La vittoria di Ray

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Durante il tragitto che da Stonewall mi avrebbe riportato a Virginia telefonai a Ryan e gli spiegai quale fosse il punto esatto in cui lui e gli altri avrebbero dovuto cercare. Avevo capito quale fosse il nascondiglio del serpente, perché ricordavo la cascata poco distante dalla superstrada dei minatori. Era piuttosto piccola, e si trovava attaccata ad una delle tante pareti rocciose che circondavano l'area.

Nessuno aveva pensato di controllare oltre il getto d'acqua di una cascata. Non potevo biasimare la polizia per questo. Non era possibile immaginare l'esistenza di un passaggio nascosto in quel punto.

Ryan mi aveva risposto che si sarebbe recato subito sul posto. Gli avevo anche spiegato che l'uomo che stavamo cercando non era Christopher, e gli avevo raccontato del mio colloquio con Ray. Gli avevo detto che entro pochi minuti avremmo avuto il nome e l'identikit che ci serviva. Lui aveva riferito tutto a Miller e così avevano lasciato andare il gemello di Dwight, anche perché in realtà non avevano nulla per trattenerlo in centrale.

Gli avevo anche spiegato che per conoscere l'identità del serpente avrebbero dovuto chiamare il penitenziario di Stonewall e chiedere informazioni circa l'ultimo compagno di cella che Ray Dwight aveva avuto.

Poi, Ryan mi aveva ringraziato dicendomi che avrebbero contattato il carcere e che mi avrebbe aggiornato entro pochi minuti, ed io avevo attaccato il telefono e avevo premuto il piede sull'acceleratore, per raggiungere il prima possibile Virginia e la superstrada dei minatori. Il tragitto da Stonewall richiedeva di norma un paio di ore, ma alla velocità alla quale stavo guidando avrei impiegato poco più di sessanta minuti ad arrivare.

Il mio cuore batteva all'impazzata. Sapevo che di lì a poco gli uomini di Miller sarebbero entrati nel rifugio del serpente. Avrei avuto delle risposte su Marianne. Ero pronto al peggio, o almeno era ciò che, mentre superavo paesaggi bellissimi e innevati, continuavo a ripetere a me stesso. Non ero affatto pronto, in realtà. Ma chi lo sarebbe stato?

Il telefono squillò facendomi sobbalzare.

Lessi il nome di Ryan sul display.

Possibile che fossero già arrivati? L'avevano già trovato?

Marianne.

<<Dimmi, Ryan. Siete già lì?>>
<<Non ancora. Ci stiamo muovendo adesso. Sono con Miller e altri sei agenti. A breve arriveranno ulteriori rinforzi. Volevo dirti che abbiamo un nome, finalmente. Miller ha chiamato ora il penitenziario di Stonewall, assieme al procuratore che si occuperà del caso in tribunale.>>

Sospirai. Da un lato ero sollevato perché non mi aveva dato ancora notizie su Marianne. Dall'altro, invece, sapevo che la tensione che sentivo dentro di me, pronta a esplodere all'improvviso, era dovuta proprio alla stessa ragione.

<<L'uomo che stiamo cercando si chiama Thomas Lee Grayson. Ha trentotto anni, ed è originario di Stonewall. Ha scontato diversi anni di recente per un tentativo di rapina e violenza sessuale. Il suo profilo è spaventoso. Entra ed esce dal carcere da quando era un ragazzino.>>

Ryan smise di parlare. Come se si stesse domandando se quell'uomo potesse essere il colpevole della morte di sua figlia.

Non glielo avevo ancora detto, in realtà. Non gli avevo spiegato che Thomas Lee Grayson era colpevole dei delitti di oggi, ma non di quelli di tredici anni fa. Non gli avevo riferito che, con ogni probabilità, ad avere assassinato sua figlia era stato Ray Dwight. Non volevo farlo al telefono. Gliene avrei parlato a voce, guardandolo negli occhi, una volta catturato Lee Grayson.

<<Fate attenzione, Ryan. Io sarò lì il più presto possibile. Se dovessi...>>
Mi fermai.

<<Che cosa?>> mi domandò.
<<Se dovessi trovare Marianne... o se... se dovesse succedere qualcosa.. se lei dovesse essere già...>>
<<Non dirlo neanche, Ethan. Ce la faremo. La salveremo.>>

Esitai. Trassi un respiro profondo. Chiusi gli occhi.

Potevo sperare. Soltanto sperare.

In un lampo, rividi il giorno in cui Marianne aveva compiuto ventotto anni.

<<Se ti dicessi che non ho mai amato nessuna, prima di te, mi crederesti?>>

Marianne aveva piegato la testa all'indietro, in un movimento leggero, dolce. Poi all'improvviso aveva sorriso, lasciando che la fossetta che aveva sulla guancia destra facesse capolino di fronte ai miei occhi, portandoseli via. Per sempre.

<<Ti crederei, Ethan. Crederei a qualsiasi cosa tu mi diresti.>>
<<Perché?>>
<<Perché è così. Non c'è una ragione. Sento che c'è del buono, in te. E mi piace. Mi piace da morire.>>

Ci eravamo baciati. A lungo, davanti all'ingresso del ristorante dal quale eravamo appena usciti.

Mi sembrava che il suo profumo fosse ancora lì con me.

Senza rendermene conto avevo percorso diverse altre miglia.

Il telefono suonò. Era di nuovo Ryan.

<<Ryan.>>
<<Abbiamo trovato la cascata, Ethan. Siamo qui.>>

La voce andava e veniva, adesso. Il segnale era instabile. Facevo fatica a capire che cosa stesse cercando di dirmi.

<<Stiamo entrando. Ti aggiorno su....>>

Suoni indistinti, poi un fruscio, una vibrazione.

Poi, ancora per un attimo, la voce di Ryan, a dirmi qualcosa che continuavo a non capire.

<<Ryan? Mi senti? Ryan?>>

La linea cadde, ed io gettai il telefono sul sedile accanto al mio. Premetti il piede a fondo sull'acceleratore, come se facendolo avessi potuto annullare la distanza che ancora mi separava da quella maledetta cascata e dalla vita di Marianne.

Sapevo che, con ogni probabilità, al di là di quell'acqua Ryan e Miller sarebbero scivolati in un buco nero, composto soltanto da sangue e orrore. Non c'era nulla che potessi fare per evitarlo. Mi sentivo frustrato, inerme, impotente. Era una sensazione terrificante. Mi riempiva di angoscia.

Sospirai a fondo, cercando di calmarmi, mentre sembrava che la neve avesse incominciato a cadere ancora più decisa.

Sapevo anche che, in un modo o nell'altro, durante le ore successive la mia vita sarebbe cambiata per sempre.

Forse, in ogni caso, Ray Dwight aveva già vinto.

La ballerinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora