L'ultima notte al mondo.

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L'ultima notte al mondo.


(Tarjei)

Scendo di casa molto lentamente. Henrik è giù che mi aspetta. Ceneremo in una stanza di hotel. Volevamo stare soli l'ultima sera. I miei genitori non hanno osato dissentire. Li ho abbracciati e ho detto loro la fatidica frase: "ci vediamo domani in aeroporto."

Quanto può essere difficile? Quanto può fare male? Fino a che punto posso avere paura? Non lo so. Le mie mani tremano. Questa è anche l'ultima volta che rivedrò Henrik, poi dovranno passare quattro mesi per far si che i nostri occhi si rincontrino. La cosa sembra cosi importante, urgente, ma a allo stesso tempo voglio godermela. Osservarlo come mai ho fatto prima d'ora, magari senza scoppiare a piangere. Scendo l'ultimo gradino con lo sguardo basso. Sono riuscito ad intravedere leggermente la sua figura fuori dal portone in vetro. Il mio cuore sta tremando. Non voglio partire senza di lui, non voglio stare cosi tanto tempo senza di lui.

Faccio un respiro profondo ed esco. M'inumidisco le labbra e tengo lo sguardo bassissimo.

Vedo i suoi piedi avvicinarsi. Mi tira facendomi sbattere contro di lui. Il mio corpo vorrebbe piangere in questo momento ma non voglio cedere. Respiro il suo odore, forte. Lo stringo forte a mia volta. Mi lascia dei piccoli bacini sulla testa. Penso che anche per lui non sia facile per niente. Alzo lo sguardo e m'imbatto nei suoi occhi. Li guardo sentendomi soffocare. E' come se stessi annegando nel suo oceano. Sbatto le palpebre e due lacrime scivolano. Dopo stanotte rivedrò questi occhi tra quattro fottuti mesi. Gli metto una mano sulla guancia, cerco di dire qualcosa ma non mi esce niente. Lui appoggia la sua fronte alla mia, "Ssh..."

La sua mano scivola e trova la mia. I nostri visi si allontanano ma con la mano libera mi lego ulteriormente al suo braccio. Ho bisogno di stargli il più vicino possibile stasera. Le nostre dita sono intrecciate. L'altra mia mano massaggia piano il suo braccio. Camminiamo nell'assoluto silenzio. Il mio sguardo scivola di continuo su di lui. Il suo viso, le sue labbra, i suoi capelli, il suo corpo, il suo modo di camminare, il suo modo di stringermi la mano. Perché tutto mi sembra cosi essenziale oggi?

Si accorge che lo sto guardando, incrociamo i nostri sguardi. D'impulso io abbasso il mio. Lo sento sorridere, "Isak ridammi Tarjei, subito!"

Sorrido leggermente, "Scusa..."
Mi bacia la tempia, "Tutto bene, amore?"

"Non lo so. Oggi è tutto cosi strano. Anche il prepararmi la colazione fissando ogni singolo passaggio mi è sembrato essenziale."
"La tua mania di routine."
"Si, penso sia per quello."

"E...il fissarmi in quel modo?"
"Sei bellissimo."
Rotea gli occhi divertito inumidendosi le labbra. Lo fa sempre quando è imbarazzato o agitato. E' adorabile.

"Mi farò bastare questa tua affermazione."
Rido piano. Vedere Henrik imbarazzato è una cosa molto rara. Si è sempre mostrato come quello forte che difficilmente cede. Sono felice di averlo fatto leggermente arrossire proprio oggi.

-

La cena è stata ottima. Ho continuato a guardarlo, a tenere la sua mano unita alla mia sopra al tavolino. Lui parlava delle varie cose che avrei dovuto fare una volta arrivato. Ma io non voglio parlare di questo, oggi. L'ho interrotto dicendogli che lo amo. Ha smesso di parlare di New York. Ha recepito il messaggio. Ho preferito nettamente parlare del suo film, degli attori che lavoreranno con lui, del suo continuare a fare turni al ristorante per cercare di riuscire a mantenere la casa nonostante non ci si sia ancora trasferito. Le spese e l'affitto sono tutte dimezzate comunque, anche se dopo quella ENORME mazzetta, i nostri stipendi da attori, i piccoli stipendi Henrik al ristorante direi che ci siano, possiamo totalmente farcela. Ma una volta arrivato a New York mi darò da fare per trovarmi qualcosina anch'io. Non si sa mai.

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