L'inferno eterno. Destinazione raggiunto

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Le scale a spirale che separavano il quinto livello dal sesto erano interminabili, le più lunghe di tutta Impel Down.
A ogni passo Sayuri si inoltrava in quell'oscurità austera e distaccata dal resto del mondo che presto le si sarebbe totalmente presentata nell'inferno eterno. Quel piano non aveva nulla di speciale, non c'erano fiamme, bestie, o ghiacciai a dominarlo; solo gabbie con dentro criminali così pericolosi che la giustizia ne aveva trasfigurato il volto per l'orrore che sapevano suscitare. La tentazione di correre era forte ma i lumacofoni appiccicati sulle mura della colonna portante controllavano imperterriti il passaggio senza mostrare il benché minimo cedimento e nella loro costante vigilanza, stavano imponendo alla giovane una camminata discretamente veloce e disinvolta. Il tempo stava per scadere, quasi tutta la sabbia della grande clessidra era scesa e in lontananza poteva udire lo scivolare delle catene che sostenevano l'ascensore. Stava scendendo ma nessun rumore da esso prodotto risultava essere più forte e doloroso del suo cuore: batteva all'impazzata, picchiava contro la cassa toracica dandosi continue spinte e con fare incalzante, stava svegliando tutte le parti del suo corpo fino a quel momento rimaste paralizzate.

Se ne accorse quando, nello scorgere l'enorme portone d'acciaio, rischiò di cadere a terra: velocemente appoggiò una mano contro il muro è annaspò l'aria faticosamente. Dovette perfino piegarsi con la schiena tanto l'ossigeno le venne a mancare. Era al limite: la ferita al torace bruciava sotto le bende e il digiuno sino a quel momento stato zitto, ora si stava facendo sentire con molta prepotenza. La pressione le aveva prosciugato le energie vitali come una sanguisuga affamata e l'ulteriore preoccupazione per Rufy e Ace non aveva fatto altro che privarla di quelle poche riserve accumulate. La sua salute era stata paziente, le aveva dato corda perché consapevole che la ragazza comunque avrebbe ignorato i suoi messaggi ma anche lei aveva raggiunto i suoi confini e ora si era lasciata cadere, permettendo ai malesseri di agire e dunque sfiancarla. Il trascurarsi era un aspetto di lei che più volte era emerso in determinate situazioni e questo era uno di quei difetti che la penalizzavano: andava bene preoccuparsi per chi si trovava in una situazione sfavorevole ma Sayuri tendeva a mettere da parte sé stessa per concentrarsi al 100% su chi necessitava di aiuto e clamorosamente finiva per trovarsi a terra come uno straccio sporco e usato.
Era cosciente di quella sua tendenza a "dimenticarsi" ma quando si parlava di salvare da morte certa una delle persone più care che si aveva al mondo ed evitare lo scoppio di un conflitto apocalittico, tutto il resto, salute compresa, poteva anche andare a farsi benedire. Fintanto che il desiderio di vedere Ace rimaneva al centro dei suoi pensieri, null'altro l'avrebbe distratta: lo vedeva splendere come una fiaccola sulla via del riscatto,abbagliante quanto il suo sorriso nel pieno dell'estate.

Sceso anche l'ultimo gradino, levò la testa in alto per ammirare in tutta la sua completezza, l'enorme porta le cui maniglie erano imbrigliate da un lucchetto grande quanto il direttore Magellan: non esisteva modo per toglierlo, a Sayuri non occorreva certo pensarci su visto che avrebbe fatto ricorso alla porticina posta nell'angolo in basso: si trattava di una porta nella porta per farla breve, utilizzata dalle guardie - le rare guardie specifichiamo - per entrare e uscire dall'ultimo piano senza che i prigionieri tentassero di sfondare la barriera di metallo posta. Dato che Magellan stava utilizzando l'ascensore per scendere senza passare da essa, Sayuri non si curò di chiuderla a chiave una volta entrata. La certezza che di guardie lì non ce ne fossero aveva mosso la sua mano con fare sicuro, permettendole di avanzare in quello che era l'inferno eterno. Inoltre, presto sarebbe arrivato anche Rufy e il suo aiuto avrebbe facilitato la fuga. Almeno così pregava.



E così..questo è il livello sei.

Non era che un enorme sotterraneo abbellito con gabbie e celle di svariate forme e dimensioni quello che osservava. Le mattonelle di pietra che costruivano le solidissime pareti erano di un blu scuro così intenso che pareva intriso di un catrame tanto denso da oscurare qualsiasi luce, rendendo il posto freddo e lontano da qualsiasi forma di vita vicina al sole. Chiodi e quintali di acciaio penetravano nel pavimento come aghi sulla pelle, rinchiudendo persone e creature condannate all'ergastolo che attendevano la morte con trepidazione. Catene enormi penzolavano da un soffitto invisibile, come avvoltoi di metallo che ogni tanto si scontravano, producendo una serie di tintinnii che nel giro di pochi secondi svanivano senza essere ricordati.

Nell'avanzare con l'esitazione a punzecchiarle il cuore, ignorò i richiami volgari e vogliosi dei prigionieri che ne avevano notato la presenta: spingevano le mani fuori dalle celle come morti di fame, digrignando viscidamente parole poco lusinghiere e rassicuranti. Il leggero fruscio del suo lungo mantello bianco veniva completamente coperto da tutta quella serie di vociare fastidioso che,poco ma sicuro, avrebbe fatto perdere le staffe a qualcuno. Battevano i piedi, si dimenavano come appena tornati in vita ma nessuna fonte di rumore da essi prodotta era più insistente del suo povero cuore martellante. Camminava, dritta, davanti a sé, sicura che lui fosse là, relegato in fondo: poteva figurarlo, immaginarlo centinaia di volte, ma già sapeva che vederlo in carne e ossa sarebbe stata una visione ancor più dura da sopportare. Difatti, quando finalmente arrivò davanti all'ultima gabbia del piano, fu colta da dei freddi brividi che la tartassarono non appena scorse i primi e grossolani angoli: la cella che ora stava guardando con occhi liquidi era quadrata, cementata da pietre uguali a quelle del sotterraneo: le spesse sbarre verticali si incrociavano a quelle orizzontali, lasciando intravedere l'interno della cavità a quadrati regolari.
Con le mani malferme e raccolte a preghiera nel petto, la ragazza compì due piccoli passi, osservando l'interno da uno dei tanti riquadri che le sbarre incrociate creavano. Partendo dall'ombra più grossa, riconobbe nel prigioniero incatenato alla parete destra Jimbe: nonostante facesse parte della flotta dei sette, l'insubordinazione mostrata gli era costata lo stesso trattamento riservato ai prigionieri di Impel Down. La pelle azzurrognola era tappezzata di taglie e lividi, asciutta e malconcia proprio come la sua elegante veste rossa e nera, ora impolverata. Era seduto a terra, con la testa leggermente china in avanti e gli occhi chiusi in uno stato di meditazione. Non sembrava essersi accorto della sua presenza, così come l'altro ospite della cella.

Oh..Oh, mio Dio.....

Non riuscì neppure a pronunciare mentalmente il suo nome: tentennò col pensiero tanto era shoccata e sussultò nel percepire la propria circolazione sanguigna bloccarsi bruscamente. Nella loro piccolezza, i frammenti dei suoi ricordi brillarono con la stessa intensità dell'arcobaleno, tornando a risuonare sottoforma di cori paradisiaci e soavi intorno a quella piccola fiammella appena nata che scalciava come un bimbo. Pensò a un sogno, il più bello mai fatto, e, al tempo stesso, al più brutto della sua vita, ma quella visione straziante, dannatamente reale, placò tale tentazione ancor prima che potesse sfiorarle la mente, lasciando che allungasse le mani tremolanti fino alle sbarre, per poi stringerle e avvicinarsi col resto del corpo. Un groppo in gola le fece mordere il labbro inferiore tirandolo con prepotenza; il vederlo lì, non nei suoi sogni o nelle sue illusioni, l'aveva come alleggerita, perché si resa conto di essere arrivata in tempo, di essere arrivata prima che lo portassero via nuovamente, ma ogni fibra di felicità emersa con tanta spontaneità si spezzò irrimediabilmente nel guardarne le terribili condizioni in cui versava: era seduto, con le gambe incrociate e le braccia tenute alzate ai lati in una posizione scomoda anche solo alla vista. Polsi e caviglie erano avvinghiati a catene e a manette così strette da tagliare la pelle fino a farla sanguinare. Perfino la vita gli avevano legato, come convinti che potesse scappare via facendo leva su di essa. L'angoscia e la pena per il vederlo ridotto a quella maniera, non fecero che alimentare la sua frustrazione; raspò l'aria incapace di porsi controllo, tranciandola con ampie falciate per appianare la calura delle guance e il moto di incomprensibili sensazioni che si stavano accavallando nel suo animo.

"Ace..." sussurrò lei, riuscendo finalmente a pronunciare il suo nome con la stessa delicatezza di una nota prodotta da un violino.

Strinse con più vigore le sbarre d'acciaio senza però riuscirle ad abbracciarle interamente.

L'aveva trovato. Dopo tanto tempo, l'aveva trovato.
Per quelle ultime settimane aveva combattuto contro la parte di sé stessa reincarnante il sovrano di tutti i dolori, respingendo ogni suo incubo e sotterfugio avente l'obbiettivo di farla crollare. Era stanca, quella lotta interiore era stata estenuante: ogni momento difficile era stato una prova, tutto il suo tragitto fino all'inferno eterno era stato un susseguirsi di prove dure e impossibili. Le tremavano le ginocchia per l'emozione e dovette aggrapparsi con più forza alle sbarre per evitare di cadere mentre gli occhi celati dietro ad un falso azzurro, solcavano quel ragazzo la cui mancanza in lei l'aveva fatta star a dir poco che male. Lo vedeva, col torace sanguinante, dove le costole erano fin troppo visibili nonostante la sua mole non fosse diminuita. Le mani penzolavano inermi e la testa, volta in avanti, non dava alcun cenno di vita.

No, non poteva continuare a guardarlo senza far niente. Non le piaceva quanto i suoi occhi le stavano mostrando, per niente. Il mondo al dì là dello specchio stava riflettendo l'esatto contrario di quello che lei desiderava: il sangue copriva il sorriso pestifero svanito nelle sue profondità, l'orgoglio gettato nella povere era stato ridotto in schiavitù e lo spirito diviso in molteplici parti tutte diversissime fra di loro. L'Ace che cercava era sparpagliato ovunque: il suo corpo era lì, ma interiormente era disperso. Voleva allungare le mani e toccare quei frammenti per poterli rimettere insieme, così da riavere il ragazzo che quel giorno tanto lontano ma ben impresso nel suo cuore, le aveva rivolto la parola. Imponendosi di smettere di tremare, fece scivolare fuori dalla divisa uno dei suoi sai e ne avvicinò la punta alla serratura della cella: questa era abbastanza grande per essere scassinata dalla lama di una delle sue armi, doveva solo avere pazienza. In fondo, l'aveva già fatto per entrare nelle basi della Marina prima di incontrare i pirati di picche....

"Chi diavolo sei? Che cosa vuoi?"

Svegliatosi dal suo stato di meditazione, Jimbe le ringhiò minacciosamente nel vederla armeggiare con l'entrata della cella. Sayuri non badò alla sua domanda, era perfettamente logico che non la riconoscesse: camuffata com'era, aveva saputo ingannare chiunque a Impel Down ma a breve la divisa da ispettrice non le sarebbe più servita. Se Don aveva riferito a Barbabianca quanto lei gli aveva dettato, a breve quella storia sarebbe finita ma ancora non poteva dirsi totalmente fuori pericolo; il padre e i suoi fratelli non erano ancora arrivati e benché quel ritardo fosse prevedibile per via di molti fattori conosciuti, Bianco Giglio pregò giungessero quanto prima possibile a destinazione poichè non era certa che lei, Jimbe e Rufy ce l'avrebbero fatta a trasportare Ace e nel frattempo combattere contro il personale di Impel Down e i marine appostati al dì fuori di questa. Temeva l'irreparabile, vi erano stati e vi erano ancora quei attimi dove aveva paura che i soccorsi non sarebbero arrivati ma ora che Ace era così vicino a lei, a pochissimi passi di distanza, non era intenzionata a pensare al peggio: avrebbe fatto tutto il possibile per portare fuori di lì il ragazzo, ma purtroppo per lei, prima di fare ciò doveva occuparsi di chi invece era venuto per portarlo al patibolo....

"Ispettrice Katya, vedo che siete già qui"

Magellan, il terribile direttore di Impel Down, era alle sue spalle con una piccolo gruppo di soldati e Domino al suo fianco. Alla ragazza non sfuggirono le manette di algamatolite che la donna dai folti capelli biondi teneva in mano. Riponendo velocemente il sai dentro gli indumenti, Sayuri si voltò con disinvoltura verso di lui: inquadrò subito il direttore, vestito impeccabilmente con la sua divisa nera, i denti aguzzi ben in vista e le enormi ali di pipistrello attaccate alla schiena. L'aspetto diabolico era sufficiente per incutere paura in chi già lo aveva visto all'opera, ma Bianco Giglio al momento non temeva la sua presenza: quando le si era presentata la possibilità di infiltrarsi nella prigione più temuta dei mari non se ne era stata a rimuginare sulla moltitudine dei pericoli che avrebbe dovuto affrontare ma a come arrivare da Ace prima che diventasse irraggiungibile per chiunque lo conoscesse.

Quando il direttore sorpassò alcuni suoi subordinati, lei gli andò incontro, distanziandosi dalla cella.

"Spero che la mia prigione sia stata di vostro gradimento e che siate riuscita a far ragionare il Cavaliere del Mare" le disse con riverenza e ben disposto.
"Assolutamente. Quanto al mio compito diplomatico, ho fiducia nel fatto che sarà lui stesso a venirmi incontro" gli rispose lasciandoselo alle spalle.

Con un sorriso compiaciuto, Magellan lasciò che la soddisfazione gli scaldasse l'orgoglio. Il buon nome di Impel Down e la sua reputazione di direttore erano state messe a dura prova da Cappello di Paglia e se c'era una cosa più terribile dell'avere un infiltrato nel proprio dominio, era un pessimo giudizio da parte di un ispettore della Marina. L'inflessibilità era il loro marchio e non potevano permettere che si sporcasse, sarebbe stato un guaio.....e sicuramente quell'idiota di Hannyabal l'avrebbe preso in giro mirando come al solito alla sua poltrona. Chissà poi dove si era andato a cacciare...
Bah, prima o poi sarebbe saltato fuori...

"Mi fa piacere che si sia trovata bene. Prima di procedere col prelievo del detenuto, vorrei informarla che poco fa abbiamo ricevuto una comunicazione dalla scorta: tarderà di una decina di minuti. Pare che il mare sia piuttosto mosso oggi"
"Un ritardo? Non c'è problema"

Quella notizia le riaprì le vie respiratorie. Anche se il direttore aveva chiaramente parlato di imprevisti marittimi, Sayuri era certa che in quel ritardo ci fosse lo zampino di suo padre. Si stava muovendo, stavano arrivando, e tale era la felicità nell'apprenderlo da farle addirittura sentire lo scafo della Moby dick infrangersi sulle onde, inabissarsi per non farsi vedere dai nemici e sbucare fuori all'improvviso lasciando tutti quanti a bocca aperta. Se davvero le cose stavano così, non poteva permettere la Marina la spuntasse tanto facilmente, non poteva permettere che Ace le venisse portato via una seconda volta..
Jimbe nel vedere Magellan arrivare a poco più di un passo dalla cella, poggiò il suo sguardo sia su lui che ai carcerieri alle sue spalle. Senza degnare di uno solo sguardo lo squalo-balena, l'uomo velenoso agguantò il mazzo di chiavi tenuto nella tasca del cappotto, scartandone alcune per poi impugnare quella corretta e avvinandosi di un altro passo alla cella per poterla aprire.

"Anche se la nave della Marina incaricata del trasferimento di custodia non è ancora arrivata, procederemo come da prassi" affermò convinto quello per poi guardare il prigioniero che stava schiacciato contro la parete "Bene, Portuguese D.Ace, la tua permanenza qui è finita. E' arrivato il momento di..."

SBAM!!

Quello schianto e le urla dei suoi subordinati interruppero il suo discorso, che subito si irrigidì, voltandosi di scatto. Era stato un suono ovattato, seguito da altri tutti identici, sparpagliatisi qua e là nei angoli del livello sei. Abasito, Magellan vide Domino a terra, priva di sensi come tutti gli altri, attorno all'unica persona rimasta sveglia, la sola che poter aver compiuto un atto del genere.

"Ispettrice Katya, che cosa significa tutto questo?!" ringhio l'uomo.
"E' molto semplice, signor Magellan" cominciò lei arrotolando le maniche della giacca "Significa che la mia presenza qui non è stata richiesta dalla Marina e che pertanto, non le posso permettere di portar via il mio comandante"

Il brutto muso barbuto del direttore si impietrì, indurendosi come quando doveva castigare di persona i prigionieri, gli stessi che ora stavano raschiando le mura delle loro celle in cerca di una inesistente via, consapevoli della reazione di quell'uomo: difatti dalla sua pelle ma anche dal cappotto, dalle braccia, in ogni parte del corpo insomma, grosse perle violastre sgorgarono da nulla, gocciolando a terra e fumando per l'azione corrosiva emessa.

"Un'impostore.." mormorò con voce roca, facendosi ancor più grande di quanto già non fosse "Devo dire che queste ultime ore sono state ricche di sorprese veramente sgradite. Prima Cappello di Paglia e ora una pirata di Barbabianca. A quanto pare, Pugno di Fuoco ha dei parenti e dei amici davvero stupidi se pensano di poterlo salvare con tanta presunzione"
"Lei è libero di giudicarci come meglio crede" affermò lei "Ciò non toglie che adesso tocchi a me agire" con un colpo secco, la giovane si allentò la cravatta "E le posso assicurare che non ho alcuna intenzione di retrocedere"

Lasciò cadere a terra una piccola siringa bianca, che rimbalzò una sola volta prima di rotolare per qualche centimetro e fermarsi. La fialetta inserita nella rientranza era vuota, l'antidoto adesso circolava nel suo corpo e molto probabilmente già si stava prodigando a immunizzarla. Subito, seguirono anche il mantello e lo zaino nascosto sotto. Risparmiando sui convenevoli, Magellan lasciò che tutto il veleno contenuto all'interno del suo corpo lo ricoprisse interamente ma non si limitò solamente a quello: accumulò sulla sua schiena una sostanziosa quantità del suo veleno, per poi slargarla e farla salire in alto, sino a deformarsi in un'idra agghiacciante, viva e con occhi piccolissimi. Tutto il corpo di quella bestia emetteva gas brucianti per gli occhi e non appena ruggì, i prigionieri si spaventarono ancor di più. Eppure, nonostante fosse già di per sé mostruosa, il suo padrone chiamò a raccolta altre due gemelle, poco più piccole ma con la stessa ferocia della maggiore.

"Quando avrò finito con te non potrai far nulla se non aspettare la tua morte" sentenziò l'uomo lasciando che le sue idre si sporgessero in avanti, ansimando con le loro bocche colanti "Sfuggire al mio veleno è impossibile"
"Su questo non ho dubbi" disse la ragazza estraendo i sai "E visto che il suo potere è tanto temibile, non vedo ragioni per cui io non debba combatterlo con la mia nuova tecnica"



"Toglietevi dalla mia strada!!"

Le guardie poste alla difesa delle scale del livello sei per quanto numerose non riuscivano in alcun modo a fermare l'avanzata di quei tre singoli individui che si stavano aprendo la strada senza troppa fatica. Quella cerchia ristretta di personale era arrivata lì da appena una decina di minuti per ordine del direttore e in tutta franchezza non avevano sospettato minimamente che dall'inferno di ghiaccio potesse uscire qualcosa, men che meno Capello di Paglia, ritenuto spacciato visto il suo incontro con Magellan.
Rufy si sentiva straboccare di energie come non mai; il trattamento di cura intensiva a cui era stato sottoposto da Ivankov aveva donato nuovo vigore ai suoi arti e ai suoi muscoli, espellendo tutto il veleno e la stanchezza assorbiti durante lo scontro al quarto livello. Gli affamatissimi lupi del livello cinque erano stati i primi a testare la sua ritrovata grinta, finendo per l'essere buttati a terra carta pesta. Seguito dal regino degli okama e da Inazuma, il ragazzo di gomma scattò ancor più avanti nel vedere altri nemici pararsi davanti.

"Dobbiamo accelevave il passo! Sicuvamente Magellan stavà andando a pvendeve Ace-boy pev consegnavlo alla scovta!" esclamò Ivankov prima di lanciare un potentissimo Death Wink contro gli uomini ancora coscienti alle loro spalle.

Stringendo i pugni, Cappello di Paglia spinse le sue gambe ad aumentare velocità; le scale a spirare che lo dividevano dall'ultimo livello erano lunghissime e interminabili. Nella mano destra teneva la vivrecard di Ace, ridotta ormai ad un misero angolo di foglio: stava ancora indicando verso il basso e ciò significava che doveva trovarsi ancora lì, ma se realmente Magellan lo stava andando a prendere o era già arrivato a destinazione, non doveva perdere tempo.

"Vi ho detto di togliervi dalla mia strada!!"

Caricando il braccio all'indietro, lo allungò in avanti colpendo un numero considerevole di soldati ma una fortissima scossa stoppò il suo colpo. I nemici persero l'equilibrio senza capire che cosa fosse successo mentre i due rivoluzionari e Rufy riuscirono ad appoggiarsi in tempo contro la parete della colonna portante.

"Che cos'è stato?" domandò Inazuma.
"Uhm..pvoveniva dal piano di sotto" mugugnò Ivankov "Si divebbe che qualcuno sia avvivato pvima di noi"
"E' sicuramente Yucci-chan!" asserì convinto il pirata di gomma nel riprendere la sua corsa.

Lei era scesa prima di lui e forse adesso si stava scontrando contro quell'uomo velenoso. Quelle continue scosse ne erano la prova, glielo diceva il suo istinto, come sempre del resto. Nonostante le scale vibrassero con irregolatezza, Cappello di Paglia ricominciò a correre come un forsennato, buttando giù ogni guardia che gli si parava davanti senza preoccuparsi troppo.

"ACE!!!"



Livello sei.
L' inferno eterno.

Jimbe era allibito.
Non aveva parole per descrivere quanto aveva visto e se i suoi occhi non ne fossero stati testimoni, sicuramente non ci avrebbe mai creduto. Magellan era un uomo intoccabile e inflessibile, conosciuto per quel suo carattere che non ammetteva repliche o modificazioni ai suoi ordini. Decideva lui come agire e talvolta le sue parole erano più letali del suo stesso veleno. Un solo tocco incosciente e chiunque sarebbe morto con così tanta lentezza, da avere il tempo di rimpiangere ogni singola azione cattiva commessa in vita, anche un semplice furtarello. Combatterlo era sinonimo di suicidio e nonostante la sua incontestabile forza, anche lui si sarebbe concesso un attimo di riflessione prima di scegliere se era gusto o meno affrontarlo, ma il sentire la sua voce gridare di dolore e il vederlo affondare nelle pareti e nel pavimento, stavano alimentando in lui la confusione più totale. Era riuscito a seguire tutta la scena anche se ogni tanto le due figure principali svanivano in qualche nuvola di polvere: per la prima volta il livello sei era divenuto teatro di un combattimento che ne aveva deturpato l'aspetto con numerose macerie. Alcune celle erano state scoperchiate e i prigionieri dentro d'esse disciolti nel veleno del direttore o soffocati dal suo miasma. Tutto quel pandemonio aveva perfino oscurato le luma-camere ma non il suo stupore per una cosa tanto inverosimile: chiunque fosse in realtà quell'ispettrice, non era venuta lì per parlargli, ne per consegnare Ace alla Marina. La sua voce gli era familiare ma non ricordava dove di preciso l'avesse sentita; al momento, era molto più concentrato a cercar di far mente locale di quanto era stato spettatore.

Il percepire quell'ingente quantità di haki lo aveva sorpreso, ma il vederlo essere plasmato in quella forma così indicibile aveva bloccato ogni suo ragionamento. Conosceva l'ambizione e sapeva che essa poteva manifestarsi in molti modi ma mai fino a quel momento aveva visto una forma del genere. Qualunque cosa fosse di preciso, il potere della falsa ispettrice si era rivelato molto più fatale del frutto del diavolo Vele Vele, così tanto che il direttore era caduto sotto ai suoi occhi e a quelli dei altri detenuti: appena a destra della loro cella, si era aperta una voragine circolare, piena di incrinature e lui era lì, al centro d'essa, ricoperto dal suo stesso veleno, lo stesso che sgorgava dalla sua bocca zannuta. Era privo di conoscenza e con gli occhi aperti, rivoltati all'insù. Decisamente un visione unica quanto un'arma ancestrale.
Con solo la testa movibile, il Cavaliere del Mare osservò l'impostore avvicinarsi a Domino, chinarsi e infine prenderle le chiavi. Velocemente si riavvicinò alla cella e dopo aver scartato le chiavi sbagliate, aprì la piccola porticina di sbarre per poi correre subito da lui per liberarlo dalle catene.

"Non abbiamo molto tempo, sommo Jimbe. Gli addetti alla sorveglianza potrebbero mandare giù qualcuno a verificare se qui sia tutto in ordine" affermò trafelata mentre armeggiava con le lingue di metallo attorcigliate attorno ai polsi dell'uomo pesce.

Quella voce....si, l'aveva già sentita da qualche parte, ne era più che sicuro. Ma dove?

"Prima dimmi chi sei" ordinò lui.

Immediatamente le dita di lei si fermarono. Nel smettere di guardarlo, abbassò di poco la testa, portando la mano dietro la nuca. Jimbe sgranò gli occhi nel vedere l'acconciatura bionda venir via, lasciando che una cascata di capelli castani ne prendesse il posto e non era ancora finita: facendo attenzione a non accecarsi, la ragazza si tolse le lenti cerulee mostrando così i suoi veri occhi color cioccolato.

"Sayuri?!"

Gli sembrò assurdo rivedere quella giovane. Dopo quanto accaduto a Marineford, lui era stato deportato a Impel Down affinchè si calmasse e la fortuna aveva voluto metterlo nella stessa cella di Ace, ma lei...come faceva ad essere lì? Come era riuscita a fuggire da Marineford e ad infiltrarsi nella prigione? Più si poneva domande e più il tutto gli sembrava sempre più incredibile.

"Sayuri, come hai..?"
"Perdonatemi, ma al momento non posso spiegarvi nulla. Fidatemi di me, sommo Jimbe"

Riprese a destreggiarsi con le imbrigliature che gli bloccavano le mani e non appena queste furono libere, staccò dal mazzo di chiavi quella che le occorreva, lasciando il resto al flottaro affinchè si liberasse da solo. Immediatamente, la sua concentrazione passò sull'altro prigioniero e per un solo istante, le sue gambe divennero di pietra; l'incredulità per essergli così vicino stava ancora consumando il suo effetto ma voleva essere sicura che quanto stesse vedendo non fosse frutto di un suo sogno o di un inganno della sua mente.

"A...Ace?"

Si inginocchiò con estrema lentezza mentre pronunciava il suo nome. Nonostante i rombi prodotti dal suo combattimento contro Magellan, il ragazzo non aveva e non stava dando segni di vita, cosa che preoccupò maggiormente la ragazza nel sentirlo respirare affannosamente. Le iridi tremanti andarono a posarsi sul torace scoperto che continuava ad alzarsi e ad abbassarsi con troppa velocità per poter essere considerata un'andatura normale. Decise allora di verificare se gli occhi la stavano ingannando oppure no: timidamente e con le labbra serrate, allungò il braccio sino ad arrivare a sfiorare con la propria mano una delle guance lentigginose, semicoperte dai capelli. La tentazione di chiudere gli occhi o di distogliere lo sguardo era forte quanto la sua cautela nello sporgere l'arto. Il timore ansiosamente attendeva dietro l'angolo, pronto a insinuarsi nella parte più profonda di lei non appena ella avesse toccato il vuoto o il freddo del muro scuro. Aspettava come una belva in agguato, con un ghigno sadico dipinto sulla bocca ma al momento di colpire, questo si dissolse come cenere al vento. Il contatto che Sayuri temeva di non trovare era proprio lì: le punta delle sue dite toccarono la pelle del viso del ragazzo sollevando in alto il suo animo fino a farle rianimare un sorriso commosso; perfino le sue iridi risplendettero ma tutto fu subito oscurato da qualcosa che fece emergere nella pirata una preoccupazione ben più forte della precendente. Nello sfiorargli la pelle con il più delicato dei tocchi, sbarrò gli occhi, piegando di pochi centimetri indietro le dita.

Ha la febbre alta!

Quel respirare annaspante, il corpo ridotto a uno straccio, ferito e solcato da rivoli spessi e scarlatti.....stava soffrendo senza aver modo di difendersi. Tremava per gli spasmi come un piccolo animaletto soffocato da un bufera di neve gelida e priva di sentimenti. Stava male e Sayuri non attese ulteriormente per fare qualcosa; con un paio di giri di chiave, fece scattare la serratura delle prime catene, liberandogli subito le caviglie segnate. Stette per passare ai polsi quando tutto ad un tratto le sue mani furono fermate da quelle palmate del Cavaliere del Mare.

"Sommo Jimbe.."
"Non è una buona idea, Sayuri. Queste catene trattengono i poteri del frutto del diavolo. Senza non potresti neppure toccarlo" le spiegò lui sciogliendo la presa "Ace ha la febbre alta e in queste condizioni il potere Foco Foco gli avrà sicuramente portato la temperatura corporea alle stelle"
"Allora che cosa suggerisce di fare? la linea delle luma-camere potrebbe venire ripristinata in qualunque momento e le guardie sicuramente si saranno già insospettite del ritardo del direttore"

Il pericolo che un secondo plotone scendesse a verificare il perché le comunicazioni non rispondevano ai segnali era estremamente alto. Poteva arrivare subito, a quanto pareva Magellan aveva posto delle guardie che sorvegliassero le scale, ma lei aveva avuto la fortuna di arrivarci senza incontrare nessuno, soltanto che ora la faccenda era ben diversa. Sayuri sperava ancora in Rufy, ma il tempo stringeva e il suo capitano non era ancora arrivato.

Come se già questa situazione non fosse grave.. Pensò accarezzando ancora una volta il viso di Ace.

I capelli neri gli ricadevano in avanti con qualche ciuffo ondulato. A parte quei tremiti involontari, Ace era distante anni luce da quella cella, in un mondo di cui neppure lui sapeva l'esistenza. Chissà dove sei, si chiedeva Bianco Giglio senza interrompere quel piccolo contatto. Forse anche lui a volte se lo era chiesto quando era lei a sparire in uno dei suoi mondi per evitare che qualcosa la ferisse però questa volta non c'era un abbraccio dentro cui rifugiarsi o una fortezza dove barricarsi aspettando che il pericolo passasse. Non c'era nulla di tutto ciò che aveva saputo stupirla fino alle lacrime, solo un lungo sentiero spinoso che aveva percorso fino alla fine riempiendosi le gambe di orribili graffi. Ma andava bene, non c'era niente di cui preoccuparsi: era arrivata in fondo, trovando la cella che poche volte aveva tentato di immaginare nella sua mente e ciò era bastato per ricomporre quel suo animo di fanciulla che aveva sempre conservato una parte di quella triste bimba coi fiori in mano. Era..si era felice, non c'era altro modo per dirlo. Felice a tal punto da voler piangere perché tale era stata l'emozione nel poterlo toccare, da far sparire in lei quella punta di rabbia per le tante cose fatte. Se mai avesse potuto incatenare i suoi occhi a quelli color pece di lui, forse un po' vacui per le sue condizioni, lo avrebbe guardato con fare rimproverante e magari gli avrebbe dato uno schiaffo qualora lui le avesse domandato cosa diavolo le fosse saltato in testa. Sarebbe stata un scena indimenticabile: la dolce Sayuri che schiaffeggia il suo fidanzato. Oh si, poco ma sicuro, avrebbe lasciato stupito molte persone....

Forse lo avrebbe fatto se fosse stato realmente sveglio. Prima avrebbe cercato di trattenersi e poi, al sicuro sulla nave, lo avrebbe affrontato in una maniera del tutto diversa dal suo carattere, consentendo la nascita di un nuovo aspetto mai emerso fino a quel momento. Ma lei non era così ed troppo innamorata di quel testone di fuoco per poterlo odiare: anche se lo avesse colpito per fargli capire la sciocchezza del suo gesto, si sarebbe resa comunque conto che lui era lì e avrebbe finito per piangere con le braccia legate attorno al suo collo. Non poteva odiare chi l'aveva salvata da sé stessa e pertanto non poteva provare qualcosa al dì fuori di un sentimento felice dato che il fine di riaverlo l'aveva ottenuto.

"Sayuri, usa queste" Jimbe le si affiancò meglio e le porse le manette di algamatolite di Domino, insieme al mantello e allo zaino lasciata a terra prima "E' il solo modo che abbiamo per trasportarlo" disse intercettando l'angoscia di lei.

Non c'era altro da fare o meglio, non vi era altro lì che potesse bloccare i poteri di Ace. Lo squalo-balena liberò il primo polso del ragazzo e subito la pirata lo rinchiuse con la manetta lasciando che si appoggiasse su di lei; cercò di tenere più sciolta che potè la stretta ferrea di quell'arnese, i suoi polsi erano già visibilmente arrossati e tagliati. Non appena anche l'ultima serratura venne fatta scattare, il corpo di Ace si lasciò andare completamente su Sayuri, che lo abbracciò interamente per poi farlo girare delicatamente cosicchè appoggiasse la testa sul suo petto, con le gambe beatamente distese.

Guarda come sei ridotto....

La gola di lei si chiuse nel guardare finalmente quel volto contornato da tante simpatiche lentiggini. Percepì il moto di commozione salirle fino ai occhi, spingendoli a socchiudersi per contenere il bruciore, tamponando così anche la bocca sul punto di balbettare. La solarità che aveva sempre segnato il viso del ragazzo ora aveva lasciato il posto a lineamenti stanchi e sudati, scossi da tremiti febbricianti. Il respiro caldo e ansimante si infrangeva per tutta la cella senza riuscire ad essere fermato e la sua pesantezza era paragonabile a quella delle palpebre che gli coprivano gli occhi neri. Sarebbero bastate anche poche manciate d'acqua salata sulla fronte per farlo sentire meglio, ma di quella Sayuri non ne aveva; il corpo di Ace bruciava, avvertiva la sua pelle scottarle le dita e le altri parti a stretto contatto con esso ma nonostante il fastidio, lei lo tenette a sé come per paura che le scivolasse dalle mani.

Sta tranquillo, andrà tutto bene. Ti porteremo a casa. Pensò, poggiando la guancia in prossimità della sua fronte, con le iridi occultate.

A contatto con essa, la sua pelle pareva fredda come il mattino della prima neve.

E' caldissimo....

Bruciava, incapace di fermarsi, inconsapevole dove fosse e che cosa lo circondasse. Era come si era detta: Ace era disperso, spettava a lei cercare di farlo tornare dove sicuramente sarebbe stato meglio, ma si augurava con tutto il cuore che anche il solo abbracciarlo alleviasse un pò del suo dolore.
Tenendolo con solo un braccio, gli scostò dal viso alcuni ciuffi, sfiorandogli la fronte con l'identica leggerezza di una piuma. Lo aveva già fatto in passato, e non negò tutt'ora che la cosa le fosse dispiaciuta. La vita del ragazzo che amava era nuovamente nelle sue mani, fra le sue braccia, dove lei lo proteggeva con fare materno ma carico dell'affetto di una ragazza innamorata.

Si...andrà tutto bene. Vedrai... Si ripetè nel sorridere amorevolmente.

Cercò di intingere i suoi tocchi di tutto il conforto che poteva donargli in quel frangente. Il peso di lui era irrilevante, non percepiva alcuno sforzo nel suo braccio e fintanto che non avrebbe sentito il bisogno di sostenerlo con entrambi gli arti, lo avrebbe rasserenato al meglio delle sue possibilità. Purtroppo, il guardare con nota dolorosa quelle ferite aperte e sporche, che non soltanto ne deturpavano l'aspetto ma le stavano macchiando i vestiti, bastò perché agisse con più concretezza e Jimbe parve intuire il suo pensiero. Afferrò con le mani palmate il suo zaino, lo aprì e ne estrasse la boccetta chiusa con lo spago datole dal maestro al tempio di Pietra Blu.

"Dobbiamo disinfettargli le ferite prima che le sue condizioni peggiorino. Questo dovrebbe funzionare"
"Possiamo usare il mantello per procurarci delle fasciature provvisorie" aggiunse lei.

Facendo attenzione, il flottaro prese a strappare vari lembi del mantello bianco per farci delle bende ma appena si accinse a svitare la boccetta, qualcosa fece alzare la sua testa e quella di Sayuri immediatamente: d'istinto, la ragazza tornò a sorreggere Ace con due braccia. Da poco lontano, si era udito un violento colpo, come se qualcosa di estremamente pesante fosse appena stato sfondato. Qualcosa come la porta del livello sei....

Fulmineo, il Cavaliere del Mare uscì dalla cella, ponendosi davanti all'entrata. Chiunque stesse arrivando lo avrebbe affrontato e siccome Magellan era ancora fuori combattimento, poteva trattarsi di Hannyabal o del plotone sceso a controllare. Le braccia di Sayuri accentuarono appena l'abbraccio che aveva su di Ace ma senza mai smettere di guardare fra le sbarre della cella. Non si sentì ancora niente e non era certa di voler udire qualcosa che l'avrebbe irrigidita da capo a collo, ma davanti a una prospettiva ce ne era un'altra ben più speranzosa e portatrice di aiuti. Subito vi si aggrappò e solo quando udì quel particolare urlo e il correre all'impazzata di quel qualcuno, la cui voce l'aveva memorizzata istantaneamente, slargò un sorriso grande a sufficienza da far rilassare suoi polmoni quanto bastava per lasciarla respirare.

"ACE!!!!!!!!!"
"Rufy....Sommo Jimbe, non attacchi, è Rufy, il fratello di Ace!" lo avvertì prima che il flottaro caricasse "Rufy, siamo qua!"



Stazione di sorveglianza.

Le guardie poste al controllo delle apparecchiature erano in piena fase di "stiratura degli arti" quando le luma-camere del livello sei, tutto ad un tratto, si erano spente. Non una ma tutte quante, una coincidenza troppo strana per essere definita tale.

"Allora, ci sei riuscito?" domandò la prima guardia.
"Non ancora" rispose il secondo continuando ad armeggiare coi tasti
"Provo a contattare il direttore, dovrebbe trovarsi lì"

Il secondo di guardia afferrò il prezioso lumacofono adornato con il tipico cappellino da secondino ma nel far partire la chiamata, non ricevette altro che un lungo silenzio come risposta. Tentò di nuovo e provò anche a chiamare il vice delle guardie, ma anch'ella pareva essersi volatilizzata. Eppure la linea non era occupata, cosa poteva essere successo?

"Tutto inutile!" sbottò il compagno alzandosi di getto dalla sedia "Non c'è modo di ripristinare il collegamento con l'ultimo piano, i monitor sono morti!"
"Continua a provare, basta anche solo una luma-camera" insistette l'altro "Purtroppo anche le comunicazioni sembrano avere qualche problema: il direttore e Domino non mi rispondono"

Accigliati, i due si scambiarono una lunga occhiata di intesa prima di agire con sveltezza. Vi erano troppe stranezze perché si potesse valutare quell'interruzione come un inceppamento improvviso. Solo nell'inferno eterno l'occhio vigile di Impel Down si era chiuso e considerando che quel grande occhio di cui loro stessi facevano parte non aveva mai accennato ad alcun minimo segno di stanchezza, era impensabile che si fosse addormentato di botto. Si, era decisamente impensabile ed era proprio da quella impensabilità che emergeva un sospetto ancor più grande: fra tutti i possibili momenti, il buio elettronico aveva scelto di calare proprio quando la custodia di Portuguese D.Ace stava per essere passata alla scorta della Marina. L'ammiraglia incaricata di quel delicato compito non era ancora arrivata per via di un leggero ritardo, nulla che potesse influenzare l'operazione nella sua complessità, ma al momento il condannato a morte si trovava ancora nella sua cella e non potevano permettere che qualcos'altro rischiasse di mandare all'aria il buon nome della prigione.

"Rimani qui, io vado ad avvisare il vice direttore Hannyabal" lo avvertì il primo uscendo dalla stanza.

Solo lui poteva fare qualcosa....il problema era che nessuno sapeva che il poverastro era stato legato, imbavagliato e lasciato solo con i suoi boxer a righe bianche e blu in uno sgabuzzino e con almeno cinque bernoccoli in testa.



Livello sei.
L'inferno eterno.

"Ace? Ace, come stai? Mi senti?!"
"E' inutile, Rufy. Non riesce a sentire nessuno di noi"

Cappello di Paglia era in ginocchio davanti al fratello maggiore, con le mani poggiate a terra perché potesse sporgersi adeguatamente in avanti. Non faceva altro che chiamarlo, cercando in lui un segno di vita più attivo oltre al respirare, ma le condizioni del comandante della seconda flotta di Barbabianca erano così precarie da imprigionare il ragazzo in una gabbia dove i suoni non avevano il permesso di entrare. Si sperava che stesse dormendo ma anche in quello stato era comunque tormentato dalla febbre e dalle ferite. Fortunatamente Jimbe aveva provveduto a utilizzare il rimedio del maestro, ma anche se ora il respiro era meno rauco, Ace tremava ancora, col corpo invaso da un calore che a Sayuri faceva i brividi tanto non le piaceva; percepiva la sua brutalità consumare quanto di sano era rimasto nel ragazzo, divorandolo con ingordigia e distruggendolo dall'interno laddove lei non poteva arrivare. Si stava ingarbugliando la mente con tante di quelle richieste che neppure sapeva indirizzarle: era cosciente che tutte avessero come argomento principale il pirata che stava svenuto fra le sue braccia, ma era proprio perché lo stava abbracciando con tutta protezione di cui capace, che si sentiva esattamente come sul punto di star male per un attacco di cuore.

Faceva veramente male vederlo così malridotto ma una minuscola parte di lei in quell'istante era concentrata a guardare Rufy incredula: il fratellino di Ace era come nuovo. Saltava e correva con tanta di quella energia in corpo che quasi non si controllava. Non vi era più traccia di quel male che poche ore prima l'aveva investito e quel che più sorprendeva, era il fatto che la sua volontà lo aveva rimesso in piedi quasi subito se si teneva conto che il trattamento dei ormoni curativi si prolungava più di un giorno. La sua voglia di vivere era così intensa da permettergli di infrangere le soglie di quei limiti già disumani e di stravolgerli completamente.

E' veramente straordinario. Non potè non pensare.

Quasi rischiava di non uscire più da tutta quella serie di osservazioni implicanti sentimenti d'ogni genere se il filo non fosse stato interrotto da quel dirompente e riecheggiante rumore proveniente da una parte indistinta del piano.

"Uhi...questo doveva esseve l'ascensove" affermò Ivankov mettendosi le mani sui fianchi "A quanto pave, quelli dei piani supeviovi ci devono avev scopevto"

E difatti, una delle luma-camere si era ripresa dal disorientamento antecedente e li stava guardando con le antenne ben diritte e la boccuccia mezza aperta. Un Death Wink da parte del regino di Momoiro la mise nuovamente a nanna insieme alle altre.

"Vogliono bloccarci qua sotto. Anche senza Magellan sarà difficile uscire" proruppe Inazuma.
"Vevo, ma almeno gvazie alla fanciullina, non dovvemo pveoccupavci di lui" fece Ivankov avanzando verso Rufy e Sayuri "Ma pvima, diamo un'occhiatina a questo povevetto"

Il ragazzo di gomma e i rivoluzionari erano rimasti totalmente e letteralmente di sasso quando avevano scorto e infine, visto per intero, l'enorme figura del direttore di Impel Down a pancia in su, schiacciato al pavimento, sconfitto, e sul punto di affogare nel suo stesso veleno. Il sapere come ciò fosse stato possibile stava sulla punta delle loro lingue, ma considerata la piega che stava assumendo la faccenda, le risposte dovevano attendere. Spostarlo in una delle celle rimaste intere era stata una manovra molto cauta e almeno quel problema l'avevano risolto, tuttavia c'era bisogno di un posto sicuro per radunare chi era rimasto indietro, come il coraggioso Bon-Clay e anche per organizzarsi sul piano d'attacco. Benchè la minaccia più grande fosse stata messa fuori gioco, c'erano comunque guardie armate di algamatolite, Blugori, guardiani demoniaci e bestie infernali da affrontare e andare allo sbaraglio non era una mossa saggia.

"Ace-boy è messo maluccio" decretò l'okama dalla capigliatura lilla "E' tvoppo debilitato pev camminave: dovvemo povtavlo in bavella"
"Non puoi curarlo come ha fatto con me, Iva-chan?" gli domandò Rufy.
"Cevto che si, Cappelluccio, ma gli ovmoni cuvativi vaviano di pevsona in pevsona e inoltve tuo fvatello dovvebbe vimanere fevmo duvante il tvattamento. Il minimo sbalzo potvebbe compvometteve la cuva"

Anche se si trattava di un processo radicalmente diverso da quello che Rufy aveva subito, implicava condizioni che per il bene dello stesso Ace andavano seguite alla lettera. Si sarebbe limitato a una pulizia delle ferite ma per il resto avrebbero dovuto attendere un momento più tranquillo.

"Dobbiamo affrettarci a tornare al livello 5.5" affermò Inazuma tenendo le mani trasformate in forbici "Le guardie potrebbero arrivare da un momento all'altro"
"Concordo" si unì Jimbe "Occorrerà studiare la situazione molto attentamente, specie se vogliamo evitare inutili intoppi.."
"Oh, ma per quello, se volete, posso pensarci io"

La voce che si era aggiunta al discorso non apparteneva a nessuno dei presenti. Era nuova, profonda e benché udita soltanto una volta, la depravazione che la impregnava era arrivata forte e chiaro alle loro orecchie. Il Cavaliere del Mare l'aveva già sentita più volte da quando era stato rinchiuso e pertanto non faticò a indirizzare i suoi occhi verso la cella che stava di fronte alla loro. Rufy, uscito insieme a Sayuri, lasciò che l'amica sostenesse il fratello per andare a controllare chi il flottaro stesse guardando. Rintanato nel fondo scuro della sua celle, il losco individuo avanzò verso le sbarre senza mostrare particolari segni di riconoscimento, a parte quella risata inspiegabilmente soddisfatta. Nel buio di quel rettangolo balenò uno scintillio d'orato che si rivelò poi essere un enorme uncino che ricopriva addirittura tutta la mano del carcerato, ammanettato sia alle caviglie che ai polsi. Il vedere quel particolare oggetto risvegliò nella memoria di Cappello di Paglia ricordi indelebili riguardo una battaglia che lo aveva visto sfiorare per la prima volta la morte; ammutolì per la rabbia nel riconoscere definitivamente quell'alto uomo dal viso grigiastro avente sfumature violastre, segnato a metà da una marcata sutura, larga e sottile quando il ghigno che ampliò il sadismo nei suoi occhi.

"E' da molto tempo che non ci vediamo, Cappello di Paglia"
"Crocodile!" ruggì il ragazzo.
Crocodile? Non pensavo che anche lui si trovasse qui...

Poche erano le informazioni che Sayuri aveva su di lui, tutte si riducevano al suo appartenere alla flotta dei sette. Era stato, per così dire, spodestato per atti illegali e il vuoto creato da lui in quella cerchia ristretta aveva per diverso tempo occupato le riunioni fra gli elementi di spicco della Marina, fra cui gli stessi flottari. Bastò un semplice sguardo per capire che un uomo del genere covava un carattere subdolo e implacabile quanto le sabbie di cui era il domatore per eccellenza ma la sua fama di potere lo aveva portato a incontrare la sconfitta che lo aveva relegato lì, in quel dimenticatoio, dove arrendersi era il solo modo di sopravivere. Bianco Giglio era all'oscuro dei suoi piani e delle sue intenzioni, ma da come lui e Rufy si stavano guardando, era evidente che dovevano essersi già incontrati in passato e probabilmente anche scontrati. Che fosse stato il fratellino di Ace a distruggere i suoi progetti di conquista? Il cuore di lei le stava dicendo di "Si", ma sinceramente non comprendeva perché l'ex flottaro avesse richiamato l'attenzione su di sé. Le sue parole lasciavano intendere un aiuto da parte sua, ma prima di saltare a conclusioni affrettate, occorreva ragionare e lasciare che l'uomo esponesse quanto deteneva nel suo cervello.

Rufy, dal canto suo, non faceva che guardarlo in cagnesco, supportato da Jimbe a pochi passi dietro di lui.

"Si direbbe proprio che la faccenda qui sia diventata parecchio interessante" ricominciò quello accarezzando con la mano libera l'uncino "Le voci sulla tua infiltrazione erano vere: non pensavo tu fossi tanto avventato da rischiare la pelle per un condannato a morte, ma d'altronde.." sogghignò "Soccorrere i deboli è la tua passione, no?"
"Taci e non insultare Ace!"

Crocodile rise malignamente, senza preoccuparsi del peso delle sue parole.

"Che vuoi, Crocodile?" si fece avanti il Cavaliere del Mare.
"Che voglio, Jimbe? Ma offrire il mio aiuto, naturalmente" rispose con naturalezza "E' evidente che siete in minoranza e una alleanza potrebbe fare comodo ad entrambi"
"Scordatelo! Il tuo aiuto io non lo voglio!" tuonò Rufy coi denti stretti "Tu hai fatto del male a Bibi!"
"E' vero, ma è acqua passata, il suo regno ormai non mi interessa più" dichiarò con noncuranza "Tornando a noi, ti suggerisco di riflettere su quello che ti sto proponendo: se ancora non ti fosse chiaro, ti trovi nel fondo di Impel Down e fuori di qui ci sono marine a sufficienza per sbaragliarti, se non contiamo il personale della prigione. Con tutto il trambusto che hai creato, la Marina potrebbe anche decidere di spostare la guerra qui, pur di giustiziare tuo fratello, e dubito fortemente che in cinque possiate farcela. Conterei anche Pugno di Fuoco, ma al momento non mi sembra in grado di combattere" e guardò il suddetto incrociando per un attimo lo sguardo di Sayuri "Io posso velocizzare la vostra uscita" riprendette subito "In cambio, esigo solo la mia libertà e se mi verrà data, anche la possibilità di affrontare Barbabianca. Sta a te decidere, Cappello di Paglia" asserì guardando poi l'ex avversario.

L'offerta posta non era facile da accettare, non per Rufy che detestava quell'uomo per aver fatto soffrire una sua amica. Sayuri dalla sua posizione, non poteva comprendere come si fossero svolti i fatti, ma l'odio che l'amico stava facendo saettare contro il sabbioso parlava forte e chiaro: quell'uomo non meritava di venir lasciato libero. Eppure...era pur sempre vero che un aiuto in più non avrebbe guastato e il suo potere poteva tornar utile per disfarsi di porte o nemici troppo insistenti. Però rimaneva il fatto che lui avesse esplicitamente espresso la richiesta di poter affrontare Barbabianca, cosa su cui sarebbe stata ben disposta anche a spendere qualche parola. No, non ci si poteva fidare completamente quell'uomo, ma quanto aveva proposto era ragionevole e sinceramente loro non si trovavano nella posizione di rifiutare una mano generosa. Beh, non proprio generosa.

Solo Rufy poteva scegliere al riguardo ma a giudicare da come teneva serrati i pugni, la sua risposta non poteva essere certamente positiva. Era sul punto di aprire la bocca con l'intenzione di chiudere quel discorso malvoluto ma Invakov si fece avanti, fermandolo sul nascere.

"Povtiamolo con noi, Cappelluccio di Paglia" gli disse il regino.
"Che?!? Non se ne parla, questo..!!" cercò di ribattere.
"Pensevò io a lui" replicò velocemente.
"Ivankov.." ringhiò l'ex flottaro.

Il viso di Crocodile si indurì in una smorfia apertamente disgustata nel vedere quell'enorme faccia truccata e sorridente squadrarlo dall'alto. Da come il carcerato lo stava fulminando con intenzioni omicida, era lampante supporre che il regino facesse parte di un episodio itinerante alla sua vita prima dell'ingresso in prigione.

"Vi conoscete?" domandò il Cavaliere del Mare.
"Di vista" sibilò il carcerato.
"Io divei più che di vista" lo corresse l'okama per poi guardare il ragazzo di gomma "Non devi pveoccupavti, Cappelluccio, tevvò io d'occhio questo bvicconcello" garantì.
"Tu vedi di starmi lontano" ordinò l'uomo guardandolo storto.
"Non sei nella posizione pev dave ovdini, Cvoco-boy" gli disse lui movendo l'indice inguantato a destra e a sinitra "Ti vicovdo che io conosco il tuo segvetuccio..."
"Tu...!"

Incredibile, ma vero, per la prima volta l'espressione di Crocodile si deturpò per l'orrido: una vena dalle terrificanti sfumature gli attraversò la pelle e il regino dei okama capì di averlo colpito nel vivo. L'aveva legato al suo polso con un ricatto personale e sapeva che quello era il solo modo per tenerlo a bada visto che il segreto da lui tirato in ballo pareva scottare parecchio nell'orgoglio di quell'uomo dai capelli neri tirati all'indietro.

"Se lo tieni d'occhio tu, allora va bene" decretò Cappello di Paglia tornando da Ace e Sayuri.
"Se sicuro, Rufy?" domandò Jimbe "Non è una persona raccomandabile"
"Non c'è problema. Se Iva-chan ha detto che lo terrà d'occhio, non c'è nulla di cui preoccuparsi" rispose con sorriso sornione.
"Molto bene. Inazuma, libeva Cvoco-boy" chiese il regino "Penso voglia disfavsi di quella disgustosa divisa da cavcevato"

Il rivoluzionario dai poteri Zac Zac fece quanto richiesto e aprì la cella dell'ex flottaro, sciogliendolo anche dalle catene.

"Se non c'è altvo, possiamo andave" affermò l'Okama mettendosi in testa alla coda.
"Perfetto!"

Rufy si caricò in spalla Ace, affiancato da Jimbe e Sayuri. Quest'ultima era su punto di alzarsi quando improvvisamente, qualcosa le bloccò le gambe.

Tu-tump!

"Ugh!"
"Sayuri? Qualcosa non va?"

Le ossa che componevano la sua spalla destra si erano appena frantumate in tante scheggie. Il dolore ricalcava quella sensazione e anche se essa era ancora intera, vi era comunque qualcosa che l'aveva spinta istintivamente a reggersi quella particolare parte di sé: il fulcro di quell'improvvisa agonia sorta da nulla partiva dall'interno delle sue ossa, vi era come un parassita che stava scavando a sufficienza per indebolirne la durezza di modo tale che la bianca superficie di esse si riempisse di fratture e suoni raccapriccianti. Sbiancò per il colpo e il polmoni si raggrinzirono temporaneamente prima di permetterle di prendersi un lungo e profondo respiro.

Uhg! Avrei dovuto aspettarmelo...

"Yucci-chan, che cos'hai?" domandò Rufy un po' preoccupato.
"N...No, non è niente, state tranquilli. E' solo un crampo, nulla di cui allarmarsi" rispose mettendosi in piedi come se nulla fosse "Sto bene"
"Sei sicura?" indagò il Cavaliere del Mare. Il pallore improvviso non era sfuggito al suo occhio.
"Oh, si" sorrise dolcemente "Davvero, non è niente. Coraggio, adesso andiamo" 

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