Capitolo 102 {Epilogo}

1.1K 80 34
                                    

E un altro giorno era passato.
Un altro giorno insensato.
Un altro giorno di completo vuoto.
Un'altra notte passata completamente in bianco.
Erano esattamente passati quattro giorni dalla mattina in cui Federico avrebbe preferito non svegliarsi.
Quattro giorni da quella lettera.
Quattro giorni da quando aveva scaraventato le rose sul pavimento.
Quattro giorni da quando non vedeva Benjamin.
Cavolo si chiedeva ancora: ma perché mi ha lasciato così?
Perché mi sono addormentato quella maledetta sera?
Queste domande lo tormentarono.
La sua testa scoppiava.
Gli occhi rossi.
La gola secca.
Le occhiaie ben visibili.
Non aveva più lacrime per piangere.
Non aveva più voce per urlare.
Non aveva più la forza di continuare.
Tanto sangue aveva macchiato le sue braccia, le sue mani e i suoi polsi in quei quattro giorni. La lametta era ritornata ad essere la sua migliore amica.
Tagli, tagli sopra ad altri tagli avevano aperto le sue vene e la sua pelle cercando di colmare un vuoto che, secondo Federico, era incolmabile.
Tagli mai medicati. 
Tagli sofferti.
E cicatrici riaperte.
Aveva perso ancora peso.
Non mangiava, o almeno ci provava, ma due muniti dopo vomitava.
Il suo corpo non accettava più il cibo.
Era dimagrito tantissimo.
Le sue ossa ora, oltre ad essere visibili, erano anche sporgenti.
Che senso aveva continuare così?
In quel momento il biondino si trovava ancora in pigiama, sul balcone, ad osservare l'alba, mentre una sigaretta predominava nelle sue dita.
Non era mai stato un ragazzo attaccato al fumo, anzi dal giorno dell'incidente non aveva più comprato sigarette...ma da quando Benjamin se ne era andato, non riusciva più a trovare un senso alla sua vita.
Gordon e Tommaso provarono più volte ad andare a trovarlo, a consolarlo e a stargli vicino.
Ma la mancanza del suo ex-ragazzo era più forte di qualsiasi cosa.
Superava qualsiasi cosa.
Osservava il cielo: i primi raggi del sole iniziavano ad uscire allo scoperto in prospettiva dell'orizzonte, qualche piccola nuvola bianca era sparsa da una parte all'altra del panorama e uno stormo di rondini volava in direzione della campagna.
Gli venne in mente quella sera al tramonto, la prima volta che il moro lo prese in braccio per sederlo sul bordo della terrazza d'ospedale e di quando gli raccontò la storia del sole e della luna. Ricordò quando le sue braccia lo strinsero forte intorno ai fianchi perché aveva paura di cadere. E ricordò anche di come, mentre parlava, gli accarezzava la pancia, l'addome e il petto in un modo talmente delicato che riuscì a calmarlo.
Ora era solo.
Stordito dal silenzio assordante di quella mattina.
Avrebbe tanto voluto piangere, urlare, far sentire a tutti il suo dolore...ma qualcosa glielo impediva.
Non riusciva più a provare emozioni.
Sentiva solo un forte peso nel petto che, più passavano i giorni, e più diventava sempre più pesante.
Si poteva definire quasi apatico.
Un corpo senza sentimenti.
Il suo corpo era invaso dal fumo, in quei giorni aveva consumato incontabili pacchetti.
Un altro respiro.
Un altro tiro.
Altro fumo.
Quella sostanza giungeva in pochi attimi all'interno dei suoi polmoni, creandogli quel senso di rilassamento.
Era come se, fumando, cercava di liberarsi.
Di buttare fuori, pezzo dopo pezzo, ogni parte di Benjamin.
Ma era tutto inutile, una parte del moro era incollata al suo cuore...non avrebbe mai più potuto rimuoverla.
Buttò fuori l'ennesima nuvola di fumo sperando di sparire in essa, in modo tale da poter volare fino a raggiungere il suo Benjamin.
Il fuoco consumava sempre di più quella sigaretta, che Federico sperava durasse un po' di più del previsto.
Perché in fondo la vita, se ci soffermassimo a pensare bene, è come una sigaretta:
Tiri e tiri; ma alla fine quello che rimane è solo fumo, cenere e la voglia di accenderne un'altra.
Non pensi a niente.
Ti rilassi.
E poi finisce.
Sempre così queste dannate sigarette.
Sei già consapevole che prima o poi finirà, ma ci speri lo stesso.
Continui a convincerti di una realtà già predestinata a finire.
Federico era come quella sigaretta.
Si stava spegnendo, secondo dopo secondo, sempre un po' di più.
Buttò tutto e, troppo stanco per la notte passata completamente sveglio, si stese sul letto lasciandosi trasportare da un sonno profondo.

Ho bisogno di te || FenjiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora