Egoista

313 11 0
                                    

La cosa bella del visitare isole straniere non era tanto il metterci piede e ammirarne le peculiarità ma più che altro, portare dentro di sé un minuscolo pezzo di quella terra come fosse un monile,un portafortuna. Assaggiare le specialità della casa, raccogliere una particolare conchiglia dalla spiaggia o assistere ad uno spettacolo celebrativo molto simbolico per gli abitanti non erano che piccolezze piacevoli ma l'imparare un'arte da questi luoghi era ben diverso dall'osservare, dal toccare o dal gustare e Ace lo sapeva: costruire qualcosa era più facile da ricordare perché mente e mani si impegnavano insieme e divenivano un tutt'uno per creare qualcosa che poi avrebbe generato soddisfazione, ma la sua vicenda non rispecchiava appieno quell'aspettativa perché il suo senso di compiacimento non si sarebbe rivolto all'aver completato un lavoro iniziato e ben eseguito ma bensì all'espressione che sperava di vedere in Oars nel regalargli un tipico cappello kasa fatto da lui in persona. Aveva imparato a fabbricarli quando in una delle sue missioni era giunto all'isola di Watanuki: la terra dell'armonia gli aveva offerto un soggiorno per l'appunto tranquillo prima del suo consueto rientro e quei cappelli lo avevano affascinato a tal punto da voler imparare a farli. Con quello, il gigante non avrebbe più dovuto preoccuparsi della neve o della pioggia ma prima di potersi abbandonare a pensieri futuri, il caro Ace doveva riuscire a finirlo quel beneamato accessorio o quantomeno, evitare di bruciarlo...

"Intreccia, passa, intreccia, passa, int...dannazione, di nuovo!!" esclamò adirato.

I Kasa erano cappelli a forma di scodella rivolti all'ingiù, fatti interamente di paglia. Il materiale in questione era soffice come le piume di un cuscino ma anche flessibile e lavorabile come le canne di bambù: per creare il cappello a regola d'arte era necessario partire da una base circolare fatta di fili maneggiabili e resistenti, con vari rametti lasciati sporgere in verticale, su cui poi si andavano a costruire cerchi più piccoli, sino ad arrivare alla punta arrotondata e fino a lì Ace ci era arrivato. La parte più difficile, anzi, più capricciosa, stava nel realizzare gli spicchi con la paglia soffice: per prima cosa si doveva realizzare una base triangolare coi fili duri e chiuderne il fondo sempre con essi, mentre con la paglia morbida bisognava riempire il vuoto che si creava, incastrandola delicatamente cosicchè non uscisse. Il lavoro richiedeva mani ferme, silenzio, pazienza e anche una buona dose di nervi saldi ma era risaputo che a parole ogni cosa risultava facile mentre la pratica molto meno: il problema di Ace era che senza volerlo a volte faceva fin troppa pressione con le mani e allora lo spicchio si disfaceva, la temperatura del suo corpo saliva, trasformava la paglia in cenere e lui finiva per sbuffare con le tempie pulsanti per l'ennesimo buco nell'acqua e patatrack!

Doveva riniziare.

Già di per se quel lavoro era molto faticoso, se si aggiungeva poi che il corpo del moro era fatto interamente di fuoco, la questione diveniva ancora più ardua ma al ragazzo piacevano le sfide e ciò che veniva considerato impossibile per altri, per lui non era che un lavoro difficile ma non per questo irrealizzabile. Si era ripromesso di costruire quel cappello per Oars e ce l'avrebbe fatta, anche se i precedenti mostravano che il lavoro stava procedendo un pochino a rilento rispetto ai tempi che il ragazzo si era prefissato: il primo incidente lo aveva rivisto rifare interamente la base e nel secondo aveva bucato tre spicchi che stava cercando di unire.

Per una persona come lui che tendeva a scaldarsi quasi subito, quella era un'autentica impresa, una prova di assoluta concentrazione e pazienza. Un risolino gli si dipinse in volto: all'ultima parola formulata subito aveva pensato a Sayuri, lei sicuramente aveva più possibilità di completare quel lavoro senza incappare nel rischio di bruciare tutta la paglia presente nella grotta.

Chissà dov.....

L'ennesimo attacco di sonno lo colpì alla sprovvista, lasciandolo seduto, con la testa piegata su di un lato e le braccia perfettamente sospese in aria e con in mano la paglia.

Giglio di piccheDove le storie prendono vita. Scoprilo ora