A tre centimetri dal cuore

1.5K 149 78
                                    

Il locale era accogliente.
Luci basse, calde. File di tavolini attaccati alla grande vetrata che lo separava dalla strada ricoperta di neve, con piccoli divani in pelle dove sedersi al posto delle tradizionali sedie.

Ordinammo tre birre e tre bistecche, e cenammo con calma.

Fu una bella serata. Credo che Miller avesse avuto l'idea di invitarci a cena più che altro per spostare momentaneamente l'attenzione di Ryan dal caso.
Sapeva quanto l'amico stesse male per tutta quella storia e sono certo che potesse in qualche modo sentire il suo dolore. Glielo si leggeva in viso, d'altronde. Ryan era oggettivamente un bell'uomo, e l'aria tormentata che lo contraddistingueva contribuiva a far sì che la verità che si portava dentro risaltasse con ancora più forza su quel volto attraente.

Cercammo di non parlare dell'indagine, anche se non fu semplice evitare il discorso.
Ogni tanto gli occhi si Ryan si perdevano a fissare il vuoto, e Miller cercava di distrarlo, di allontanarlo da ogni possibile pensiero negativo.

<<Lo so, Hart. Scusami. Non sono una persona piacevole da invitare a cena. Io..>>
<<Non ti scusare, Ryan. Io so chi sei. Ricordi il caso O'Donnell?>>
Guardai Ryan e lui accennò un sorriso. Anche Miller sorrise e poi si rivolse verso di me.
<<Questo figlio di puttana seduto accanto a te, Ethan>> disse, indicando Ryan con gli occhi <<un tempo mi ha salvato la vita.>>
Guardai anche io Ryan, poi mi voltai verso Miller con aria interrogativa, come a chiedergli di continuare con il racconto.
<<Era il 2000. Dicembre del 2000. Una della poche sparatorie avvenute a Virginia, credo. Un regolamento tra spacciatori finito male. La centrale chiama, dice che c'è una sparatoria in corso poco distante dal centro della cittadina. Io e Ryan, che ci trovavamo in zona, ovviamente interveniamo.>>
Si fermò, bevette un sorso di birra e poi riprese a parlare.
<<Te li ricordi, Ryan? Ricordi quei tre stronzi?>>
Ryan annuì, quindi anche lui mandò giù un po' di birra.
<<Comunque, come ti stavo dicendo, siamo io e lui contro questi tre balordi che stanno sparando verso altri due uomini. Al nostro arrivo uno dei due uomini dell'altro gruppo riesce a scappare, mentre l'altro trova riparo alle nostre spalle. Intimiamo agli uomini che abbiamo di fronte di deporre le armi, e loro lo fanno. Gridiamo di alzare le mani, e obbediscono. Mentre ci stiamo avvicinando a loro, sentiamo un colpo di pistola provenire dalle nostre spalle. Il ragazzo dell'altra banda, quello che inizialmente era scappato, adesso era dietro di noi e stava sparando agli altri tre.
Ryan si volta, apre il fuoco e lo ferisce ad una gamba. Nello stesso istante, uno dei tre uomini con le mani alzate - il capo della banda, O'Donnell, appunto- tira fuori un'altra pistola e incomincia a sparare verso di noi. È soltanto una frazione di secondo, ed io a malapena me ne rendo conto. L'attimo successivo Ryan è già davanti a me, a prendersi due pallottole al posto mio.>>

Miller smise di parlare guardando Ryan, fissando con gli occhi la sua spalla sinistra.
Terminò la birra, quindi riprese: <<Due proiettili a tre centimetri dal cuore. Ti devo la vita, amico>> concluse, sorridendo.
Ryan ricambiò il sorriso, anche lui terminò la birra e fissò Miller negli occhi.
<<Al posto mio avresti fatto la stessa cosa, Hart.>>

Miller annuì, ed io mi resi conto, in quel momento, di essere seduto in mezzo a due uomini che avrei potuto definire in un modo solo: limpidi.

Capii che l'amicizia che li legava aveva radici più profonde di quanto avrei mai potuto immaginare. Soltanto in quell'istante mi resi davvero conto di come la morte della figlia di Ryan avesse distrutto non solo la vita del detective, ma anche tutto il mondo che intorno a quella vita si era lentamente andato a creare.

<<Quando sarò in Italia..>> disse Ryan, rivolgendosi a Miller <<stai attento, Hart. Non sappiamo fino a dove possa spingersi la persona che stiamo cercando. Non sappiamo quanto intimamente conosca me, te o Ethan. O la mia ex moglie, Karen. Tutta questa storia mi ha insegnato una cosa. Più scaviamo in profondità, più rischiamo di perdere noi stessi e la vita che ci siamo costruiti attorno.>>
Miller annuì, serio. Sul suo volto era spuntata un'espressione cupa, adesso.
<<Guardati le spalle, collega. Voglio ritrovarti sano e salvo al mio ritorno.>>
<<Lo farò, Ryan. Lo stesso vale per voi.>>

Pagammo, uscimmo dal locale e ci salutammo. Strinsi la mano a Miller e Ryan lo abbracciò.
<<Tienimi aggiornato su tutto>> gli disse.
<<Lo farò. Anche tu, amico.>>

Quando il detective si fu allontanato, Ryan mi chiese se volevo un passaggio.
<<No, grazie. Farò due passi.>>
<<D'accordo. Ti passo a prendere domani mattina>> disse, ricordandomi che il giorno seguente avremmo dovuto prenotare un volo per l'Italia.

Lo salutai e lo guardai incamminarsi in direzione del suo albergo, o di un bar, o di un taxi.

Era un uomo solo nella notte che sarebbe potuto andare ovunque.

Ripensai per un istante alle parole di Miller. Ryan gli aveva salvato la vita senza esitare, mettendo in gioco tutto ciò che aveva.

Provavo una stima immensa verso di lui.

Sapevo che erano anche i due proiettili che aveva preso al posto dell'amico, quelli a tre centimetri dal cuore, a renderlo la persona che era. La cicatrice di quella ferita sarebbe rimasta indelebile accanto a tutte le altre che si portava addosso, per la vita.

Incominciai ad incamminarmi verso il mio appartamento, mentre la notte era scesa rapida intorno a me.

Poi, d'un tratto, mi fermai. Da solo, in mezzo alla strada deserta.

Ripensai a Ray. A tutte le parole di Miller. A quelle di Ryan. Al fatto che ero vivo. Alle mie priorità, e alla seconda occasione che forse, in relazione a quelle priorità, la vita aveva deciso di regalarmi.

Presi in mano il telefono e, senza pensarci, composi il numero di Marianne.

La ballerinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora