Labirinto

1K 125 55
                                    

Nel male non c'è direzione. Come in un labirinto. Si può camminare all'infinito in un buco nero soltanto per rendersi conto alla fine di essere di nuovo al punto di partenza. Vi troverete a chiedervi il perché di qualcosa. Cercherete spiegazioni logiche nascoste dietro azioni umanamente impossibili da accettare. Bene, preparatevi a non trovarne. Siate pronti ad affrontare la vostra convivenza più difficile: quella con la mancanza di risposte.

Il male non conosce ragioni. Semplicemente, esiste. Come esisto io, come esistete voi.

Ricordavo bene le parole del rettore dell'Università, Frank Middleton, durante il suo discorso a noi neo laureati.

Ci pensavo mentre, seduto sul divano accanto a una grande porta finestra in vetro nell'ampio salone della villa di Norma Stone, guardavo l'oceano.

<<Che cosa l'ha portata fin qui, Ethan? Evelin Perth fa parte... di un passato lontano, ormai.>>

Annuii.

<<È una storia davvero lunga, ed io non ho intenzione di annoiarla, Norma. Cercherò di essere sintetico. Sto indagando, insieme alla Polizia di Virginia, su una serie di omicidi. Ragazze assassinate, torturate, mutilate. Ne avrà sentito parlare, forse.>>

Norma mi guardò con espressione interrogativa.

<<Spesso, le vittime erano ballerine. Altre volte invece sono state uccise ragazze che non avevano a che fare con il mondo della danza. In più di un'occasione, in quei casi, l'assassino ha poi vestito o truccato le vittime come delle ballerine.>>

<<Ancora non capisco dove voglia arrivare>> disse Norma, con tono seccato.

<<Sarò breve, gliel'ho detto. Per una serie di circostanze, siamo venuti a sapere che gli omicidi di queste ragazze, a partire come minimo dal 2003, sono collegati in qualche modo a un uomo, Ray Dwight. Lo conosce?>>

Norma esitò, poi scosse la testa. Avrei potuto sbagliare, ma mi sembrò di scorgere un leggero tremolio sul suo labbro inferiore.

<<D'accordo, non importa. Ray Dwight è il figlio di Evelin Perth. Lei dice che Evelin fa parte di un passato lontano, eppure noi pensiamo che la causa scatenante di tutte queste morti sia proprio legata a qualcosa che in quel passato lontano deve esserle accaduto. Ed è per questo motivo che mi trovo qui.>>

Norma sgranò gli occhi e poi scosse le palpebre, più volte.

<<Mi scusi, signor Welback. Non ho capito. Lei è venuto qui da me per...per pormi domande su qualcosa che pensa sia accaduto ad Evelin?>>

<<In realtà sappiamo che Evelin Perth è morta nel 1986, in seguito ad un incendio avvenuto in una scuola di danza giù ad Hollywood. Soltanto che è morta come Claire O'Donnell, perché poco tempo prima aveva cambiato identità. Si sentiva minacciata da qualcuno, da qualcosa. E sappiamo anche che la notte in cui perse la vita all'interno della scuola di danza, c'era una persona nell'edificio insieme a lei, oltre ai suoi due figli, Ray e Christopher, e a suo marito, Walter Clayton.>>

Norma sollevò appena le spalle, fece un gesto stanco con la mano, poi si alzò. Si diresse in cucina e tornò con due tazze di caffè bollente. Me ne offrì una e io accettai volentieri.

<<Signor Welback, ancora non capisco. Perché è qui? Che cosa vuole sapere, di preciso, da me?>>

Esitai. Stavo procedendo nel modo sbagliato. Anche se Norma Stone avesse avuto qualcosa a che fare con la morte di Evelin, non c'erano ragioni per cui dovesse parlarne con me. Mi guardai intorno e vidi delle fotografie. Un bambino e una bambina, sui dieci anni.

Norma sorseggiò il caffè e poi chiuse gli occhi per un istante. Io mi alzai e camminai verso la porta finestra che si affacciava sull'oceano.

<<La vita è strana, non trova, Norma?>>

Non riuscivo a vederla perché ero voltato di spalle ma ero certo che mi stesse osservando. C'era una calma anomala in lei.

<<Perché?>> domandò.

<<Se Evelin Perth trent'anni fa non fosse morta nel modo in cui è morta, oggi molte ragazze sarebbero ancora vive. È come se la vita si fosse presa gioco di sé stessa. Prima lascia che una giovane innocente muoia bruciata durante un incendio, e poi si porta via tante altre anime pure, incolpevoli. Il destino, dicono alcuni, è scritto fin dal principio. Io non penso che sia così, invece.>>

<<Che cosa vuol dire?>>

<<Voglio dire che alcune azioni possono influenzare tutto, per sempre. E per quanto riguarda Evelin Perth, è andata davvero così.>>

<<Si direbbe che ne è convinto, dal modo in cui parla.>>

Mi voltai verso di lei, feci alcuni passi e tornai a sedermi sul divano. La guardai a lungo senza dire nulla. Ripensai alle fotografie che la ritraevano accanto a Evelin e poi mi parve di risentire le parole di tutte le persone che avevo incontrato nel corso di quell'indagine.

Evelin era una ragazza spaventata. Terrorizzata da qualcuno.

Rividi nella mia mente, ancora, quelle fotografie.

Norma era sempre con Evelin. Sempre accanto a lei.

<<Che rapporto c'era tra voi due, Norma?>>

Stavo assecondando il mio istinto. Avrei potuto sbagliare tutto e non scoprire mai la verità sulla morte di Evelin Perth. Eppure credevo in me stesso. Credevo nelle capacità che sapevo di avere. Ero sicuro che, in un modo o nell'altro, sarei stato in grado di fare la differenza. Lo sentivo.

<<Il rapporto di due ragazze che lavorano insieme e...>>
<<Mi parli di quei giorni. Com'era lavorare con lei? Era brava? Era molto amata, non è vero?>>

Norma annuì, lentamente. Poi si strinse nelle spalle.

<<Lo era, sì. Perché era davvero brava. Così bella, così perfetta. Così inarrivabile. Eravamo tutte delle brave ballerine, mi creda. Ma lei... lei aveva una luce differente negli occhi. Lo si notava subito, guardandola.>>

<<Andavate d'accordo?>>

Norma stava per rispondere, ma poi accadde qualcosa. Ci fu un lungo, lunghissimo momento di silenzio. Io sentii l'adrenalina crescere dentro di me. Era una sensazione che avevo già provato, in passato.

Ogni volta che mi ero ritrovato a un passo dalla verità.

La guardai.

Strinse con forza tra le mani la tazza di caffè. I suoi occhi erano rivolti verso il basso.

<<Norma? Si sente bene?>>

Non rispose.

Poi, di colpo, la tazza cadde sul pavimento, frantumandosi.

Norma non se ne preoccupò. Alzò invece lo sguardo su di me.

I nostri occhi si incontrarono e per una frazione di secondo mi sembrò di sentirmi paralizzato da qualcosa di forte, vibrante, impossibile da controllare.

<<Adesso le racconterò perché Evelin Perth è morta, Ethan.>>

La ballerinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora