Una mente malata

1.3K 152 63
                                    

Rimasi immobile a guardare il viso del detective Miller.

Sapevo che cosa mi avrebbe detto. Sapevo che il mondo, ancora una volta, si sarebbe fermato. E quando il mondo si ferma, non c'è nulla che si possa fare. Si diventa spettatori. Esseri inermi, uomini passivi.

Mi sorpresi a ripensare alle parole di mio padre. Quando mi diceva che l'importante, nella vita, era saper incassare, perché tutti sono bravi a colpire.

Miller si avvicinò al suo partner, Ford, poi Ryan li raggiunse.

<<Lasciate che gli agenti continnuino a perlustrare questa zona>> disse Miller <<e venite con me. Ci stanno aspettando alla scuola di danza.>>

Il sangue mi si gelò nelle vene.

<<Che cosa è successo?>> chiesi.

Miller scosse la testa, si guardò le mani.

<<Ne hanno appena trovata un'altra.>>
<<Sanno come si chiama?>> domandai, cercando di mantenere la lucidità.

<<No, non si sa nulla della ragazza. Pare l'abbia ritrovata un inserviente dell'impresa di pulizie. La Scientifica sarà sul posto entro pochi minuti. Dobbiamo sbrigarci.>>

Non risposi nulla. Composi nuovamente il numero di Marianne e ancora una volta fu impossibile raggiungerla. Chiamai sua madre, ma non trovai neanche lei.

Avevo paura. Era una sensazione che credevo di conoscere; quello fu il momento esatto in cui invece mi resi conto che del terrore, fino ad allora, non avevo mai saputo un bel niente. Dopotutto l'essere umano è così per natura. Arrogante, presuntuoso. Saccente.

<<Dobbiamo contattare gli uomini che sono di guardia sotto casa di Marianne, detective Miller. Devo sapere se sta bene.>>
Miller annuì e mentre ci dirigevamo verso l'automobile chiamò via radio gli agenti che avrebbero dovuto controllare la mia ex fidanzata.

Parlò brevemente con loro, muovendo il capo per annuire, quindi li ringraziò e poi si rivolse verso di me: <<Dicono che non è ancora tornata a casa. L'hanno vista uscire nel tardo pomeriggio in compagnia di un uomo. Non sono ancora rientrati.>>

Il mio cuore accelerò i battiti. Sapevo che si trattava del suo nuovo compagno, ma ciò non mi rendeva più tranquillo.

Salimmo in macchina e mi sedetti sul retro accanto a Ryan.

<<Se si tratta del nostro uomo, lo sta facendo più in fretta. Gli intervalli sono minori rispetto a dieci anni fa.>> disse lui, con gli occhi fissi sul finestrino, mentre la strada aveva incominciato a correrci accanto.

Nessuno di noi commentò. Aveva ragione. In tre anni, dal 2003 al 2006, aveva ucciso tredici ragazze in tutto. Adesso, in pochi giorni le sue vittime erano già due.

<<Lo farà ancora. Presto.>> aggiunse.

Era terribile pensarci. Per quanto il mestiere di cronista di nera a New York mi avesse abituato a confrontarmi con casi simili, la verità era che non si era mai pronti per davvero.
Quando ci si ritrovava in mezzo all'inferno, si poteva soltanto imparare a camminare tra le fiamme.

Raggiungemmo la scuola di danza in venti minuti. Scendemmo dall'automobile e Miller e Ford parlarono con alcuni agenti fermi davanti all'entrata. Un uomo dall'aspetto sconvolto, vestito da lavoro, parlava con altri poliziotti.
Era senza dubbio la persona che aveva trovato il cadavere.

Restando accanto a Miller, che procedeva senza fermarsi con nessuno, anche io avevo l'accesso libero verso la scena del crimine. Ryan e Ford, alle mie spalle, procedevano senza parlare. Potevo vedere le facce di tutti gli uomini presenti sul posto. I loro occhi persi, vuoti, tristi.

Davanti a noi, due agenti della Scientifica discutevano sottovoce, facendo strada a Miller, guidandoci verso il luogo in cui ci saremmo ritrovati di fronte al corpo della nuova vittima.

Percorreremo lo stesso corridoio che già conoscevo bene; arrivammo davanti al palcoscenico della scuola, dove qualche giorno prima avevo rinvenuto il cadavere di Claire Goodway. Le tende rosse, enormi, erano chiuse.

Camminammo ancora e passammo davanti ad alcuni camerini vuoti mentre di secondo in secondo il mio cuore prendeva velocità e le mie mani diventavano sempre più fredde, sempre più difficili da muovere.

Mi sembrò di essere all'interno di una bolla invisibile di panico, di ansia. Sapevo che ormai sarebbe mancato poco al ritrovamento del corpo, eppure afferrai una volta il telefono tra le mani e composi nuovamente il numero di Marianne, per rendermi conto che, ancora, a rispondere c'era soltanto la segreteria telefonica.

<<Ci siamo>> disse uno dei due agenti della Scientifica, fermandosi di fronte a noi, e fissando con lo sguardo la porta che dava l'accesso ai bagni delle donne.

<<So che sarete abituati a questo genere di cose, ma vi avverto: state attenti. Ciò che troverete là dentro... Ciò che le è stato fatto... Ciò che vedrete...>> si interruppe, ci guardò uno ad uno negli occhi; ed io riconobbi una luce triste, piena di sconforto nei suoi. <<Ciò che le hanno fatto>> riprese, << va oltre l'immaginazione, oltre la follia. L'inserviente che ha rinvenuto il corpo si è sentito male dopo aver telefonato alla polizia.>> Si interruppe ancora una volta. Ci guardò di nuovo negli occhi, poi appoggiò una mano sulla maniglia della porta.

<<Ciò che troverete in questo bagno è opera di una mente malata. Malata in modo irreversibile.>>

Abbassò la maniglia.
Poi, lentamente, aprì.

<<Ci sono luoghi da cui diventa impossibile uscire, una volta che si è entrati>> sussurrò, mentre di fronte ai nostri occhi si materializzava una scena che non avrei mai più dimenticato.

La ballerinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora