Non aveva idea di quello che stava facendo. Non aveva proprio la benché minima idea in che cosa si stesse andando a cacciare, ma anche se ne avesse avuto la piena consapevolezza, Sayuri di certo non avrebbe cambiato opinione al riguardo. Ignorava apertamente il fatto di stare andando con Jimbe verso Marineford, dopo che era riuscita a convincerlo a portarla con lui, e ignorava ancor di più il fatto che stesse andando di sua volontà verso l'unica certezza che in quell'istante aveva nella vita. Ignorava tutto ciò che poteva nuocere alla sua vita, ma lo faceva unicamente non perché non fosse a conoscenza della natura delle sue azioni, bensì perché al momento, le era molto più a cuore la sorte del suo comandante. I suoi incubi alla fine si erano concretizzati: nel sentirsi dire quanto era accaduto a Banaro, era sprofondata nelle viscere di un antro così chiuso che perfino la voce del suo subconscio era stata omessa quando aveva tentato di urlare per il dolore, per l'essere arrivata troppo tardi. La tragedia, sino a quel momento evitata, ora stava venendo solleticata da forze che si sarebbero date sicuramente battaglia, il tutto in uno scenario di fumo, polvere da sparo e sangue.
Per tutto il tragitto, Sayuri non aveva proferito parola: se osava, temeva che il suo cuore l'avrebbe tradita e in quel momento non poteva certamente scoppiare a piangere, non davanti a coloro che tenevano ben salda la corda che era stata legata al collo di Ace. Un solo strattone e poi tutto sarebbe finito. Il Cavaliere del Mare aveva accolto il suo silenzio e il suo sguardo irremovibile che pretendeva di essere ascoltato: quando quella ragazza gli si era presentata davanti, non aveva fatto altro che chiedergli il permesso di venire con lui, come se già sapesse cosa stava per capitare. La conosceva soltanto di vista, ma nel parlarci, aveva intravisto qualcosa agitarsi in lei, qualcosa simile alla calma, alla disperazione e alla determinazione che ancora la stava aiutando a reggersi in piedi. Soffriva, ma si teneva tutto dentro e lo faceva unicamente per non accasciarsi a terra e dunque gettare la spugna. Non conosceva la reale natura del legame tra lei e Ace, ma il percepire quel senso di colpa che la ricopriva interamente come una coperta di metallo e il non comprendere la ragione di tale presenza, lo avevano spinto a rifiutare inizialmente: in tutta franchezza, neppure lui era sicuro di poter scuotere a dovere le teste del governo mondiale, autorità militari comprese e il vedere perire un altro figlio di Barbabianca così, senza che questo potesse difendersi, di certo avrebbe mandato il vecchio ancor più sulle furie. L'inflessibilità a Marineford era sinonimo di giustizia, insieme a molti altri termini e per tanto, i pirati erano condannati ancor prima di arrivarci.
Jimbe aumentò velocità man mano che la costa si faceva vicina: erano in viaggio da circa due giorni e non si erano mai fermati una sola volta. Per un uomo pesce, attraversare grandi distanze non era un problema, ne tanto meno l'avere un passeggero sopra la schiena. Fino a quel momento, la sola parte difficile da superare era stata l'allontanamento da Marijoa; trovandosi molto vicino all'isola degli uomini pesce - praticamente ci stava sopra -, essa ospitava gli altri membri della flotta dei sette in attesa della chiamata definitiva.
Sinceramente non aveva senso farli venire prima a Marineford e poi spostarli nella terra santa degli astri della saggezza, ma, data l'impellente necessità di dare una esauriente risposta alla chiamata, il Cavaliere del Mare evitò di lamentarsi di quella pratica tanto scomoda. A brevissimo lo attendeva molto peggio: la Marina aveva una sua concezione mentale sul come la faccenda doveva svolgersi ma lui era ben propenso ad esporre la sua e in quella stanza ogni presente, anche i muri, lo avrebbero ascoltato. Drastica o meno, la situazione poteva ancora precipitare e forse, anzi, con molta probabilità, più di quanto loro avessero previsto. Una guerra non era di certo un evento calcolato e contenuto, ma nonostante il concetto fosse più che impresso nella storia, a questo non si voleva porre rimedio, perché alla fin fine, una guerra era il solo modo che si aveva per mettere le carte correttamente in tavola.
Cavalcando una delle onde, lo squalo balena scivolò sulla spiaggia con estrema grazia senza neppure emettere il benché minimo rumore. La zona scelta per lo sbarco si trovava al dì fuori della cittadella militare, perfetta per evitare che la giovane che ora ne guardava la cima, con rinnovata convinzione di essere realmente lì, non venisse scoperta. Non subito almeno.
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Giglio di picche
FanfictionIl mio sogno è trovare un sogno. Cercarlo significa vivere? Non lo so perchè io non so se ho il diritto di questa mia vita o di questo mio desiderio. Non so cosa sia un sogno ma lo desidero così tanto perchè forse può darmi la felicità che non ho. A...