Cosa fare?

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Sotto ogni previsione, i giorni che seguirono quell'apparente e fin troppa sospettosa calma mutarono radicalmente: l'episodio delle pareti rotte a cui Akiko e Sayuri avevano assistito era stato solo l'inizio di una lunga e interminabile serie di tentativi da parte di Ace con l'unico scopo di far rotolare la testa di Barbabianca sulla sua stessa nave. I suo attacchi continuavano a essere l'argomento del giorno, decisamente interessanti se guardati dalla giusta prospettiva; non c'era secondo che non si sentissero frastuoni e colpi.

Aveva perfino provato ad attaccarlo nel sonno, quando credeva che col favore della notte le sue chances sarebbero aumentate; gli era arrivato molto vicino, abbastanza da recidergli la carotide col pugnale che sempre portava appeso al fianco ma non aveva neppure avuto il tempo di riacquistare forma umana - era entrato nella stanza sotto forma di piccola fiamma - che Barbabianca gli aveva sfoderato contro uno dei suoi terribili pugni, buttandolo fuori dalla stanza. L'elemento più allucinante di quel fatto era che il vecchio neppure si era svegliato ma su questo Ace non era per nulla convinto. Quando rivolse il più glaciale dei suoi sguardi su quella figura addormentata, era certissimo che lui fosse sveglio. Tutti i rumori del mondo erano concentrati su quella nave e quasi sempre erano accompagnati dalla rottura di qualche parte di quest'ultima.

Nel bene e nel male, la volontà di Ace era da ammirare nonostante questa non stesse raggiungendo lo scopo sperato: continuava senza sosta e senza successo, col risultato di trovarsi al punto di partenza ogni volta che si rialzava ed egualmente ciò capitava anche a chi invece, costretto solo a guardare, stava provando a spingersi più in là: Bonz e Don si erano fatti avanti dopo i primi settanta tentativi provando a calmarlo, a farlo rinsavire da quella missione suicida contro cui si stava gettando a tutta velocità ma le loro parole si erano disperse nel vento senza neppure essere state prese in considerazione. Quando il capitano dei pirati di picche si prefiggeva un obbiettivo, non demordeva fino a quando questo non veniva raggiunto, anche a costo di doversi spezzare tutte le ossa. In quell'occasione e a quell'andatura, sicuramente qualche osso sarebbe volato.

"A quanti tentativi siamo?" domandò uno.

"Uhm...credo sui duecento"

"Davvero? Io ne ho contati di più"

"Eh eh! Ogni giorno è sempre la stessa storia ma è impressionante quanta grinta ci metta!" ridacchiò Vista, il comandante della quinta flotta, un uomo dai folti baffi indossante un cappello nero a cilindro.

Ace non si faceva problemi ad attaccare il Re dei Mari in pieno giorno e davanti ai suoi stessi figli, quest'ultimi nemmeno ci provavano a fermarlo: lo guardavano chiedendosi cosa diavolo avesse in mente e soprattutto per quanto tempo avrebbe continuato. La vita sulla nave era più movimentata grazie a lui ma se loro trovavano divertente i suoi complotti, Ace era nero dalla rabbia per ogni singolo smacco che puntualmente riceveva. Dai primi tentativi si era fatto molto più insistente e le giornate successive si erano susseguite tutte nello stesso modo e più i suoi compagni cercavano di dissuaderlo, più lui si intestardiva. Parlare ad un muro sarebbe stato ben più redditizio.

"Che cosa facciamo? Non possiamo lasciarlo continuare" si fece avanti qualcuno con decisione.

"E' vero, ma non ci ascolta neppure. Forse dovremmo provare a lasciarlo stare per un po'" propose un secondo.

La ciurma dei pirati di picche era riunita nella sala grande. Era sera inoltrata ma nessuno era propenso a rilassarsi o ad andare a dormire, non col capitano che girovagava in cerca del momento giusto per fare la festa al Bianco. Altre due settimane erano passate e ormai l'isola delle perle era troppo lontana per poterci tornare; di tempo ne era passato parecchio ma nessuno di loro stava lì a contare quanto di preciso. Don al suo solito era seduto con le gambe accavallate e le braccia conserte, con un espressione scocciata ulteriormente valorizzata dalla bocca corrucciata. Bonz invece stava in piedi, con le braccia poste nella stessa posizione del cugino, la testa piegata a destra con fare pensoso, in mezzo ad alcuni compagni intenti a pensare a una possibile soluzione. Oramai quasi tutti non sapevano che pesci pigliare e Don, dall'alto della sua intelligenza, era visto come l'unico adatto e ancora non del tutto scoraggiato, a poter dire o fare qualcosa che avrebbe ribaltato la situazione; lui era il vice e teoricamente la sua influenza sia come amico che come persona più vicina al capo, lo poneva in una posizione di vantaggio, così la pensavano gli altri ma in verità perfino lui non sapeva dove sbattere la testa.

Giglio di piccheDove le storie prendono vita. Scoprilo ora