Quando alla fine lo trovammo, il mondo si fermò.
Il mio mondo.
Non si trattava soltanto di una resa dei conti. Non era solo una questione di giustizia.
Era molto di più.
Per me, l'inizio di qualcosa di nuovo.
Un ritorno. Dal nero. Dall'orrore. Da una vita che per troppo tempo aveva corso verso la direzione sbagliata.
Speravo con tutto me stesso che, con la cattura di Christopher Dwight, quella storia finisse, per sempre e per ciascuno di noi. Per Ryan, soprattutto. Ed ero stanco del sangue versato. Nauseato da tutto l'orrore che avevamo dovuto attraversare, arrancando, ansimando, per arrivare alla verità.
Pensavo a tutto ciò mentre Miller parcheggiava poco distante dall'ingresso della Virginia Station, la stazione ferroviaria.
Dopo la diffusione della foto segnaletica di Christopher ci era arrivata una telefonata da un inserviente che giurava di aver riconosciuto il gemello di Ray a pochi metri dall'ingresso principale della stazione. Erano trascorse meno di ventiquattro ore dalla diffusione delle immagini.
Era sera, il momento delle ultime corse. La polizia aveva dato ordine alla stazione di bloccare tutto, ma questo Christopher non lo sapeva. Era salito sull'ultimo treno diretto a Philadelphia perché forse aveva pensato che su un treno sarebbe stato più semplice passare inosservato.
Le automobili della polizia di Virginia, a sirene spente, avevano circondato la stazione. Ogni uscita era stata chiusa e ogni possibile via di fuga bloccata. Era stato dato ordine a tutti i mezzi di trasporto di non partire. Tutto ciò era avvenuto nel modo più silenzioso possibile, per far sì che Christopher Dwight non si sentisse in pericolo e non commettesse nulla di avventato.
Non potevamo rischiare di perdere altre persone.
Il capotreno aveva annunciato un lieve ritardo rispetto agli orari di partenza per darci modo di raggiungere la stazione il prima possibile. Non avevamo intenzione di far sì che fossero gli agenti già presenti sul posto a occuparsi del gemello di Ray. D'altro canto sapevamo che se avesse tentato qualunque mossa sarebbe stato spacciato. C'erano sbirri ovunque fuori dalla stazione. E anche all'interno, le comunicazioni erano passate in modo tanto silenzioso quanto efficace. Probabilmente, sul posto in quel momento erano presenti più agenti che civili. L'organizzazione era stata straordinaria.
Miller mi ordinò di rimanere a terra, vicino al treno sul quale era salito Christopher. Lui, invece, salì assieme a tre agenti e a Ryan.
Mi sentivo impotente. Avrei voluto seguirl, ma gli uomini della Polizia rimasti a terra con me mi ordinarono di allontanarmi, dicendo che avrei corso il rischio di espormi troppo.
Non so dire se sia stato ancora una volta il mio intuito ad assistermi in quel momento, o soltanto fortuna, o il destino, o il caso; ma ancora una volta mi ritrovai protagonista di qualcosa che non avevo previsto né voluto, e che avrebbe cambiato per sempre la vita di ciascuno di noi.
Avevo deciso di seguire in parallelo, dall'esterno, Ryan, Miller e gli agenti che erano saliti sul treno, per assistere alla scena. Camminavo da solo attraverso il buio della notte, mentre la neve aveva ripreso a cadere abbondante e morbida, e il freddo mi entrava nelle ossa. Camminavo in silenzio osservando con attenzione i volti dei passeggeri all'interno delle carrozze, alla ricerca de gemello di Ray. Sapevo che era inutile, perché Ryan e Miller l'avrebbero scovato prima di me, ma volevo comunque "collaborare" in qualche modo. Essere parte anche di quell'ultima azione.
Ero quasi arrivato alla fine del treno, e di Christopher non c'era ancora traccia.
Mi fermai, scossi la testa. Osservai le mie mani. Tremavano. Lasciai che il fiato uscisse lento dalla mia bocca. Lanciai un'altra occhiata all'interno del treno e scorsi per un istante Ryan e Miller. Camminavano in avanti, lentamente.
Pensai a quanto avrei voluto trovarmi da un'altra parte, lontano da lì.
Con Marianne.
Poi, d'un tratto, la mia attenzione fu scossa da qualcosa che sul momento non riuscii a distinguere.
Un'ombra che, forse, si era mossa non troppo lontano da me.
Sollevai lo sguardo e vidi una sagoma solitaria in lontananza, che si muoveva accanto all'estremità dell'ultimo vagone del treno.
Mi guardai intorno.
La polizia era ovunque, ma non laggiù. Si trattava di una delle pochissime zone rimaste scoperte, forse perché dove il treno finiva sbucava direttamente il binario.
La figura che avevo intravisto si muoveva proprio sui binari, nascosta dalle tenebre.
Guardai ancora verso l'interno del treno.
Avevo perso di vista sia Ryan che Miller, sia gli agenti che erano saliti con loro.
Mi voltai e osservai lo spazio alle mie spalle. L'agente più vicino si trovava a troppi metri da me perché lo potessi chiamare senza farmi notare. Presi in mano il cellulare e mi resi conto che non c'era rete.
Mi restava una sola cosa da fare.
Se l'ombra che ero riuscito a scorgere fosse stata quella di Christopher, di lì a poco lo avremmo perso.
Smisi di pensare a ciò che sarebbe potuto accadere e mi incamminai verso il punto in cui il treno finiva.
Sentivo il cuore correre all'impazzata e i pensieri accavallarsi frenetici nella mia testa.
Sapevo che dovevo mantenere la calma, restare lucido. Probabilmente, l'ombra che avevo scorto, nascosta dalla notte, era quella di un inserviente o di una persona qualsiasi, e non Christopher. Ma dovevo scoprirlo.
Raggiunsi l'estremità dell'ultimo vagone e mi sporsi in avanti, cercando di osservare lo spazio intorno a me senza lasciare nulla fuori dalla mia vista.
Non c'era più nessuno.
Soltanto notte, neve e silenzio.
Rimasi immobile per diversi secondi; poi, all'improvviso, la sentii.
La punta di una lama gelida appoggiata contro la mia gola, e quella voce bassa che avrei ricordato per il resto dei miei giorni.
<<Shhh. Vieni. Vieni con me, adesso.>>
STAI LEGGENDO
La ballerina
Mystery / ThrillerEthan Welback, giovane giornalista di successo di New York, viene lasciato dalla ragazza che ama, Marianne. Deciso a riconquistare il suo cuore, abbandona il lavoro presso uno dei quotidiani più importanti della metropoli e si trasferisce a Virginia...