<<Avrei voluto avere più tempo, sapete? Le persone non pensano al fatto che il tempo che hanno a disposizione sia il dono più grande.
Evelin... lei era diversa. Mia sorella resta il mio rimpianto più triste. Rappresenta tutto ciò che nella vita ho sbagliato.>>
<<Di che cosa sta parlando, Susan?>> le domandò Ryan fissandola dritto negli occhi.
<<Parlo di me, credo. Del modo in cui mi sono comportata con mia sorella. Era... era da tanto che io non la vedevo, sapete, perché lei era davvero una ballerina di successo. Era brava, in un modo che appartiene soltanto a chi ha l'arte nel sangue. Ed era spesso in giro. Tournée, fotografie, fans, articoli sui giornali. Ci eravamo separate, in un certo senso.>>
<<Partiamo dal principio. Mi parli del marito di Evelin. Era sposata, non è vero?>>
<<Lo era, sì. Era sposata con Walter Clayton. Questo era il nome del marito. Un uomo privo di fascino e di intelligenza, a mio parere. Da lui aveva avuto i due gemelli, Ray e Christopher.>>
<<Walter Clayton ha detto? Ma il cognome di Ray è un altro. Dwight, per l'esattezza.>>
<<Oh, sì. Adesso lo è. Come vi stavo dicendo, Evelin era stata sposata con Walter Clayton per dieci anni, quasi. Fino ai ventisette. Si era separata, poco prima di raggiungermi qui in California. Era stato poco dopo il suo ultimo viaggio in Italia. Quei ciondoli venivano da lì, come avrete scoperto.>>Ryan annuì, e Susan Perth continuò con il proprio racconto.
<<Evelin si trasferì da me poco dopo quel viaggio nella penisola europea. Si era separata da Walter e aveva portato i due figli con sé.>>
<<E Walter?>>
<<Era rimasto a Philadelphia, dove avevano una casa.>>
<<In Pennsylvania, dunque. Non troppo distante da Virginia>> disse Ryan, parlando ad alta voce come se stesse dialogando con se stesso.
<<Sì. Una volta qui a Los Angeles, però, Evelin aveva cambiato identità.>>
<<Che cosa?>>
<<Già. Questa fu anche la mia reazione, all'epoca.>>
<<Che cosa fece sua sorella?>>
<<Cambiò nome. Cambiò i documenti, il passaporto, la patente. Tutto. La verità è che Evelin Perth non esisteva più.>>
<<E la danza?>>
<<Mandò all'aria anche la carriera. Tutto. Quando venne a stare da me, in California, non era la ragazza che io conoscevo. Voglio dire, era davvero una persona diversa.>>
<<In che senso?>>
<<Nel senso che c'era qualcosa di terribile in lei. Come un'ombra che dal suo viso non voleva saperne di svanire. Una macchia gigantesca di tristezza mischiata a... terrore, credo.>>
<<Che nome scelse?>>
<<Claire O'Donnell. E fu allora che cambiò anche il cognome dei figli, da Clayton a Dwight. >>
<<Ma per quale motivo?>> chiese Ryan.
<<Perché aveva paura. Era terrorizzata da qualcosa. Da qualcuno.>>
Ripensai alle parole di Carlo Salviati e mi resi conto che la sorella di Evelin ci stava dicendo esattamente la stessa cosa che ci aveva detto lui.
<<Da chi? Dal suo ex marito, forse? Walter Clayton?>>
<<Non lo so. Non ne ho idea, purtroppo.>>
<<Non glielo chiese, Susan? Evelin non gliene parlò?>>Susan Perth si guardò intorno e scosse lentamente la testa. Guardò suo marito Harrison, poi appoggiò gli occhi sulla grande piscina che avevamo di fronte.
