Si comincia

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In lontananza, Don e Sayuri potevano sentire le urla dei cittadini e il rimbombo dei colpi di cannone diretti contro i mostri marini che stavano cercando di conquistare la costa. I due si trovavano già al di fuori del paese, quasi vicini all'entrata della montagna; non potevano fermarsi, ne girarsi a guardare come stesse andando la situazione, anche se un quadro generale di quanto stava capitando già se l'erano fatto. Avevano fiducia in Bonz e in tutti gli altri, erano più forti di quanto l'apparenza desse a vedere e quindi potevano indirizzare le loro menti su altro, come per esempio, raggiungere il santuario il più velocemente possibile; dovevano risalire l'intera montagna e poi scendere lungo la fiancata posteriore senza sprecare tempo e forze necessarie, ma la presenza dei tre alleati di Jimbe rendeva la missione delicata e incerta per alcuni aspetti. Non avevano alcuna informazione su di loro, come la gran parte dei nemici affrontati in passato, ne quali fossero le loro abilità e i loro poteri ma non potevano di certo tirarsi indietro solo perché non sapevano cosa li aspettasse. Non sarebbero stati pirati se non avessero corso qualche rischio.

I mostri marini erano stati indirizzati verso la costa solamente per dimostrare che i loro avversari a quel patto non ci stavano e questo era bastato per spingere la ciurma di Pugno di Fuoco a contrattaccare, anche se a dirla tutta, i membri dell'equipaggio erano convinti che quei tre se ne sarebbero stati buoni considerata la parola data allo squalo balena. Entrati nella foresta, il medico-cecchino e la navigatrice iniziarono la loro scalata superando alberi, saltando su rocce e sfrecciando tra i cespugli, salendo sempre più in alto come se avessero le molle sotto i piedi. La vegetazione era rigogliosa ma man mano che procedevano, tendeva a diminuire e a lasciar posto esclusivamente al terreno roccioso.

"Quei bastardi hanno decisamente passato il segno. Sguinzagliarci addosso quella bestiaccia strisciante e bavosa..." digrignò Don.

"Sicuramente la loro intenzione era quella di approfittare dell'assenza di Ace. Sono convinti che senza di lui, la nostra forza bellica diminuisca nettamente e credono dunque di poterci battere con più facilità" spiegò razionalmente Sayuri senza mai smettere di guardare dritto davanti a sé.

"Un motivo in più per prenderli a calci in culo" replicò l'uomo sempre più irascibile "Merda! Disturbarmi durante il mio pisolino. Credo non sappiano quanto sia sconveniente svegliare in malomodo una persona quando questa dorme beatamente!"

L'umore di Don era sempre volto al pessimismo, alla svogliatezza e alla passività ma una cosa andava ben ricordata se si voleva vivere tranquillamente sotto lo stesso tetto: al pomeriggio si concedeva una sua oretta di riposo, ora sacra e da non considerare stupida visto che si parlava di un medico e i medici, si sa, studiano anche di notte per approfondire e ampliare sia teoricamente che sperimentalmente le proprie conoscenze. Svegliarlo durante questo suo sonno senza un buon motivo, equivaleva a morire per mano di droghe letali senza la somministrazione dell'anestesia.

Nel loro proseguire, la salita si fece più ripida e i suoni sempre più distanti. Non sapevano da quanto corressero ma a differenza delle comuni persone, loro erano decisamente molto più resistenti: potevano andare avanti anche per giorni se l'occasione lo richiedeva. Don balzava da una pietra all'altra con agilità invidiabile e Sayuri era fresca come una rosa. La fatica non li toccava ne invogliava le loro menti a pensarla ma più si avvicinavano alla vetta, più il loro sesto senso trillava come un doppio campanello d'allarme; sino a quell'istante era andato tutto fin troppo bene ed era impossibile che durasse ancora. Se davvero quei tre avevano intenzione di ostacolarli, presto o tardi si sarebbero fatti vivi.

"Don, fa attenzione!"

Neanche a desiderarlo, il primo ostacolo era arrivato, anzi visto il numero, era più corretto dire i primi: da molti metri più avanti a loro, numerosi rovi color verde muschio emersero dal terreno e scivolando giù per la discesa, cercarono di colpirli con velocità che superava la norma umana: pieni di spine appuntite e pericolosamente grossi,questi strisciarono lungo il pendio come serpenti e una volta alzatisi, si abbatterono sulla roccia, spaccandola e frantumandola in pezzi più piccoli nel tentativo di colpire i due pirati.

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