Mare Meridionale.
Quarantacinque gradi di latitudine e novantasette di longitudine.
Le coordinate indicavano la posizione di una piccola isola poco conosciuta, abitata da un modesto gruppo di persone che avevano edificato il loro villaggio, battezzandolo di loro proprietà. Non era famoso per i fiorenti commerci, le località turistiche o per qualsiasi altra particolarità giudicata dai estranei estremamente curiosa e meritevole di essere conosciuta: non possedeva niente di tutto ciò. Quel piccolo lembo di terra era fin troppo banale. ma gli abitanti del posto andavano fieri del loro tenore di vita rasentante la tranquillità: a volte bastava veramente poco per rovinare qualcosa costruito con amore e pazienza e la gente di quell'isola sapeva bene cosa significassero quelle parole. Gli anziani lo ricordavano per l'averlo vissuto in prima persona ma, per grazia divina, il tempo aveva sanato tutte le ferite e, ulteriormente, per non instaurare la paura nei giovani, avevano provveduto a non lasciare trapelare nulla di quel spiacevole evento. Se qualcuno avesse chiesto, loro avrebbero risposto che ciò non era stato altro che una spiacevole conseguenza dovuta alla disgustosa pirateria, niente di più. Se cancellare un fatto era impossibile, dimenticarlo e andare avanti come se nulla fosse risultava più facile, specie se poi ci si convinceva che ogni particolare di quell'atrocità fosse morto con la negazione da parte dei testimoni.
Avevano agito a quel modo per il loro bene, per il bene dei loro bambini e per il bene stesso dell'isola e adesso, la pace era tornata a sedere sul suo legittimo trono, mettendo da parte ogni preoccupazione: il villaggio, coi suoi pochi negozi, viveva del lavoro dei abitanti, le cui giornate erano piene e, nella media, abbastanza produttive.
Con le mani occupate e i piccoli che giocavano a palla o a fare rincorrersi, nessuno si accorse di quella minuscola variante alla loro quotidianità: assuefatti dai loro doveri, non notarono una graziosa fanciulla indossante un bel abito giallo pallido camminare lungo la via principale. La sua presenza non venne minimamente calcolata, come invisibile ai occhi di tutti, addirittura a quelli delle stesse piante. Passeggiava con in mente un posto preciso, senza mostrare un particolare interesse per quel ambiente circostante che tempo addietro l'aveva disprezzata, esattamente come le persone dell'isola.
Oh si, lei era nata lì, ma nessuno avrebbe saputo riconoscerla poiché era stata data per morta. Camminava con la brezza solente ad alzarle appena l'orlo della gonna, lasciandosi alle spalle le abitazioni e le voci popolane per raggiungere l'estremità della zona civilizzata: non vi era molto, salvo qualche frutteto e una casetta grande abbastanza da farci vivere due persone. Questa era abbandonata da tanti anni, sprangata con assi marce e coperta d'edera fino al camino: nessuno vi ci era stabilito e la conseguente mancanza di cure, aveva permesso che una parte delle mura d'essa scoppiasse dall'interno, mostrando l'abitacolo pieno di polvere, ragnatele e detriti. Passandoci davanti, la viaggiatrice non degnò a quelle macerie alcuno sguardo, così come non mostrò la benché minima attrattiva nello scorgere un pozzo riempito appositamente di terra perché risultante inutilizzabile. Un tempo quelle semplici costruzioni avevano fatto tremare non poco il suo animo, spingendola a rinchiudersi dentro sé stessa fino a quando non sarebbe stata sicura che il pericolo fosse passato: era nata lì, ma non era stata amata, benvoluta o accettata. La bambina che ancora viveva dentro il suo cuore era stata odiata, ritenuta un mostro, un perfetto capro espiatorio su cui la gente aveva riversato la propria indignazione, l'odio, arrivando a trasmettere tale sentimento ai figli, i cui maltrattamenti nei suoi confronti non erano mai stati ritenuti una valida ragione per castigarli.
L'amaro scatenato dell'impotenza provata, unito al dolore per quelle ferite dilanianti, era stato così esasperante da perseguitarla anche dopo aver lasciato l'isola. Al posto del rancore vi era l'incomprensione per quel comportamento, incomprensione alla fine colmata e celata dietro una forza d'animo liberata grazie ad un piccolo gesto caritatevole rappresentante il suo solo attimo di felicità in quell'infanzia tanto buia. La piccola bambina indesiderata aveva sofferto, così come aveva sofferto la graziosa fanciulla che adesso si apprestava a inoltrarsi nel bosco, da cui tutti preferivano tenersi alla larga per via di una diceria che ancora, straordinariamente, si reggeva in piedi. Le folte chiome dei alberi impedivano alla maggior parte dei raggi solari di penetrare all'interno, rendendo l'ambiente semioscuro, silenzioso, con qualche chiazza luminosa filtrante dal fogliame. Circondata dal silenzioso frusciare dei alberi, la ragazza non più bambina percorse il sentiero apparentemente inesistente all'occhio umano ma perfettamente visibile nella sua mente, chiaro, come fosse una mappa scritta: a ogni passo il battito del suo cuore si inspessiva, alimentando l'emozione per il sapere la sua meta sempre più vicina. Rimanere impassibile era decisamente chiedere troppo, nessun essere umano poteva riuscire a omettere i propri sentimenti: mostrare indifferenza era il massimo concesso, ma rinnegare una parte di sé equivaleva a gettare al vento le poche qualità che distinguevano l'uomo dalla bestia.
STAI LEGGENDO
Giglio di picche
FanfictionIl mio sogno è trovare un sogno. Cercarlo significa vivere? Non lo so perchè io non so se ho il diritto di questa mia vita o di questo mio desiderio. Non so cosa sia un sogno ma lo desidero così tanto perchè forse può darmi la felicità che non ho. A...