Il morto che cammina - Verso la verità

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Stavo aspettando che David Hattinson mi telefonasse per dirmi qualcosa sulla ragazza di quelle fotografie, Norma. Speravo davvero che potesse fornirmi informazioni utili su di lei. Non avevo prove per poter dire che quella fosse la pista giusta da seguire, ma credevo al mio istinto. Dopotutto, avevo costruito la mia carriera su un insieme di sensazioni viscerali ed incoscienza.

Quella stessa incoscienza era stata la molla che mi aveva suggerito di mettermi al volante della mia Jeep e guidare per oltre due ore, direzione Stonewall.

Adesso, il penitenziario in cui era rinchiuso Ray Dwight si stagliava di fronte ai miei occhi, ancora circondato dalla neve.

Controllai il cellulare, vidi che David non mi aveva ancora richiamato.

Avrei impiegato il tempo di quell'attesa cercando di parlare ancora una volta con Ray.

Non fu difficile. Entrai, contattai il direttore, e dieci minuti dopo ero nella sala dei colloqui.

Ray mi si presentò di fronte mentre ero assorto nei miei pensieri. Mentre con la testa ancora una volta tornavo a quelle fotografie.

<<Ciao, Ray>> dissi, guardandolo.

Lui non rispose. Si sedette sulla sedia di fronte a me, dall'altro lato dello schermo divisorio che ci separava. Mi guardò dritto negli occhi, senza dire nulla. Osservai i suoi tatuaggi. La sua testa rasata lasciava che la croce sulla nuca risplendesse in modo intenso ed inquietante al tempo stesso.

<<Sei ancora tra noi, allora>> disse infine, in un sussurro.

Sorrisi.

Avevo ripensato, dopo aver chiamato David al giornale, ad alcune delle parole che Ray aveva rivolto a me la prima volta che eravamo andati a trovarlo. Aveva detto: "Non parli perché sei uno di loro, sei uno dei morti. E i morti non parlano. Sei un morto che cammina". Qualcosa del genere. E all'improvviso mi era sembrato che molti piccoli dettagli avessero incominciato a dare un senso ai frammenti sparsi di tutta quella storia.

Ray aveva detto che io ero un morto.

Un morto che cammina.

<<Ti dispiace che io sia qui, Ray? Che cosa avevi detto? Lasciami pensare. Avevi detto che io... che io ero... un morto che cammina. Avevi detto proprio così, non è vero?>>

<<È la verità. È ciò che sei.>>
<<Non credo, amico. Non credo.>>

Lo guardai, rimanendo in silenzio. Osservai i teschi tatuati sul suo collo, le fiamme sulle braccia. E poi le lettere scritte sulle dieci dita delle mani, a comporre due parole.

Flame Burns.

Fuoco brucia.

L'incendio. Evelin.

<<Lei se ne è andata così, è vero, Ray?>>

Mi scrutò con quegli occhi spenti e al tempo stesso carichi di inquietudine.

<<Che cosa stai dicendo?>>
<<Tua madre. Evelin. Ti ricordi di lei?>>

Si alzò dalla sedia di scatto, fece un passo in avanti, verso il vetro, contro di me.

<<Che cosa stai dicendo? Tu non puoi parlare di lei. Tu non...>>
<<Evelin Perth. Si chiamava così, eh? Ed era una donna bellissima, Ray. Sono certo che sia stata anche una madre straordinaria. Per questo è stato tanto difficile perderla. Perché lei ti voleva bene davvero. Vi voleva bene davvero.>>

Ray scalciò, poi colpì il vetro con un pugno violentissimo, e la guardia si voltò verso di noi. Con un cenno, le feci capire che era tutto sotto controllo.

La ballerinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora