Capitolo 23

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Harry's pov
In lontananza, scorsi il carro del nostro reggimento e quello che quei bastardi ci lasciarono sopra non mi piacque per nulla.
Il simbolo della loro zona di appartenenza, era inciso sulla fiancata e sapevo bene che questa era vera e propria dichiarazione di guerra, era scontato che avrebbero reagito così, ma non era previsto, o almeno, secondo la mia volontà, che in quella merda venisse coinvolta anche lei.
Spalancai la porta del conducente del mezzo, non preoccupandomi minimamente di richiuderla.
Smith e Niall, erano dietro di me, così come altri cinque ragazzi di cui non ricordavano neppure il nome.
Avevo una sola cosa nella mente: il suo viso spaventato e pregai con tutto me stesso che fosse solo quello, che stesse bene e sopratutto che stesse lì, come anche tutti gli altri.
"Controllate il retro prima di entrare" Smith ci istruì e, a mala voglia, feci come mi era stato richiesto.
Era un'operazione delicata e se dentro ci fosse stato ancora qualcuno del popolo, non era molto convenevole farsi trovare impreparati.
"Via libera" parlai attraverso la radiolina con la quale comunicavamo a distanza, non aspettai altri ordini, aprendo lentamente una lastra metallica che mi condusse all'interno di quell'edificio privo di vita.
"Entriamo" gracchiò Smith, ma ormai era già dentro ad ispezionare centimetro per centimetro di quello schifo, ricoperto in ogni luogo da polvere bianca, sparsa al suolo e sui tavoli, probabilmente nella fretta di scappare.
"Cazzo" imprecai, gettando uno di quei tavoli per aria, quando non vi trovai nessuno, eravamo a zero, non avevo assolutamente idea da dove iniziare a cercarli e il mio cuore per la prima volta in vita mia prese a battere all'impazzata dalla paura.
Paura, di perdere nuovamente qualcuno.
"É vuoto cazzo" mormorò Niall, passandosi le mani sul viso.

Siamo qui, ragazzi siamo qui.

"Avete sentito?"
Tutti ci girammo in direzione di quella voce, anzi di quelle voci e quando i miei occhi si posarono su di una botola, non potei far altro che scattare in quella direzione, preoccupato di trovarla lì dentro sofferente e in lacrime.
Ma non fu così, molto peggio.
Togliemmo un sbarra, che era stata incastrata nella toppa per non permetterne l'apertura dall'interno.
"Cazzo finalmente" la testa di Louis, sbucò per prima, gli mancava l'aria.
Frà tutti quei uomini, riuscì a scovare l'ultima cosa che avrei mai voluto vedere.
In un angolo di quell'inferno, c'era lei, accasciata a terra, mentre quel dottore del cazzo le accarezzava il viso.
"Levatevi" sbottai in direzione di quei ragazzi che stavano riemergendo da lì.
Con un salto, scesi li giù, potendo solo immaginare quanto fosse stata male.
Era minuscolo, buio e soffocante e per una persona affetta da claustrofobia, era una combinazione letale.
Mi inginocchiai al suo fianco, strappandola dalle braccia di Micol e prendendola fra le mie.
Non lo stetti neppure ad ascoltare, sapevo bene cosa fare.
Mi alzai dalle ginocchia, con lei in braccio portandola fuori.
"Che succede qui?" Smith, subito si avvicinò.
"Si levi, ha bisogno d'aria" e con questo, mi avvicinai verso l'esterno per farla di nuovo tornare a respirare.
"Isabelle" sussurrai sul suo volto, ma nulla, cazzo i suoi bellissimi occhi azzurri, rimasero chiusi e io mi sentivo come se la terra mi stesse risucchiando.
"Hey, Isabelle" ritentai dandole dei piccoli colpetti sul volto.
"Non serve a nulla" le urla di Micol, mi innervosirono ancor di più.
"Me ne occupo io, ha bisogno d'ossigeno" sbottò "portala nel carro, dobbiamo farla stendere".
Ero tentato di assestargli un bel pugno sulle gengive per il tono che aveva usato con me, ma quando abbassai lo sguardo su Isabelle ancora inerme e così indifesa, misi da parte il mio orgoglio, avanzando verso il carro, proprio come mi era stato detto da quell'idiota con il quale avrei fatto un bel discorsetto, ma non ora.
"Mettila li" mi ordinò ancora con tono scazzato e dovetti seriamente trattenermi quando le si avvicinò, sfiorandole una mano, prima di posarle sul viso una mascherina d'ossigeno.
"Non credo abbia bisogno anche di un massaggio" sbottai quando lo vidi continuare.
"Sto sentendo il polso" mi trucidò con lo sguardo "ha bisogno di una flebo per riprendersi"
Rimasi in silenzio, avvicinandomi di più a lei e afferrando,  io, stavolta la sua mano fra le mie.
Gli altri erano rimasti giù, per dare spazio a Micol, ma ovviamente io non avevo preso neppure in considerazione questa ipotesi.
Le iniettò qualcosa nel braccio, prima di scendere dal carro e comunicare agli altri di poter ritornare alla base.

Mission of love [H.S.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora