Capitolo 18

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Isabelle's pov
Quella mattina l'Afganistan si svegliò piangendo.
Erano trascorsi due giorni da quella famigerata sera, al seguito della quale la quantità di lavoro aumentò a dismisura, a tal punto da non avere neppure il tempo di poter fermarti e respirare un attimo.
A giorni alterni, mi ritrovavano fuori da quella città, con al mio fianco Niall o Liam.
Smith aveva continuato nel suo intento, separandomi da Harry e in parte ci era anche riuscito.
Erano davvero pochi i momenti in cui, in quelle quant'otto ore riuscimmo a vederci.
Alle volte ero così stanca, da saltare perfino i pasti pur di recuperare qualche ora di sonno, ma quel giorno, il terzo da quella sera, ero di riposo e se avevo letto bene dalla bacheca dei turni, anche Harry sarebbe stato nel campo.
Mi mancava, mi mancava così tanto avere quelle occasioni per punzecchiarci a vicenda, come mi mancava guardarlo.
A causa degli orari nuovi, neppure più alle docce lo incontravo ed ero più che sicura che dietro questo ci fosse lo zampino di Smith, ne ero certa.
Ma oltre questo, pensai che se davvero lui avesse voluto vedermi, l'avrebbe fatto.
Volere è potere.
E forse lui, semplicemente non aveva voluto.
Era strano, il suo umore era sotto i piedi, anche da lontano riuscivo a percepirlo, ma come sempre non ne conoscevo il motivo, certo, non era affar mio, ma avrei tanto voluto afferrare gli angoli delle sue labbra e portarli all'insù, solo per vederlo sorridere un attimo, ma ovviamente non lo feci e questo ci portò quasi a comportarci come due estranei.
Se nei giorni precedenti mi sorrideva appena quando ci scontravamo per caso in mensa, quel giorno no, camminò dritto per la sua strada, a capo basso, senza calcolare nessuno.

Raggiunsi l'infermeria verso le undici del mattino, avevo dormito abbastanza e ora mi sentivo decisamente meglio.
"Buongiorno Olga" salutai la capo infermiera, intenta a fare il secondo vaccino per il secondo mese di permanenza li.
"Salve cara" rispose con un sorriso.
Le malattie che si potevano contrarre erano davvero tante, quindi una volta al mese iniettavamo un vaccino diverso ad ognuno di loro e ovviamente anche a noi stesse.
Quella, pensai, poteva essere un'occasione per vedere Harry, anche solo per chiedergli come stesse, ma fino all'ora di pranzo, di lui, nessuna traccia.
Mi recai con Angie in mensa, ma anche lì nulla, il suo posto restò vuoto e a quel punto cominciai seriamente a preoccuparmi.
Non era da lui saltate un pasto e il fatto che fosse letteralmente scomparso, mi fece capire che davvero qualcosa non andasse in lui quel giorno.
Quando la mattina l'avevo visto passare dinanzi a me, senza neppure alzare il capo, avevo notato come il suo sguardo fosse perso nel vuoto, così come il suo passo, di solito deciso ed autoritario, aveva lasciato posto ad uno sciatto, come se gli mancassero le forze.
Afferrai qualcosa da mangiare, riponendolo in una vaschetta di alluminio.
"Dove vai?" Mi domandò Angie, guardando ciò che avevo fra le mani.
"Da Harry, poi ti spiego" mi dileguai fra i tavoli, raggiungendo l'uscita, ma sinceramente non sapevo neppure da dove cominciare.
Quel campo era enorme e nonostante fossi lì da un mese e qualche giorno, non lo avevo mai visto per intero, non c'e n'era mai il tempo.
Presi a camminare verso i giardini, passai per la palestra, nuovamente nei bagni e bussai perfino alla sua porta, svegliando il povero Louis, che mi disse di non averlo proprio visto passare per di lì.
Continuai a camminare anche oltre il reggimento americano, arrivando agli alloggi francesi, notando da lontano un albero, un albero abbastanza piccolo.
Mi avvicinai di più, quando fra i rami non troppo altri, scorsi le sue scarpe penzolare da quelli.
Non mi aveva vista, a causa del fogliame che lo avvolgeva e mi sentì quasi inopportuna a disturbarlo in un luogo così appartato.
Restai lì ferma qualche minuto a pensare, a pensare a qualcosa di geniale per non fare la figura dell'impicciona, ma la sua voce mi fece rinsavire dai miei pensieri.
"Ti ho già vista" disse, ma il suo tono non era né giocoso, ne incazzato, era così apatico e privo di qualsiasi emozione da mettere i brividi.
"Oh" la mia bocca assunse la forma di una o, colta in flagrante pensai "non volevo disturbarti, ma volevo solo darti questo" alzai il piccolo tegamino, con dentro il suo pranzo.
Mi avvicinai di più, riuscendo finalmente a vedere il suo viso, rivolto dinanzi a se e avrei tanto voluto sapere a cosa stesse pensando.
"Non dovevi disturbarti" rispose, dando una rapida occhiata a quello che avevo fra le mani.
"Non è un disturbo, ero solo preoccupata, di solito non salti mai.."
"Non avevo fame" mi interruppe, ma non fu brusco o maleducato nel farlo, parlava giusto per parlare, con tono basso che non gli si addiceva affatto.
"Harry, è tutto ok?" Gli domandai seriamente, era evidente che non fosse così.
"Si" la sua risposta arrivò dopo qualche secondo di silenzio.
"Non ti  credo, ma se non vuoi parlarne lo capisco" abbozzai un sorriso che lui ovviamente non poteva vedere.
"Perché sei qui?" Domandò, rivolgendo ora le sue attenzioni a me.
Alzai il capo verso l'alto per poterlo guardare.
"Te l'ho detto, ero preoccupata"
"Perché dovresti essere preoccupata per me? Nessuno lo è" il suo tono duro tornò, lasciandomi interdetta.
"Ma io si" imitai il suo tono.
"Perché?" Ripetè, perché ora era arrabbiato?
"Una volta qualcuno mi ha detto che non sempre c'è una spiegazione a tutto" usai le sue stesse parole del nostro primo bacio e per quanto cercasse di trattenersi, un piccolo sorriso, seppur triste, nacque sul suo viso "posso salire?"
"Eh? No ti farai male, il tronco è scivoloso" si accigliò.
"Allora aiutami" gli passai il cibo che riluttante afferrò, posandolo al suo fianco "dici che regge?" Indicai il ramo, abbastanza spesso, sul quale era seduto lui.
"Regge, è secolare" afferrò le mie mani e con una spinta di gambe riuscì a sedermi su quel tronco.
Lasciai entrambe le gambe a penzoloni da un lato, non come lui, avevo pur sempre una gonna io.
"Cos'è?" Aprì il tegamino, afferrando una patatina con le dita, portandosela alla bocca.
"Cotoletta e patatine, sono riuscita a salvare solo questo" sorrisi, pensando a come quei ragazzacci fossero costantemente affamati.
"Va più che bene" disse, continuando a mangiare.
"Mmm" mugugnai, cercando di trattenermi dal riempirlo di domande.
Alzó lo sguardo d'improvviso, facendomi mancare il respiro per la tristezza che ci trovai dentro.
Non stava piangendo, ma forse vederlo piangere avrebbe fatto meno male di quello.
Mi spostai sul quel tronco, cercando di avvicinarmi a lui.
Fu un istinto per me, che non riuscì a controllare.
Posai una mano sulla sua guancia, accarezzando quell'accenno di barba che la contornava.
"Sei così triste oggi" mormorai con il cuore in gola.
Chiuse gli occhi al mio tocco, rilasciando un lungo sospiro, prima di riaprili.
"Lo so" rispose, reclinando il capo verso l'albero, stavo per togliere la mano, quando la sua si posò sulla mia impedendomelo "avevo un amico, Ron" la sua voce tremò "anzi un fratello" sorrise appena "l'ho conosciuto all'età di due o forse tre anni, non lo ricordo, da allora non c'è stato un solo giorno senza di lui, fino ad oggi" la sua presa sulla mia mano aumentò "anzi un anno fa" si corresse "esattamente un anno fa" i suoi occhi si fecero lucidi, ma non pianse "eravamo in una notturna, sembrava tutto tranquillo, quando dei bastardi cominciarono a spararci addosso, io gli avevo detto di restare giù, ma lui- lui era così testardo, proprio come te" sorrise amaramente "l'hanno colpito al petto, volevo portarlo via da lì, poteva salvarsi, io ero stato sparato solo ad un braccio, all'altezza del gomito" e in quel momento ricordai di quella cicatrice che aveva "ma c'era una fottuta bomba sotto il carro e Smith ci raggiunse" chiuse l'altra mano a pugno e il mio labbro cominciò a tremare, avendo intuito il finale di quella drammatica notte "mi tirarono fuori da lì, urlavo, urlavo di prendere anche lui, che non era morto, Ron mi guardava steso a terra in una pozza di sangue ma era vivo, mi trascinarono fuori da lì e il carro saltò in aria con lui dentro, ma era vivo, cazzo era vivo" e fu in quel momento che ad entrambi, nello stesso secondo, cadde una prima lacrima a rigare i nostri visi.
Ero senza parole e probabilmente se anche avessi provato a parlare, sarei scoppiata in un pianto senza fine.
"Figlio di puttana" urló, spazzando via quell'unica lacrima che aveva versato "dovevo resistere, non dovevo lasciarmi trascinare così come un sacco di patate, avrei dovuto fare..."
"Hey" la mia voce tremava, ma sapevo che lui aveva bisogno di me e che dovevo essere forte per entrambi "non è assolutamente colpa tua" chiarì "a volte Harry non possiamo fare nulla per alcune cose, capisco la tua rabbia..."
"No, non puoi capirla" sbottò, ancora scosso.
"Forse hai ragione" cercai di lasciar perdere i suoi modi "e per quanto può valere quello che ti sto dicendo, sappi che lui sarà sempre al tuo fianco e sono sicura che sarà orgoglioso di te per aver continuato su questa strada, nonostante il dolore che ti porti dentro" sembrò calmarsi, il suo respiro tornò regolare.
Riportò lo sguardo verso di me, come se volesse dirmi qualcosa, i suoi occhi alle volte sembravano molto comunicativi, dicevano più di quanto volesse e ora ci leggevo dentro una disperata richiesta d'aiuto.
"Mi manca" disse dopo qualche attimo di silenzio "era tutto per me, senza di lui non credo più in nulla"
"Harry, nonostante tutto, hai avuto una grande fortuna ad incontrare l'amicizia vera e neppure la morte potrà mai farti dimenticare quanto bene vi siete voluti"
Posai l'altra mano sulla sua stretta a pugno, cominciando ad accarezzarne il dorso.
"Questo lo penso anch'io" sorrise appena "è sempre con me, a volte mi pare di sentirlo ridere"
"Non so se tu sei credente o meno, ma io lo so e sono sicura che non ci abbandonano mai, ovunque ora si trovino" quasi mi commossi al ricordo di mia nonna, la madre di mio padre, una grande donna che purtroppo ci aveva lasciato troppo presto per un brutto male.
"Non lo ero, ma quando lui quella stessa mattina mi regalò questa" estrasse dalla sua maglia una collana con una croce "ho cambiato idea, insomma non sono un ottimo cristiano, ma da quando lui non c'è più, mi piace pensare che si trovi in un posto privo di dolore e sofferenza"
"È molto bella" la sfiorai con le dita, sotto il suo sguardo fisso, ma non ne sembrava infastidito.
"E tu?" Inarcai un sopracciglio, non avendo intuito cosa volesse chiedermi "hai un'amica o un amico?" Tossì su quest'ultima parte.
"No" abbassai lo sguardo, ma infondo non era colpa mia "o almeno non li avevo a Boston, qui sono riuscita a farmene qualcuno"
"Come mai?" Spostò la sua mano da sotto la mia, ma solo per posarla sul mio fianco.
"Purtroppo ho solo incontrato persone che erano interessate ad altro, mi si avvicinavano solo per poter passare l'esame di anatomia con mio padre, che era il loro professore, dopo qualche anno ho smesso di crederci"abbozzai un sorriso privo di felicità.
"Che stronzi" corrugò le ciglia.
"Già, per fortuna non mi sono mai affezionata molto a nessuno di loro" ma nonostante questo ne soffrivo lo stesso.
