Capitolo 69

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Avete presente quella sensazione di sentirsi mancare la terra sotto i piedi, ecco proprio quella.
Io mi sentivo peggio.
Quelle parole mi era piovute addosso come una pioggia di proiettili che mi colpirono all'unisono al centro del cuore.
Non potevo crederci, non volevo crederci.
Margaret alzò lo sguardo, incontrando il mio sconvolto, triste, arrabbiato e deluso allo stesso tempo.
Non c'era una singola emozione dentro me, sentivo tutto, ma ero sicura che da un momento all'altro, avrei spento tutto e non avrei sentito più niente.
Io dovevo proteggermi.

"Isabelle" i suoi occhi si spalancarono in un'espressione di puro terrore, la stessa che vidi sul volto di mio padre, quando si accorse dalla mia presenza.
"Piccola io..."
Non dissi nulla, non urlai perché non ne avevo neppure le forze, sentivo un peso enorme schiacciarmi all'altezza del cuore e l'unica cosa che riuscì a fare fu correre lontano da tutto quello schifo.
Correre, correre e ancora correre, l'unica cosa che non molti mesi prima, rappresentava la mia unica valvola di sfogo.
Non chiamai neppure Harry, mentre salendo in macchina, diedi gas, dimenticando ogni limite di velocità.
Ero arrabbiata e delusa anche da lui ed io non volevo al momento, circondarmi di determinate persone, persone che mi avevano mentito e che continuavano a farlo senza alcun problema.
Continuai ad accelerare senza importarmene di nulla, non avevo una meta, non avevo nulla, se non me stessa.
Avrei potuto chiamare Fiamma, o magari Amy, o meglio ancora Liam, ma c'erano momenti in cui l'unica cosa di cui avevi bisogno era stare sola con te stessa, per questo quando fermai l'auto lungo la costa, spensi il telefono, notando fra l'altro le tante chiamate ricevute da Margaret e da mio padre, che bugiardi, come aveva potuto farmi una cosa del genere, come aveva potuta Margaret mentire così spudoratamente a me e a Liam.
Liam, chissà come avrebbe reagito a tutto questo?
Era l'unico che mi avrebbe capita, l'unico che avrebbe sofferto per me per una verità nascostaci ingiustamente.
Come potevo non aver capito che lei fosse mia madre?
Mille domande mi tormentarono per oltre due ore, mentre continuavo a guardare il mare, fregandomene del mondo che continuava a vivere e delle persone che magari mi stavano cercando, come Harry.
Ma non me ne importò, anche lui aveva bisogno della mia essenza per apprezzare la mia presenza.
Tutti mi avevano dato troppo per scontata, avevo perdonato troppo facilmente e questi erano i risultati, ma la colpa era anche mia, dovevo amarmi di più e fino ad adesso non lo avevo mai fatto abbastanza.
Le cose dovevano cambiare, ero delusa, ma il sentimento che premeva di uscire il prima possibile era la rabbia, rabbia che non pensavo neppure di possedere, ma che invece stava completamente investendo la mia mente.
Mi distesi sulla sabbia fredda, fregandomene persino dalla pioggia che prese a battere insistente sul mio corpo.
Ormai non sentivo neppure più freddo ed avevo paura di come tutto ciò potesse danneggiare nuovamente la mia salute, ma io non dovevo farmi del male, non più, nessuno lo meritava.
Chiusi gli occhi ancora più forte, come se volessi scomparire, come se in quel modo avessi potuto cancellare tutto il male.
Margaret, mia madre, la più grande delusione mai provata prima.
Lei, la mia confidente, un'amica di cui fidarmi, l'unica persona da cui correvo quando le cose andavano male, proprio come stavo per fare quella mattina, ma ora, ora da chi sarei andata?
Mi sentivo così sola, così persa, così svuotata di tutto da far male, mi mancava il respiro, ero all'aria aperta, ma avevo la sensazione di essere rinchiusa in uno stanzino minuscolo dove non era facile respirare, avevo un nodo alla gola, un forte dolore al petto, come se qualcosa in me, si stesse spezzando e avevo paura che stavolta non sarei riuscita a mettere di nuovo i pezzi insieme di me stessa.

Harry's pov

Era una fottuta ora che provavo a chiamarla, ma aveva il telefono spento.
Stavo impazzendo, mentre cercavo di raggiungere il prima possibile l'ospedale tra il traffico infernale di Boston che ovviamente doveva concentrasi proprio nel giorno in cui avevo litigato con lei e proprio nel giorno in cui lei doveva lavorare con  quel Mark.
Se questa non era sfiga, allora io non sapevo come cazzo definirla.
Ero agitato, ma forse stavo esagerando, certo era chiaro che si fosse incazzata per aver scoperto in quel modo che non ero andato a lavoro, per andare da mia madre.
Lei sapeva che c'era anche Kim, Isabelle era una ragazza tanto dolce quanto sveglia e queste erano state le prime cose che mi avevano colpito di lei e di cui mi ero innamorato, non volevo mandare tutto a puttane, ma avrebbe dovuto spiegarmi il motivo per cui aveva spento il telefono, lo pretendevo.

Mission of love [H.S.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora