Gli occhi bruciavano e la stanchezza si faceva sentire.
Prese un altro sorso di caffè amaro e proseguì nella lettura dei fogli che teneva stretti fra le mani. Doveva trovare un nesso, un filo logico che legasse quei ragazzi apparentemente perfetti, a un’organizzazione criminale come quella.
Edmund si sarebbe arrabbiato con lui se avesse scoperto che ci stava lavorando da solo. Dire arrabbiato in realtà era riduttivo, si sarebbe infuriato e non poteva escludere la possibilità di essere licenziato.
Si passò una mano nei capelli nervosamente. Fuori era ormai notte fonda, ma non avrebbe smesso di studiare quei fascicoli, finché non avesse trovato qualcosa, un minimo particolare che potesse essere d’aiuto per lui, per loro, ma soprattutto per Lei.
Erano giorni che uscivano, che cercava di farla sorridere, per rivedere sul suo viso bellissimo quella curva meravigliosa che le donava una luce diversa. Era quel sorriso che l’aveva fatto innamorare. Si era ritrovato a pensare più volte che quella non fosse stata la cosa giusta da fare. Se non si fosse lasciato andare con Vivian dall’inizio, non avrebbe permesso a quella ragazza dagli occhi verdi di intrappolarlo in quella strada senza via d’uscita. Perché Vivian era quello, una strada lunga e complicata, piena di buche e salti, ma era talmente bello vedere quegli spazi di verde locati ai bordi della strada, che tutto il malumore accumulato durante il cammino, veniva immediatamente cancellato. Non poteva più tornare indietro ormai, l’unica cosa che poteva fare era continuare a camminare, nonostante le aree di sosta fossero praticamente assenti e lui fosse stanco, ci doveva essere una via d’uscita. La vedeva in lontananza e sapeva che se non fosse arrivato in fondo, se ne sarebbe pentito per sempre.
Bevve un altro sorso di caffè, tornando ad osservare i sei fascicoli che quel ragazzo strambo gli aveva consegnato. Non sapeva se poteva fidarsi di lui, l’unica certezza che aveva, era il suo interesse per Vivian, lo leggeva nei suoi occhi, era lo stesso che aveva scorto negli occhi di quel ragazzino che aveva trovato con Lei in terrazza la sera di capodanno. Mille volte si era chiesto cosa sarebbe successo, se lui non fosse arrivato. Li aveva osservati per un po’, appoggiato allo stipite della porta e non aveva mai visto una scena così semplice ma assolutamente complice prima . Erano mano nella mano, l’uno accanto all’altra a guardare il cielo. Vivian sorrideva, sorrideva genuinamente, come non le aveva mai visto fare e lui non l’aveva sopportato. Le aveva chiesto di rientrare e lei l’aveva seguito. Per un momento si era illuso che fosse tutto un abbaglio, Vivian non aveva opposto resistenza come era solita fare, aveva lasciato la mano di Liam senza dire nulla e l’aveva seguito all’interno. Da quel giorno però non aveva più rivisto quel sorriso dipinto che tanto amava. Si era illuso e continuava a farlo, avrebbe continuato in eterno se questo l'avrebbe portato ad avere Vivian al suo fianco. Solo la sua presenza lo faceva stare bene e sapeva che finché fosse stata li, lui sarebbe stato in grado di proteggerla.
Tentò di accantonare momentaneamente il pensiero di Vivian dalla sua mente. Doveva davvero trovare una soluzione a quel caso, c’era in ballo la vita di troppe persone, quelle a cui teneva di più.
Rilesse ad uno ad uno i nomi dei ragazzi che Jhona gli aveva indicato: Paul Lerman, Sean Jones , Greg Hudson, Chris Davis , Chad Tomlinson, Rik Mc.Queen.
Si concentrò sul profilo di Chad. Avevano frequentato gli stessi corsi a Hamilton, era sempre stato un tipo piuttosto strano e esibizionista. Vivian gli aveva raccontato più volte del malumore di Louis nei confronti del comportamento del fratello. La loro era una famiglia normale, sua madre era uno dei migliori avvocati londinesi e lui poteva aspirare ad essere molto di più, di un semplice ragazzo ricoperto di tatuaggi che combina guai.
Sean Jones non l’aveva mai conosciuto di persona, l’unica volta che l’aveva visto era proprio con Chad, fuori dal college. Stava uscendo per dirigersi al pub con Vivian e lui stava fumando una sigaretta appoggiato al muro. La cosa che aveva attirato la sua attenzione era il suo sguardo perso nel vuoto. Osservava un punto dritto davanti a se mentre Chad rideva e scherzava parlando con Lui. Da quello che Jhona aveva scritto in quei fascicoli, Sean era il più grande del gruppo, quello che aveva fondato quella stupida organizzazione mitomane.
Paul Lerman e Greg Hudson erano i più tranquilli a detta del biondo. Paul era un genio dell’informatica, troppo concentrato sulla sua carriera assicurata per partecipare a qualcosa che non fossero i suoi studi. Nulla di più sbagliato. A quando pareva senza Paul non sarebbero riusciti a portare a termine la maggior parte delle loro missioni. Lo stratega quindi non poteva che essere lui. Greg Hudson al contrario era il classico studente di Hamilton. Famiglia facoltosa, bell’aspetto, capitano della squadra di basket, un ottimo infiltrato.
Rik Mc.Queen, non lo aveva mai conosciuto di persona, ma aveva sentito parlare di Lui in svariate occasioni. Un’artista, un hippie amante della pittura, intrappolato all’Hamilton college. I suoi quadri ora erano in esposizione nelle migliori gallerie d'arte di Londra.
Cosa porta un uomo realizzato, a immischiarsi in affari loschi e giri pericolosi?
L’ultimo della lista era Chris Davis. Sorrise amaramente scuotendo la testa. Quello era il fascicolo sul quale si era concentrato di più. Sapeva che sotto tutta quell’assurda vicenda c’era Bruce Davis, un uomo viscido, egocentrico e egoista. Suo figlio era inevitabilmente come Lui, sarebbe stato l’erede della sua azienda, quello che lui preferiva chiamare impero. Non c’era molto da capire su di lui, era già tutto scritto, l’unica cosa di cui aveva bisogno erano prove, le stesse che non avevano mai ottenuto per incastrare Davis e porre fine a questa assurda vicenda.
Sospirò terminando l’ultimo sorso del caffè ormai freddo.
La cosa che accomunava quei ragazzi era l’aver tutto dalla vita. Essere realizzati, avere una bella famiglia alle spalle, strade spianate per un futuro lavorativo facoltoso e un’eccellente carriera. Eppure, qualcosa li aveva spinti li, a creare un’organizzazione pericolosa che ha come unico obiettivo quello dell’equilibrio.
Equilibrio. Equilibrio di cosa?
Jhona aveva scritto poche righe in merito all’argomento. Sosteneva che fosse qualcosa di cui nemmeno lui era a conoscenza fino in fondo. Si parlava di interessi, di classi sociali.
Sbuffò portandosi le mani alla testa. Gli sembrava di essere tornato indietro nel tempo, all’epoca in cui i più forti agivano solo per la smania del potere. Peccato che sembrava che il tutto fosse reale. Cosa spingeva Davis a volere ancora di più? Cosa spinge un uomo a non fermarsi quando ha tutto ciò di cui ha bisogno?
Forse perché quello che ha è tanto, ma insignificante, forse perché al suo fianco non ha nessuno in grado di fargli apprezzare qualcosa di diverso dai soldi o dal potere. Forse perché nella convinzione di essere pieni, in realtà si è completamente vuoti.
Aveva dei nomi, dei fascicoli, ma nemmeno una prova. L’obiettivo ora era trovare quelle e seppur fosse una mossa azzardata quella a cui stava pensando, era l’unica che gli veniva in mente.
Harry non avrebbe mai approvato, non l’avrebbe fatto nemmeno lui se non avesse capito che era strettamente necessario per uscirne. Sicuramente non poteva essere lui a proporlo, doveva gestire la situazione in lontananza, controllare che tutto filasse secondo i piani dietro alle quinte, servendosi di un protagonista all’interno del palcoscenico.
Lui era il regista, e l’unica attrice in grado di immedesimarsi in quel ruolo aveva i capelli biondi e lo sguardo vispo.
Si, Spencer sicuramente avrebbe messo in scena uno spettacolo da ricordare.
SPAZIO AUTRICE:
Capitolo cortissimo, di passaggio ma necessario per definire la situazione e il ruolo di Jess in tutta questa vicenda. Sono curiosa di capire cosa pensate voi ora :D
Leggete, votate, commentate :D
Un bacio! Greta <3
(A lato i volti dei componenti della Libra)
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Burning Sun [IN REVISIONE]
Teen FictionC'è una storia dietro a ogni persona. C'è una ragione per cui loro sono quel che sono. Loro non sono così solo perché lo vogliono. Qualcosa nel passato li ha resi tali, e alcune volte è impossibile cambiarli. [S.Freud]