Everything

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Deglutendo rumorosamente, Sayuri annaspò l'ossigeno con foga, incespicando nel tentativo di risucchiarlo per gonfiare i polmoni e favorire così una respirazione normale.

L'espansione improvvisa della gola bruciò, come se dei residui di cenere bollente fossero venuti a contatto con le umidi pareti di quest'ultima: durò poco e diminuì di intensità nel giro di qualche secondo ma senza sparire del tutto. I muscoli, quei pochi svegliatisi, le formicolarono come per far sentire le loro stridule voci protestanti, indolenzite più fisicamente che moralmente.

Non fu un risveglio totale ma non lo si potè neppure reputare parziale; la maggior parte del suo corpo era ancora incatenato dagli effetti benefici e inibitori delle medicine, aventi il fine di ridarle le forze perdute, così come le bende, il cui compito era nascondere quelle orrende ferite che la imbruttivano. Non c'era mai stata occasione, mai una volta, che avesse provato tanto dolore fisico e la sola vista, bastava per convincersene.

Era stato tutto così improvviso che nemmeno aveva avuto il tempo di realizzarlo, ma ciò era semplicemente dovuto al fatto che fino a quell'istante, lei, era rimasta così lontana da non percepire nulla attorno a sé, niente di niente. Non si sarebbe neppure resa conto di star respirando se ad un certo punto il semplice atto di raccogliere l'ossigeno non le fosse stato negato: era come se le fosse stata cacciata dell'acqua nella gola e lei, nella sua costretta immobilità, non aveva potuto far altro che dimenarsi e tossire. Da lì si era fatto tutto così confuso da impedirle di comprendere o anche solo di cogliere un grammo di ciò che le era successo: la sua sola certezza era che l'assenza d'aria si era fatta così incalzante da accartocciarle la gola ma, ad un certo punto, quasi sopraffatta dallo spavento, da quello strano incubo pieno di male fisico che la stava sballottando con la stessa noncuranza con cui si tratta una vecchia bambola di pezza, qualcosa l'aveva tratta in salvo. L'ossigeno era improvvisamente tornato e, aggrappandosene con avidità, era riuscita anche ad emergere un poco da dove fino a quel momento era stata immersa: quanto inibito tornò a pesare sul suo corpo e sul suo animo, compresa la spossatezza, il fastidio ai arti...tutto quanto. Tutto ciò che prima non aveva potuto sentire, perché troppo addormentata per essere svegliata dai soli sensi, ora aveva iniziato a percepirlo, insieme a quella strana sensazione al livello della labbra....

L'essere toccata con tanta leggerezza, in quel preciso punto non le era nuovo, affatto, ma il ricordo d'esso era così labile che soltanto la piacevolezza del provarlo l'aveva rassicurata. In tanta delicatezza, fattasi poi più forte, proprio per ridarle quell'aria tanto agognata, percepì una sensazione di umido ma anche di un che così dolce da risultare inimitabile: un tepore gentile...umano.

Non riaffiorarono dei ricordi, non tornò null'altro se non un minimo di coscienza e quel minuscolo briciolo di forza riesumato a fatica: poco a poco, riuscì a percepirlo più intenso, vicino, tanto da arrivare anche a differenziarne il sapore e lì, la sua mano, si mosse da sola, toccando qualcosa di sottile e soffice.

Non aveva compreso che fosse in un letto, bendata e medicata.

Non aveva compreso di essere stata addormentata per tre settimane senza mai dare un singolo cenno di miglioramento e che il minimo movimento brusco poteva nuocerle.

Non aveva compreso chi ci fosse lì accanto a lei, chi le avesse fatto la respirazione bocca a bocca, trasformatasi poi in quel semplice e affettivo gesto chiamato bacio.

Non aveva ne comprendeva tutt'ora cosa stesse succedendo, ma aveva comunque afferrato dolcemente quei ciuffi comunemente chiamati capelli, aprendo lentamente il solo occhio a sua disposizione e finendo per farsi completamente avvolgere dalla morbidità di quelle labbra che stavano accarezzando con tanta delicatezza le sue. Poteva una cosa così semplice essere tanto bella?

Giglio di piccheDove le storie prendono vita. Scoprilo ora