Il passato ritorna

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Era una voce femminile, dalla cadenza sudamericana.
Fu Ryan a parlare attraverso il citofono.

<<Polizia, signora. Cerchiamo il padrone di casa.>>

Polizia, pensai. Certo. Come no. Posso sempre mostrare il tesserino del Virginia24 al posto del distintivo.

Ci fu un istante di silenzio, poi la donna rispose.

<<Va bene.>>

Il grande cancello davanti a noi si aprì con uno scatto metallico, e ci ritrovammo di fronte ad un lungo viale alberato che conduceva all'ingresso della villa.

Attraversandolo, non potei fare a meno di notare file di siepi corate alla perfezione e alti lampioni da accendere la sera, ad illuminare quel bellissimo giardino. Raggiungemmo il grande portone d'ingresso e suonammo un altro campanello. Dopo pochi secondi fece capolino di fronte a noi una donna di mezz'età, robusta, con capelli ingrigiti corti e arricciati.

<<Buongiorno>> ci disse.
<<Buongiorno, signora>> rispose Ryan.
<<Siete della polizia?>> domandò, osservandoci attentamente. Non sembrava troppo convinta circa il nostro ruolo.
<<In realtà>>, disse Ryan, <<lo ero. Soltanto io. Oggi sono un investigatore privato.>>
<<Ah, capisco, capisco. Il padrone di casa, il signor Sully, sarà da voi a momenti. Se volete accomodarvi, potete sedervi lì>> disse, indicando un grande divano in pelle situato a una delle due estremità dell'enorme salone principale della villa.
<<Grazie, signora...?>>
<<Mendoza. Sono la domestica.>>
<<Molto piacere, signora Mendoza. Io mi chiamo Ryan. Ryan Cooper. Lavora da tanto tempo per il signor Sully?>>
La domestica sorrise, mentre ci accompagnava al divano.
<<Oh, sì, signor Cooper. Da una vita. Da quando lui era soltanto un ragazzino. Sono trascorsi così tanti anni... ero una ragazzina anche io, quando ho cominciato.>>
Ryan annuì.

<<Ha sempre lavorato per il signor Sully?>>
<<Sempre>> disse.
<<Quindi forse può...>>

Si interruppe perché, all'improvviso, un uomo comparve nel salone.
Era alto e magro. Doveva avere all'incirca sessant'anni. Era elegante e abbronzato, e i capelli, lunghi e brizzolati, non lo facevano sembrare più vecchio; anzi, contribuivano a renderlo ancora più affascinante.

<<Harrison Sully>> disse, avvicinandosi a Ryan e porgendogli la mano. Poi anche io e Marianne ci presentammo.

<<Allora, signori. Se ho capito bene siete... della polizia? Davvero?>>
Ryan sorrise.
<<Ero detective, un tempo. Soltanto io. Dipartimento di polizia di Virginia, Pennsylvania. Oggi lavoro nel privato. Ma avremmo piacere di porle qualche domanda, se per lei andasse bene.>>

Harrison Sully ci guardò a lungo, restando in silenzio.

<<I suoi due accompagnatori di che cosa si occupano, se non sono indiscreto?>>

<<Di altro, a dire il vero>>, disse Ryan, <<ma in un certo senso sono coinvolti nella storia che ci ha condotti qui da lei, signor Sully.>>

Il padrone di casa annuì.

<<Capisco. Sentiamo, allora. In che cosa posso esservi utile?>>

Ryan sospirò, ed io mi guardai intorno. Mi resi conto, soltanto in quel momento, che ovunque, sulle pareti, erano incorniciate locandine di diversi film, vecchi e recenti.

<<Sto cercando informazioni su una persona. Per una serie di motivi, la pista che ho seguito mi ha condotto fin qui, al suo indirizzo. Le dice nulla il nome Evelin Perth?>>

Sully forse fece il possibile per rimanere impassibile, ma in realtà sul suo volto sereno qualcosa cambiò.

<<Era da tanto tempo che non sentivo più quel nome, signor Cooper.>>

Ryan fece un passo verso di lui.

<<Significa che... la conosce?>>

Ci fu un lungo silenzio, poi Harrison Sully annuì.

<<Lei non si faceva più chiamare così, quando ebbi modo d'incontrarla.>>
<<Aveva cambiato nome?>>
<<È una storia molto lunga. Sapete...sapevo che prima o poi quel passato sarebbe tornato a galla.>>
<<Che cosa vuol dire?>>
Sully esitò e poi lasciò scivolare le mani nelle tasche dei pantaloni.


<<Non so che cosa stiate cercando, signori. Come avrete notato guardandovi intorno, io lavoro nel cinema. Come quasi tutti da queste parti, d'altronde. Sono un produttore. Ho un'azienda da mandare avanti. L'ultima cosa di cui ho bisogno è finire in mezzo ad una storia come quella di Evelin Perth. Vorrei chiedervi di andarvene, a dire il vero.>>

Ryan sospirò.

<<Senta, signor Sully. Comprendo il suo punto di vista. Ha la mia parola che tutto ciò che ci dirà resterà confidenziale. Non parleremo con i giornali, o con chiunque altro. Utilizzeremo le sue informazioni soltanto per portare a galla la verità. E spero con tutto il cuore che ci riusciremo, perché le ragioni per cui ci troviamo qui sono collegate a una scia di sangue lunga anni. Lei forse adesso non riesce a immaginarlo, ma potrebbe contribuire a salvare delle vite.>>

Sully esitò. Sospirò a fondo, poi guardò Ryan dritto negli occhi. Non disse nulla per un minuto buono.

<<La prego, Harrison.>>
Allargò le braccia, come se a malincuore avesse già deciso di accettare ciò che sarebbe seguito da quel momento in poi. <<Se è di Evelin Perth che volete parlare, allora credo che sia più corretto che veniate con me. Seguitemi>> disse, incominciando ad attraversare il grande salone.

Gli andammo dietro.

Attraversammo un lungo corridoio. Anche lì, sulle pareti, erano appese locandine di film più o meno famosi. Uno si intitolava "Battaglia finale" ed era stato un grosso successo ai botteghini. L'avevo visto al cinema. Un film idiota ma piuttosto divertente.

Arrivammo di fronte a un'enorme porta a vetri che si affacciava su un bellissimo giardino con piscina.

Harrison Sully aprì e ci accompagnò all'esterno.

Seduta a un tavolino, intenta a leggere un libro, c'era una donna.

La ballerinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora