. Mi avvicinai a lei e la aiutai a risollevarsi.

<<Ehi! Riesci a stare in piedi? Ce la fai?>>

Lei scosse ancora la testa. Sul volto, le lacrime avevano incominciato a scendere, veloci.

Le strinsi le mani. Erano gelide. Non riusciva a rimanere ferma. Si accasciò nuovamente a terra ed io cercai ancora di aiutarla ad alzarsi, invano. Tremava. Mi tolsi il cappotto e le coprii le spalle. Poi mi abbassai anche io, restando piegato sulle ginocchia. Cercai i suoi occhi e vidi che si erano di nuovo persi a fissare il buio della notte.

<<Ehi, ehi...>> dissi, in un sussurro. <<Va tutto bene. Va tutto bene. Come... Come ti chiami?>>

Lei esitò, chiuse gli occhi, li riaprì.

<<Tutte quelle fotografie... Tutte quelle ragazze. La stanza ne era piena. Erano ovunque, appese alle pareti. Dappertutto. Ed erano morte. Tutte quante. Tutte morte.>>

All'improvviso, riconobbi la sua voce.

Era la ragazza che parlava nel messaggio vocale che avevo ricevuto.

Era viva.

<<Come ti chiami?>> le domandai ancora, cercando di rimanere il più calmo possibile, o almeno di fare in modo che sembrasse così.

<<Lyla>> rispose, senza guardarmi, continuando a lasciare che le lacrime le rigassero il volto <<mi chiamo Lyla.>>

Chiamai un'ambulanza, poi telefonai al detective Miller e a Ryan Cooper, spiegando loro ciò che era appena successo.

Mi dissero entrambi di non muovermi, e che sarebbero arrivati immediatamente.

Mi guardai intorno. La strada era deserta.

<<Come sei arrivata qui, Lyla?>>

Silenzio.

<<Perché proprio qui?>> le chiesi nuovamente.

<<Mi ci ha portata lui. Ha detto che avrei dovuto parlare con te. Voleva che ti incontrassi e... e che ti dicessi che cosa ho visto.>>

<<Chi è lui, Lyla? Lo conoscevi? Era qualcuno che avevi già incontrato?>>

Lei scosse la testa.

<<No, no. Ero al parco. Stavo correndo. Non ricordo come sia successo. Forse sono caduta e...>>

Il pianto la interruppe, spezzandole la voce.

<<Ho riaperto gli occhi e...>>

Si fermò ancora, ricominciando a tremare, più intensamente, senza riuscire a controllarsi.

<<Ho visto tutte quelle fotografie. Tutte quelle ragazze morte, sulle pareti. Erano ovunque. Erano intorno a me, in tutta la stanza. E poi la sua voce. Lui...>>

I singhiozzi, che si erano triplicati, le tolsero il fiato.

<<Rilassati, cerca di respirare>> le sussurrai, portandole un braccio intorno alla schiena, cercando di proteggerla dal gelo di quella notte.

<<Lui ha detto che ti dovevo incontrare, perché tu devi incominciare a comprendere.>>

La ballerinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora