Finalmente pace...O quasi

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Nel dire "Si", Ace aveva ufficialmente proclamato la sua decisione di entrare a far parte della ciurma di Barbabianca e con lui, tutta la sua ciurma.

Era stato diretto, non aveva chiesto chiarimenti o quisquiglie del genere; se mai si fosse soffermato su qualcosa, probabilmente un qualche argomento dalle opinioni opposte, sarebbe saltato fuori e allora le belle parole di Sayuri, l'aggiunta di Marco e la sua riflessione al riguardo si sarebbero andate a fare benedire ancor prima che il sole sorgesse. Aveva dato la sua risposta e si era sentito a posto con sé stesso. Quella stessa notte aveva dichiarato il suo volere al vecchio e lo stesso Marco gli aveva tatuato il vessillo del Re dei Mari sulla schiena; era libero di non farselo ma Ace era un uomo di parola e ciò che prometteva, manteneva. Quel suo nuovo tatuaggio simboleggiava il suo voler dire che mai e poi mai si sarebbe guardato indietro. Aveva provato una strana sensazione di smarrimento mentre il nuovo compagno gli bucava la pelle con l'ago; dall'essere il capitano dei pirati di picche al diventare uno dei tanti figli del vecchio vi era come un salto ne vuoto, dove tutto veniva inibito e il fondo pareva non esistere. Parole, pensieri ed emozioni divenivano bianche e grigie, perdevano il loro colore per poi assumerne dei altri, nuovi e mai visti. La sua decisione non riguardava soltanto lui ma anche coloro che per tanto tempo lo avevano accompagnato per mare e visto l'esito di quel breve dialogo avuto poco più di due ora prima, non potevano che mandare giù il boccone. Anche adesso che camminava lungo il corridoio che portava in una delle tante aree della nave, rimuginava sul cosa fosse più corretto dire: ad ogni passo il legno color corteccia delle assi scricchiolava leggermente. In teoria, avrebbe dovuto informare i ragazzi di mattina visto l'ora ma più camminava, più la voglia di fermarsi e tornare indietro diventava incalzante.

Mi sento un cretino. Un'idiota!

Alla fine si era fermato, passandosi più volte la mano sul viso.

"Cosa vedono i miei occhi: Pugno di Fuoco in preda all'esitazione"

Quella parlantina sorpresa, condita di ironia passiva non poteva che essere di una sola persona: Don stava a pochi metri da lui, con la schiena appoggiata alla parete, le braccia conserte e quel suo bislacco sorriso incurvato all'insù. Doveva essere lì da un bel pezzo, perché Ace notò che le occhiaie dell'amico era più marcate del solito.

"Non mi dire che ti stai arrovellando il cervello per il dover dirci che non stiamo più ai tuoi ordini perché tanto già lo sappiamo" lo informò "Quindi rilassati"

Senza volerlo, il medico-cecchino gli aveva tolto un gran peso dallo stomaco perché le parole per dare un senso logico ai suoi pensieri, proprio non ne volevano sapere di uscire e unirsi in un discorso sensato.

"Lo ammetto, non mi aspettavo che scegliessi di unirti alla sua ciurma. Dopo trecento e passa tentativi, credevo avessi ancora energie da vendere" ammise l'uomo dall'inseparabile berretto grigio.

"Ho riflettuto attentamente sulla situazione. Niente di più"

"Ah si? Io ero convinto che ti fossi fatto convincere da qualcuno a cui rivolgi sempre un occhio di riguardo"

"Sei geloso?" lo punzecchiò il moro.

"Tsk, della santa? Figuriamoci!" borbottò con voce schifata "Solo che non trovo giusto queste tue preferenze. Potevi ascoltare anche noi invece di mandarci tutti al diavolo" brontolò incrociando le braccia.

"Lo avrei fatto se aveste tentato di più invece di mandare in avanscoperta lei" replicò il moro.

D'accordo, stavolta il punto della vittoria se l'era aggiudicato Ace. Era fin troppo evidente che la ragazza era stata inviata come ambasciatrice di pace da tutta la ciurma, visto che loro avevano miseramente fallito. Un po' gli seccava la cosa; insomma, mandare la castana in prima linea per fare cessare il maremoto da lui creato sapeva un pò di vigliaccheria, come se lei fosse un capro espiatorio ma d'altro canto, era vero che non aveva dato retta a nessuno se non a Sayuri. Aveva atteso il momento più propizio e poi,se doveva essere sincero, contro di lei non poteva vincere. Lui e il suo orgoglio, la sua rabbia, non avevano il coraggio di inveire contro di lei, che non aveva fatto altro che aiutarlo a vedere la vicenda con più ampiezza cosicchè trovasse la risposta a tutti i suoi quesiti.

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