L'isola delle perle. Jimbe, il cavaliere del mare

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Dopo essersi lasciati alle spalle Yukiryu, l'isola delle perle si stava sempre facendo più vicina. Fu una gioia per molti della ciurma potersi togliere gli indumenti pesanti e passare a quelli più leggeri; il freddo dell'isola invernale era stato più che sufficiente a farli desiderare il caldo del deserto, specialmente a Bonz.

Per tutto il tragitto del ritorno e il tempo impiegato per la partenza, Sayuri era rimasta assorta nei i suoi pensieri, senza parlare: il piccolo colloquio avuto con l'imperatore rosso era una questione su cui era indecisa se parlarne o meno a Ace ma gran parte del suo ragionamento la improntava a scegliere di tenersi per sé quell'episodio, almeno per ora. Era stato a dir poco sorprendente come quell'uomo le avesse aperto la mente su una prospettiva totalmente diversa da quelle che era solita vedere e ancora adesso ci ripensava con tutta calma, nonostante fosse concentrata sul suo lavoro di navigatrice; la mano sinistra impugnava la piuma d'oca la cui punta era bagnata di inchiostro nero mentre la destra teneva ferma il foglio e ogni tanto spostava indietro le ciocche dei suoi lunghi capelli dietro l'orecchio. Lavorare alla realizzazione di nuove cartine l'aveva sempre rilassata: non prendeva quel fare come fosse un lavoro, le faceva piacere perché ogni foglio diventava una testimonianza di un dato luogo che aveva visitato. Yukiryu non sarebbe rimasta impressa nella sua memoria solo per l'incontro col Rosso o per il suo sfogo con Ace: lo avrebbe ricordato come il punto d'inizio di una sua nuova veduta del mondo.

"Oggi sei fra le nuvole" affermò Don nel ripulire i suoi strumenti.

Entrambi si trovavano nella stessa stanza a lavorare senza troppe distrazioni.

"Può capitare. Sono pur sempre un'umana" gli rispose lei distinta e sempre tenendo sott'occhio contemporaneamente il log pose e la cartina.

Dopo una sbronza con i fiocchi, la mente di Don diventava temporaneamente così lucida da non lasciarsi mai scappare nessuna anomalia che riguardasse le cose o le persone. Se ripensava a quanto era successo dopo quelle tredici birre bevute tutte d'un fiato, a Sayuri quasi scappò uno sbuffo divertito, che non sfuggì al medico-cecchino.

"Strano, pensavo che santa Sayuri fosse perfetta sotto tutti i punti di vista, esclusi quei adorabili aracnidi a otto zampe" ironizzò col suo tono lievemente pessimista. Alla ragazza parve quasi di scorgere un lieve risolino in quell'affermazione.
"Ti dò l'impressione di essere perfetta?" gli domandò sorridente
"No, mi dai l'impressione di una persona che dubita di sé stessa" replicò colpendo il punto della situazione "Problemi?"

Don era uno svogliato. Un individuo dal carattere poco improntato a sorridere come fosse la felicità in persona e si sapeva. Era sempre schietto, non gli passava mai per la testa di occultare pensieri e parole con termini più eleganti: se diceva una cosa, la diceva a modo suo e se doveva rimproverare qualcuno, non esitava a farsi odiare. Era persona insopportabile per chi non era in grado di vedere cosa avesse davanti al naso ma lo faceva unicamente per dimostrare che mentire, anche se a fin di bene, era sempre sbagliato. Era una persona su cui si poteva contare e che teneva alle persone, agli amici che contraccambiavano la sua fiducia e Sayuri lo sapeva, altrimenti non si sarebbe interessato al suo umore. Anche se considerava le donne gli esseri più problematici al mondo, non poteva certo ignorare la ragazza, anche se a volte non riusciva proprio a capire la sua insulsa e a volte esagerata generosità ma la verità era che in fondo, molto in fondo, ormai la considerava un'amica e vederla assorta a quel modo lo aveva spinto a pensare che forse anche lei poteva avere dei problemi.

"No, stavo solo riflettendo su una cosa che mi è stata detta" si limitò a dire lei "E a forza di pensarci ho capito che se voglio trovare ciò di cui ho bisogno, devo impegnarmi come si deve, senza lasciarmi condizionare da qualunque cosa mi si pari davanti" gli disse elargendo un sorriso dolce dalle sfumature determinate.
Don sospirò "Per renderti così pensierosa deve essere qualcosa di grosso. Mi auguro che tu l'abbia risolta veramente questa faccenda, altrimenti se la prenderanno con me"
"Eh eh, non ti preoccupare: nel caso qualcuno sospettasse di te, negherei il tuo coinvolgimento e comunque ora sto bene" gli assicurò tornando alle sue carte.
L'amico parve più sollevato "Meglio così ma forse questo dovresti dirlo a Ace. Per tutto il tragitto fatto per tornare alla nave non ha fatto che guardarti con un'espressione cupa" le rivelò.

Giglio di piccheDove le storie prendono vita. Scoprilo ora