L'inferno di ghiaccio. Deviazione d'emergenza

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"Accidenti a voi due! Perchè diavolo non avete fatto come richiesto?!"

Il vice direttore Hannyabal detestava quando non gli si dava retta.
Era una delle cose che più mal sopportava a quel mondo: in ogni "No" che gli veniva rifilato vedeva una mancanza di rispetto che puntualmente colpiva il suo animo ambizioso nel pieno centro. Quando poi ad andargli contro erano due prigionieri a cui addirittura aveva appositamente aperto la porta per la superficie, non c'era storia che tenesse: quei due, invece di accettare in silenzio il suo atto di pura generosità - calcolata ovviamente -, avevano preferito buttarsi a capofitto su di lui con la spavalda convinzione di poterlo riempire di botte.

E che diamine! Era stato gentile, che ci voleva perché le cose andassero nel verso giusto?!
Il mondo girava proprio al contrario...

"Tu...maled..etto!" rantolò uno dei due carcerati, legato come un salame da corde strettissime "Non sei...debole...!"

Sbuffando con quella sua bocca color prugna, Hannyabal lanciò un'occhiataccia rimproverante a Buggy e Mr3, immobilizzati a terra e con tanti di quei lividi d'aver reso le loro povere facce due mini mongolfiere. Si erano enormemente illusi che in due, quell'essere dalla grandezza doppia rispetto a un comune essere umano, non avrebbe potuto far nulla per fermarli e invece per lui era stato sufficiente soltanto far roteare il suo inseparabile forcone per dar prova dell'esatto contrario. Se vi era una cosa che meglio conosceva del suo stesso lavoro, era il sapere che le occasioni andavano colte al volo prima che volassero via o fossero acchiappate da qualcun altro: si sognava il posto di direttore tutte le sante notti e non mancava mai di battibeccare con Magellan al riguardo. Dato il disordine creato da Cappello di Paglia, come poteva non approfittare di tale fatto per mettere in cattiva luce il superiore?

Non vi era dubbio che lo osannasse come un dio e che lo rispettasse come uomo per il tenere perfettamente in ordine la prigione nonostante le venti ore che trascorreva in bagno ma quando il fato ti veniva in contro con tanta spontaneità non lo si poteva di certo rifiutare e lui, da bravo vice direttore quale era, mai si sarebbe permesso di voltare le spalle al suo radioso futuro: si trattava solamente di aprire le braccia e tenderle verso la luce paradisiaca della promozione fresca di annuncio. Luce che però si era divertita a prenderlo in giro fino all'ultimo momento, prima di svanire insieme all'immaginario trono scintillante verso cui il poveretto si stava dirigendo a grande velocità, sogghignando un "A-ah! Te l'ho fatta!"

Tutta colpa di questi due idioti!! Pensò serrando la mascella con diversi segni d'arrabbiatura che stavano coprendo le tempie parzialmente nascote dal copricapo "Portateli via. Penserò io stesso a condurli al livello cinque!" ordinò al plotone sotto il suo comando.

La sua unica consolazione a quello smacco mal digerito, raddoppiatasi poi quand'era stato informato che Magellan aveva definitivamente posto fine alla minaccia del pirata di gomma, stava nello spedire quei due a rinfrescarsi le idee per il resto dei loro miserabili giorni, nell'inferno di ghiaccio. Le guardie portarono via i carcerati senza aspettarlo: bastava guardarlo in faccia per capire che era perso in uno dei suoi monologhi interiori a sfondo delirante.

"Che rabbia!" sbuffò grattandosi la nuca "A lui vanno tutte le glorie e a me solo rogne! Quando sarò direttore gliele farò pagare tutte!" asserì stringendo i pugni.
"Uhn, che caldo...."

L'umore grigio dell'uomo si incrinò nuovamente ma anzichè precipitare verso il mero fondo verso cui era prossimo, risalì così in fretta da fargli luccicare gli occhi per la gioia. Era davvero una voce femminile quella che aveva appena sentito? Schizzò con la testa verso l'angolo in fondo da cui aveva udito quel suono tanto dolce e affaticato, per poi veder arrivare una bellissima fanciulla ancheggiante, dai corti capelli arancioni, occhi nocciolati e con forme fisiche che avrebbero fatto srotolare chilometri e chilometri di lingue maschili.

"Che schianto!! Proprio il mio tipo!" ululò Hannyabal dimenticando di correggersi.

Il troppo bel vedere gli annebbiò la mente su domande che solitamente erano ritenute primarie per un identificazione generale ma era più che risaputo che una bella donna aveva la facoltà di ridurre in pappa il cervello degli uomini, anche se si trattava di individui dallo spirito forte. Era una delle leggi della natura e la reazione del vice direttore ne ricalcava tutti i dettagli: la slanciata siluette della giovane donna non aveva nulla da invidiare, forse era addirittura troppo abbondante a livello del seno, incredibilmente prosperoso per un giro vita così sottile ma in cuor suo il capo in seconda di Impel Down non si sarebbe mai azzardato a pensare una cosa simile dato che i suoi occhi erano incollati ipnoticamente proprio lì.

"Uhn, che caldo insopportabile.." ansimò quella col viso rosso e gli occhi velati per la temperatura elevata. Sembrava sul punto di svenire.
"Posso esserle utile, signorina?" cinguettò lui sfregandosi le mani.
"Uh? Oh si.."

La ragazza alzò la testa verso di lui senza perdere quell'espressione annebbiata e stravolta per via della calura, mostrando tutto il collo scoperto che la maglia a righe bianche e nere lasciava ben in vista insieme a qualcosa per cui il vice direttore rischiò di perdere gli occhi. Quel leggero indumento aderiva al suo corpo come una seconda pelle per via di quel sudore che ogni tanto si insinuava tra le pieghe della squallida e scucita divisa carceraria, mettendo in risalto quelle curve che l'uomo dalle sporgenti corna non mancava di degnare d'attenzione.

"Fa così caldo qui..che non si riesce a respirare" sospirò la ragazza, afferrando con sensualità la scollatura della maglia per tirarla in avanti "Sono così sudata.." continuò poi guardandolo "Non è che mi aiuteresti a spogliarmi?" gli domandò infine blandendolo con fare innocente.
"CERTO CHE SIIII!!!" abbaiò quello col sangue fuoriuscente dal naso e gli occhi trasformatisi in due cuoricini rosa pulsanti.

La luce menefreghista di prima a quanto pareva era stata sostituita da una più benevola e misericordiosa nei confronti della sua povera anima, cosa che il povero uomo non avrebbe mancato di ringraziare. Il vice direttore dal bizzarro copricapo faraonico era talmente accecato da tutti quei cuori rossi inneggianti l'amore, che se qualcuno o qualcosa al momento avesse cercato di richiamare la sua attenzione, molto probabilmente avrebbe fatto prima a rivolgersi al muro. Ancora un po' e avrebbe spiccato il volo con quelle aluccie da pipistrello che aveva sulla schiena ma ignorava che dietro a quel volto così angelico e arrossato, ce ne fosse un altro decisamente meno sensuale, che proprio in quel preciso momento, stava solo aspettando che lui si girasse per potergli così dare la giusta mazzata che l'avrebbe spedito nel mondo dei sogni.



Livello quattro.
Ufficio del direttore Magellan.

Il grande e tondo orologio appeso in cima alla parete frontale a quella dove era situato il sontuoso trono del direttore non faceva che ticchettare fastidiosamente in tutta la stanza. Incastonato in una cornice colorata d'oro e dal disegno piuttosto raffinato, il disco sopra cui erano segnati i numeri veniva solcato ripetutamente dalle lancette dal suono a malapena udibile, tuttavia insolitamente irritante per le orecchie della falsa ispettrice Katya, ora seduta su un divanetto schiacciato diagonalmente nell'angolo della stanza. Lo guardava con insistenza e sotto quei suoi finti occhi cerulei, non nascondeva che l'incalzante preoccupazione: era l'una e un quarto di notte e le lancette non facevano che andare avanti senza rallentare o accelerare. Mancavano otto ore prima che Ace venisse tirato fuori dalla cella per essere consegnato alla scorta e a ricor di logica, lei aveva ancora parecchio tempo se teneva conto del fatto che sino a quel momento, non era stata scoperta e che era addirittura giunta al quarto piano. La speranza di non vedere insorgere la temibile guerra che, come minimo sarebbe stata ricordata da tutti come una sanguinosa battaglia fra due fazioni opposte, era visibilmente accesa ma per la prima volta, da quando si trovava a Impel Down, l'animo di Bianco Giglio, calato sotto mentite spoglie, non era rivolto a Ace, bensì al fratellino di quest'ultimo.

Rufy era stato un evento del tutto inaspettato, qualcosa che l'aveva lasciata a bocca aperta. Quel ragazzino esile e dal buffo cappello di paglia si era introdotto a Impel Down senza che nessuno se ne accorgesse, senza la sua preziosissima ciurma, facendosi largo in tutti i piani senza preoccuparsi dei pericoli che essi offrivano. Tutto ciò l'aveva lasciata perplessa ma mai quanto il carattere di quest'ultimo, semplice e disarmante allo stesso tempo; ancora aveva in mente quell'enorme sorriso incancellabile e il solo ricordare quei pochi minuti passati insieme per decidere di andare insieme a prendere Ace, le stavano mettendo in bocca un amaro dispiacere per il non essere riuscita a convincerlo a prendere l'antidoto.

"Ma Rufy.."
"Shishishi! Tienilo tu"
"Mugi-chan, sei matto?!? Senza quello come farai a difenderti dal veleno di Magellan??"
"Tranquillo, mi inventerò qualcosa. Yucci-chan ne ha più bisogno. Se venisse scoperta sarebbe un bel guaio"

Chiuse gli occhi nel mentre stringeva tra i pugni i lembi della gonna corta.

Oh Rufy..

L'ansia che la attanagliava sulla sorte del fratellino di Ace non facevano che triplicare la sua attuale impotenza. Nel cercarlo dopo che questo si era nuovamente gettato alla ricerca dell'entrata del livello cinque, si era persa nel miasma di Magellan, così denso da rendere difficoltoso il solo volerne uscire. Aveva girato con fare traballante per minuti interi senza scorgere alcuna ombra umana, si era esposta a tal punto da rischiare di venire infettata; la maschera l'aveva protetta ma, seppur conscia che questa non era in grado di resistere ai fluidi più corrosivi del direttore, aveva comunque deciso di andare avanti, sperando che Magellan non avesse trovato il ragazzo di gomma. Ancora non aveva avuto occasione di vederlo personalmente ma le notizie fornite erano bastate perché si facesse una chiara idea di chi tenesse fra le proprie mani le redini di Impel Down. Nel riconoscere in quell'intruso il fratellino di Ace, Sayuri aveva realizzato che per nessuna ragione al mondo egli avrebbe dovuto cercare lo scontro diretto con quell'uomo velenoso sotto tutti i punti di vista. Non si trattava di una questione fisica ma del fatto che il capo della prigione non si poteva toccare senza venire contaminati dalle sostanze tossiche di cui era divenuto padrone. Il suo potere era veramente terribile e se mai si fosse scontrata con lui, avrebbe potuto fare ricorso al suo haki per poterlo battere; ovviamente, l'antidoto le avrebbe assicurato un ulteriore ed efficace protezione ma aveva preferito fin dal principio regalarlo al ragazzo di gomma, molto più vulnerabile rispetto a lei. Il suo era stato un gesto dettato pensato senza alcuna esitazione, non voleva che Rufy si ferisse mortalmente e perdesse la possibilità di salvare suo fratello. La fatica che aveva fatto per essere penetrato lì dentro senza neppure essere visto non doveva essere stata poca e il vederlo fermato contro la sua volontà, aveva spinto quella parte caritatevole di lei a venire in suo aiuto, esortata dalla simpatia innata che egli aveva saputo infonderlele. Una specie di vena affettiva molto simile a quella che provava nei confronti di Akiko, forse in una modalità diversa ma di uguale intensità.

Purtroppo però non ce l'aveva fatta ad arrivare in tempo e di questo se ne dispiaceva così tanto da non poter far a meno di provare un forte senso di colpa: Cappello di Paglia aveva reagito incoscientemente nel prendere sottogamba quell'essere ma sinceramente, anche lei avrebbe dovuto essere più convincente; si era lasciata bloccare da quella faccia sorridente senza capire i propri pensieri, senza focalizzarli verso la realtà che stava vivendo, concedendo così troppo vantaggio al ragazzo. Tutt'ora era intenta in quel processo che non faceva altro che liquefarsi dalle sue mani ma il risultato non cambiava, anche se si sforzava con più determinazione: Rufy aveva qualcosa che entrava negli animi della gente, ci rimaneva come un'incognita e la spingeva ad azioni talmente folli che solo in sua compagnia avrebbero compiuto. Parte di quella follia di cui lui era l'assoluto portatore l'aveva condotto fino a lì ma come lei stessa aveva notato più e più volte, da solo non poteva farcela ad arrivare in fondo ad Impel Down e lo stesso concetto valeva per lei: otto ore erano moltissime per arrivare al livello sei ed Ace non sarebbe scappato di certo se lei avesse tardato per prima andare ad aiutare il suo fratellino. L'averlo visto sfilare davanti ai suoi occhi, completamente ricoperto di veleno, trascinato su una lastra di ferro, avente come ultima meta l'inferno di ghiaccio...come poteva abbandonarlo? Se Ace fosse stato al suo posto se lo sarebbe andato riprendere sicuramente, anche a costo di rimetterci gli arti.

Lo devo raggiungere. Pensò risoluta lanciando un'occhiata verso l'enorme portone Devo assolutamente raggiungerlo e iniettargli il siero prima che il veleno di Magellan penetri troppo in profondità.

Non avrebbe perso tempo se il direttore non l'avesse fermata per una veloce chiacchierata dato che non l'aveva accolta doverosamente all'entrata. Ancorato al bagno per i problemi intestinali che il frutto del diavolo gli aveva fornito come sgradevole conseguenza oltre all'incapacità di nuotare, quell'uomo dalla nera divisa d'alto ufficiale, aveva dimostrato di possedere un lato incredibilmente elastico oltre a quello indiscutibilmente implacabile che gli aveva permesso di sconfiggere Rufy. Lato molto ben celato dietro al suo aspetto esteriore, demoniaco in tutti i sensi, con tanto di faccia spaventosa, contornata da denti aguzzi e pitture azzurre sotto gli occhi, corna nere e una folta barba nera perfettamente pettinata. Anch'egli possedeva due aluccie come il vice-direttore ma queste, per ovvi motivi di stazza, erano più grandi di quelle del subordinato.
Preferiva di gran lunga i luoghi tenebrosi a quelli pieni di luce e questo spiegava perché il suo ufficio fosse situato così in basso e le luci al momento fossero fiocche.

Tanto era concentrata sulla porta che Sayuri quasi sobbalzò nel sentire l'acqua del bagno scorrere; aveva fissato quella superficie legnosa per troppo tempo, col desiderio che questa si spalancasse con la sola forza del pensiero e il vedere la possente figura di Magellan concretizzarsi davanti ai suoi occhi, le fece raddrizzare la schiena in men che non si dica.

Calma, stai tranquilla....Si disse cercando di mostrarsi rilassata e per nulla turbata di quanto era stata spettatrice.
"Miss Katya, sono veramente felice di incontrarla"
"E' un piacere conoscerla, signor Magellan" rispose a egual tono lei.
"Spero che il disordine creato da quel pirata non le abbia rovinato il giro. Impel Down merita di essere ammirata e visitata in tutta calma" continuò egli andandosi a sedere sul proprio trono dai morbidi e vellutati cuscini.
"Affatto. Mi dica, quanto resisterà Cappello di Paglia prima che il veleno da lei iniettatogli compia il suo lavoro?" domandò mostrando una nota di interesse ma nascondendo i possibili sentimenti "Ho potuto constatare che la dose che gli ha riversato contro, era incredibilmente alta"

Più informazioni riusciva a cogliere sulla salute del ragazzo, meglio avrebbe valutato la situazione e deciso quale fosse la maniera più sicura per agire. Altra lacuna poi, era l'assenza di Bon Clay: secondo alcune guardie, non era ancora stato catturato. Dove poteva essere finito? Era impensabile che avesse lasciato solo il suo amico ma non aveva idee al momento che le dessero un cenno di risposta.

"Cappello di Paglia ha poco meno un giorno di un giorno di vita" proruppe Magellan intrecciando le dita su suo ampio e ben ordinato bancone "Questa è la punizione per chi osa sfidare Impel Down o la screditi"

Il suo essere freddamente lapidario bastò per non indagare ulteriormente. Con occhi molto attenti, la giovane osservò con minuzia sfuggente le fasce alle braccia dell'uomo, decori simboleggianti il rango che deteneva all'interno della struttura. Aveva il potere di decidere sulla vita delle persone perché dentro il suo regno queste non erano che rifiuti della società, meritevoli solo di torture per quello che avevano provocato all'esterno. Non c'erano pietà, compassioni o principi che implicassero la dolcezza, solo una ferrea disciplina e un'organizzazione che quell'uomo tanto terribile manteneva impeccabilmente. Si veniva privato di ogni cosa e più tempo si trascorreva lì dentro, più il desiderio di morire e farla finita diveniva così impellente, che i custodi del posto si premuravano di tenere lontano affinchè i carcerati soffrissero senza mai giungere oltre quella linea di non ritorno.

Un inferno senza fine..

Toc-toc!

"Avanti"

Il consistente picchiettio alla porta cessò non appena il portone dell'ufficio venne aperto parzialmente: entrarono due detenuti, con le mani incatenate dietro la schiena e i visi molto avviliti. Elementi curiosi, che subito vennero notati dalla pirata, furono il naso rosso e tondo del primo detenuto, identico a quello di un clown e un'acconciatura a forma di tre afflosciato sulla testa del secondo. Dietro ai due, si presentò il vice direttore Hannyabal, con in mano le catene con cui erano legati i prigionieri.

"Hannyabal, e questi chi sarebbero?" domandò Magellan squadrando i fuorilegge, per poi guardare il subordinato in cerca dell'immediata risposta.
"Gli evasi del livello uno e due. Hanno tentato di risalire in superficie ma io e i miei uomini li abbiamo bloccati"
"Bene, sistemali dove più ti aggrada, basta che non li veda più" sentenziò il direttore nel mentre sbuffava vistose nuvole di miasma violaceo. "Con il pandemonio scatenato da Capello di Paglia, è di vitale importanza ristabilire l'ordine prima dell'arrivo della scorta" detto ciò si voltò verso la ragazza che sedeva sul divano "Miss Katya, le porgo ancora una volta le mie scuse a nome di tutta Impel Down" aggiunse con riverenza.
"Signor Magellan, non mi trovo qui per esprimere giudizi" affermò laconicamente lei "La mia presenza qui sta nel cercare di far ragionare il Cavaliere del Mare Jimbe, nient'altro"

Quel copione aveva preso vita in lei come una seconda identità, piccola al confronto di quella reale ma pur sempre utilissima vista la pantomina ancora reggente. Dietro alla parrucca bionda e gli occhi azzurri, che la rendevano terribilmente simile a quella donna appartenuta al suo passato, la vera lei era sveglia, coscienziosa di così tanti fatti e pericoli da far scoppiare la testa di qualcun altro. Il tempo scorreva con andazzo sempre più incalzante ma era solo un'impressione dettata dallo stress: in realtà, quello stava procedendo con la solita andatura ma quando si aveva fretta era solito credere che questo si velocizzasse a tal punto da venire considerato insopportabilmente ostico.
Non poteva rimanere nell'ufficio ancora a lungo se le condizioni di Rufy erano gravi come Magellan le aveva riferito: doveva andarsene subito, inventarsi una scusa basata sulla presunta missione affidatale dal Quartier Generale. Fu nel riflettere con tanta trepidazione che volse casualmente una veloce ma fortuita occhiata al vice direttore: in quel frangente, Magellan si stava stropicciando gli occhi con la schiena ben appoggiata al trono e per ciò non poteva vedere il proprio vice alzare il pollice all'insù, sorridere e poi trasformare, con un solo tocco di mano, la sua faccia in una molto più umana, valorizzata da rossetto e fard appariscenti, che fino a quel momento aveva visto indosso solo a una persona....

Bon Clay!

Il cuore di Sayuri saltò gioioso nel vederlo sano e salvo. L'okama le fece l'occhiolino e subito riassunse le fattezze di Hannyabal, per poi sparire dietro la porta con un consistente mazzo di chiavi nella tasca dei vaporosi pantaloni. Inutili sarebbero state le domande poste a sé stessa per comprendere il perché avesse fatto ricorso alle sue abilità Mimo Mimo per sostituirsi al vice direttore: già conosceva la ragione e non c'era bisogno che si mettesse a pensare a dove lui stesse andando. Sperava solo di poterlo raggiungere in fretta cosicchè da aiutarlo nella ricerca, sempre che Magellan non avesse intenzione di tenerla lì per il resto della notte...



Livello cinque.
L'inferno di ghiaccio.

Il penultimo livello di Impel Down, ospitava detenuti la cui taglia superava i cento milioni di berry. Immenso come l'inferno della fame, questo presentava temperature bassissime, glaciali, tanto che le luma-camere lì non funzionavano. Al posto d'esse vi erano stati messi dei famelici lupi con occhi iniettati di sangue, capaci anche di sbranare bestie grandi quanto un basilisco adulto. Lì i detenuti non necessitavano di frustate o delle classiche violenze impartite ai piani superiori: il quinto piano li uccideva con il freddo o coi mortali morsi dei lupi. Il cibo dato si congelava ancor prima che venisse toccato, il sole non esisteva e a volte, insolite tormente si divertivano ad abbattersi contro le gabbie ferrose già ricoperte da rilucenti e azzurrognole lastre di ghiaccio.
Praticamente lì non vi era traccia del calore che invece si riscuoteva in abbondanza al piano precedente.

I normali secondini evitavano di metterci a piede per il semplice fatto che i loro sostituti, in quanto selvaggi, erano capaci di attaccare in branco in base a schemi che il più delle volte riuscivano a far breccia nelle loro difese; un grande bello svantaggio per Bon Clay, che doveva cercare il suo Mugi-chan senza avere rompiscatole fra i piedi. Sistemato l'autentico Hannyabal con l'infallibile trucco della seduzione femminile, gli aveva sottratto i vestiti, recuperato quei due voltagabbana di Buggy e Mr3 e direttosi al piano ghiacciato con il sangue che rischiava di fuoriuscirgli dalle orecchie per l'impazienza. Purtroppo, nel trovarsi davanti alla porta del quinto livello della struttura, aveva scoperto che il vice direttore Hannyabal, quello vero, soleva recarsi lì per temprare il suo fisico e tale addestramento, prevedeva l'esclusione dei abiti pesanti.

"E...E....E...ETCIUU!!"
"Ah! B-Ben ti sta, almeno così siamo pari!"
"M-M-M-M-M-M-Mamma..s-s-si g-g-g-g-gela!"

La pesante porta fatta di ferro, legno chiodi e cardini, si era appena chiusa alle loro spalle, lasciando i tre davanti alle insidie dell'inferno di ghiaccio. La pelle delle braccia e delle gambe, per non dire del povero e scoperto torace di Bon Clay, erano diventate così rosse che il solo guardarle faceva male. Un altro po' di tempo al freddo e sarebbero stati identici in tutto e per tutto a dei ghiaccioli formato extragigante, considerata la totale assenza di negozi d'abiti pesanti nei dintorni; se si aggiungeva poi il fatto che i lupi avevano già fiutato l'odore di carne fresca e che si stavano apprestando a raggiungere l'entrata, non c'era proprio modo di vedere la scappatoia a cui Buggy e Galdino si affidavano quasi sempre da quando erano fuggiti dalle loro celle.

"Bene ragazzi, andiamo! Le celle sono da quella parte" affermò Mr2 iniziando ad arrancare nella neve.
"Andare dove?! Qui è tutto coperto di neve e come se non fosse sufficiente, ci sono interi branchi di lupi pronti a sbranarci!!" squittì Mr3 che già si stava guardando intorno con una velocità tale che pareva avere più teste sullo stesso collo.
"Come dove??" starnazzò l'okama volteggiando su di sé "Ma da Mugi-chan naturalmente! Magellan l'ha infettato col suo veleno!"
"Colpa sua! Solo uno scemo come lui è capace di caricare a testa bassa contro quel mostro senza pensare alle conseguenze" replicò Buggy spiaccicandogli il naso rosso in faccia "Se l'è cercata!"
"Che se la sia cercata o meno noi dobbiamo aiutarlo, è nostro amico!!!!" esclamò sovrastando i due e mettendoli nell'angolo "Lui farebbe lo stesso per noi!!!!"

Il rimorso che provava per l'aver lasciato Mugi-chan da solo lo stava divorando come un verme faceva dentro a una mela. Aveva avuto una paura indescrivibile nel vedere di prima persona il potere del capo della prigione, così tanta da fargli tremare le gambe danzanti. Era scappato via, ululando che gli dispiaceva ma era bastato che il plotone incaricato di portare via il suo amico sfilasse vicino al buco dentro cui si era rifugiato, per far ardere in lui il riscatto e il desiderio di andare in soccorso all'amico. Le chiavi ce le aveva, tutto quello che doveva fare era trovare la giusta cella, prendere Mugi-chan e poi scovare lui; oltre ad aiutare il suo carissimo amico, la seconda ragione portante che l'aveva spinto a scendere ai piani inferiori, stava nel trovare un uomo considerato una leggenda vivente nelle terre degli okama, il regino di tutti loro, la cui esistenza da molto tempo pareva essere svanita nel nulla e che ora più che mai faceva al caso suo.
Nonostante avesse visto molto chiaramente il suo nome sbarrato sulla lista dei prigionieri, Bon Clay era convinto che una persona come il grande Ivankov, l'uomo dei miracoli, non potesse essere morto per il freddo troppo assiderante. Avrebbe curato lui Mugi-chan e, da quanto stava constatando, i suoi due compagni non avevano la benché minima intenzione di accompagnarlo, troppo presi a confabulare fra di loro: parlavano di passare dalla porta e qualcos'altro che non riusciva ben a tradurre ma l'improvvisa comparsa di una decina di lupi magri e terribilmente affamati,c ambiò radicalmente le loro proposte iniziali, costringendoli a gettarsi in una corsa frenetica che in pochi istanti, fece loro perdere il senso dell'orientamento.

"Mugi-chan, aspettami!!" urlò Bon Clay scansando le bocche zannute delle bestie "Sto arrivando!!!"



Con il continuo favore della notte, la Moby Dick proseguiva nel suo viaggio facendo attenzione alle eventuali navi della Marina appostate nei paraggi. Tutte le luci erano spente, il cambio guardia per il timone era regolare e al momento tutto seguiva il giusto andazzo. Il reparto infermieristico era pressoché vuoto, silenzioso quanto il deserto durante la notte; tutte le infermiere si trovavano nella stanza del babbo a tenere sotto controllo la sua salute, esclusa Akiko, ostinatamente ancorata sul ponte con gli occhi fissi sull'orizzonte e Maya, le cui mani non facevano che lucidare bisturi in continuazione quasi fosse un automa. Il leggero odore di disinfettante le impregnava le narici, non c'era pavimento del suo regno che non fosse stato pulito e lucidato; lavorare o tenere le mani occupate era sempre stato un toccasana per lei poiché riteneva che perdersi troppo nei propri pensieri poteva essere dannoso, specie se nei paraggi c'era un fastidioso medico-cecchino pronto a sputtanarti. Il rastrellare da sola ogni stanza del reparto fino a farla diventare linda come uno specchio le serviva come riscaldamento per il grande assalto che in meno di dieci ore si sarebbe tenuto un po' ovunque sulla nave. Non essendo in prima linea come gli altri, doveva rendere al meglio nella sua postazione; in qualità di autorità medica, avrebbe messo a disposizione tutte le sue conoscenze mediche e la sua tenacia se queste avrebbero contribuito alla loro vittoria.

Il ruolo che rivestiva sulla Moby Dick non prevedeva che si esponesse come i suoi compagni, altrimenti nessuno l'avrebbe potuta sostituire. Le sue abilità combattive non potevano essere paragonate a quelle di Don o dei altri; il linea massima, sarebbe stata capace di atterrare un solo pirata se armata di bisturi ma dubitava fortemente di poter combattere come un'esperta contro soldati o mostri marini, anche se con le budella di questi ultimi non aveva problemi. Il coraggio non le mancava ma mai si sarebbe permessa di caricare contro nemici al dì fuori della sua portata: una simile sciocchezza avrebbe visto i suoi compagni difenderla magari in un momento cruciale e a fare il peso morto non ci teneva dato che poteva incombere nel grande rischio che già le stava facendo storcere la bocca truccata.

Sei in debito con me, donna.

Permettere a quel troglodita di salvarla gli avrebbe concesso di rinfacciarglielo tutta la vita, lasciando che a quella vicenda subentrassero argomenti che già l'immaginario medico rompiscatole creatosi nella sua testa, le stava elencando con l'uguale tono sfrontato e anche mezzo addormentato dell'originale.

Ma stattene un po' zitto! Sbottò mentalmente con le sopraciglia contratte.

E posò sul banco il bisturi con gesto seccato, incrociando le braccia sotto il seno e sbuffando quanto bastava perché un ciuffo della frangia viola si sollevasse. L'ostilità fra lei e quel particolare membro della seconda flotta era fin troppo riconosciuta considerando che le loro liti erano sempre vicine a far saltare in aria il ponte principale della nave. Sinceramente, ora che meglio rivangava a quei ricordi, dovette ammettere che quei momenti di accapigliamento adesso li rimpiangeva. Non era il caso di litigare o di provocare qualcuno solo per un capriccio umorale ma quelle ore di pre-guerra la stavano veramente esasperando. Aveva bisogno di sentirsi attiva, di correre su e giù per i corridoi, di provare la stessa emozione che la invadeva quando teneva in mano un cuore pulsante che doveva essere rimesso al suo posto prima che il paziente spirasse. Era perfettamente normale essere tesi e da tempo aveva imparato a controllare quell'aspetto caratteriale di sé stessa non essendo più un'apprendista alle prime armi; spettava a lei dirigere le sue subordinate, spettava a lei coordinare gli interventi e le procedure mediche e fintanto che portava quella divisa, niente l'avrebbe tolta da tale incarico.

Avanti Maya, forza e coraggio! Questa non è la prima scorribanda fra pirati a cui partecipi. Si disse annuendo con la testa.
"Che fai, ti dai ragione da sola?" le domandò una voce maschile alle spalle.

Il delicato sorriso della donna si incurvò bruscamente all'ingiù nel riconoscere il padrone di tale tono. Anche i bei occhi scarlatti si socchiusero accentuando la visibile scocciatura ma nel voltarsi con perfetta disinvolutura, mostrò a quell'antipatico tutta la sua bellezza naturale, rivolgendosi a lui come sempre aveva fatto da quando conosceva il suo brutto e maleducato grugno.

"Sai che è buona educazione bussare prima di entrare?" lo rimbeccò poggiando il fondoschiena al lettino dietro di lei.
"Se lo avessi fatto mi avresti lasciato entrare?" le rimandò ben tenendo a mente la sacralità del reparto infermieristico della donna.
"Uhm..." si picchiettò l'indice sul labbro guardando all'insù "Forse, se tu mi avessi chiamata col mio nome"
"Donna, non esagerare: io non sono Sayuri, sono gentile fino ad un certo punto"
"Oh, tu saresti gentile? Non me ne sono mai accorta" lo canzonò lei.

Quel veloce scambio di battutine non era nulla di che ma stava sollevando l'animo di Maya esattamente come lei sperava. Tenendo bene a mente quanto sarebbe successo fra poche ore, tutto era ben accetto per allentare il nervosismo, appiattirlo a sufficienza per respirare senza pesi sullo stomaco. Era curioso che Don poi si trovasse proprio lì dato che conosceva le regole del suo reparto a menadito: nessuno si era mai azzardato ad andare contro di esse perché tutti quanti sapevano bene che la rigida capo-infermiera diventava intrattabile quando si calpestavano i suoi confini e fra tutti, lui era il primo che si teneva alla larga per non dover sprecare parole con lei, che già l'aveva più volte scritto sulla sua lista nera. Ma adesso era lì. Perchè? Cosa diavolo l'aveva spinto a osare tanto?
Nella mente della donna dai capelli viola balenò un'idea. Che anche lui stesse cercando il litigio-scaccia pressione?

No, mi rifiuto di crederlo.

