33. Bugie intere e mezze verità

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Ora era tutto chiaro.

Finalmente il tanto nominato Jess aveva un volto e di certo non era il come se lo immaginava.

Il silenzio regnava sovrano nella stanza, nessuno sapeva cosa fare o tanto meno cosa dire.

Avrebbe voluto avvicinarsi a Vivian e stringerle la mano; combattere con lei questa lotta di sguardi fra lei e Jess. Avrebbero vinto insieme, lo facevano sempre, ma quella era una battaglia che non lo riguardava, non più ormai. Poteva stare li come tutti i presenti nella stanza, ad osservare quella bellissima ragazza furente di rabbia, che stava bruciando il nuovo arrivato con lo sguardo.

Il rumore di una sedia che strisciò forte sul pavimento attirò la loro attenzione; Vivian si  alzò in piedi stringendo fra le mani il tovagliolo. La pressione che stava esercitando su quel pezzo di stoffa, era la stessa che altrimenti avrebbe sprigionato sulla guancia, del ragazzo che stava in piedi a pochi metri da Lei.

Si voltò e si diresse velocemente su per le scale.

Doveva mettere quanta più distanza poteva da Lui; dalla fonte di tutto il suo dolore e della sua debolezza.

Liam la guardò correre via. Avrebbe voluto alzarsi e andare da lei, dirle che sarebbe andato tutto bene, ma non poteva; non era ne il contesto ,ne la situazione giusta per farlo. Non adesso che lui le aveva dichiarato i suoi sentimenti.

“Forse è meglio che andiate di la ragazzi” suggerì Grace guardando Diana.

Il suo pranzo di Natale si stava trasformando in qualcosa di più serio. L’arrivo di Edmund non preannunciava nulla di buono, lo sapeva.

Diana annuì alzandosi dal tavolo. Avrebbe voluto avvicinarsi a Jess e urlargli contro. Aveva vissuto con Vivian tutto il dolore che quel ragazzo le aveva causato; l’aveva letto nei suoi occhi spenti e nei suoi gesti stupidi. Ma non spettava a lei dire nulla, lo sguardo di fuoco di Vivian era bastato a metterlo a tappeto. Lo scongeva nei suoi occhi assenti; impalati sulla sedia dove poco prima sedeva Vivian.

Si diresse con i ragazzi fuori dalla stanza, la seguirono tutti in silenzio; ognuno di loro aveva un motivo per essere senza parole al momento.   

Entrarono nel salottino del pianoforte; le grandi finestre garantivano un panorama suggestivo sulla campagna circostante. I divanetti antichi color carta da zucchero, le ricordavano quando da piccola vi si stendeva in ascolto delle melodie in cui suo fratello si cimentava.

“Dobbiamo andare da Vivian” suggerì Spencer seria avvicinandosi a Lei.

Diana annuì distratta. Forse era egoista da parte sua, ma al momento l’unica cosa che desiderava era tornare indietro nel tempo; sdraiarsi su quel divanetto e lasciarsi trasportare in mondi lontani dalle note musicali.

“Credo che sia meglio lasciarla un po’ da sola ragazze.” Suggerì Liam.

Forse non aveva più voce in capitolo, ma sentiva di dover fare qualcosa per Vivian.

Non riusciva a odiarla, non riusciva ad accettare che lei potesse soffrire. Aveva visto quella tristezza e malinconia attraversarle gli occhi, lo stesso stato d’animo che l’aveva portata a compiere gesti così stupidi e soprattutto ad abbandonare parzialmente la musica.

Sapeva quando per lei fosse importante; era la sua valvola di sfogo, il modo per dimostrare al mondo chi fosse. Non aveva più cantato e sarebbe scoppiata da un momento all’altro.

“Credi che sia la cosa migliore?” chiese Harold preoccupato.

Era amico di Jess, ma al momento non riusciva a non pensare a come potesse sentirsi sua cugina.

Burning Sun [IN REVISIONE]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora