Il destino di Ryan Cooper - Ciò che accadde alla stazione

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Erano trascorsi altri tre mesi.

L'aria della Puglia era diventata calda quasi all'improvviso, senza che io e Marianne ci accorgessimo di quel cambiamento. Le strade si erano accese di luci nuove, costellate di fiori di maggio rosa e freschi sotto un cielo che sembrava di giorno in giorno sempre più azzurro. Le vie di Porto Cesareo, lunghe e strette, iniziavano ad ospitare turisti provenienti da svariate parti del mondo. I profumi che si respiravano erano quelli di mare e pesce, terra e tramonto.

Tutto andava come avrei voluto. Era perfetto. Per quanto riguardava il lavoro, non avevo ancora provato a cercare un'occupazione, e neanche Marianne.

Avevo scritto qualche articolo per qualche rivista on line con la quale collaboravo, ma nulla di più.

Ci stavamo godendo quei giorni, anche se di tanto in tanto sembrava che alcune ombre fossero pronte a riaffacciarsi, nei meandri intricati della memoria. Non avevo mai pensato che il passato più recente e più nero sarebbe scomparso del tutto da un momento all'altro, ma ero ottimista. Credevo che, con il tempo, il ricordo di quei giorni di sangue si sarebbe perlomeno affievolito. Lo credevo e, soprattutto, lo speravo. Non tanto per me quanto per Marianne. Anche lei aveva trovato un nuovo equilibro, caratterizzato da passeggiate sul lungomare e cene a lume di candela. Si era dedicata alla scrittura e alla lettura, e aveva cercato di assorbire tutte le usanze e le tradizioni di quella nuova vita nel sud Italia.

Eravamo felici, ed era la cosa più importante. Ma c'era una voce che di tanto in tanto mi sussurrava all'orecchio parole che mi facevano male. Parole dolorose.

Le ombre non moriranno mai, Ethan. Continueranno a vivere insieme a te. C'è chi non è stato così fortunato, dopotutto.

Ryan.

Quando tornavamo alla nostra villetta sul mare e le luci del giorno si spegnavano, ecco che inevitabilmente tornavo a pensare a lui. Ci pensavo spesso, anche se mi sforzavo, il più delle volte, di non farlo. Non c'era una ragione particolare perché volessi evitare quei ricordi. Credo che il motivo principale fosse proprio il dolore indiretto che ancora mi causavano. In tutta la storia di Ray, Christopher ed Evelin, Ryan aveva perso una figlia, una moglie e sé stesso.

E poi c'era stata la resa dei conti. Quella notte alla stazione.

Quando avevo deciso di non vedere. Quando mi ero allontanato da lui, facendo in modo che potesse prendere la decisione che riteneva più giusta.

Erano rimasti soli, lui e Christopher. Avevo incrociato Miller e gli altri agenti che correvano nella loro direzione, con le pistole puntate verso quell'oscurità.

Avevo sentito le grida di Miller.

<<Getta la pistola, Ryan! Gettala subito!>>

Non avevo avuto il coraggio di voltarmi verso di loro.

Avevo chiuso gli occhi e poi avevo sentito ancora la voce dell'ex partner ed ex migliore amico di Ryan Cooper.

<<Per la miseria, Ryan, ti supplico di ascoltarmi! Getta quella dannata pistola a terra! Gettala prima che sia troppo tardi!>>

Avevo sentito i battiti del cuore accelerare all'impazzata, poi non avevo più resistito. Avevo riaperto gli occhi e mi ero voltato verso di loro. Avevo incominciato a correre in quella direzione, andando contro tutto ciò che mi ero ripromesso. Contro il voler lasciare che Ryan fosse libero di prendere la decisione migliore per Christopher e per sé stesso.

Improvvisamente, avevo provato una paura incredibile per lui.

<<Spara, Ryan Cooper>> aveva detto Christopher, con un sorriso sulle labbra. <<Uccidimi. Colora di rosso questa notte, adesso. Sarà soltanto sangue che si mescolerà con altro sangue. Sarà...>>

<<Taci, maledizione!>> aveva gridato Miller puntando la pistola contro Christopher.

Ryan si era avvicinato al fratello di Ray e aveva portato di nuovo la canna della pistola contro la fronte dell'uomo. Io, intanto, ero arrivato a un passo da loro.

<<Ryan>> avevo gridato, sotto la pioggia.

Si era voltato verso di me e, per un solo istante, mi era sembrato di riconoscere l'ombra di un sorriso sul suo volto. Avevo esitato, per poi avvicinarmi ancora un po' a lui e Christopher, anche se Miller mi aveva gridato di non muovermi.

Ero abbastanza vicino perché Ryan mi potesse sentire.

<<Non ti farà stare meglio, Ryan. Avevo pensato che in ogni caso tu avresti preso la decisione più giusta, ma poi mi sono reso conto di essere in errore. Tutto il sangue che questa storia ci ha fatto cadere addosso non deve essere la causa di un altro male, e poi di un altro, e di un altro ancora. Questa notte finirà. Sarà già finita, domattina.>>

Sentivo gli uomini di Miller che, un secondo dopo l'altro, si avvicinavano sempre più a noi, mentre l'acqua fredda della pioggia continuava a rigare il mio volto.

<<Ucciderlo adesso non cambierà ciò che è stato. Sono sicuro che tu abbia ancora molto da dare. Ho potuto conoscere tanto, di te, da quando ti ho incontrato, ma c'è un pensiero che non mi ha mai nemmeno sfiorato. Mai, neanche per un attimo.>>

Ryan aveva spostato per un istante gli occhi da Christopher a me.

<<Non ho mai creduto che tu ti saresti arreso. E sai una cosa, amico? Sono certo che neanche tua figlia l'abbia mai creduto.>>

Ero stato sincero. Lo pensavo davvero, ma non sapevo come avrebbe reagito.

<<Ryan, tu sei un uomo giusto. Quelli come te non ci sono più, in giro.>>

Mi aveva guardato senza rispondere. Poi, lentamente, si era inginocchiato.

Aveva disteso le braccia lungo il corpo, di fronte a Christopher. In quel momento, un agente aveva raggiunto il gemello di Ray e l'aveva spinto a terra, afferrandolo per i polsi, ammanettandolo e gridandogli di non muoversi.

Nello stesso istante, Ryan aveva chiuso gli occhi e aveva lasciato cadere la pistola.

Era rimasto così, in ginocchio, immobile sotto la pioggia.

In qualche modo, gli avevo salvato la vita.

La ballerinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora