9. Similitudini generazionali

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Passeggiava per i corridoi da più di mezz’ora.

Aveva trascorso tutto il pomeriggio nella sua stanza, non voleva incontrarlo e non voleva averlo come tutor, doveva stare al suo posto e non invadere i suoi spazi.

Si era calmata e aveva deciso di andare a parlarci. Lo aveva cercato nei dormitori senza successo, le era rimasto solo un posto in cui controllare.

Quel ragazzo la stava facendo innervosire più del dovuto, e questo solo dopo due giorni dall’arrivo. Aveva battuto ogni record possibile.

Svoltò l’angolo in velocità e urtò contro qualcuno cadendo sul pavimento freddo.

“Guarda dove vai dannazione!” esclamò alzandosi nervosa.

“Non dovresti rivolgerti così al tuo professore signorina!” la rimproverò il ragazzo divertito davanti a Lei.

Vivian spalancò gli occhi riconoscendolo.

“Oh mio dio! Scusami, oddio! Cioè mi scusi! Insomma … mi dispiace è colpa mia!” si scusò Vivian arrossendo vedendo il professor Hewing davanti a Lei.

Il ragazzo sorrise ancora. “Direi che scusa va benissimo e sono io che mi devo scusare con te, ho la brutta abitudine di guardarmi gli anfibi mentre cammino” spiegò indicando gli anfibi neri consumati che portava ai piedi.

Vivian li guardò e sorrise.

“Direi che sei perdonato, mi sei venuto addosso per una buona causa, come avrai capito anche io li adoro” suggerì indicando i suoi.

“Abbiamo già trovato la seconda cosa in comune allora” affermò Jhona spostandosi i capelli biondi caduti sulla fronte.

“Seconda?” domandò stranita.

“La musica, anche io canto e suono. Prima che mio padre mi intrappolasse qui per farmi mettere la testa a posto si intende” spiegò gesticolando.

“Come sai che canto e suono?” chiese Vivian spaventata.

“Diciamo che mi sono trovato al momento giusto nel posto giusto” rispose il giovane professore facendole l’occhiolino.

Quel ragazzo era dannatamente sexy. Vivian lo osservò mordendosi il labbro inferiore.

“Al pub anche tu?” domandò sarcastica.

Sembrava che quel giorno ci fossero più spettatori indesiderati di quanti pensasse.

“Già, sono un cliente fisso. Mi piace bere, altro motivo per cui mio padre mi ha incastrato in questa cosa e francamente non so nemmeno perché ne sto parlando con te” affermò Jhona spostandole una ciocca di capelli dal suo viso poco truccato.

Un aroma di fumo la colpì.

Evidentemente Jhona fumava, il classico bad boy senza controllo che un padre modello nonché ministro, non vorrebbe mai come figlio.

Ma a Lei erano sempre piaciuti i bad boy. Si morse il labbro vedendolo avvicinare.

“Forse perché dalla prima volta che ti ho visto ho pensato che fossi dannatamente bella, in più porti degli anfibi e immagino che ascolti anche buona musica” spiegò Jhona arrotolandosi la ciocca di capelli di Vivian fra le dita.

Erano in mezzo a un corridoio praticamente deserto, potevano essere visti da qualunque studente, ma sembrava che a nessuno dei due interessasse.

Vivian prese fra le mani un lembo della giacca di pelle che indossava il ragazzo.

“Non dovremmo stare così vicini in un corridoio in cui potrebbe passare chiunque” suggerì.

Lo stava provocando ed era esattamente il suo obiettivo.

Burning Sun [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora