Ritorno all'inferno ardente

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"Yucci-chan non torna"

Rufy aveva interrotto la sua sfrenata corsa per guardarsi indietro e vedere se da quel corridoio semi oscuro provenissero altri passi oltre ai loro: stava cominciando seriamente a preoccuparsi e la morsa che gli attanagliava tutto il torace non cessava di premere con insistenza su di lui. Sayuri non li aveva ancora raggiunti. Era passato tanto tempo, troppo e lui non poteva più ignorare o far finta di niente. La cieca fiducia riposta nella ragazza appena conosciuta ma subito amica non stava vacillando, tuttavia, ora che tutti loro erano giunti nei pressi dell'uscita, lei sola mancava all'appello.
Il perché tardasse tanto forse non era poi quel così grande mistero: come Jimbe gli aveva detto, quel Barbanera era molto forte, tremendamente forte se era stato capace di consegnare Ace nella mani della Marina, ma se Sayuri aveva deciso di rimanere, era perché sentiva di potercela fare a competere contro quel farabutto, almeno così lui aveva pensato. Era in gamba, Rufy l'aveva intuito fin da subito, per tale motivo aveva rispettato la sua decisione, proseguendo coi altri, sicurissimo che si sarebbe tornata prestissimo. Se c'era una cosa in cui Cappello di Paglia era insuperabile, oltre all'attitudine di cacciarsi nei guai e al mastodontico appetito, era proprio il saper riconoscere una persona vera da quelle che fingevano anche a sé stesse. La gente, tutti gli individui, a modo loro, erano speciali per una qualità in particolare che sapevano mettere in risalto ma lui, aldilà della bravura, era in grado di capire fin dal primo sguardo chi gli andava a genio. Bastava pochissimo: una frase, un'occhiata o anche una curiosa capigliatura afro appartenente a uno scheletro musicista appassionato di musica e biancheria femminile.

Non si doveva dimostrare proprio nulla, lui stesso non aveva mai posto domande del tipo "Cosa sai fare di preciso?" visto che non ne conosceva il significato base. Nah! Simili baggianate nemmeno gli passavano per l'anticamera del cervello.

Si era sempre incuriosito nel vedere la gente d'altre isole: per lui equivaleva a farsi altri amici, non c'erano mai stati doppi fini. Nel proseguire il suo viaggio si era ritrovato circondato da una ciurma bizzarra, fortissima e variopinta con tanto di nave coloratissima munita perfino di un enorme acquario per pesci. Certo, ora i suoi amici non erano lì per aiutarlo, ma presto lui sarebbe andato a cercarli personalmente, non appena avrebbe portato il suo fratellone in salvo e assicurandosi che nessun altro tentasse di ucciderlo. Non esisteva tesoro più grande che la salvaguardia dei suoi amici per lui ma anche la famiglia, che poi era Ace, contava estremamente e non avrebbe mai avuto il cuore di far finta che la sua cattura non fosse avvenuta. Ora che poi finalmente c'e l'aveva fatta a raggiungerlo, a farlo uscire dalla sua cella - con diversi aiuti inaspettati - non vedeva l'ora che di poterlo rivedere sveglio, lontano da quell'infernale prigione...

Ma Yucci-chan ancora non si vedeva.
Perché non tornava?

Vicini, gli echi della battaglia si stavano facendo sempre più forti. Gli occhi del ragazzo dai scompigliati capelli corvini erano sbarrati da diversi minuti sul corto corridoio appena attraversato, con la linea della bocca lievemente piegata all'ingiù. Se ne stava muto ma dentro di sé continuava a convincersi che lei sarebbe arrivata se avesse continuato a fissare il corridoio. Eppure una minuscola parte della sua coscienza lo stava avvertendo riguardo a qualcosa'altro ed era proprio quel qualcos'altro che aveva alimentato il dubbio a tal punto da farlo fermare. Era come se dentro di lui si fosse creato una specie di nodo indissolubile e più questo cresceva, più l'impazienza del ragazzo aumentava, ormai votata a pensare che la castana fosse nei guai.

"Dannazione, che botta..." brontolò Buggy massaggiandosi la testa nel mentre ricomponeva i suoi arti "Chi è quel bastardo che si è permesso di colpirmi con una palla di cannone?!?!?!"
"Buggy, Buggy! Abbiamo un problema!" esclamò Mr3 aiutandolo a rimettersi in piedi.
"Che prob...?"

Il poveretto sbiancò così tanto da diventare pallido come le statue di cera che Galdino riusciva a creare col suo potere. Non era stato scaraventato tanto lontano dal principale - unico semmai - portone d'entrata, pertanto, anche se l'avesse voluto, non avrebbe potuto non vedere cosa fuori stava succedendo.

Noooooo.....no, no, no, nooooooooooooo!!! Questo è un incubo!!!!!! Pensò con le lacrime ai occhi.

Istantaneamente le sue braccia caddero a terra, spezzettate in tanti quadratini di carne. Quanto avrebbe voluto che tutto quanto fosse stato un brutto scherzo! Un grande e ben macchinato scherzo ma pur sempre uno scherzo, una cosa non vera, falsa insomma! E invece per sua sfortuna, gli occhi non lo stavano affatto ingannando su quel panorama: marine da una parte, cadaveri di mostri marini dall'altra e ciliegina sulla torta, i pirati di Barbabianca e lo stesso imperatore che stavano cercando di entrare nella prigione senza preoccuparsi di lanciare i nemici in mare. Altro che incubo...quella era l'apocalisse!

"Quello è Barbabianca!" esclamò shoccato uno dei prigionieri del livello uno.
"E' incredibile! E' davvero venuto a recuperare Pugno di Fuoco!"
"Che occasione per il nostro capitano Buggy! Se lo sconfiggesse, il suo nome entrerebbe nella leggenda!"

E mentre quelle manica di pazzi svitati confabulavano su come il loro nuovo leader, mandato dalla divina provvidenza, potesse stupirli, il povero pirata dal naso rosso si trovò sull'orlo dell'infarto seduta stante. Conosceva bene la fama di quel pirata avendo fatto parte in passato della ciurma di Roger, ma da quando aveva intrapreso la carriera di capitano, non si era mai sognato di attirarsi le sue ire. Quell'uomo non era certo il più potente del mondo per nulla e francamente, meno guai aveva con lui e meno anni della sua vita avrebbe perduto. Purtroppo, senza neppure avere il tempo di riprendersi, venne accerchiato dai suoi nuovi seguaci ansiosi di apprendere quale piano avesse in mente, lasciando momentaneamente da parte il fatto che il loro scopo iniziale era quello di darsela a gambe levate prima che quell'unica e imperdibile occasione svanisse.
Improvvisamente, una lampadina si accese sopra la testa del neomessia.

Scappare, ecco la soluzione!

Non c'è altra scelta! Se voglio uscire da questo buco prima che la Marina, Barbabianca o qualsiasi altra calamità naturale attenti alla mia vita, devo inventarmi qualcosa!!

Con miliardi di goccioline di sudore disperato in faccia, il Clown spremette tutte le sue meningi fino a ridurle ad un ammasso stropicciato di tessuti asciutti, ottenendo la soluzione al suo problema: se si doveva scappare, bisognava disporre di una nave e dato che rubarla a Barbabianca era una pessima idea, la scelta ricadeva automaticamente su una delle corazzate appartenenti alla Marina. I soldati erano troppo impegnati a combattere o a cercare una qualche alternativa per comunicare col Quartier Generale, quindi non avrebbero prestato tanta attenzione a loro: bisognava cogliere soltanto l'attimo giusto, andare dritti verso la porta e poi via! Di nuovo libero di cercare tutti i tesori del mondo!

Tutto stava nel non farsi notare, nel passare inosservati e Buggy il Clown, modestamente, pur di svignarsela da Impel Down si sarebbe anche reso invisibile alla vista umana pur di mettere le mani su un timone e volare lontano dalle cannoniere nemiche.

"Buggy, come agiamo? Questi pensano seriamente che ci batteremo contro Barbabianca!" sibilò mr3 agitatissimo.
"Tranquillo amico mio, ho già un piano" gli assicurò lui con il sorriso strafottente, ampiamente marcato dalle labbra truccate di rosso "Tutto quello che dobbiamo far...EEEEEEEHHH!!!!"

Senza neppure aver il tempo di spiegare sinteticamente il suo progetto, il pagliaccio venne afferrato per la maglia e tirato all'indietro dal lungo e gommoso braccio di Rufy, che lo fece atterrare proprio al suo fianco.

"Che diavolo vuoi Cappello di Paglia?!" sbraitò lui una volta rimessosi in piedi.
"Ho bisogno del tuo aiuto, Buggy" disse tirandoselo vicino, con il braccio attorcigliato attorno al suo collo "Devi venire con me al livello quattro"
"CHE???????" a momenti tutti i denti del pirata dal naso rosso rischiarono di saltar fuori dalla bocca come petardi.
"Rufy, che intenzioni hai?" domandò Jimbe visibilmente teso.
"Yucci-chan non è ancora tornata" gli fece notare guardandolo in faccia "Devo andare a riprenderla, non posso andarmene senza di lei. E' un amica di Ace!"
"Questo lo so ma non puoi tornare laggiù, non tu. Possiedi un frutto del diavolo e contro Barbanera non potresti fare niente" gli ricordò il Cavaliere del Mare con la serietà dipinta sul faccione azzurrognolo.

Al ragazzo di gomma non occorrevano altre delucidazioni sull'argomento: il tono tagliente di cui Sayuri aveva fatto sfoggio per esortarli a lasciarla sola contro quel mostro era bastato a convincerlo. Tuttavia, la faccenda adesso era visibilmente diversa e lui, protraendosi in avanti, con la bocca stretta fra i denti, non esitò a elargire la sua opinione al riguardo.

"E allora?! Questo non centra nulla! Yucci-chan ha bisogno di aiuto!"
"Non posso darti torto ma..."

Amaramente, il Cavaliere del Mare fu costretto a fermarsi, posando gli occhi a terra per poi sospirare sconfitto: Rufy stava bellamente ignorando il pericolo che Barbanera incarnava per la sua incolumità. Da come lo guardava era impensabile poterlo smuovere da quanto aveva davanti: passava sopra a tutti quei elementi generali che la gente solitamente prendeva in considerazione e colpiva col suo pugno ciò che più gli pareva storto e sbagliato. Era sconsiderato quanto suo fratello, non stava minimamente tenendo conto della possibilità di poter finire nelle medesime condizioni del fratello, ma anche se lui si fosse messo a spiegargli il tutto nei minimi dettagli, anche se avesse trovato una più che convincente spiegazione, non sarebbe comunque riuscito a fermare quel pirata tanto giovane quanto ostinato. D'altro canto, come si poteva dargli torto? Sayuri ci stava impiegando veramente tanto ad arrivare e loro non potevano aspettare in eterno. Considerata la prolungata assenza di comunicazioni, era probabile che il Misericordioso avesse già provveduto a mandare qualcuno e anche se ciò non fosse accaduto, niente escludeva l'eventualità che una delle corazzate là fuori fosse riuscita a trasmettere via radio una richiesta d'aiuto immediata. In tal caso, ogni secondo valeva quanto un grammo d'oro e se ne sprecavano anche solo uno, presto avrebbero potuto anche ritrovarsi a combattere contro tutto l'esercito della Marina, ammiragli e grande ammiraglio compreso.

"Mugi-chan, hai visto? Lì fuori c'è Barbabianca!" esclamò Bon Clay. Vederlo in carne e ossa faceva più effetto che pronunciarne solo il nome "E' incredibile, non...Mugi-chan che fai?"

Avvicinatosi molto velocemente e con sempre Buggy sotto braccio, Rufy depose fra le mani dell'amico okama lo zaino datogli da Sayuri.

"Tienilo tu fino a quando non torno e bada tu ad Ace per me insieme a Jimbe" gli chiese.
"Cosa? Ma dove vuoi andare adesso? Dobbiamo uscire prima che questo posto ci cada addosso!"

Allibito, Mr2 non comprese il perché quel cambio repentino nel loro programma. Che cosa voleva fare il suo adorato amico di gomma?

"Devo andare a prendere Yucci-chan. Per favore Bon-chan, porta Ace dai suoi amici"

Visibilmente shoccato e con la bocca truccata semi aperta, il cigno rimase senza parole per qualche istante prima che il buon nome dell'amicizia che vi era fra lui e Rufy lo ridestasse con la stessa delicatezza di una sveglia strillante.

"Consideralo già sulla nave" gli disse alzando il pollice all'insù e sfoggiando l'ampissimo e bianchissimo sorriso.

Abbozzando un grande sorriso, Cappello di Paglia si avvicinò al fratello, riparato dai dolcini di Ivankov che attendevano solamente l'ordine di quest'ultimo per andare avanti.

"Vado a prendere Yucci-chan, fratellone. Torno subito" gli disse.

Senza attendere la risposta che – già sapeva – non gli sarebbe arrivata, il pirata si voltò in direzione del fondo del corridoio.

"Cappelluccio di Paglia, dove stai andando?" questa volta fu il regino degli okama a chiederglielo.
"Non posso andare via senza Yucci-chan. Voi andate avanti e portate Ace dai suoi amici. E tu non fare strani scherzi!" esclamò guardando con ostilità Crocodile, intento ad assaporare il dolce profumo scaturito dai suoi sigari.

L'ex membro della flotta dei sette non mancò di rivolgergli un'occhiata silenziosa di poco interesse per poi tornare ai suoi pensieri, dimenticandosi velocemente di quella pulce gommosa. Immancabilmente, Rufy gli scoccò l'ennesima smorfia di disapprovazione; anche se il suo contributo era stato essenziale per sbaragliare le difese di Impel Down, quello rimaneva e sarebbe sempre rimasto un uomo infido che aveva arrecato tanto dolore al popolo di Bibi e a Bibi stessa. Non lo avrebbe mai liberato se Ivankov non gli avesse assicurato la sua totale inattività nel compiere gesta poco consone alla situazione; in quel preciso momento, il regino dalle grosse e sporgenti labbra violastre stava cercando di fermare il suo nuovo amichetto, ma quello aveva preso a camminare in direzione opposta rispetto alla loro, portandosi a presso quel maleducato e ridicolo pagliaccio che non faceva altro che dimenarsi più di un pesce fuor d'acqua.

"Cappelluccio, vicovdati che sei appena guavito!" gli fece notare parandosi davanti a lui come fosse un muro "Anche se adesso ti senti bene, non è detto che la cuva a base di ovmoni si sia conclusa. La tua vapida vipvesa è cevtamente dovuta alla tua volontà, ma ci sono buone possibilità che il tuo fisico non si sia del tutto vistabilito!"

Scosse il vaporoso testone facendo ondeggiare la permanente color lilla avvicinandola alla minuta testa del pirata, come per voler apparire ancor più grosso di quanto non fosse già. La cura ormonale di cui parlava era un processo lungo, doloroso e solo chi realmente voleva vivere la poteva superare e guarire: Rufy aveva dimostrato uno spirito vitale tanto sconfinato da fare finire lui, Emporio Ivankov, contro al muro per ben due volte, vista che la sorpresa era raddoppiata quando poi era saltato fuori che il ragazzo era figlio del pericoloso rivoluzionario Dragon, suo amico e capo!
Lasciando da parte quel legame di parentela sbucato fuori dal nulla, quel testone non aveva ancora compreso che il suo corpo a livello generale non era ancora del tutto stabile e non gli interessava tutt'ora: la prova stava che nei suoi occhi non c'era il benché minimo segno di esitazione. A essere sinceri, di quella non ce ne era mai stata da quando aveva messo piede dentro Impel Down.

"Mettitelo bene in testa, Cappelluccio di Paglia!" esclamò puntandogli contro il dito inguantato "Fino a questo momento è stata una passeggiata ma se tovni giù ad affvontave quel bvutto ceffo, è sicuvo che non veggerai il confvonto! A quanto pave, il suo poteve può inibive quelli di chiunque altvo abbia mangiato i fvutti del diavolo!"
"E che me ne importa?! Nemmeno Yucci-chan ce la farà se non vado ad aiutarla!" replicò insistentemente "Io non lascio indietro nessuno! Andiamo Buggy!" e riprese la sua strada con il pirata sempre sotto braccio.
"Eh?! Cosa?! No, no, no, no, no! Non se ne parla nemmeno! Maledetto moccioso di gomma, mollami, ti ho detto di mollarmi!!!!" strillò quello agitando le braccia e le gambe al vento.

Il fratello minore di Pugno di Fuoco non sentiva ragioni. Prese a camminare ad ampie falcate verso le scale per il livello uno, spedito, senza risentire dell'opposizione fisica che Buggy stava facendo puntando i piedi e starnazzando insulti su insulti affinchè si decidesse di mollargli il collo.

"Maledetto moccioso di paglia! Mollami, TI HO DETTO DI MOLL...!!"

KABOOM!!!!

Si udì un' altra esplosione, stavolta molto più vicina a loro. L'entrata già bella che sfondata venne allargata di almeno due metri, scoperchiando quasi tutto il muro che si affacciava all'esterno e sollevando sia cenere che polvere allo stesso tempo in grosse e tossiche nubi grigiastre piuttosto dense. Disorientato, il gruppo di prigionieri si ritrasse con visi contorti per via di quest'ultimi incastrati in gola: volarono le domande e fra il cercare una risposta da una parte e lo stare in piedi dall'altra, alcune ombre astratte fecero capolino nel polverone ancora alto che non si decideva a svanire del tutto.

"Bonz, prima di distruggere un'entrata già bella che aperta, assicurati di prendere una mira decente. A momenti rischiavamo di finire spappolati contro il muro" borbottò Don fuoriuscendo dalla nube col viso e gli abiti piuttosto impolverati "Il viaggetto turistico nelle disgustose viscere di quel pesce palla mi è stato sufficiente"
"Volevi entrare e ti ho accontentato. Smettila di fare il brontolone" il secondo a mostrarsi fu proprio il cuoco-cannoniere, armato dell'inseparabile mazza e munito dei preziosissimi occhiali da vista.

Un mormorio crescente si fece largo non appena altri due personaggi, conosciuti principalmente per i loro poteri e il rango detenuto nella ciurma di Barbabianca, mostrarono i loro visi ai carcerati. Marco avanzò con quel suo passo scazzato, ritraendo le ali e trasformandole in due braccia umane affiancato da Jozu, il quale ritrasse il potere del frutto del diavolo cosicchè il suo corpo tornasse alla normalità. Il comandante della prima e terza flotta apparvero come due entità shoccanti per gli occhi dei detenuti, la cui conoscenza su di essi era molto vaga, ma sufficiente perché li guardassero con i groppi alla gola. Quando si parlava dei pirati del Re dei Mari, era impossibile non definirli "l'Elite della pirateria": individui come loro erano ritenuti inumani. Gli altri loro compagni, capitano compreso, si trovavano praticamente sotto l'entrata a sistemare quei marine testardi la cui presa non accennava a diminuire neppure con le mazzate più incisive del loro arsenale. Non ci fu il tempo di chiedersi come mai ci fosse quella specie di comitato d'accoglienza: gli occhi rapaci della Fenice individuarono Pugno di Fuoco all'istante e non appena si avvicinò insieme ai compagni, chi si era premurato di trasportarlo si fece da parte velocemente.

"Resisti amico, siamo venuti a prenderti" gli disse Marco. Per il biondo fu pressoché impossibile non notare le condizioni pietose del compagno.
"Don, che ci dici?"domandò Bonz.

Il medico-cecchino si era affiancato alla barella prima di chiunque altro, sondando le ferite dell'amico e le fasciature d'emergenza fattegli. Lasciò col fiato sospeso i suoi compagni per qualche secondo prima di alzare la testa munita dell'inseparabile berretto di lana grigia e guardarli in faccia con le profonde occhiaie che gli contornavano gli occhi.

"Dobbiamo portarlo in sala operatoria. Anche se ha le manette di algamatolite la temperatura del suo corpo può aumentare e inoltre queste ferite vanno immediatamente curate. C'è la seria possibilità che le più profonde abbiano fatto infezione" rispose infine.

Le cure mediche provvisorie avevano tenuto Ace lontano dal peggio ma se non riceveva immediatamente un soccorso definitivo la sua salute rischiava di compromettersi irreparabilmente. Inoltre, al dì fuori di Impel Down, la battaglia stava subentrando in livelli veramente massacranti e non c'era garanzia che la loro resistenza durasse in eterno: prima portavano Ace al sicuro, prima avrebbero levato l'ancora. Sarebbero balzati immediatamente all'uscita se il comandante della prima flotta non si fosse guardato meglio attorno, accorgendosi di una mancanza fondamentale per la loro ciurma: tra quei visi nuovi, non riuscì a scorgere chi i suoi occhi cerulei cercavano e la cosa lo allarmò non poco perché teoricamente la loro sorellina avrebbe dovuto trovarsi praticamente accanto ad Ace. Ma invece non c'era traccia di lei.

"Sayuri? Sayuri, sei qua?"chiamò "Sayuri, rispondimi!"

Agitò la testa dalla curiosa capigliatura bionda a destra e a sinistra, scandagliando ogni centimetro della zona, col risultato di non scorgere la sua sagoma da nessuna parte. Neppure dall'alto ebbe risvolti positivi.

" Io qua non la vedo" disse il cuoco-cannoniere dal basso.
"Dove sarà?"
"Marco, Jozu, che cosa succede?"

Dal'esterno, la voce di Barbabianca si fece sentire forte e chiara. Non fu necessario che i suoi figli si affacciassero per rispondergli perché egli, con un gran balzo raggiunse la loro stessa posizione, accompagnato da altri componenti della ciurma, sotto l'indescrivibile e pietrificato sguardo dei fuggitivi dalle divise bianche e nere. Buggy il Clown a momenti temette sul serio di rimetterci il naso e anche qualcosa di prezioso nel vedere da così vicino l'uomo contro cui il suo ex capitano aveva combattuto così tante volte da aver perso il conto. Il Re dei Mari non necessitava di presentazioni, la sua sola figura davanti al buco sostituitosi al portone principale della prigione bastò a non porre domande aggiuntive: nessuno avrebbe avuto il coraggio di rivolgergli la parola, la sua imponenza fisica aveva il potere di immobilizzare chiunque gli fosse vicino.
Quando poi avanzò insieme alla preziosa alabarda, il gruppo di Impel Down arretrò senza mai togliergli di dosso. Crocodile avrebbe colto l'occasione al volo se soltanto Ivankov non fosse stato lì al suo fianco con l'immancabile Inazuma. Pensare che la cosa gli rodesse non era che un eufemismo ma d'altro canto, doveva pur difendere quelli che erano conosciuti come "Affari personali": se quel regino da strapazzo avesse aperto anche solo un millimetro di quella sua boccaccia larga, si sarebbe trovato ad affrontare una situazione che, al sol pensiero, gli fece contorcere il viso per il disgusto.

"Non fave quella faccia, Cvoco-Boy" lo rimproverò il rivoluzionario "Pensa al tuo segveto.."
"E tu pensa a far tacere la tua parlantina" replicò quello voltandosi verso l'uscita.

Visto il momento, era preferibile approfittare del caos per procurarsi un mezzo e fuggire.
Al seguito del suo personale plotone, Buggy stava andando in iperventilazione con tanto di quei infarti a cui era scampato miracolosamente in precedenza; gli mancava letteralmente il fiato ed era sul punto di scomporsi in tanti minuscoli cubetti poiché lo sciogliersi non rientrava a far parte dei suoi poteri. In lui vi era il panico totale, un panico grande quanto il caos che aveva creato il mondo intero. Nella sua lunga vita se l'era sempre cavata, sempre, e anche adesso, che era riuscito addirittura a liberarsi dalla morsa di Cappello di Paglia, corso via senza nemmeno vedere chi fosse entrato, era portato nuovamente a pensare che la buona, vecchia e sana provvidenza non avesse mai smesso di tenerlo nella sua lista dei privilegiati. Peccato solo che lo sfuggire da un determinato pericolo comportasse doverne affrontare un altro e forse egli avrebbe fatto meglio a farsi trascinare dal moccioso di gomma, almeno così non si sarebbe ritrovato a dover stringere le gambe per evitare di farsela sotto.
Da parte sua, il padre di tutti quei pirati, in quel preciso istante, non aveva attenzioni che per il figlio privo di coscienza sulla barella d'emergenza: guardandolo, non potè non celare al resto del mondo quelle sue iride dai contorni sbiaditi, mentre fuori le esplosioni continuavano incessantemente a scontrarsi col vuoto. Inginocchiarsi o chiedere perdono per ciò che il figlio aveva subito pur di difendere il suo nome, non era sufficientemente grande per coprire il peso che strinse le malate viscere dell'uomo dai folti baffi bianchi a mezzaluna, ma senza ombra di dubbio, non se ne sarebbe andato da quel buco d'inferno senza lasciare il suo segno. Prendere uno dei suoi figli equivaleva a doversela vedere con il restante della famiglia e quando ciò avveniva, Edward Newgate diveniva implacabile come i maremoti a cui dava vita. Non esisteva modo per fermarlo, solo lui, se mosso da una ragione più grande del suo istinto, poteva porsi freno.

"Marco, Jozu.." chiamò a sé i comandanti, sempre rimanendo in ginocchio davanti a Ace "Dov'è Sayuri?"

Si era accorto istantaneamente dell'assenza della figlia: il torace pieno di cicatrici pulsava violentemente per lo sforzo e non appena il dolore si accentuò, strinse la pesante arma con la base puntata sul pavimento. Una brutta sensazione proveniente dal passato stava ingigantendo la lacuna appena creata; cercava di parlargli con voce umana, di esprimere il pensiero in parole, di avvertirlo, e lui, nonostante avesse percepito solo echi indistinti dal profondo di sé, intuì, anzi, sentì chiaramente che ciò non era nuovo o estraneo a tutti loro. Era familiare....

"Non ne abbiamo idea, papà" rispose l'adamantino movendo la testa in segno di negazione.
"E' impensabile che abbia lasciato Ace solo" nel librarsi in volo non aveva trovato alcuna traccia di lei "Deve essere successo qualcosa"
"Infatti" a quel punto sopraggiunse il Cavaliere del Mare, che si fece largo fra i detenuti per mostrarsi al vecchio amico pirata.
Ma guarda, quasi mi dimenticavo che c'era anche il sushi ambulante.. Pensò Don intento a ricaricare il suo prezioso fucile.
"Jimbe, mi fa piacere vederti intero" disse Barbabianca accennando ad uno dei suoi immancabili ghigni "Dimmi, sai dov'è mia figlia?"

Il muso azzurrognolo del flottaro, già per natura apparentemente arcigno, si inspessì non appena le grosse zanne laterali che sporgevano dalla bocca si irrigidirono come non mai. Dire la verità in momenti del genere era sempre un atto coraggioso quanto doloroso, ma tergiversare o mentire era ancora peggio, figurarsi stare del tutto zitto. Lui, che era stato testimone, non poteva negare a sé stesso quanto si stesse verificando a diversi piani sotto di loro ma il sapere, l'essere perfettamente cosciente della volontà di quella ragazza, stava rendendo il suo compito ancora più pesante e ingrato.

"Jimbe.." l'imperatore aveva notato il suo incupimento "Dov'è mia figlia?"
"....Si è fermata al quarto piano per affrontare Teach"

Cadde il silenzio dopo che il l'uomo pesce ebbe pronunciato quelle poche ma concise parole.
Ecco, la verità era uscita: loro l'avevano chiesta e lui gliel'aveva data seppur questa non fosse bella. Se lo aspettavano, ne avevano avuto il sospetto non vedendo la sorellina, ma il solo sentire quella minuscola realtà invaderli e perforarli da parte a parte, li rese consapevoli che a quella loro non erano affatto pronti. Improvvisamente tutto divenne grigio, proprio come se la peggiore delle notizie fosse arrivata e avesse addirittura congelato il tempo e fatto dissolvere i colori: perfino gli echi delle esplosioni, le voci dei pirati e dei marine sparirono nell'ombra, cancellati come fossero tratti leggeri di matita. C'era solo quel nome che riecheggiava: suonava come campane stonate e maledette in un giorno di pioggia dove i bei ricordi non erano ammessi. Rivedere le memorie sfilare così apertamente, sentirsele addosso come una fredda coperta invernale, con quella risata particolare in sottofondo, mutò i visi dei pochi presenti capaci di dare un volto a quel nome, quel nome che non consideravano più amico, fratello o compagno. Dalle braccia di Marco le fiammelle azzurrognole tornarlo a zampillare su diverse parti del corpo e le braccia del comandante adamantino rilucettero di un baglio argenteo opaco, lisciandosi alla vista. Anche Bonz, il bonaccione, cambiò espressione, aprendo i suoi occhi nel mentre lo shock lo invasava da capo a collo.

"Ha detto...Teach?" mormorò il cuoco-cannoniere. Quasi la mazza gli cadde dalle mani.
"Quel bastardo.." Jozu non potè tenerselo per sé.
"Che diavolo è venuto a fare qui?" sibilò Marco assottigliando gli occhi.

Quante volte si erano chiesti il perché? Quante? Troppe e mai non c'era stata risposta. I giorni successivi alla scomparsa di Satch erano stati burrascosi quanto il cielo grigio e carico di cattivi auspici che li aveva accompagnati. Lo ricordavano bene, così come ricordavano il mare mosso e lo Striker di Ace che rapidamente si allontanava dalla Moby Dick. Se ne era andato per vendicare la buona anima del comandante della quarta flotta, furente come non lo si era mai visto ma non era stato il solo: la dolce sorellina lo aveva anticipato e quella parte di storia era troppo personale perché potessero metterci parola. Accanto a Pugno di Fuoco, il Re dei Mari ottenebrò il suo viso rendendolo invisibile ai presenti, nascondendo addirittura i suoi stessi pensieri, cosa che i suoi figli invece non si premurarono di fare: Don con gesto fulmineo, aveva afferrato Jimbe per la veste, cercando di tirarlo ad una giusta altezza per poterlo vedere senza dover alzare la propria testa.

"Con chi è giù Sayuri?" scandì le parole con una veemenza affannosamente controllata.

Scherzare su un simile argomento non era per nulla divertente e Don, nello stringere la stoffa rossa dell'elegante veste del flottaro, aveva l'immagine di quel bastardo stampata nell'anticamera del cervello con tanto di dettagli riluttanti. Intanto fuori, la battaglia proseguiva senza sosta ma la Marina si era accorta della presenza del Bianco all'interno dell'apertura creatasi a Impel Down, insieme ai detenuti che si stavano adoperando per uscire da lì. Le navi poste a guardia della prigione resistevano benché alcune di esse fossero pesantemente provate ma non demordevano, esattamente come i loro avversari: i mastodontici cadaveri dei mostri marini bloccavano un tratto del mare, vanificando l'effetto della corrente tuttavia le acque, già arrabbiate per ragioni incomprensibili all'uomo, non facevano altro che abbattersi con tutta la loro ferocia contro ogni cosa solida presente nel loro raggio d'azione. Regnava il caos in mezzo al mare, tutto concentrato in unico punto che a momenti sarebbe potuto collassare su sé stesso.

"L'abbiamo incrociato al quarto piano" cominciò a raccontare il Cavaliere del Mare senza farsi spaventare dal medico-cecchino "Non ho idea del perché sia qui, ma non ci avrebbe lasciato passare se non fosse stato per lei. E' rimasta indietro unicamente per permetterci di proseguire"
Tipico di lei. Pensò il padre con nota rammaricata per la notizia ricevuta.

Non c'era di che meravigliarsi dopotutto: Sayuri non metteva mai sé stessa prima dei altri, non ne aveva il coraggio e mai sarebbe stato così. La figlia dava senza chiedere, non sopportava che qualcuno fosse in difficoltà e bastava poco perché tendesse la sua mano a chi l'aveva cercata anche solo con il pensiero. Era buona lei, dolce, tanto forte quanto fragile e lui aveva visto fin troppo bene quel suo ultimo aspetto: poteva celare molte cose sotto il suo sorriso ma non tutte, compresa la perdita di un caro amico proprio davanti ai propri occhi. Le ragioni per cui non era tornata a casa e per cui si era spinta a tal punto erano le stesse che l'avevano esortata a partire quella volta: aveva troppo da perdere e in quel frangente non esisteva nulla di più importante che la vita del suo comandante. Se di mezzo c'era qualcosa di tanto prezioso come la vita di Ace poi, era inevitabile che la sua tendenza a trascurarsi saltasse fuori come i funghi in primavera: stava nella sua indole e quando questa si manifestava, l'istinto aveva la meglio sulla ragione.

"Nessun altro si è fermato con lei?" chiese il medico-cecchino.
Jimbe scosse la testa "Rufy è sceso pochi minuti fa a prenderla"
"Rufy? Il fratellino di Ace è qui?" domandò Bonz stupito.
"Che sia suo fratello o l'amante segreto, se è in possesso di un frutto dei diavolo è bello che spacciato" affermò Don seccamente.

Nel mollare la prese sulla veste rossa si issò meglio il fucile in spalle, aprendosi la strada verso le scale per il livello uno. L'ascensore era stato bloccato e mettersi a ripararlo equivaleva a perdere prezioso tempo, cosa che loro non avevano assolutamente.

Quella scellerata! Stai a vedere che ha fatto quel che penso!

Ci scommetteva il cappello, il fucile e la sua laurea in medicina che quella sconsiderata aveva fatto ricorso alla sua nuova invenzione, cavolo se ci scommetteva! Eppure era stato più che esauriente nella spiegazione: le aveva detto o no che quei medicinali doveva utilizzarli sono in casi di estrema emergenza o, meglio ancora, in punto di morte?

Ho parlato al vento!! Figurarsi se qualcuno sta a sentire quello dico, manco fossero tutti sordi!!!

Pensò ciò automaticamente ma nel suo correre lungo tutto il corridoio, dovette correggersi immediatamente: non era vero che aveva parlato al vento, a differenza di Ace, la santa le orecchie le teneva ben aperte quando si parlava di prudenza ma la verità era che l'avversario in questione non era un piratuncolo qualunque: non poteva essere affrontato con leggerezza e tenendo conto di chi fosse, che cosa ci fosse dietro, era facile capire perché la ragazza avesse scelto di intraprendere il sentiero più difficile anziché evitare l'ostacolo. Sayuri per molti aspetti poteva essere vista come l'esatto opposto di Ace, una che chiedeva e pensava prima di agire. Non c'era nulla che la identificasse come una persona impulsiva e scellerata benché, a detta del medico-cecchino, quei risultassero molto simili, esclusi i caratteri abissalmente diversi come il Sole e la Luna. Eppure...bisognava tener conto che la castana non era come tutte le altre: lei era innamorata, innamorata sinceramente del suo migliore amico, non semplicemente attratta da un puro desiderio fisico. Innamorata nel vero senso della parola e Don, brontolii a parte, sapeva che amore e follia andavano bene a braccetto quando si verificavano situazioni come quella: era una catena continua di eventi all'apparenza molto semplici ma carichi di un dinamismo esplosivo. Le azioni di uno avevano il fine di proteggere l'altro, così era per Ace e Sayuri, che fino a quel momento avevano fatto di tutto perché entrambi non corressero rischi - ovviamente senza che l'uno sapesse dell'altra -.

Lei non aveva omesso la sua preoccupazione, lui invece aveva cercato di occultarla col suo orgoglio della malora – preso poi a pugni - ma fatto stava che alla fine Don si era ritrovato in mezzo con il ruolo del "Buon amico che cerca di cavare un ragno dal buco", volente o no.
Non ci teneva a inghiottire nuovamente l'amaro scaturito dalla sconfitta subita nell'ultimo confronto con Ace, per questo si lanciò giù lungo le scale, con Marco trasformato in fenice, in procinto di afferrarlo per le spalle al fine di arrivare in tempo.

Dobbiamo arrivare in tempo!



"AAAAAAAAHHHHH!!!"

SBAM!

Un tonfo. L'ennesimo per essere precisi. Crepe e solchi spaccavano i muri dividendoli in più parti. Respiri rochi e affannati si succedevano dopo violenti colpi, scivolando via nel dimenticatoio. Perline rosse fatte di sangue rilucevano e bruciavano come la cenere sulle ferite, infrangendosi al suolo o guizzando in aria come fossero pesci. Quella catena si stava ripetendo senza includere alcuna novità da quando il duello nell'inferno ardente aveva deciso di prolungarsi e di divenire ancor più aspro. Lo smisurato potere del Dark Dark non accennava a risparmiare nulla di quanto incontrava: risucchiava perfino le macerie oltre alle fiamme che rendevano afoso quel piano, ma niente pareva soddisfarlo se non quella piccola stilla si ribellione che si stava dibattendo con tutte le sue energie per sfuggirgli. La vita di Sayuri era come una calamità per l'oscurità di Barbanera: la vedeva come una farfalla dalle piccole ali colorate, affannata per l'evitare di finire in una delle ragnatele nere da lui tessute. Svolazzava rapida, battendo le aluccie senza mai concedersi una pausa, senza mai guardarsi indietro e lui la seguiva, divertito, paziente in quel gioco dove lui deteneva il controllo assoluto. Invece di catturarla subito voleva vederla dimenarsi mentre la sbatteva da una parte all'altra con una facilità mostruosa dopo che lei invano cercava di colpirlo.

Anche adesso l'aveva appena atterrata ma già subito la ragazza stava facendo appello ai residui fisici ancora attivi in lei per potersi nuovamente alzare, col sangue che colava da ogni parte del suo corpo. Non accettava di finire a terra ma per quanto fosse nobile la sua volontà, davanti a tanto potere, lei non appariva più grande di un granello di polvere.

"Cought, cought!!"
"Zehahahaha!! Che cosa ti succede Yu-chan, non ce la fai più? Avanti, perché non mi fai vedere ancora una volta quella tua bella tecnica? Dai..." la esortò "Fammela vedere!!"

Appena scaraventata a terra, la ragazza dovette gettarsi sulla sinistra per non farsi catturare dall'oscurità strisciatale incontro. Velocemente si alzò in piedi e incespicando nei movimenti – sempre più dolorosi - si allontanò, scattando a destra e a sinistra senza dar troppo peso ai continui segnali che il suo cervello riceveva dal corpo. Le arti marziali erano le sole rimaste nel suo arsenale: i sai purtroppo li aveva persi nello sferrare il palmo giudiziale e per sua sfortuna, si trovavano proprio alle spalle di Teach. Quanto all'haki....a malapena ce la faceva a correre, figurarsi richiamare l'ambizione.

Non posso allontanarmi troppo, rischio di finire in un angolo. Devo avanzare!

Fece per tornare sui suoi passi ma nel vedere il passaggio completamente coperto dall'oscurità, non potè fare altro che arrampicarsi più in alto. Saltando in verticale, si aggrappò a una sporgenza, cercando di tirarsi su prima che la coltre nera la raggiungesse.

"A-Avanti!" rantolò "Un...Un piccolo s-sforzo...!"

Doveva solo darsi una spinta, una piccolissima spinta ma, al culmine dell'azione, qualcosa andò storto. Si percepì diversa, strana..molle ad essere più specifici e in un qual senso, era proprio così: aveva obbligato i suoi muscoli ad aiutarla ma questi, proprio, nel momento del bisogno, se ne erano lavati le mani, abbandonandola. Si erano spenti, completamente afflosciati, trascinandosi a presso anche il resto. Avvertì le sue braccia perdere la presa sul muro e in un istante, la sporgenza su cui cercava di issarsi, si allontanò, spingendosi più in alto.

No....non sta succedendo...non sta succedendo per davvero.

Per quanto semplice da vedere e da capire, lei ugualmente non riuscì a farsene una ragione. Perché proprio adesso? Perché le forze l'avevano abbandonata senza preavviso? Perché l'avevano lasciata sola proprio quando doveva difendere se stessa e il suo sogno?
L'oscurità la catturò immediatamente, allacciandosi alla sua vita e bloccandole gli arti per impedire che si muovesse. Ci provò a dimenarsi nel mentre quella la trascinava senza fretta verso il suo padrone, ma i calci e i pugni che voleva dare si stavano realizzando soltanto nella sua mente: nella realtà nemmeno riusciva a muovere un dito. Martoriata peggio di un animale prossimo al macello, aveva esaurito tutte le sue forze, ogni singola cellula che sino a quel momento l'aveva tenuta in piedi. E pensare....che Teach si era perfino trattenuto.

Figurarsi se aveva dato libero sfogo a tutto il suo potere. No....lei l'aveva capito fin da subito, fin da quando quella lotta le si era rivoltata contro: Teach non aveva mai vissuto quello scontro come se fosse tale, per lui ciò era equivalso ad un gioco dove lo scopo stava nel divertirsi a stuzzicare l'avversario fino allo sfinimento, assestandogli poi l'unico colpo vincente. Con lei aveva insistito unicamente perché fra Satch, a cui praticamente non aveva dato respiro per via del tempo, e Ace, era quella con cui si era intrattenuto di più. Poteva farsi anche colpire, il suo corpo di sicuro non ne avrebbe risentito essendo anormale per natura. Lasciava che gli altri si esibissero in tutti i loro repertori, per saggiarne le abilità e verificare se meritassero di proseguire o meno. Non c'era mai stato un solo momento in cui l'avesse presa con serietà, non gli importava cosa lei pensasse o facesse: era lui che decideva lo svolgersi del gioco e la sua conclusione.

"Si direbbe che tu non abbia più energie, Yu-chan"

L' oscurità che la bloccava si raccolse fino a stringerle soltanto il polso sinistro, sollevandola da terra mentre il restante andava a ricongiunsi con Barbanera. Quando tutta la materia scomparve, il nero che le attorcigliava il polso si solidificò, lasciando posto alla mano dell'uomo; sarebbe dovuta affondare nella massa nera come le macerie del posto e le guardie prima di lei ma essendo il suo avversario più coriaceo, Teach ci teneva a volerla finire con un tocco personale, per tale ragione si era limitato ad attirarla a sé.

"Dopo tutte le tue belle parole sul voler fare di Ace il Re dei Pirati pensavo avessi qualcos'altro da mostrarmi. Ci tenevo a rivedere quel tuo giochetto con l'haki, una diavoleria ben congeniata la tua, nulla da dire al riguardo"

Tenendola ben alzata da terra la potè vedere interamente, senza alcun angolo scoperto. Stette per dire altro ma i suoi occhi calarono per caso sul braccio che teneva in ostaggio: il non comprendere che cosa si fosse formato su di esso, permise all'interesse di farsi avanti, alimentando il suo fare guardingo nel mentre si accorgeva che quella strana cosa non riguardava il singolo arto.

"Che cos'è?" pareva averlo domandato più a lei che a sé stesso.
"Niente....che.. n-non fosse previsto" mormorò la ragazza col viso occultato dalla lunga e scompigliata chioma.
"Uh?"

Era perfettamente normale che il suo corpo risentisse dei molteplici effetti collaterali della sua tecnica, per non parlare poi dei medicinali di Don, la quali forse le avevano permesso di combattere più a lungo.

Non pensavo....che il riutilizzo forzato dell'haki potesse incidere così tanto...

L'essere andata oltre al palmo giudiziale le era costato più di quanto pensasse, per non parlare poi di quelle energie che avrebbe potuto spendere meglio in una fuga. Sotto i capelli, il viso di Sayuri trasparì una certezza fiocca, dalla vista semichiusa e dall'aspetto macabro e irriconoscibile, ma pur sempre cosciente di che cosa la circondasse. Non vedeva ma percepiva perfettamente ogni parte di sé pulsare con maggior vigore: l'intero braccio destro era ricoperto da venature spessissime come radici, quasi volessero uscire da sotto la pelle. Purtroppo quella ramificazione non si era estesa soltanto all'arto ma le aveva ricoperto parzialmente il fianco destro, metà torace, arrivando al il collo e toccando la guancia destra giusto quel che serviva per poi fermarsi a sfiorare la base dell'occhio. Era solo questione di minuti prima che anche il resto del corpo si aggregasse e lei non se ne sarebbe mai resa conto se non ci fossero state quelle pulsioni, unico segnale che ancora distingueva dato che non aveva la padronanza dei suoi muscoli.

"Vedi T..Teach, il Divine Recall...è..anf...molto potente. Si tratta di una t-tecnica...che..uhf...ho creato appositamente per...per te" spiegò tra un ansimo e l'altro "Ma è pericolosa...molto p-pericolosa anche...cough!...Per chi la...usa. Il..minimo errore di...d-distrazione è f-fatale ma a-anche...." Si fermò per respirare il dovuto ossigeno "Anche se la...l-la si e-esegue corret....correttamente... è impossibile non..pant..risentire..dei suoi effetti"

Esistevano tecniche al mondo la cui sola creazione richiedeva anni prima di vedere la luce. Altre, addirittura secoli per essere perfezionate. Dietro a tanta dedizione vi era sempre una ragione che spronava la persona quando questa si trovava sul punto di cedere ma Sayuri, benché ne avesse avute diverse, non era mai stata capace di creare qualcosa di veramente unico e che la facesse sentire realizzata: ciò che aveva imparato glielo aveva trasmesso il suo nonno ed era un patrimonio che lei stessa aveva personalizzato con aggiunte rivelatesi efficaci. Ne era sempre andata orgogliosa ma recentemente si era messa a pensare, che quello che aveva non bastava per difendere ciò che aveva conquistato. Si era vista allo specchio e nel suo riflesso, aveva intravisto una persona debole, che aveva ancora tanta strada da fare ma con dei amici pronti a sostenerla quando fosse stata giù di morale ed era stata quella differenza, il vedersi circondata da così tanta gente, che l'aveva spronata a cambiare atteggiamento. Bisognava rischiare, mettersi in gioco in tutto e per tutto, senza pensare alle conseguenze, ponendo l'intelletto in un angolo. Tesori come l'amicizia e l'amore non meritavano alcun limite e tenendo sempre a mente questo, allenandosi coi volti di tutti loro scolpiti nella sua mente, la principessa dei gigli infine era riuscita a creare qualcosa che rappresentasse tutta sé stessa, tutta la sua determinazione e i suoi ideali.

Fintanto che c'era solo lei non poteva ambire a nulla, nemmeno alle ali a cui alludeva il parente che dal cielo l'osservava ma il pensare a qualcun altro, il farsi abbracciare da un calore che non fosse soltanto il suo o quello di una coperta, avevano aperto le porte del suo cuore, dissolto le barriere dietro cui soleva rifugiarsi, distrutto le sue fortezze interiori, esortandola a tendere la mano e ad aprirsi senza temere la paura di venire rifiutata per la sua natura, a sorridere..nonostante la crudità della realtà futura dentro stava per essere fatta sprofondare.

Riesci a vederle nonno? Riesci a vedere le mie ali? Penso di aver finalmente compreso le tue parole. Tu..miravi a questo, vero? Volevi...che capissi, che trovassi...il mio posto nel mondo. Sono contenta, però adesso.....il mio corpo non si muove.

Ali con piume fatte d'aria, dalle sfumature trasparenti coi bordi azzurri e lucenti come la neve sotto il sole, che si disperdevano nel vento come petali fioriti nel primo giorno di primavera. Piume che volavano in alto, portate in posti lontani. Segretamente, nel suo cuore di bambina, le aveva sempre desiderate così, le sue ali: le pagine di quel libro pieno di illustrazioni riguardanti quei esseri assolutamente canditi l'aveva incantata fin da subito e da allora non se ne era più liberata. Le voleva anche lei, le grandi ali bianche dei angeli, per volare via, lontano da quell'isola che le aveva arrecato tanta sofferenza. Ma come appena nate con l'evocazione del Divine Recall, queste si erano spezzate, lasciando cadere le piume a terra come accadeva inevitabilmente alle foglie degli alberi in autunno. E fra poco, sarebbe toccato a lei.......

"Zehahaha, sei una stupida Yu-chan" la schernì Barbanera "Ti sei data tanto da fare solo per potermi battere! Non che ne sia onorato, ma dimmi po'.." e se la portò più vicino di modo tale che i loro occhi si incrociassero "Ce l'avresti avuto veramente il coraggio di uccidermi, eh?"
"Uhg.....!" l'ennesima fitta le strappò un mugugnò doloroso.
"Ti ho osservata molto a lungo amica mia, come ho fatto con tutti gli altri, e credimi se ti dico che non hai e non avrai mai la forza di finire definitivamente un tuo nemico. Sei troppo accondiscendente.." le disse malignamente strizzandole il polso "Troppo buona e troppo pacifica"
"Anf...anf.....cought, COUGHT!!" tossì colta dai violenti spassi, contraendo i lineamenti del viso contratti in una smorfia di dolore acuta.
Non.....Non ci riesco. Il mio corpo........il mio corpo non si muove più.

Avrebbe voluto divincolarsi, allontanarsi da quell'essere ma il solo movimento ancora concessole era quello della testa, seppur molto minimo. Quel maledetto non accentuava la stretta, non la mollava e Sayuri nella sua fisicità era inanimata; non poteva opporsi a quel dominio contrastandolo con la forza, di quella non ne aveva più. Poteva ancora udire i suoni e vedere per quanto anche quelle capacità stessero evaporando ma era tutto così confuso da risultare un miscuglio disomogeneo. Pareva che le parole di lui le stessero narcotizzando il cervello, la testa le vorticò con più velocità che rischiò di svenire per l'insopportabilità.

"Tu sei forte, hai un buon cervello, eppure ti ostini a cercare la soluzione di ogni problema con la via pacifica, ma pensi forse che in un mondo come questo, bastino delle belle parole per fermare un'ondata come la pirateria?" le domandò nuovamente "Quest'era è piena di stupidi che credono soltanto in ciò che vedono, che snobbano le leggende, i sogni, e questa gente io la considero feccia, Yu-chan" le disse chiaramente "Un uomo senza un sogno non è niente e di certo non permetterò che ad arrivare all'apice di questa sia un realista. Ho atteso a lungo, riposto le mie speranze in questa occasione e in questo potere, la mia ascesa sarà incontrastata! Questa è la mia era.." ripetè afferrandola per il collo "E LA FARO' SPROFONDARE NELLE TENEBRE PIU' OSCURE!"

Piegando il braccio all'indietro scaraventò la ragazza a terra, aprendo una voragine mastodontica ai suoi piedi, spingendo l'avversario al suo interno, nel mezzo della pietra e dell'acciaio ora divisi. L'impatto con il pavimento fece urlare tutte le ossa che componevano la spina dorsale di lei, dalla cui bocca fuoriuscì così tanto sangue da arrivare a macchiare il viso dell'ex compagno. Avrebbe dovuto urlare, senza trattenersi, ma la violenza arrivatale addosso, quell'ultimo colpo, era stato tanto incisivo da farle perdere i sensi. Non poteva più combattere e Teach, inginocchiato sopra di lei e con la mano saldata attorno al suo collo pulsante, aveva la strada spianata verso la vittoria.

"E' da quando ti ho vista con il mio frutto che ho pensato di ucciderti velocemente" le confessò nonostante lei fosse svenuta "Ma sai...." Sogghignò con una luce depravata nei occhi "Le cose si gustano di più se fatte lentamente, zehahahahaha!"

Ovviamente, lei non potè rispondere o ribellarsi.
A quel punto, le dita scure del traditore cominciarono a premere con più vigore sulla pelle di lei, irrigidendosi e schiacciandole il collo con sempre più energia, percependo sotto la sua stretta, le pulsazioni di lei agitarsi per la mancanza d'aria. Quando poi vide il viso della ragazza risentire della sua presa, ampliò il sorriso a cui mancavano dei pezzi, incurvando l'enorme bocca al massimo della sua espansione.

"Addio, Yu...."
"FERMATI!!!"

Ciò che seguì a quell'ordine, stordì l'uomo abbastanza da fargli ammorbidire la presa che aveva sul collo della ragazza. Era come se una sferzata d'aria carica di pressione gli fosse rimbombata addosso con tanta forza da scuoterlo dall'interno, comprimendogli gli organi. Risuonò dentro di lui, scombussolandolo quanto serviva da fargli affondare il faccione dal naso gobbo nella mano libera nel mentre l'altra allentava la presa sulla povera malcapitata.

"Chi diav....?!"

Ringhiando per quello stordimento improvviso, puntò i suoi occhietti sulla destra, notando la presenza di un nuovo personaggio visto in quello stesso giorno, quasi il destino ce lo avesse messo apposta.

"Cappello di Paglia..." sibilò. 

Giglio di piccheDove le storie prendono vita. Scoprilo ora