"Vieni un po' qua" con fin troppa semplicità, mi fece scivolare più vicino a lui, finendo proprio fra le sue gambe aperti ai lati del ramo "noi due dobbiamo parlare di qualcosa" cinse una mia spalla e quindi io d'istinto, posai il capo sul suo petto; era arrivato il momento di fidarmi anch'io di lui.
"Mmmm, vero" presi a giocare con un lembo della sua maglia verde militare.
"Solo- solo se lo vuoi" mormorò, ma io sapevo che morisse dalla voglia di sapere cosa fosse accaduto.
"Si, una cosa per ciascuno" lo guardai, trovando già i suoi occhi riflessi nei miei.
"Mi sembra giusto" abbozzò un sorriso.
"Avevo un ragazzo un po di tempo fa, si chiama Marc e frequentavamo il secondo anno di infermieristica insieme, era gentile con me, molto" mi presi in minuto per rielaborare il tutto "dopo poco iniziammo a frequentarci e decidemmo di iniziare una relazione, era dolce, attento a me, veniva spesso a casa mia per studiare, diceva perfino di amarmi, se solo avessi saputo che stava mentendo, su tutto.." Chiusi gli occhi, quando cominciò ad accarezzarmi la schiena "io... Io non avevo avuto nessun altro ragazzo prima di lui e quindi ero....vergine, lui lo sapeva, ma diceva che per lui non era un problema aspettarmi e lo fece, almeno con me" un sorriso amaro si dipinse sul mio volto, al ricordo delle tante cose che avevo scoperto dopo sul suo conto "dopo quasi un anno, mi decisi ad affidarmi a lui, mi sentivo pronta, non avrei mai immaginato che si sarebbe comportato in quel modo"
"Cosa ti ha fatto?" Mi strinse di più.
"Mi portò in un motel" scossi il capo, per la mia stupidità, non dovevo accettare già in quel momento "cominciammo a baciarci, a spogliarci, ma era tutto così... Così veloce, senza amore, a me dava questa impressione"
"Dio mio" mormorò, digrignando fra i denti.
"Mi spinse sul letto, stavo per dirgli di fare piano, è stato un attimo Harry e lui è... Oddio è stato orribile, doloroso, ma quello che mi disse dopo è stato peggio"
"Lo ammazzo"
"Urlai, gli disse di fermarsi perché era stato troppo rude, lui mi urlò di starmene zitta e che fra non molto il dolore sarebbe passato, ma ti lascio immaginare il modo in cui me l'ha detto" tremai fra le sue braccia, ma bastò che mi abbracciasse ancora di più per calmarmi "riuscì a toglierlo da me, mi alzai dal letto, volevo andarmene e lui continuò ad urlarmi contro, dicendomi che dovevo solo vergognarmi per essere ancora vergine e che infondo dovevo ringraziarlo per essermi tolta quel pensiero"
"Che animale, dio mio, se solo lo avessi fra le mie mani..."
"E non è tutto" lo interruppi "dopo qualche settimana, scoprì che aveva iniziato una relazione con me, anche lui per ottenere l'esame con mio padre, fine della sto-storia" balbettai, rilasciando un respiro tremolante.
"Isabelle" posó una mano dietro la mia nuca, avvicinando i nostri visi "voglio che tu mi dica il cognome di questo bastardo, giuro che la pagherà"
"No Harry" repressi un urlo "cosa ti passa per la testa? Ormai è passato tanto tempo, non voglio più sapere nulla di quella storia"
"No, assolutamente no, non la passerà liscia quel figlio di puttana, ha abusato di te, lo devi denunciare, dopo che ovviamente io l'avrò pestato a sangue" affermò convinto.
"Harry io- io non credo sia stato un abuso, io-io oddio non ho mai saputo definire quella notte, voglio solo dimenticare" mi morsi il labbro, che come prima tremò.
"Dimmi solo il suo cognome, me ne occuperò io, non sentirai più parlare di lui"
"Harry per favore" lo supplicai con lo sguardo "non metterti in altri casini, suo padre è un avvocato, ti prego, sto cercando di superarla, non voglio più..."
"Non mi arrendo Isabelle, scoprirò da solo chi è"
"Harry" piagnucolai per la sua testardaggine.
"Non posso accettarlo, spaccherei il mondo per quello che ti è successo" sussurrò sulle mie labbra, avevo bisogno di lui, più di quanto avessi mai potuto credere.
"E così ora ognuno sa una cosa di un altro?" Asciugai con la mano altre lacrime che erano scese dai miei occhi.
"Quindi ora chi l'ha vinta la scommessa?" Domandò, facendomi riposare il capo sul suo petto.
"Mmmm, credo che abbiano perso entrambi"
"Io direi il contrario"
"Quindi tutti e due possiamo far fare una cosa all'altro?" Chiesi, avendo una mezza idea delle sue intenzioni.
"Bella idea" rispose, asciugando con il suo pollice il mio viso.
"Tu cosa vuoi?" Mi alzai di nuovo per poterlo guardare negli occhi, amavo farlo.
"Farti un ritratto" rispose di getto.
"E sai farlo?"
"Sono molto bravo" storse le labbra, quelle dannate labbra che continuava a bagnarsi con la lingua.
"Quanto modesto" ridacchiai.
"Non ho mai detto di esserlo" mi pizzicò il naso " e tu cosa vuoi scimmietta?"
"Allora.."
"Alt" mi bloccò "non è previsto alcun interrogatorio sul mio passato" chiarì, facendomi indispettire, era proprio quello il mio intento, conoscerlo meglio.
"Quanto sei noioso" sbuffai.
"Avevo fatto centro?" Sghignazzò.
"Mi toccherà pensare ad altro" mormorai, contrariata.
"Dai, vorresti dire che non c'è nient'altro che vorresti farmi fare?"
Una mezza idea c'è l'avevo, più che altro era un vero e proprio desiderio, misi da parte l'imbarazzo e glielo chiesi.
"Voglio che dormi con me una di queste notti" sussurrai appena.
Un dolce sorriso con tanto di fossetta, spuntò sul suo bellissimo viso.
"Stanotte" rispose, portando una ciocca di capelli dietro il mio orecchio.
"Stanotte? Non so, spero solo che Smith non è in zona, non vorrei che ci vedesse"
"Vuoi dormire con me? Lo faremo, di lui non devi preoccuparti" rispose risoluto.
"Invece mi fa un po paura Harry" ammisi, volevo che lo sapesse che non mi fidavo di lui e che dovevano tenere gli occhi ben aperti "ha una fissazione contro di noi e ho davvero paura che possa allontanarci"
"Isabelle" afferrò il mio viso a coppa "potrà anche cambiare tutti gli orari di lavoro, ma io troverò sempre un modo per vederti, sempre, non devi aver paura di lui, non permetterò mai che possa farti qualcosa"
"Grazie" lo guardai riconoscente "per tutto Harry, ma sopratutto per esserti fidato di me a tal punto da parlarmi di una cosa così importante della tua vita"
"Hai fatto lo stesso con me" non smettevamo di guardarci, come se la nostra vita dipendesse da questo.
"Quando vuoi farmi questo ritratto?" Domandai curiosa, non ne avevo mai fatto uno in vita mia.
"Il prima possibile" mormorò "ma lo terrò per me" aggiunse.
"Come? Non dovresti regalarlo a me?"
"No" scosse il capo "lo voglio solo per me"
"Questo sei possessivo" lo spintonai scherzosamente.
"Sono geloso delle mie cose Isabelle, tienilo a mente"
"In teoria stai ritraendo me"
"Appunto, te" si avvicinò, baciandomi la punta del naso.
"Io non sono una tua cosa" lo provocai, ritraendomi ogni qual volta cercava le mie labbra.
"Lo so che non sei una cosa" ammiccò "ma sei più mia, che di chiunque altro" riuscì alla fine a rubarmi un bacio a stampo, facemmo ridere.
"Furbacchione che non sei altro, lo sai cosa ti aspetta ora?" Domandai, puntandogli un dito contro.
"Non dirmi un vaccino?" Brontolò, scendendo dall'albero e aiutandomi a fare lo stesso.
"Esatto, un bel vaccino antinfluenzale dalla tua infermiera preferita" sculettai, cominciando a camminare verso l'infermeria, sicura che mi stesse seguendo.
"Allora lo ammetti di essere mia?" Domandò, posando un suo braccio sulle mie spalle.
"È solo un modo di dire"
"Ne sei sicura?" Corrucciò lo sguardo.
"Si" sorrisi trionfante, urlando l'attimo, dopo quando mi trovai letteralmente con le gambe per aria e la testa in giù.

Quella mattinata uggiosa, si trasformò forse in una delle più belle da quando eravamo lì e il silenzio che regnava fu rotto dalle nostre risate ed ero sicura che le mie orecchie non avessero sentito nulla di più bello fino ad ora.
*****
"Ragazze"
Dopo un'intenso pomeriggio passato a vaccinare altri cento soldati, finalmente il mio corpo, toccò il mio amato materasso.
"Che c'è Isa?" Urló Angie a cause delle cuffie che aveva nelle orecchie.
"Dovrei chiedervi un favore, più che altro, vorrei informarvi di una cosa"
"Spara" disse Cla.
"Fra non molto arriverà Harry, dorme qui" dissi tutto d'un fiato.
"Oh ma quindi voi due..."
"Non lo so" sospirai "non chiedetemi nulla, perché non ne abbiamo ancora parlato"
"Si stanno godendo il momento" disse Clarissa, prendendomi in giro.
"Oh smette.."
Il mio cellulare vibrò, attirando completamente la mia attenzione, lo afferrai, vedendo che era un messaggio proprio di Harry.
Da: Harry.
Fra due minuti sono da te piccola scimmietta, Smith sta per andare via.

Ma non ebbi neppure il tempo di digitare una risposta, che il suono delle sue nocche contro la porta, risuonò nella stanza.
"Vado io" disse Angie, alzandosi per andare ad aprire.
Mi accucciai meglio sotto le coperte, con il cuore a mille al sol pensiero di una notte intera con lui.
"Eh ciao" gli sentì mormorare con confusione.
"Tranquillo, sappiamo già tutto" rispose la mia amica "è lì"
La mia tenda, fu scontata e in un attimo vidi le sue possenti spalle, contrarsi mentre saliva la scaletta per raggiungere il mio letto.
Mi feci più in là, lasciandogli un bel po' di spazio a disposizione.
"Ciao" sussurrai, sorridendogli.
Ma lui non rispose, le sue braccia, aggrapparono la mia vita, attirandomi a se.
Il mio viso finì nell'incavo del suo collo che sapeva di buono, sapeva di lui, di Harry.
Mi strinse così forte da farmi mancare l'aria e le mie mani corsero subito ai suoi capelli ancora umidi dalla doccia.
Lo sentì sospirate pesantemente a questo mio gesto, forse gli piaceva, così presi ad accarezzarli con più decisione e i baci che cominciò a lasciami sulla mia spalla, lasciata scoperta dalla camicia da notte che indossavo, erano la conferma che davvero gli piacesse quello che stavo facendo.
"A cosa devo tutto questo affetto?" Gli sorrisi, quando sciogliemmo l'abbraccio.
"Alcune cose bisogna farle quando si ha la possibilità per farle"
"Hai ragione, non bisogna mai dare nulla per scontato" concordai, non c'era nulla di più vero.
"Non lo farò mai, non con te" disse accarezzandomi il viso, una delle cose più belle che potesse fare, era così dolce quando lo faceva.
"Non possiamo farlo, non in questo mondo" sussurrai pensierosa, domani avrebbe lavorato fuori città.
"Non lo farò neppure fra sei mesi Isabelle"
"Vorrai vedermi ancora fra sei mesi?" Mi avvicinai di più e lui subito mi cinse fra le sue braccia, erano la mia seconda casa.
"Ho paura di sì"
"Paura?"
"Esatto, mi fai paura Isabelle Wood"

Buonasera ragazze.
In questo capitolo finalmente il nostro Harry di alte un po' con Isabelle ed anche lei, trovai il coraggio per ricontare la sua brutta esperienza.
Povero Ron 😢
Vi auguro buona lettura.
Alla prossima ❤️ xx.

Mission of love [H.S.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora