Ridestarsi

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E' strano, veramente strano.

Per una ragione che continua a sfuggirgli, ha la sensazione che ci sia qualcosa di insolito, di diverso.

Non sa spiegarselo, ma avverte che l'ambiente circostante è cambiato e non di poco. L'umidità è svanita e il freddo con essa, come se fosse nuovamente in grado di controllare la propria temperatura corporea.

Ci prova, mentalmente prova a richiamare il fuoco, lo stesso che non ha mai smesso ostinatamente di evocare ma questo, per l'ennesima volta, non compare. Non sente alcuna parte di sé avvolta da quel calore di cui a malapena ricorda l'entità, percepisce la sua pelle come quella di un qualunque altro essere umano e ciò lo avvilisce ancora di più. La confusione lo stordisce, sa di essere debole e l'aprire gli occhi si rivela come sempre un'impresa ardua, difficile quanto scalare una montagna senza l'uso delle gambe. Vuole alzare la testa, anche se non è propriamente cosciente, ma questa, a ogni suo più piccolo tentativo, non fa che aumentare il proprio vorticare, obbligandolo a tornare giù, dove sta quella strana morbidezza accogliente il suo capo. Non c'è niente che gli impedisca di scoprire il mondo che si cela al dì là delle sue palpebre ma un peso invisibile calca sulle sue membra, senza lasciargli fare quello che desidera, senza permettergli di scoprire perché avverta tutto sé stesso così rilassato sul piano fisico. E' impotente, lo sente ma non è legato o costretto in alcuna posizione scomoda. E' al sicuro, lontano dal ferro, dal sangue, dai cannoni e dai fendenti di una guerra cruenta, la stessa guerra scatenatasi nel profondo del suo petto in precedenza.

E' lontano da tutto ciò, ma ancora non lo sa: il calore vicino ad assomigliare a quello prodotto dalle coperte non lascia che la sua mente arrivi a toccare le tante domande che vuole porsi. Non sente le fruste d'algamatolite infierire sulla schiena, non sente l'acqua bollente cadergli addosso come un continuo battesimo di pentimento, ne sente le grigie catene stritolargli polsi fini a tagliarli. Non sente dolore. Può riposare senza temere gli avvenimenti futuri, accoccolarsi fra le lenzuola e dormire fino a quando ne avrebbe avuto voglia ma tutto questo non gli è sufficiente, perché le domande sovrastano il suo sonno che, irremovibilmente, continua a fargli tenere gli occhi chiusi. Non lo lasciano in pace, lo tormentano, portandolo a vagare su uno dei ricordi più labili in suo possesso. E' recente, ma terribilmente sbiadito; un disegno rovinato e sbiadito dall'acqua. La scia d'esso è appena percettibile, sfuggente ma a lui basta per esserne attratto seduta stante.

"Cos'è...?"

Il suono della sua voce si fa largo nel vuoto, aprendo un piccolo varco nella sua coscienza. Cerca di acchiappare quei lembi di cui nemmeno conosce l'origine, le cui fattezze si avvicinano a quelle di vivaci farfalle color arcobaleno. Li vuole prendere, cerca di allungare le mani ma, per quanto vicino, non ci riesce. E' una sensazione semplice, quel tepore non ha nulla di particolare per essere considerato anormale ma nella sua semplicità è speciale: lui quel piacevole e minuscolo calore non lo poteva creare seppur fosse l'indiscusso forgiatore del fuoco. Non è un calore che può venir creato per puro capriccio; scalda perché mosso da un sentimento nato da un animo di cui lui al momento non ricorda il nome. Non ne sente la voce ne vede i lineamenti, può solo sforzarsi di ricordare quella piacevole sensazione scaturente e la presenza d'esso invoglia la sua mente a destarsi ancor di più: solo un abbraccio sincero può arrivare a farlo sentire così bene con sé stesso, ne è sicuro, e l'esserci rimasto invischiato non fa che aumentarne l'indissolubile certezza. Però...chi era stato tanto gentile da dargli conforto? Vuole assolutamente ricordare, almeno il nome, se lo impone, ma la spossatezza è grande, troppo perché possa ribellarsi.

"Che succede?"

Qualcosa non va.

Improvvisamente la dimensione dentro cui sosta si incrina in più parti. Succede come quando si rompe un specchio: va in mille pezzi e i cocci diventano così piccoli da parer polvere. Il silenzio inizia a sciogliersi, suoni ovattati e colori mischiati fra loro si impegnano a creare un immagine, il primo contatto con l'esterno. Sembra magia ma in realtà i suoi occhi vengono come richiamati da un segnale in particolare che ha deposto da parte il peso invisibile che troneggiava sulle sue palpebre.

Giglio di piccheDove le storie prendono vita. Scoprilo ora