<<Evelin provò a parlarmene, signor Cooper. Ci provò. Soltanto che io all'epoca ero sorda. Non so se capisce che cosa sto cercando di dirle.>>
<<Si spieghi.>>
<<Vede questa villa? Vede mio marito? Ecco, ero soltanto una ventenne scapestrata con un sogno nel cassetto, all'epoca. Volevo sfondare nel mondo del cinema. Per questo mi ero trasferita qui a Los Angeles, vicino ad Hollywood. Per respirare quel sogno. Per provare a viverlo. Avevo conosciuto Harrison dopo l'ennesimo provino fallimentare. Ti ricordi, tesoro?>> disse, rivolgendosi al marito, che annuì con il capo. <<Io e lui ci sposammo. Lui era già un produttore di successo. Io diventai un'attrice di poco conto, e in tutta onestà vi dico che fu soltanto grazie a mio marito. In parte il mio progetto si realizzò: certo non erano proprio le luci della ribalta, ma ero pur sempre un'attrice di Hollywood. Evelin piombò in questa casa proprio in quel periodo. Io stavo cercando di sfondare al cinema e la mia testa era completamente altrove. Per questo dico che fui sorda, all'epoca. Ecco dove vive quella tristezza che ogni singola mattina, quando mi sveglio, mi riporta da Evelin. Dal suo sorriso. Vive qui, ovunque. Non se ne va mai del tutto. Non mi lascia mai davvero sola. Perché a volte penso che se mi fossi comportata in modo diverso trenta anni fa, oggi forse quei rimpianti non ci sarebbero. E non ci sarebbero i rimorsi. Maledizione, quanto parlo, eh?>>Ryan le si avvicinò il più possibile, e non smise neanche per un istante di cercare i suoi occhi azzurri.
<<Che cosa accadde, poi?>>
Susan spostò lo sguardo lontano. Oltre la piscina. Oltre il giardino.
<<Evelin e i suoi due figli erano con noi da un mese, circa. Lei era sempre più preoccupata. Sempre più instabile. Ma ogni volta che cercava di parlarmi, io non c'ero. Ero a un provino, ero in uno studio, ero a una festa da qualche parte a Hollywood. Non c'ero mai, e non c'ero perché semplicemente preferivo essere altrove. Che schifo di persona, eh? Ma ero così. Non ho scuse, lo so. Non esistono motivi che possano giustificare l'amore non dato a una sorella che era semplicemente... straordinaria.>>
<<Che cosa accadde?>>
<<Evelin mi parlò. Era con noi da un mese, come stavo dicendo. Era sempre più magra. Sempre più fragile, o almeno così mi sembrava. Io davvero non capivo che problemi avesse. Così quella sera glielo chiesi. Perché sapevo che era da tempo che lei voleva parlarmi. E sapevo che a causa del mio comportamento egoistico, non ero mai riuscita ad ascoltarla. Le domandai cosa non andasse, e lei mi guardò a lungo negli occhi e mi disse che la sua vita era gradualmente precipitata nell'oscurità. Utilizzò proprio questa parola. Oscurità. Sembra un termine qualsiasi, e invece spiega così tante cose.>>
<<Le parlò di qualcuno in particolare?>>
<<No. Le chiesi che problemi avesse, e perché avesse deciso di cambiare nome, anche ai figli. Lei mi disse soltanto che se non ci fossi stata io, probabilmente sarebbe morta già da tempo. Ricordo che rabbrividii, a quelle parole. Lo ricordo così bene, signor Cooper.>>Susan si alzò, fece un passo verso la piscina e poi si voltò a guardarci. I suoi occhi erano fissi in quelli di Ryan, eppure lei sembrava essere altrove. Persa in un tempo lontano, lontanissimo.
Parlò, lentamente, ripetendo delle parole che, evidentemente, dalla sua mente non erano andate mai più via.
<<Se non ci fossi tu, probabilmente a quest'ora sarei già morta, sorellina. Grazie davvero per la tua ospitalità. Mi stai salvando la vita.>>
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La ballerina
Mystery / ThrillerEthan Welback, giovane giornalista di successo di New York, viene lasciato dalla ragazza che ama, Marianne. Deciso a riconquistare il suo cuore, abbandona il lavoro presso uno dei quotidiani più importanti della metropoli e si trasferisce a Virginia...