Il momento di scegliere

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Superati i quattrocento tentativi di uccidere il vecchio, la cocciutaggine di Ace pareva ormai essersi finalmente resa conto di stare sbattendo inutilmente contro un muro fin troppo duro anche per la sua testa calda. In verità ne aveva sfondati centinaia di migliaia e ancora era deciso a continuare anche a costo di spaccarsi il cranio ma evidentemente la parete contro cui stava facendo i conti adesso era più resistente delle sue precedenti. Attaccare il Re dei Mari era divenuto un riflesso automatico,completamente privo di logica e pieno di un'avventatezza che ogni giorno lo incitava a continuare anche se alla fine il risultato era sempre lo stesso ma non era il solo a provare: i suoi amici avevano provato a placarlo, col risultato di finire a fare gli spettatori. Tirò indietro la testa, poggiandola al legno con cui era stato costruito il parapetto: stare all'aperto, sotto quel mare fatto di aria e stelle che poi era il cielo era il solo modo per poter stare in pace con i suoi pensieri. La brezza marina e il silenzio della sera accompagnato dal leggero sottofondo delle onde che si scontravano con lo scafo della nave era rilassante abbastanza da fermare anche la sua impulsività, che fino a poche ore fa pareva essere indomabile.

"Riprendi fiato prima di ricominciare?" gli domandò una voce gentile e ben familiare.

La linea curva della bocca, che fino a quel momento era rimasta lievemente piegata all'ingiù, si alzò per trasformarsi in un mezzo sorriso. Sin dal suo risveglio sulla Moby Dick, Ace passava le sue notti su quel ponte, in cerca di qualcos'altro, che andasse oltre alle ore di sonno ristoratrici ma quando giungeva l'alba e apriva gli occhi, non trovava nulla che potesse tornargli utile.Vuoto totale, a parte un il nervoso dato dalla situazione. Inspirò con regolarità quell'ossigeno ricco di aroma salmastro mentre udiva i passi di Sayuri farsi sempre più vicini; sedeva nel solito punto, con una gamba distesa e l'altra piegata. La testa, da prima reclinata all'indietro per fissare un punto qualunque del cielo, ridiscese fino a focalizzare la figura della ragazza, inginocchiata davanti a lui con in mano un vassoio pieno di cibarie. La sua comparsa non poteva essere una coincidenza e se teneva conto del fatto di chi fosse, allora la sua presenza lì sul ponte insieme a lui non poteva che avere un solo e semplice fine.

"Hanno mandato te perché sanno che ti ascolterò?" le domandò Ace senza quel suo sorriso sghembo e ironico,sostituito da una voce ben poco propensa a scherzare e tenendo sempre il cappello calato sugli occhi. Gli era sempre tornato utile per nascondere qualcosa che preferiva tenere per sé.

Sayuri alzò le sopraciglia sorridendo "In sostanza è ciò di cui sono più certi ma l'aver chiesto il mio aiuto tempo addietro mi ha vista costretta a rifiutare la richiesta dato che già sapevo che non mi avresti ascoltata" rispose con calma eloquente.

"E che cosa ti fa pensare che adesso, per non starti a sentire, io non mi alzi e non me ne vada?" la provocò con serietà guardandola dritta negli occhi stavolta.

Le era stato chiesto quella stessa mattina di provare a parlare con Ace ma in realtà lei aveva già notato da tempo dei segnali che lasciavano intendere il volere di tutta la ciurma dei pirati di picche, solo che lei non era certa di volerlo fermare e il fatto che fosse lì non era tanto per riportare un po' di lucidità nell'animo del signore delle fiamme ma più che altro per esprimere una sua opinione sulla situazione e voleva, desiderava che almeno su quel punto Ace la ascoltasse, anche se la stava guardando con occhi pieni di sfida, arrabbiati.

"Per il semplice fatto che tu già mi stai ascoltando e anche rispondendo. Inoltre, ti ho portato la cena" rispose con quel sorriso che avrebbe potuto benissimo perforare un'armatura di algamatolite e mostrando il vassoio al suo fianco pieno di cibarie calde, molto invitanti per uno stomaco stato a digiuno per diverso tempo.

"Uno a zero per te" le concesse il moro tornando a fissare il vuoto.

Era consapevole che il suo cattivo umore lo aveva distanziato a tempo interminato dagli altri come fosse un lebbroso. Raddrizzando la schiena, si staccò così dal parapetto per poi sistemarsi il cappello in modo da vedere nitidamente quel volto dall'innocenza disarmante contro cui non poteva vincere. Tornò a guardarla, pronto a elargire le spiegazioni che lei sicuramente avrebbe preteso ma la coetanea non aprì bocca, stette lì a fargli compagnia, senza nessun desiderio di conoscenza negli occhi. Per quanto gli riguardava, Ace poteva anche rimanere zitto per tutta la notte ma sarebbe servito a qualcosa se già era certo che la ragazza puntualmente si sarebbe ripresentata la sera successiva? No, non sarebbe cambiato nulla. Lei sarebbe arrivata e come ora, gli avrebbe fatto compagnia senza pretendere nulla, come per dirgli che non voleva nulla ma che era ben disposta ad ascoltarlo se voleva, permettendo che quel silenzio scivolasse via come l'acqua dal vetro.

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