I ringraziamenti di Ace. Si festeggia!

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"Si sono divisi ancora una volta. La ragazza è rimasta nei pressi del castello mentre il ragazzo si sta dirigendo verso la montagna"

Con gli occhi incollati al cannocchiale, Rockstar continuava ad inviare le informazioni che Yasop gli passava con velocità e ottima sintesi. La concentrazione del cecchino non lasciava vuoto neppure il più piccolo degli spazi ma la stragrande parte di questa però era rivolta al primo dei tre che aveva lasciato il gruppo per appostarsi in una zona poco distante dal palazzo. Era salito in alto per poi mimetizzarsi così bene che adesso non riusciva più a vederlo; solo la sua certezza e l'istinto innato del grande cecchino che era il lui gli stavano suggerendo che il suo simile era nascosto lì e che anche lui li stava cercando.

Vicino a lui, la recluta dalla bizzarra capigliatura rossastra stava ricevendo le ultime direttive prima che la comunicazione si chiudesse.

"Che ha detto Benn?" gli domandò senza staccare gli occhi dal cannocchiale.

"Stiamo sul classico" si limitò a dire l'altro.

Yasop sorrise. Era esattamente quello che il capitano faceva in ogni situazione che non comportava un scontro bellico. Se le cose stavano così, ben presto non si sarebbero più ritrovati sotto la neve a fare le belle statuine.

Laddove Don si era appostato a pancia in giù, camuffato e col fucile in mano, cominciava a fare un po' troppo freddo per i suoi gusti. La gelida neve gli pungeva lo stomaco, il vento era leggermente sfavorevole e come se non bastasse, la nebbia sembrava avesse deciso di diventare più fitta a quell'altezza. Nella sua personale tabella del giudizio su cui appuntava, analizzava e infine giudicava il tutto, quello era uno schifo con la "S" maiuscola. Benchè la pazienza fosse il suo forte e che grazie all'esperienza guadagnatasi fosse capace di sopportare qualsiasi terreno gli si presentasse, il nervoso continua a punzecchiarlo fastidiosamente come un bastone invisibile. Non erano tanto le condizioni climatiche a renderlo nervoso ma la consapevolezza di essere osservato da qualcuno senza che quest'ultimo si scoprisse.

Aveva gli occhi di un estraneo puntati addosso e se i suoi calcoli erano esatti, quel qualcuno doveva essere un bravo cecchino se riusciva a fargli salire il nervosismo tanto da rizzargli i peli delle braccia. Anche se giocava nel suo territorio, Don era certo che non sapesse di preciso dove si trovasse e questo gli permetteva di recuperare punti. L'intera zona ormai era stampata nella sua mente come un mappa che veniva sondata mnemonicamente, alla continua ricerca di un qualche elemento che nella realtà fosse cambiato ma a parte il clima e la neve che continuava a scendere, pareva non ci fosse nessuna novità e questo non poteva che significare una cosa nella sua personale tabella del giudizio: doppio schifo.

Che accidenti! Datemi un cenno di vita, vi costa così tanto?! Finirò per mettere le radici! Pensò.

E gli stava venendo pure fame. Non gli sarebbe dispiaciuto avere tra le mani una quelle belle lucertole allo spiedo che si era mangiato l'altro giorno. Forse con la pancia piena il suo umore sarebbe staro meno incline a sbottare contro sè stesso.

Improvvisamente, dopo tanto silenzio, avvertì qualcosa.

Un rumore. Secco, rapido, appena udibile. Un ramoscello spezzato? Poteva essere ma Don non ne era convinto a sufficienza. Stavolta anche gli occhi lo aiutarono; qualcosa appena sotto di lui si era mosso. Da dov'era non riusciva a vedere altro che gli alberi muoversi e lui, se solo compiva il benchè minimo passo sbagliato,era spacciato. Silenziosamente, scivolò giù dalla sporgenza per passarne a una più coperta.

Udì di nuovo quel rumore.

No, ora ne era sicuro: non era il rumore di un ramoscello che si spezzava. Quello, anzi quelli, erano passi, passi che scricchiolavano sotto la neve e la comprimevano ma c'era di più: un secondo rumore che era stato coperto da quei passi. Capì che la sua presenza era stata accertata al 100% ma intuì anche che chi stava arrivando da sotto, non era che una semplice esca. Sorrise e nel chiudere gli occhi si concentrò al massimo delle sue capacità. Poi, finalmente pronto, aprì li velocemente e con agilità felina si girò indietro puntando il fucile sopra di lui. Sulla sporgenza dove aveva sostato per la maggior parte del tempo, c'era un altro fucile che lo teneva sotto tiro, esattamente come lui stava facendo con chi si trovava più in alto.

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