A momenti rischiò di farsi scappare una risata che come minimo le avrebbe abbonato un'occhiata ancor più strana da parte del medico-cecchino. Le era assurdo vederla in quella prospettiva ma non essendo una persona superficiale e meglio ancora, avendo ben addocchiato i sentimenti del medico-cecchino riguardo la faccenda, era più propensa a pensare che anche lui stesse cercando, come dire, di fuggire temporaneamente da quel groviglio ingarbugliato per poi affrontarlo senza complicazioni irrisolte.
Per quanto odioso,maleducato,insopportabile e via dicendo, anche Don, come lei, era un umano ma non essendo quel genere di essere amante della compassione, soleva dilettarsi in bisticci di vari sfondi per scacciare i cattivi pensieri e dunque sentirsi soddisfatto. Una cosa su cui lei, per il solo gusto di vederlo sbuffare imbestialito, mai avrebbe ceduto, nonostante la possibilità di fare uno strappo alla regola per darsi al bere come due spugne senz'acqua da mesi. Litigare era il loro modo di conversare, discutere più che altro e ad entrambi andava bene così perché quello stile rispecchiava al meglio le loro personalità. Certo, ogni tanto era bene che qualche passante si munisse di caschetto di protezione per l'incolumità della propria salute ma in quel preciso istante, anche se si fossero messi a parlottare, non sarebbero riusciti a pieno nel loro intento. Maya, per quanta nonchalance mostrasse, era seriamente preoccupata e non c'era modo per lei di far inabissare tale stato, di cancellarlo o anche solo di metterlo da parte: era un po' come un chiodo ed in esso vi era tutto quel che c'era per indirizzare la sua mente alla ragazza il cui letto ogni sera era guardato dalla piccola Akiko con occhi smarriti.

Finirò per sembrare una stupida..Pensò rilassando i muscoli del collo e mettendosi ben in piedi.

Dall'alto della sua posizione poteva anche decidere indossare una perfetta maschera incarnante il controllo ma conoscendosi alla perfezione, sapeva esattamente che cosa le occorreva. Seguita dai occhi di Don, l'avvenente donna si diresse verso una mensola tenuta nell'angolo insieme a un piccolo fornelletto usato per i rimedi più bislacchi.

"Ti va un caffè?" gli domandò tenendo ben in mostra il sacchettino con dentro la povere per fare la bevanda.
"Vuoi avvelenarmi?"
"Per carità, Don" sospirò lei "Se davvero mirassi alla tua vita, cercherei un espediente più divertente" replicò lei riempiendo la moca.

Fu così che si ritrovarono a bere caffè nella sala operatoria numero sei.

"Avanti, parla" tagliò corto l'uomo ponendo fine al silenzio.
"Pensavo volessi berti il caffè in pace"
"Se avessi voluto me ne sarei andato ma siccome tu sembri decisa a chiedermi qualcosa, preferisco togliermi il dente adesso che agonizzare per il resto della vita quindi, vedi di vuotare il sacco alla svelta"

La capo-infermiera sbattè le lunghe ciglia un paio di volte prima di sospirare e allontanare il calore fumante dalla propria tazza. Eh no, la gentilezza quell'uomo proprio non la conosceva...

"Ti sei sentito meglio dopo che hai parlato con Sayuri?" gli domandò girando la testa verso di lui. "Non abbiamo avuto suo notizie per molto tempo.."
"Guarda che non stiamo parlando di una lattante ma di una pirata grande e vaccinata che è pienamente cosciente delle sue azioni" tagliò corto quello portandosi la tazza blu alle labbra.
"Quindi non sei preoccupato per lei?"
"Non ho detto questo"
"Tenti di coprire i tuoi sensi di colpa con la tua proverbiale indifferenza?"
"Io non sono indifferente e non ho sensi di colpa, donna" mise in chiaro con voce piatta "C'è un motivo per cui stiamo andando a Impel Down e non a Marineford e questo mi basta per non dover farmi prendere da stupide ansie"

Non si stava riferendo a Ace, non principalmente. Dietro a tutta la matassa stava la fantomatica fiducia riposta tempo addietro, a cui lui ancora voleva essere fedele, esattamente come se quel tacito patto fra amici fosse stato stipulato appena ieri. Se lo sentiva nelle ossa, nei muscoli e anche nei neuroni del cervello: la santa stava bene e si stava impegnando al massimo per andare a liberare quell'altro irresponsabile che poi era il loro comandante. Il bisogno di stare ore e ore attaccato al lumacofono, sperando che questa richiamasse era superfluo; chi la conosceva non aveva di che preoccuparsi viste le sue capacità. C'era troppo da perdere perché una persona come lei si arrendesse alla prima difficoltà: per quanto differenti nel carattere, nelle concezioni ideologiche, lei e Ace possedevano lo stesso livello di testardaggine, molto difficile da placare. Si manifestava in vie disuguali ed era indubbio che il moro ne facesse un più ampio utilizzo rispetto alla ragazza, ponderata e amante delle vie pacifiche ma sebbene ella prediligesse quella via meno istintiva, Don non poteva non ammettere che un po' era rimasto in pensiero: cavolo, si trattava pur sempre di una sua amica e nel leggere di Ace imprigionato, prossimo alla morte, gli aveva fatto saltare il berretto in aria.

Non aveva osato minimamente immaginare la reazione della ragazza a quella notizia e si era astenuto dal chiederle come stesse: il saperla viva era stato sufficiente per fargli capire che non si era arresa, che aveva deciso di fare di testa sua e di dare a fondo all'ultimo briciolo di energia in corpo pur di non farsi sovrastare da quel dolore a lui non completamente comprensibile. Voleva salvare Ace, come tutti loro, e Dio solo sapeva di quali mezzi quella pazza innamorata si sarebbe servita...
Sperava solo che non facesse ricorso a quella sua diabolica trovata..

L'alzare gli occhi verso il soffitto fu interpretato da Maya come una piccola nota rivolta al solo essere appartenente al genere femminile degno delle sua attenzione. Don era un brontolone di prima categoria ma per le persone perspicaci come lei, capire che cosa si nascondesse sotto quei borbottii era un divertimento senza fine. Purtroppo il risultato era grossolano per via della complessità con cui quel uomo era stato fatto ma non ci voleva poi molto per arrivare alla lampante deduzione che il medico-cecchino, nel profondo di sé, in quella parte remota e assolutamente sconosciuta del suo animo, era un pochino in pena per la sorte dei suoi compagni .In fondo, uno di loro stava per essere giustiziato e non si poteva certo rimanere lì e alzare le spallucce come se non ciò non fosse degno di attenzione.

"Che hai da fissarmi così languidamente?" le domandò lui notando quel suo sospettoso cambiamento.

Stava tramando qualcosa. Maya stava sostenendo il viso con una della mani delicatamente appoggiata al mento e quei suoi profondi occhi color rubino, erano come persi in una qualche contemplazione mistica, con la bocca appena dischiusa. Che fosse ubriaca? No, impossibile. Il colore del viso era perfettamente perlaceo, non c'erano chiazze rosse e calde al livello delle guance. Inoltre, avrebbe percepito il profumo dei liquori lontano un miglio ed era sicuro che la capo-infermiera non ne tenesse di nascosti.

"Dillo che sei preoccupato" mormorò lei abbozzando un leggerissimo sorriso.
"Sei insistente oltre che isterica" borbottò lui sorseggiando un altro pò di caffè.
"Non è un crimine se ti aprì un po'. Sii gentile o perlomeno, sforzati"
"Non dovresti calarti in ruoli che non sai di poter gestire, specie quello della buona samaritana" ironizzò con svogliatezza. Quell'accidente di caffè invece di svegliarlo lo stava facendo addormentare..

Maya non faceva che osservarlo corrucciando la bocca prima a destra e poi a sinistra, come per cercare di continuare la sua incalzante opera. Coi occhi metà chiusi sembrava assonnata o annoiata visto che non si stavano scannando al meglio delle loro possibilità ma non poteva pretendere chissà cosa, nessuno dei due era in piena forma. Sicuramente avrebbero recuperato una volta che quel fattaccio si fosse concluso, magari grazie a un piccola sciocchezzuola, tempistica per far sì che le danze si riaprissero in grande stile.
Peccato che non fosse ancora tempo per far quanto pensato, anzi, non era tempo di nulla che avesse una natura felice. Era in ansia? Certo. Il suo leggero sospirare in momenti calcolati e che non implicassero sguardi interrogativi stava tentennando e il fatto di essere stata colta in flagrante dal suo arcinemico, le aveva fatto guadagnare tutta una serie di domande che prima avevano visto lei nei panni dell'inquisitrice.

"Invece che chiedermi se sono preda di assurdi sensi di colpa dovresti prenderti un attimo per ricomporti" sbuffò l'uomo poggiando la tazza.
"E' il tuo modo per dirmi che ho bisogno di riposare?"
"Lo sai che non sopporto le persone in pena, meno che mai se la persona in questione sei tu"
"Potremmo sempre trovare qualcosa per far passare il tempo" propose la capo-infermiera stiracchiandosi vistosamente,mettendo in risalto la provocante scollatura della divisa color confetto.
"Si può fare" acconsentì - stranamente- lui "Ma escludi il bere. Siamo in servizio"
"Quindi saresti anche disposto a lasciarti andare ad almeno tre ore di sesso sfrenato prima di darci dentro coi combattimenti?" gli domandò come se nulla fosse riordinandosi i capelli dietro la schiena.
"Solo se sono io a tenere il bastone del comando" stabilì il compagno.
"No"
"Allora riempimi altre dieci tazze di questa brodaglia" ordinò lui per nulla toccato.

Buttare lì una proposta del genere non faceva parte di una macchinazione ben precisa o almeno....così sembrava. Maya non agiva mai senza avere uno schema specifico in testa e se talvolta era a corto di idee, l'ingegnarsi era sempre una sfida ben accetta.

"Anche se avessi il coltello dalla parte del manico..." cominciò lei nell'assottigliare gli occhi e le morbide labbra "Scommetto che ti rifiuteresti perché dovresti farlo con me"
"Noto con piacere il tuo cervello da segnali di vita" ghignò il medico-cecchino scoccandogli uno sguardo vittorioso.
"E io noto che il tuo essere stronzo si affina ogni giorno di più" fu il rimando di lei.

A finirla così, quasi amichevolmente, non era affatto divertente, in particolare se poi ad aggiudicarsi il punto della vittoria era il medico-cecchino. Una volta poteva starci se si aveva passato la notte a scolarsi litri e litri di alcool ma due erano già un'esagerazione.

"Sembra proprio che io abbia visto giusto fin dall'inizio.." mormorò poi lei poggiando la tazza sul bancone posto vicino al fornelletto.
"Vedi di dar..."

La tazza che ancora reggeva in mano rischiò di scivolargli via dalla mano. Venne strattonato per il colletto della maglietta e tempo tre secondi, si ritrovò le labbra di Maya incollate alle sue, in uno di quei baci strabordanti di passione, che solo le donne di quel calibro erano capaci di donare. Uno di quei gesti che ti permettevano solo di strabuzzare gli occhi e di non fare null'altro data la loro brevità.

"Eh, già...esattamente come immaginavo" sogghignò lei una volta staccatasi "Non sei per nulla gentile e questo tuo saporaccio ne è la prova"

Non gli concesse di ribattere o di guardarla male perché se ne andò via leccandosi la bocca, ancheggiando pienamente soddisfatta per l'essersi aggiudicata quel round. Con la tazza ancora in mano, il medico-cecchino rimase per qualche secondo a guardare l'uscita, poi spostò la visuale sulla tazza, l'avvicinò al suo naso per odorarla e nuovamente tornò a fissare l'apertura rettangolare da cui la donna era passata.

"L'ammazzo. Giuro che prima o poi l'ammazzo quella donna" e buttò il resto del caffè nella spazzatura, convinto che quella l'avesse veramente drogato.



Impel Down.
Livello cinque. L'inferno di ghiaccio.

"Rufy!Bon Clay! Riuscite a sentirmi?!"

Avvolta fino alla bocca dal lungo e svolazzante mantello bianco, Sayuri affondava i piedi nella neve di quel paesaggio invernale con le ginocchia che tremavano non poco per l'acuminato freddo. Benchè fosse coperta dall'indumento pesante e stesse portando calzature più idonee per attraversare un ambiente rigido come quello, la temperatura era così rigida da trapassare la stoffa dei suoi abiti, arrivando ad atrofizzarle le giunture. Anche il solo avanzare cominciava a farle male: il piegare le gambe era una costrizione che a breve sarebbe diventata insopportabile, come il bruciare ai occhi per via delle folate di vento che si divertivano ad accecarla. Quasi un'ora dopo aver visto Mr2, nei panni del vice-direttore Hannyabal, era uscita dall'ufficio del direttore e senza nessun'altra deviazione, aveva raggiunto il quinto livello; l'obbiettivo era trovare Rufy e pertanto si era diretta immediatamente verso le celle ma nel controllarle tutte, non vi aveva trovato il ragazzino di gomma, ne tantomeno il suo danzante amico.
Tuttavia, come a volerle dare una mano, la fortuna le aveva fatto trovare a poca distanza dei curiosi segni di trascinamento insieme a quelle che erano orme e, avendoci anche trovato delle gocce di sangue, la ragazza si era decisa a seguire tale scia convinta che l'avrebbe portata dove voleva.

Purtroppo lì ogni cosa era sfavorevole a chi si prodigava per salvare la vita a un ricercato e neo prigioniero, anche per lei che ancora non era stata scoperta: la neve dentro cui stava arrancando mutava come le foglie in autunno ed era bastata una piccola nevicata per rendere la sua unica pista ancor più labile e invisibile di quanto già non fosse in alcuni tratti. A lungo andare, si ritrovò a fissare quel manto immacolato e brillante assolutamente privo di ogni sporcizia, senza avere una pallida idea di dove andare ma poi....poi udì qualcosa di completamente diverso dall'eco che l'aveva accompagnata.

