Un tempo lontano

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L'uomo ci guardò, con i suoi occhi di un azzurro intenso e circondati da tante piccole rughe.

<<Posso aiutarvi?>> domandò, con un sorriso sulle labbra. Aveva più di settant'anni, ma ne dimostrava molti meno. Era in perfetta forma.

<<È quello che speriamo>> gli rispose Marianne con la consueta gentilezza, porgendogli la mano.

Si presentò, poi gli disse i nostri nomi ed io e Ryan lo salutammo tirando fuori un "buongiorno" molto traballante.

<<Siamo americani. O meglio, loro sono americani, ed io sono francese. Ma per fortuna ricordo ancora un po' di italiano>> gli disse Marianne, quasi fornendo una spiegazione al fatto che fossimo stranieri in terra straniera.

Lui sorrise, sistemò alcune grosse corde con le quali stava lavorando e infine scese dalla barca con un equilibrio, una sicurezza e un'agilità che non avrei immaginato potesse avere.

<<Suppongo che lei sia l'unica a parlare italiano, signorina>> disse, guardando me e Ryan senza smettere di sorridere. Marianne annuì con la testa.

<<Allora, che cosa vi porta qui?>>
Marianne esitò per un istante mentre lui si puliva le mani con uno strofinaccio.

<<È una storia lunga. Si tratta di qualcosa che pensiamo sia stato fabbricato da lei, tanti anni fa, a Valenza.>>

L'uomo sgranò gli occhi e il suo sguardo chiaro mi parve rimanere d'un tratto sospeso a mezz'aria, fisso oltre il blu del mare che gli si spianava di fronte.

<<A Valenza? Allora deve trattarsi davvero di una vecchia storia. Come mi avete trovato?>>
<<È stato il signor...Francesco Brunetti, sì, questo è il suo nome, se non sbaglio, a fornirci delle informazioni. Ci siamo recati a Valenza qualche giorno fa, e dopo diverse ricerche abbiamo conosciuto Francesco. Una persona fantastica. Ci ha parlato tanto di lei e dei suoi due figli, signor Carlo. Roberto ed Edoardo.>>

Salviati ci guardò, o meglio, ci studiò, con stupore.

<<Ci ha raccontato dell'oreficeria nella quale lei ha lavorato per tanti anni, prima di chiudere e trasferirsi a Torino.>>
<<Mi sembra che sia trascorsa una vita intera>> disse, riportando gli occhi sul mare.
<<Non ci si rende mai abbastanza conto di quanto il tempo voli, non è vero?>> rispose Marianne, sottovoce.
<<Già.>>
<<Da Valenza ci siamo spostati a Torino, sperando di trovarla. E invece abbiamo conosciuto suo figlio Roberto e sua moglie. Alla fine, lui ci ha detto che l'avremmo potuta incontrare qui, in Puglia.>>
Carlo Salviati annuì, poi socchiuse le labbra, come se fosse sul punto di dire qualcosa, ma si fermò nuovamente.
<<Ne avete fatta di strada per trovarmi. Adesso sì che sono curioso di conoscere la vostra storia.>> Si strinse nelle spalle e sorrise. Era un bel sorriso, pensai. <<Ero un artigiano dell'oro, è vero, ma ormai la mia vita è cambiata. Che cosa stavate cercando, di tanto importante?>>

Marianne guardò per un attimo me, poi Ryan. Come se fosse incerta sul modo in cui muoversi.

<<Si tratta di qualcosa su cui pensiamo lei abbia lavorato, parecchio tempo fa. Nel 1986, forse.>>
Carlo Salviati ci guardò con espressione ancora più interrogativa, e Marianne chiese a Ryan di consegnarle il ciondolo. Lui lo fece, e lei glielo porse.
Prese la busta tra le mani, la aprì, estrasse il ciondolo. I suoi occhi si spalancarono per un istante, poi sembrarono perdersi da qualche parte. In un tempo lontano.

<<Riesce a ricordare questo ciondolo, Carlo?>>
Lui socchiuse le labbra, continuando a guardarlo, a rigirarlo, a studiarlo.
<<Dove... dove l'avete..?>> domandò, senza riuscire in alcun modo a nascondere la sorpresa.
<<Mi creda, è davvero una storia lunga>> rispose Marianne, sorridendogli ancora una volta.
<<Riesce a ricordare questo ciondolo?>> gli domandò nuovamente.

Carlo Salviati alzò la testa, guardò Marianne, poi me e Ryan. Infine i suoi occhi si spostarono ancora una volta verso il mare. Piano, con calma, attraversando lo spazio come se invece, in realtà, stessero attraversando il tempo.

<<Sì>>, disse, <<lo ricordo. Ricordo quel ciondolo.>>
Marianne fece un passo verso di lui, e gli strinse una mano nella sua.
<<E riesce a ricordare chi lo ha ordinato?>>

Carlo sorrise, poi tornò a guardarla negli occhi.

<<Certo. Lo ricordo bene. E credo che anche mio figlio Edoardo e mia moglie Rosa possano ricordare qualcosa.>>

Marianne ci guardò, e mi sembrò di vedere l'adrenalina prendere vita sul suo volto.

<<Sentite, io abito poco distante da qui. Rosa ed Edoardo dovrebbero essere rientrati, a quest'ora. Venite con me. Vi offro qualcosa. Vi racconto ciò che ricordo.>>
Si fermò un istante, lasciando a Marianne giusto il tempo di accettare l'invito.

Poi, incamminandosi, aggiunse qualcosa, quasi sottovoce, quasi come se stesse parlando da solo. Quelle poche parole gli uscirono piano dalle labbra, in un sussurro, ma le potemmo udire lo stesso.

<<Era da una vita intera che non ripensavo a quel ciondolo.>>

La ballerinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora