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Meriko era conosciuta come l'isola dell'eterno autunno, uno dei quattro territori galleggianti sul mare che costituivano il regno di Kisetsu. Questo era conosciuto perché le isole presentavano un clima ciascuno diverso dall'altro, che richiamavano le diverse stagioni che per tutto l'anno rimanevano immutate; oltre a Meriko c'erano Aruba, l'isola della primavera risvegliante, Taiyo, la terra della splendente estate e infine Fuyu dell'allegro inverno. Disposte circolarmente come in un grande cerchio, il solo modo che si aveva per viaggiare da l'una all'altra era tramite la corrente che si era generata in quell'anello creato dai quattro territori.

L'eterno autunno rispecchiava alla perfezione il paesaggio della terza stagione dell'anno; una temperatura calda che si avviava all'affievolimento ma che ugualmente permetteva ai suoi abitanti di vestire con capi leggeri e di godersi quel paesaggio dai caldi colori mutevoli. Gli immensi campi di grano dorati si slargavano giù per le colline, illuminati da un sole che si avviava al sonno invernale ed erano coperti da un cielo che al tramonto diventava arancione, dai pallidi riflessi rosei e gialli. Le costruzioni erano tutte riversate sulla pianura; le tipiche case in stile Shiracawa - le case comuni - riempivano uno spiazzo poco distante dalla riva e condividevano il loro spazio con alberi dai bianchi tronchi e dalle chiome rosse, marroni e giallognole mentre più in alto, appena dopo il meraviglioso bosco di aceri, dove la strada era una distesa di foglie gialle e marroni contornate da una continua e lenta pioggia di fogliame dorato con qualche verde superstite,stavano le abitazioni più raffinate e ben messe, le Shoinzukuri. La monarchia lì non poteva definirsi tale vista la mancanza di un re ma le questioni politiche, quelle poche che si presentavano insieme a tutto ciò che comportava il mantenimento del territorio, erano affidate ad un saggio che, insieme agli altri tre rappresentanti, formavano il consiglio di Kisetsu. Satch, Sayuri e la quarta flotta erano partiti per rispondere all'appello del signore di Meriko e oramai mancavano dalla Moby Dick da quasi una settimana.

Vista l'assenza della navigatrice, Ace aveva pensato bene di tenersi il più occupato possibile fino al suo ritorno, almeno per non stare lì a fissare il mare ventiquattr'ore su ventiquattro. Era preferibile impegnare il proprio corpo in combattimenti estenuanti che riempire la propria mente su pensieri che poi avrebbero portato all'omicidio prematuro di qualche biondino sfacciato di sua conoscenza e la cosa bene e male stava funzionando: nel suo viaggiare aveva perfino incontrato di nuovo Jimbe e nel fare qualche tratto di mare in sua compagnia entrambi si erano fatti un'idea diversa sull'altro, tanto da potersi considerare buoni amici e ottimi rivali. Visitare nuovi posti e conoscere le loro peculiarità era divertente e interessante ma gira e rigira, alla fine la sua testolina su chi tornava? Su Sayuri.

Si era così abituato alla presenza della ragazza che il saperla con qualcun altro, anche se temporaneamente, lo rendeva suscettibile a qualunque pensiero di natura contorta. Era consapevole di averla lasciata andare dicendole che si fidava di lei, di fare attenzione, ma solo ora cominciava a provare un leggero rimorso per non averle detto di restare e soprattutto per non aver mandato a quel paese Satch. Non aveva gradito affatto quel suo tiro mancino e anche se Maya gli aveva assicurato che l'amico non avrebbe fatto nulla che superasse la soglia dell'amicizia, la cosa non gli andava giù ugualmente, per questo si cimentava in missioni in solitario o in compagnia dei suoi amici quando poteva. Conclusa l'ultima di una serie, il moro si stava godendo qualche attimo di riposo sul ponte mentre gli altri erano andati in una delle sale grandi; più che essere stanchi per aver spinto la nave avanti e indietro come degli assatanati, il gruppetto non era in vena di festeggiare l'ennesima vittoria, non con il morale a terra almeno.

"Si può sapere che cosa avete per fare quelle facce depresse? Sembra di essere a un funerale" sbottò Don guardando uno ad uno i compagni, partendo da Bonz.

Non ce ne era uno che non avesse le labbra corrucciate e gli occhi tondi e tristi.

"Ci manca tanto sorella Yu-chan!!!!" piagnucolarono in coro.

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