"Cosa mai....?"
Poco lontano da dov'era,si sentiva l'abbaiare dei lupi. Era debole ma molteplice da quanto riusciva a cogliere. Scuotendo la testa, Bianco Giglio cercò di ascoltare con più concentrazione: parevano essere in molti, vicini fra di loro, presi a ringhiare e forse ad attaccare qualcosa..o qualcuno.

"Oh no!"

Al pensiero di chi potessero essere le vittime designate, iniziò a correre cercando di non inciampare o scivolare dentro quella massa dalla consistenza ingannevole. Attraversò mezza distesa di quella che più si avvinava essere una pianura molto ridotta, superando anche qualche pino che per puro miracolo non era ancora del tutto congelato. Risalita una piccola sporgenza, scrutò i dintorni assottigliando le pupille come per allungare il proprio raggio visivo, guardando scrupolosamente intorno, senza lasciare spazi e nel cogliere delle piccole macchie nere circondate da altre simili, saltò giù, riprendendo a correre.

Cercate di resistere, sto arrivando!

Appena quelle macchie assunsero una forma più umana, Sayuri si preparò ad estrarre i sai e a fronteggiare i lupi prima che decidessero di azzannare i malcapitati che ora vedeva con fin troppa nitidezza. Era già pronta a far leva sulle caviglie per darsi la giusta spinta quando, tutto ad un tratto, percepì qualcosa di nuovo: vi erano dei elementi aggiuntisi senza che preavviso e l'accorgersi in tempo della loro presenza le impedì di subire la stessa sorte delle bestie che al momento stavano guardando i nuovi arrivati con i musi attoniti.

"Death...Wink!!"

Come colpiti da una strada onda d'urto, i restanti lupi ancora coscienti furono sbalzati via e fatti cadere diversi metri più in avanti.

"Con questi dovremmo averli sistemati tutti" disse il primo guardandosi ben intorno.
"Almeno pev un po' non ci davanno fastidio" aggiunse il secondo "Ova, vediamo questi povevetti.."
"Fermatevi!"

Rapidamente Sayuri si pose davanti a quei due sconosciuti come una linea divisoria, di modo da non potergli permettere di avanzare verso i due amici a cui al momento dava la schiena. Tenendo le braccia ben in alto, cercò di scorgere i volti che si celavano dietro quei due ampi mantelli marroni aventi un lungo cappuccio sopra la testa ma per quanto si sforzò, le fu impossibile scoprirne l'identità. Di uno dei due vedeva solamente un paio di labbra enormi viola, sporgenti per via della testa grande il doppio del corpo.

"Una marine?"
"Y....Y..Yucci-chan..." rantolò Rufy.

Sentitasi chiamare, la ragazza si voltò per potersi inginocchiare vicino al ragazzo di gomma.

"Santo cielo.." la pirata non potè non portarsi una mano alla bocca.

Vedere le condizioni in cui si trovava le chiusero il cuore in una morsa dolorosa. La salute del fratellino di Ace versava in condizioni che erano indescrivibili: stava male, respirava a fatica e gran parte del suo corpo era ricoperto da quel miscuglio violaceo e velenoso dall'odore pungente che già si era prodigato a penetrare nei suoi organi e nei vari tessuti muscolari col fine di indebolirli e infine farli collassare.

"Tieni duro Rufy, ho qui con me l'antidoto" gli disse trafelata trafficando nella tasca per estrarre poi la fialetta e inserirla nella apposita siringa.
"B-Bon-chan...lui.." cercava di chiedere come stesse l'amico vicino a lui, svenuto per i morsi e per il glaciale freddo.
"Non preoccuparti, penserò io a voi due. Adesso cerca solo di rilassarti, andrà tutto bene" lo rassicurò ammorbidendo la voce per far rilassare il ragazzo.

Assicuratasi che la fiala fosse ben inserita nella siringa, la castana si accinse a prendere il braccio di Cappello di Paglia per cercarne la vena. Se l'antidoto era potente come sperava, sicuramente si sarebbe salvato ma ancor prima che potesse afferrare l'arto del pirata di gomma, il suo polso venne fermato da una mano dei due sconosciuti, rimasti a guardare fino in quel momento.

"Per favore, mi lasci fare, io..."
"Non sevvivebbe a nulla. Le sue condizioni sono già tvoppo cvitiche pevchè lo si possa cuvave con il semplice antidoto" le spiegò l'incappucciato dalla testa grossa.

A quella notizia, il viso di lei impallidì bruscamente, arrivando a confondersi perfino con la neve che li circondava su tutti i fronti.

"Morirà a breve se non facciamo qualcosa. E anche questo qui ha bisogno di essere curato, i lupi non ci sono andati leggeri" asserì il secondo verificando le condizioni di Mr2.

Seppur con la vista terribilente offuscata, Rufy guardò l'okama a terra, ormai in pieno assideramento. L'istinto mosse il suo braccio verso il piede di quel misterioso tizio vicino a lui e a Yucci-chan e quella sua debole stretta, riuscì a richiamarne l'attenzione.

"Rufy!" Sayuri era incredula davanti al gesto del ragazzo, non avrebbe pensato che potesse ancora muoversi.
"Bon-chan.....s..salva...salvalo...è..è venuto...q-qui per aiutar..mi" ansimò al limite delle sue capacità.

Il suo preoccuparsi per l'amico che per sé stesso lasciò nuovamente abasita la ragazza. Il modo d'agire di Rufy era veramente qualcosa che sfuggiva alla logica umana seppur tale concetto ricalcava un semplicità tanto elementare. Era disposto a morire pur di non perdere quanto di più caro aveva a quel mondo; compiva gesti che non tutti avrebbero avuto il coraggio di fare. Nella sua ingenuità voleva che tutti coloro che facevano parte del suo mondo fossero sempre felici e semmai qualcosa avesse minacciato tale felicità, lui l'avrebbe combattuta fino allo stremo delle sue forze. Era quella volontà di proteggere i suoi tesori che lo teneva aggrappato alla vita, che l'aveva spinto a prendere a testate la gabbia della cella per cercare di uscire ed era sempre quella a scatenare quell'ambizione tanto rara quanto potente di cui pareva ancora non avere il completo controllo.

"Non temeve, siete in buone mani!" assicurò lo strano individuo slargando la sua bocca in un sorriso disumanamente ampio. "Covaggio Inazuma, povtiamoli nel nostro pavadiso, Heehaw!"

Giglio di piccheDove le storie prendono vita. Scoprilo ora