Due corpi, un corpo - l'amore ritrovato

1K 131 44
                                    

Il mio appartamento era buio come l'avevo lasciato. Piccolo e triste. Sentii la pioggia che con violenza continuava a cadere sulla città, mentre Marianne si toglieva le scarpe.

La guardai senza dire nulla. Lei fece un passo verso di me, io le strinsi i polsi. Le nostre dita si intrecciarono ancora una volta.

Non parlammo. Ci baciammo.

Con intensità, a lungo. Fno a che lei non diventò l'aria che stavo respirando, tutti i rumori che stavo sentendo.

Ci spogliammo restando l'uno di fronte all'altra, con foga, senza pensare più a nulla. Soltanto a noi due, soltanto a quella voglia forte che pulsava sotto la pelle, al di là degli occhi, al di là delle parole e dei pensieri.

Fu strano essere di nuovo insieme. Fu strano sentirla tremare e sospirare addosso a me, sentire il suo odore. Fu strano farlo in piedi, contro la parete, con le nostre mani strette, mentre la pioggia diventava ancora più intensa, ancora più violenta.
Ci staccammo per un instante, ci guardammo negli occhi e non so a che cosa pensai in quel momento. Inciampammo nei nostri vestiti. Scorsi i miei boxer accanto alle sue mutandine nere a terra, e mi sembrò di essere tornato al tempo in cui le cose tra di noi sembravano essere perfette.

Ci baciammo con ancor più dolcezza e intensità. Marianne si voltò di spalle. Le strinsi le mani e la spinsi contro il muro. Lo facemmo con ancora più foga, con ancora più voglia. Con rabbia, forse. Pensando a tutto quel tempo che a causa del nostro orgoglio avevamo perso. Pensando all'amore che si era spezzato.

La sentii sospirare sempre più in fretta, sottovoce. Sentii tutto il suo calore e alla fine tutto il suo piacere, che diventò all'improvviso anche il mio. Sussurrò il mio nome. Le baciai il collo. Rimase immobile, di spalle, con lo sguardo rivolto alla parete del muro, mentre il temporale era diventato un diluvio. Si voltò verso di me. I suoi occhi erano ancora chiusi, le guance arrossate. Quando i nostri sguardi infine si ritrovarono, e mentre i nostri corpi erano ancora un corpo solo, mi resi conto che l'amore era tutto lì. Ciò che cercavo era lì. Era in quella frazione di secondo; era nel suo respiro rotto, nei suoi sussurri, nelle sue guance arrossate. Nella sua espressione stanca ma finalmente in pace, finalmente a casa. Ed ero a casa anch'io, allora.

Avrei voluto dirle che la amavo, che la amavo davvero, e invece uscii da lei e mi lasciai scivolare a terra. Lei fece lo stesso e si appoggiò a me. Non ci dicemmo nulla. Rimanemmo soltanto immobili, l'uno accanto all'altra, ad ascoltare i nostri respiri che si mescolavano alla pioggia.

L'amore era quello, lo sapevo, ne ero certo. Non avevo bisogno di nient'altro e sapevo con assoluta certezza che anche per Marianne era così.

Era questo il motivo per cui, nel profondo del mio cuore, sapevo che, per me, lei era e sarebbe stata per sempre l'unica.

***

Quella stessa notte, l'assassino aveva lasciato Melodie nella gabbia. Aveva percorso alcune miglia in automobile, e poi si era fermato di fronte a una palazzina di Virginia.

Aveva spento il motore, era sceso e poi era rimasto immobile sul marciapiede. Aveva alzato gli occhi al cielo e con la sua espressione vuota aveva incominciato a fissare la finestra dell'appartamento di Ethan.

<<Sì, sì. Sì. Stiamo arrivando. Stiamo arrivando. Stiamo arrivando per sempre>>, aveva sussurrato, cantilenando in tono infantile.

La ballerinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora