Il motel

910 118 39
                                    

Fermai la jeep, confuso. Stordito, quasi.

Scesi di corsa e raggiunsi Ryan e Miller. Il detective stava parlando via radio con qualcuno: spiegava quali fossero le coordinate utili ad inseguire il veicolo del serpente.

Ryan mi guardò ed indicò la mia automobile.

Esitai per un istante, e alla fine trovai il coraggio per chiedergli ciò che volevo sapere.

<<L'avete trovata?>>

Lui annuì.

Non sapevo che cosa significasse e stavo per dire qualcosa, ma mi precedette.

<<Non sappiamo come stia, Ethan. Ho sentito l'ambulanza che arrivava, pochi minuti fa. La stanno portando in ospedale. C'è anche l'altra ragazza, con lei. Quella appena scomparsa. E abbiamo trovato dei resti dell'ultima vittima. Lee Grayson ti aveva inviato una sua fotografia mentre eravamo in Italia.>>

Avevo sentito tutto, avevo capito, ma riuscivo a pensare soltanto a Marianne.

<<Non c'è più tempo, Ethan. Io e Miller dobbiamo andare.>>

Salì sulla mia Jeep e Miller si sedette al posto del passeggero.

Montai dietro e chiusi gli occhi.

Avrei dovuto e voluto essere accanto a Marianne in quel momento, e invece non ne fui in grado.

I dottori faranno del loro meglio. Se si potrà salvare, la salveranno. Tu non cambierai le cose, Ethan.

Quella voce continuava a cercare delle giustificazioni per me. La verità, che il mio cuore conosceva bene, era che avevo costruito in qualche modo una barriera che teneva lontano da me ogni possibile esito negativo sulle condizioni di Marianne.

Forse ero un vigliacco. Non ne avevo idea. Tutto ciò che sapevo era che non volevo essere lì mentre succedeva. Mentre qualcuno si occupava, forse per l'ultima volta, di lei.

Riaprii gli occhi e cercai di ignorare la nausea che sentivo crescere sempre più in fretta dentro.
Vidi la strada nera correre veloce dal finestrino. Udii le poche parole scambiate da Miller e Ryan, ma mi sembrò di sentirle ovattate, lontane. Come se io fossi sott'acqua e loro in superficie. Era come se in un certo senso fossi sotto shock, ma l'avrei capito soltanto in seguito.

Dal punto in cui ci trovavamo era possibile seguire un unico tragitto: la superstrada dei minatori, che correndo per miglia e miglia sempre a nord collegava la cittadina di Virginia a quella di Saint Nicholas.

Il serpente poteva essere soltanto davanti a noi, e non molto lontano. Avevamo inquadrato bene il suo veicolo: una BMW nera.

Per quanto corressimo, però, di Grayson non c'era traccia. Se avessimo proseguito ancora un po', saremmo arrivati a Saint Nicholas.

Chiusi gli occhi e mi sembrò di non essere più in grado di riuscire a convivere con le mie angosce.

Hai lasciato Marianne sola, Ethan. Perché non l'hai raggiunta? Perché hai preferito inseguire il serpente?

Le domande erano più che corrette.

Guardai Ryan dallo specchietto. Riconobbi nei suoi occhi profondi quell'espressione di tristezza che tante volte avevo già scorto in lui. Ma lui aveva delle ragioni per sentirsi così. Aveva dei motivi più che validi. Era colmo di rabbia e amarezza, e tutto ciò che si portava dentro era dolore, sofferenza. Viveva con un malessere impossibile da gestire o cancellare. Non poteva né dimenticarlo né ignorarlo. Ero certo che ormai non potesse neanche più conviverci.

Voleva uccidere Lee Grayson, ne ero convinto. Ed io non gli avevo ancora detto che ad uccidere sua figlia non era stato lui, ma Ray Dwight.

Non lo sapevo ancora, ma forse stavo, inconsciamente, aspettando che succedesse qualcosa. Stavo aspettando il momento giusto. Volevo che soffrisse il meno possibile. Non avevo idea di come avrei fatto a raccontargli la verità, ma prima o poi avrei dovuto.

Chiusi gli occhi. Avevo spostato i miei pensieri su Ryan per cercare di smettere di sentirmi in colpa per non essere in una sala di attesa dell'ospedale.

<<Stai pensando che dovresti essere con lei, non è vero?>> mi domandò Ryan, guardandomi dallo specchietto.

Non risposi; mi limitai ad annuire con un movimento del capo.

<<Non cambierà nulla, Ethan. Ognuno attraversa il dolore nel modo che crede. Non sentirti in colpa per questo.>>

Le sue parole mi rincuorarono. Ogni volta, era come se Ryan mi conoscesse da sempre. Aveva una capacità incredibile di leggere nell'anima delle persone. Ancora non riuscivo ad abituarmici.

<<Pensi che ce la farà?>> gli chiesi, evitando il suo sguardo.

Lui non rispose. Continuò a guidare. Accelerò.
Guardai Miller. Neanche lui rispose.

La neve aveva ripreso a cadere con intensità dopo una breve pausa. Sentivo il freddo entrarmi fin dentro le ossa.

<<Credo di sì, Ethan. Credo che si salverà.>>

Sorrisi. Appoggiai la testa contro il vetro gelido del finestrino e chiusi gli occhi per un attimo.

Alcuni secondi dopo, Ryan rallentò.

Mi voltai e in alto sulla sinistra vidi un'insegna rossa che a intermittenza diceva "Western Motel".

<<Perché ti stai fermando?>> domandai.
<<Non lo so. Potrebbe...>>

Poi, in quello stesso momento, ci accorgemmo che nell'ultimo posto della fila riservata ai parcheggi c'era BMW nera.

La ballerinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora