"Sparate! Dannazione, cercate di colpirli allo scafo!"
L'odore di polvere da sparo si era espanso sui ponti delle corazzate militari sotto forma di una leggerissima nebbiolina dannosa per i bronchi. I cannoni sparavano a ripetizione verso quella grande nave pirata emersa oltre la porta della giustizia senza neppure lasciare intravvedere la propria ombra; la Moby Dick era scivolata sott'acqua senza emettere il benché più piccolo sibilo, comparendo da nulla e trovandosi successivamente un posto strategico per evitare che la corrente la trascinasse via. Il grande blocco d'acciaio sopra cui era stato marchiato il simbolo della Marina si era aperto per far passare la presunta scorta per il condannato a morte ma invece, da essa era fuoriuscita qualcosa che non soltanto aveva portato devastazione ma che nel suo operato, aveva finito per provocare ingenti danni al pannello principale collegato alla porta e al sistema audio-visivo di tutta Impel Down.
Le navi della Marina risentivano dell'effetto trascinante della corrente quasi fosse un enorme magnete ma l'addestramento accademico e le molte giornate passate sotto temporali, cercando di far rimanere in piedi una nave quasi prossima a colare a picco, avevano dato i loro frutti. Sfruttare i punti ciechi della corrente per ottenere la giusta stabilità e guadagnare così una mira meno traballante, era sicuramente una strategia molto ben elaborata e facile da impiegare se si andava ad aggiungere anche la grande esperienza accumulata in mare. La fortuna poi aveva voluto ricompensare le guardie navali ponendo quei punti ciechi proprio davanti all'entrata principale della prigione.
"Dannazione, neanche a farlo apposta!" sbuffò Don calcandosi il cappello in testa con il cugino a fianco a lui.
L'acqua stava diventando decisamente irrequieta e i pirati di Barbabianca dovevano trovare una soluzione per avvicinarsi senza farsi buttare fuori dalla corrente; l'essere riusciti ad affondare una delle navi e ridurne una prossima alla medesima fine grazie all'effetto sorpresa, era stato il loro primo e ultimo assalto massiccio prima che si ritrovassero a combattere a una distanza piuttosto larga da coprire. Il medico-cecchino della seconda flotta, insieme ad altri pochi tiratori, era il solo al momento che avesse da fare: sparare ai marine che tentavano di utilizzare i cannoni si stava rivelando molto difficile a causa delle condizioni ambientali e benché lui fosse un professionista, avrebbe gradito che tutto quel movimento cessasse prima che il suo stomaco ne risentisse.
Marco aveva tentato di avvicinarsi sfruttando il potere del suo mistico Zoo Zoo modello fenice, ma perfino lui, uno dei migliori della ciurma, si era visto costretto a desistere: lo schieramento militare era terribilmente compatto e la loro offensiva avrebbe reso difficoltoso il suo avvicinarsi, senza contare poi che possedevano proiettili speciali con tanto di reti d'algamatolite come sorpresa. Se fosse stato catturato da una di queste, nessuno sarebbe più riuscito a recuperarlo. Bonz, con la sua fida mazza, stava rispedendo al mittente le palle di cannone con la stessa esperienza di un lanciatore veterano e il restante dell'ampio equipaggio non era da meno: se da vicino non potevano attaccare, ciò non significava che non se la sapessero cavare da lontano. Da almeno una buona cinquantina di minuti stavano procedendo su quella linea senza riuscire a trovare uno sbocco, ma soltanto dopo essere stati scossi da qualcosa di totalmente diverso, che i pirati di Barbabianca si immobilizzarono per qualche istante.
"Cessate il fuoco!"
Anche i marine si erano accorti di quella presenza assolutamente nuova. Aveva accarezzato la chiglia di alcune delle loro navi con irruenza contenuta ma solo per accettarsi di essere notata.
"Marco, hai sentito?" domandò Don guardando il compagno di spalle.
"Si" gli rispose la Fenice guardandosi in giro senza far muovere la testa.
Un'altra "carezza" alla chiglia della Moby Dick attirò ancor di più l'attenzione di Edward Newgate, in piedi sulla polena della nave con l'alabarda ben stretta in mano, sempre in prima linea, seguito dai suoi amati figli. La sua sola e imponente presenza accompagnata dal ghignante sorriso, molto accentuato sotto i grandi baffi bianchi a mezzaluna, era stata sufficiente a far deglutire i nemici, timorosi di trovarsi la lama del Re dei Mari a una distanza troppo ravvicinata. Incontrarlo o, ancor di più, scontrarsi con lui era una sorta di privilegio irripetibile; lui stesso rappresentava un pilastro dell'epoca che aveva favorito la pirateria, ma per quanto si potesse raccontare di lui, una battaglia non era certamente il momento più adatto per rimanere a bocca aperta davanti a una leggenda vivente.
Non con quello che stava per arrivare....
"Guraguraguragura!" rise il più vecchio degli imperatori osservando l'acqua infrangersi "A quanto pare non siamo soli!"
L'acqua salata dell'oceano ballò con più ingovernabilità; non c'era modo di farla smettere ed era un miracolo che le navi non si stessero schiantassero contro la prigione o la porta della giustizia.
Benchè avessero smesso di bombardarsi a vicenda, questa aveva preso vita grazie a qualcosa che da molti anni si aggirava nei fondali freddi e scuri; ombre bluastre e deformi cominciarono a vedersi con sempre più frequenza e man mano che salivano, andavano a ingigantirsi, assumendo forme alquanto terrificanti grazie a quelle tonde sfere giallognole che poi non erano altro che i loro occhi. Il minuscolo grammo di silenzio temporaneo che aveva appiattito ancor di più le vele già sgonfie per la totale assenza di vento, era stato prontamente sostituito da tutta una serie di colonne e colline d'acqua dalle dimensioni più disparate che spuntarono dalla superficie liquida e rompendola come fosse una tela.
"Ehi, ehi! Che diavolo succede?!" domandarono alcuni colti dallo spavento.
Il susseguirsi di innalzamenti acquei terminò quando dalla punta di quelle formazioni fuoriuscirono teste e corpi squamosi e riluttanti.
Di contarli non ce ne fu la capacità da entrambe le parti, troppo prese a guardare i nuovi arrivati, subito considerati e giudicati come la cosa più indesiderata di quel mondo: erano tutti mostri marini di grossa taglia, carnivori e per nulla socievoli. Ce ne erano di ogni tipo e colore: serpenti bluastri con la pelle viscida e disgustosa come la loro bava, Seaking dalla bocca straripante di zanne affilatissime e con creste e corpo di colori e combinazioni inimmaginabili e tante bestiacce dal nome impronunciabile o sconosciuto, ma che comunque lì non erano benaccette. Coi loro occhietti dorati, scarlatti o neri che fossero, si accorsero subito della presenza di tutti quei piccoli e appetitosi bocconcini che grattavano con le unghie i ponti sopra cui sostavano: ce ne erano a sufficienza per tutti loro, ma essendo delle bestie irrazionali, non vedevano di buon occhio la spartizione poiché nemmeno avevano idea di che cosa fosse. Per loro, si trattava solo di una corsa a chi distruggeva per primo la nave e si pappava l'equipaggio .
"Eh eh, direi che siamo nei guai" rise il comandante della quinta flotta sfoderando entrambe le sue spade mentre guardava tutta quella schiera di mostri marini "Questi hanno tutta l'intenzione di spolparci vivi"
"Nella merda, vorrai dire" lo corresse Don caricando sino all'ultimo proiettile il suo prezioso fucile "Che accidenti, avremmo dovuto aspettarcelo! Con tutto il casino che abbiamo fatto, era ovvio che ce li saremmo tirati addosso"
Il doversela vedere contro quei disgustosi animalacci del malaugurio non fece altro che incrementare il fascio di nervi del medico-cecchino e non era il solo: il comandante adamantino della terza flotta pareva non aver gradito affatto quell'intrusione e i tratti inspessiti del suo viso ne erano la prova, ma Jozu - si sapeva - preferiva il silenzio alle parole e quindi stette al suo posto, trasformando l'intero braccio destro in puro e durissimo diamante.
"Saranno duri da buttare giù: a occhio, questi sono ancora più grandi di quelli dell'isola delle perle" disse Bonz sistemandosi gli occhiali sul naso.
Pochi in quel momento riuscirono a reggere l'emozione e a non farsi travolgere dalle conseguenze che quella visione paurosa stava offrendo: insomma, ritrovarsi a Impel Down, la prigione più grande e terribile del mondo, contro una schiera di navi nemiche che non avevano alcuna intenzione di spostarsi dall'unica entrata e, in aggiunta, con un branco di bestie carnivore grosse quanto montagne, pronte a prendersi il pranzo, non era esattamente quella che si poteva definire normale routine. Alcuni erano indietreggiati coi occhi pieni di minuscole venature rossastre e la bocca secca, altri si erano paralizzati sul colpo nel vedere abomini così disumanamente enormi. I pochi restanti, fra cui i comandanti e alcuni sottoposti dalla pellaccia dura, fissarono dritti nei occhi i nuovi arrivati, pensando a quanto la loro presenza fosse poco gradita. Visto l'alto rischio di essere trascinati via dalla corrente, era molto importante che il passaggio per l'entrata principale fosse sgombro, almeno per farci passare la nave di modo da accostarla al ponte della prigione, ma questo attualmente era impossibile e se tenevano pure conto del fatto che i marine presenti potevano chiamare i rinforzi da Marineford, di cincischiare come degli idioti non era proprio il caso.
Uno dei serpenti marini emise un suono acutissimo che fece rabbrividire tutti quanti per l'alto fastidio ai timpani.
La bestia dai occhi scarlatti puntò la sua lingua biforcuta e la cresta verdastra contro la Moby Dick, proprio dove l'imperatore stava.
"Papà, fa attenzione!" lo avvisarono alcuni dei figli.
"Guraguragura!" Edward Newgate scoppiò a ridere fragorosamente nel mentre quello faceva ciondolare la sua testa pericolosamente "Se è del cibo che cerchi, bestiaccia, sappi che qui non lo troverai" gli disse il vecchio guardandolo con quel suo immancabile e arrogante sorriso.
Ignaro del contenuto di quella parole, il serpente marino spalancò la bocca dai denti affilatissimi e si scagliò contro la polena con tutta l'intenzione di mangiarsela. Troppo tardi si accorse del suo errore anzi, nemmeno ebbe il tempo di prenderne coscienza: Barbabianca aveva interrotto la sua corsa sfoderando un pugno intriso del potere Gura Gura ingerito anni addietro e con l'alabarda intrisa di haki, tranciò di netto la testa della bestia, lasciando che la carcassa cadesse in acqua e ci galleggiasse.
Inevitabilmente, l'uccisione di un loro simile, richiamò l'attenzione di alcune delle creature. Le restanti avevano preferito puntare sulle navi della Marina.
"Uhm..."
"Che c'è, cugino?" il vedere Don con lo sguardo assorto sull'acqua anziché concentrato sui mostri, destò in Bonz interesse.
"Il corpo di quella bestiaccia.." cominciò con il mento poggiato fra l'incavo del pollice e dell'indice "Sta galleggiando"
"Si e allora?" domandò lui senza capire.
"Se abbattiamo questi intrusi, potremmo usare le loro carcasse per spostarci sull'acqua" arrivò Marco.
"E arrivare così al ponte" aggiunse Vista.
"Non dimentichiamoci della Marina. Affondando le loro navi, non ci daranno più fastidio" ricordò Jozu.
In sostanza, quella era la strategia formulata dalla mente del temporaneo comandante della seconda flotta. I corpi dei mostri marini erano troppo grandi per risentire del loro singolo peso e, viscidume a parte, sarebbero giunti a destinazione esattamente come volevano. Abbattere delle bestie primitive era tutt'altra cosa che vedersela con esseri pensanti e capaci di partorire una strategia che li invogliasse a imprecare in ogni lingua, ma non bisognava comunque sottovalutarle visto che loro di nave ne avevano una sola. Gli alleati erano impegnati a tener d'occhio il tragitto principale che collegava Impel Down a Marineford e considerando che tutta la Marina – ma proprio tutta - era stata schierata al Quartier Generale, era impensabile che alcuni avessero mancato l'appello lanciato dal grande ammiraglio Sengoku. Immobile sulla polena e con la lama dell'alabarda sporca di un vischioso liquido verdastro, Barbabianca cercò di guardare oltre i mostri marini e le corazzate militari senza riuscirci: al dì là di quel muro di metallo, carne e giustizia, c'erano due dei suoi figli e ciò fece calare un leggerissimo velo scuro che accentuò i suoi lineamenti rugosi e stanchi a causa del tempo avanzato; di teste calde ne aveva incontrate parecchie e conoscendo il temperamento di entrambi, era sicuro che fossero vivi e che stessero risalendo in superficie. Ma c'era comunque qualcosa che lo stava turbando profondamente, che in qualche modo lo stava preoccupando non poco. Il battito del suo cuore gli arrecava un fastidio insolito ma non era per le sue condizioni fisiche: il non sapere con certezza che cosa fosse, aumentò il sentimento a carico dei figli mancanti all'appello.
"Tutti quanti, preparatevi!!" esclamò con voce poderosa "Apriamoci la strada per il ponte principale!!"
Livello quattro.
L'inferno ardente.
Il Dark Dark della tipologia Rogia apparteneva a quella minuscola schiera d'elite che comprendeva i frutti del diavolo di cui si era sentito solo nominare il nome, frutti che offrivano poteri così stupefacenti da chiedersi se fossero realmente reali: i Paramisha erano considerati i più comuni perché le possibilità di trovarli erano maggiori rispetto ai Zoo Zoo, particolari e ambiguamente collegati al mondo animale, e ai Rogia, i più rari e potenti.
Nessuno sapeva quanti fossero di preciso o da dove venissero ma era innegabile che offrissero delle abilità sbalorditive ai comuni occhi umani, eppure in quella gerarchia tanto semplice quanto vasta, vi era quel gruppetto che comprendeva una categoria senza nome, dove al suo interno c'erano frutti mistici con poteri tanto antichi quanto impensabili: Marco per esempio possedeva lo Zoo Zoo modello fenice che gli permetteva di rigenerarsi dopo ogni attacco e il suo vecchio capitano era in grado di scatenare maremoti e terremoti con la sola forza di un pugno. Se doveva dire la sua, Teach era sempre stato piuttosto invidioso di quei poteri così vistosi - e infatti qualche pensiero invidioso l'aveva fatto - ma gli era sempre bastato pensare a quanto grandi sarebbero state le sue imprese non appena fosse entrato in possesso del Dark Dark.
Quel frutto era stato creato appositamente per lui, se ne era convinto fin dalla prima volta che aveva letto la descrizione trovata in una enciclopedia piena di muffa e prossima allo sgretolamento: il suo potere poteva annullare qualsiasi altro e rendere immuni e tangibili i proprietari, inghiottire ogni cosa senza che questa opponesse resistenza. Si, possedere un frutto del diavolo anzi, il frutto del diavolo, era qualcosa di così appagante da dargli la piacevole sensazione di essere addirittura onnipotente.
Tuttavia, per quanto speciale e distruttivo fosse, un frutto del diavolo rimaneva pur sempre un frutto del diavolo e oltre all'acqua di mare, a cui era diventato allergico, doveva fare particolarmente attenzione all'haki. L'ambizione era un bel problemuccio serio da spulciare, perchè tale forza poteva neutralizzare le abilità magiche dei frutti del diavolo e rendere così i possessori vulnerabili come un tempo e lui disgraziatamente non faceva eccezione. Seppur si trattasse di un effetto temporaneo, il dolore fisico che si provocava variava a seconda della persona e dal suo stesso desiderio di vita: l'ambizione era un potere unico, qualcosa che affilava gli occhi e rendeva profonda la voce. Non tutti l'avevano anzi, solo un certo numero limitato di persone erano capaci di lavorare sul proprio spirito e trasformarlo in una gemma luccicante dai bagliori intensivi quanti quelli del sole e Sayuri rientrava fra quel gruppo ristretto.
"Divine Recall: Opening Sentence! (trad: richiamo divino: apertura della sentenza)"
"Dark Claws! (trad:artigli oscuri)"
Teach avvolse le sue mani abbronzate col fumo nero che fuoriusciva dalla sua schiena per poi inguantarle e renderle di qualche centimetro più grandi, con le dita affilate come rasoi. La parte di torace bruciacchiata, coperta dalla camicia rossa lasciata appositamente sbottonata, pulsava accaldata e pizzicava come se tantissimi schizzi d'olio bollente stessero facendo il tiro al bersaglio col suo corpo ma non era nulla su cui poteva concentrarsi visto che al momento era impegnato su tutt'altro fronte.
Con quella sua assurda tecnica puramente fatta d'haki, Yu-chan aveva portato il combattimento ad un livello più intenso e lungo rispetto ai precedenti che lui aveva, per così dire, "intavolato" con Satch e Ace: al primo non aveva lasciato il tempo di capire cosa stesse per accadergli e per quanto riguardava a il suo ex comandante, la sua unica pecca era stato l'avere nel sangue quel fuoco di cui aveva sempre fatto un ampio utilizzo.
Ma con la piccola fanciullina dei gigli il discorso era radicalmente diverso: il sentire quelle due mani spiritiche raschiare via l'oscurità, tagliarla come fosse carta lo stava spingendo a una difesa tutta basata sulla sua resistenza fisica, altro piccolo vantaggio che gli aveva permesso di coprire la mancata intangibilità dei Rogia. Combattevano vicinissimi con tutta una serie di mosse e contromosse dove la pece dell'oscurità e l'azzurro dell'ambizione della sua avversaria cozzavano all'unisono producendo scintille inumane. Al contrario di lui, che al momento di movimento ne stava compiendo ben poco, la castana balzava da un muro all'altro, compiendo balzi acrobatici per poi comparire a pochi centimetri dal suo viso e cominciare a eseguire tutta una sfilza di arti marziali combinati fra di loro che parevano non avere fine, arrivandogli a ustionargli la pellaccia e condannandolo a un dolore fisico non trascurabile.
A dispetto di quanto sentisse, quello era il più eccitante scontro che Teach avesse mai ingaggiato da quando aveva lasciato il tetto di Barbabianca.
Respingere Sayuri era alquanto fastidioso per via della sua creazione che non mancava addirittura di guardarlo con occhi pungenti e accusatori, uguali a quelli di una maestosa e severa regina che si apprestava a punire chi osava minacciare la sua terra.
Era come se avesse vita propria: lo attaccava e impediva che si avvicinasse troppo alla ragazza, muovendosi con una volontà stacca da quella della sua creatrice. Riusciva a captare in anticipo le sue intenzioni, a unirsi con la ragazza negli attacchi per renderli triplicemente devastanti, come fossero una cosa sola. Il bruciare che percepiva era appena più flebile di quello che tempo addietro gli aveva inferto Ace, ma la differenza stava che quella manifestazione assolutamente fuori dalla norma di spirito vitale lo stava toccando con un'incisività che a lungo andare si sarebbe approfondita.
"Non c'è che dire, Yu-chan. Hai proprio dato vita a una bella diavoleria!" esclamò deviando i suoi pugni e lanciandole le braccia in alto "Ero sicuro che non mi avresti deluso!"
La castana vide il montante destro di lui avvicinarsi pericolosamente alla bocca del suo stomaco ma fece in tempo a chiamare in suo soccorso il Divine Recall perché questo intervenisse tempestivamente a proteggerla. A quella strettissima vicinanza con l'ambizione cristallina, le nocche di Barbanera cominciarono a fumare ma nonostante l'atroce dolore che gli stava fondendo le mani, l'uomo spinse con forza mostruosa in avanti fino a disarmare anche la tecnica di Sayuri.
Bianco Giglio balzò all'indietro e si distanziò da lui prima che potesse colpirla.
E' incredibile! Ha resistito a un contatto diretto con l'haki. Ma di che cos....?
Gemette per qualche istante nel sentire le sue mani umane tremare per quello sfondamento violento: all'ultimo aveva cercato di bloccarlo anche con l'ausilio della sua forza fisica ma era stato del tutto inutile. E dire che lo spirito da lei chiamato lo aveva anche afferrato per le spalle, ma l'unica cosa che aveva un po' risentito del suo potere era il giaccone nero che l'uomo indossava sopra la camicia.
Non posso continuare ad attaccarlo in questo modo, spreco soltanto tempo prezioso e purtroppo per me non posso tenere attivo il Divine Recall ancora a lungo...
Interruppe per la seconda volta il flusso nei suoi pensieri per non dover cadere a terra.
Le gambe, insieme alle braccia, erano state colte da dolorosi spasmi interni che ben delineavano il limite da lei raggiunto e soprattutto il quasi esaurimento del ricostituente. Lo serrare la mascella e il non accorgersi delle venature verdastre contornarle uno dei due arti superiori che stava stringendo come se questo stesse per staccarsi dal corpo non la distolsero dalle terribili fitte a cui la testa, insieme ad altre parti, stava facendo da bersaglio. Tutto il suo cranio sembrava in procinto di volersi spaccare dall'interno e lei era ben conscia che ciò non era solo che l'inizio: la medicina di Don stava esaurendo il suo effetto e lei non poteva dilungarsi più di quanto già stesse facendo.
La concentrazione fisica e psichica la stava distruggendo. Avvertiva il peso trattenuto farsi incalzante e la sua resistenza assottigliarsi velocemente, con gli arti che cominciavano a dolergli seriamente. Poteva contrastare il potere di Teach, ma ciò le imponeva una distanza ravvicinata e per il resto, il suo non era che un continuo evitare i colpi diretti: era fin troppo conscia che le sue intenzioni erano quelle di farla cadere a terra per poi non farla più rialzare. Tutto il quarto piano era coperto di macerie e fiamme capricciose permessesi di salire su alcuni dei ponti più bassi per farli loro: la calura aumentava in continuazione tanto da appannare gli occhi affaticati della povera ragazza, alla disperata ricerca di un solo grammo di ossigeno sano e fresco ma senza smettere di guardare l'avversario e il suo volto deturpato da un paio di striscioline scarlatte.
Cercò in lui la stessa stanchezza che percepiva su sé stessa, ma in cuor suo sapeva di non poter trovare una corrispondenza tanto positiva: anche se stava inghiottendo l'aria ad ampie respirazioni, l'oscurità del Dark Dark continuava a fuoriuscire dal suo corpo e di questo passo non ci avrebbe messo molto a inghiottire il ponte sopra cui stavano combattendo. In quel suo riflettere sfrenato, comprese che non avrebbe avuto altre occasioni per attaccarlo, doveva approfittarne prima che i muscoli le si strappassero e gli organi interni si afflosciassero come le viscere mollicce e appiccicaticce di un Seaking.
Se lo attaccassi direttamente potrebbe intercettare le mie mosse e difendersi. Pensò cercando di sopprimere lo stridio che le stava E io non posso permettermi il lusso di colpi vuoti.
Analizzò tutte le opzioni a sua disposizione, rendendosi conto di essere spaventata dalla possibile prospettiva del fallimento. Fino a quel momento, il Divine Recall aveva dimostrato di essere una arma anti-Rogia pressoché efficace. Le grida di Teach non potevano essere certo false ma lui non era come Ace, Marco, Jozu o chiunque altro suo conoscente con un potere derivante da un frutto del diavolo: lui era diverso, più malvagio e depravato rispetto a molti altri pirati dal viso truce. Il suo voler concretizzare il proprio sogno non conosceva limiti ne vite umane tanto preziose: credeva nell'irrealizzabile, sfidava leggi che stavano alla base del mondo da ancor prima che lei nascesse e molto altro ancora: tutto perché lui era diverso e si considerava tale ma era proprio quella sua diversità ad essere una minaccia nuova e terrificante. Qualcosa nel suo volto lo rendeva tanto maligno da non poter essere ignorato e chi aveva avuto l'onore di conoscerlo come amico, non avrebbe potuto non notarne il vistoso cambiamento.
Quell'apparente faccione bonario c'era, era realmente esistito ed esisteva tutt'ora. Non era una maschera montata e curata nei suoi dettagli, no: quello era un aspetto di Teach che si poteva addirittura definire pacifico, ma il suo vero io.....oh, quello non aveva parole. La sola certezza che si aveva era che il frutto Dark Dark era perfetto per lui, come fosse stato creato appositamente perché non appartenesse a nessun'altro.
Faceva paura anche a lei, a Sayuri. Avvertire finalmente l'inquietudine e il timore assumere un aspetto concreto l'aveva scioccata perché vedere dal vivo un puro sognatore agire con tanta depravazione nel sangue, mostrarsi per il demonio quale era, non poteva che essere una sgradevole sorpresa, ma per il male che aveva commesso alla sua famiglia, per rispettare la promessa fatta al povero Satch, lei avrebbe fatto della paura una forza in più, la spinta verso il grande salto. Ci stava mettendo l'anima in quello scontro e avrebbe continuato a infondere ogni attacco di essa se ciò le avrebbe concesso di fargli comprendere quanta sia grande la sua delusione.
Lo devi...fermare prin..ci..pessa....fermalo.
Le sue parole....
Le ultime parole di Satch...
La sua ultima richiesta..la ricordava molto bene ora.
Te l'ho promesso, Satch, e manterrò la mia promessa!
Aprendo le braccia lateralmente, Barbanera scagliò l'oscurità verso di lei.
Sayuri scattò in avanti seguita subito dallo spirito della donna con l'elmo, lanciandosi verso Teach come fosse un fulmine azzurro. Sorprenderlo era l'unica via al momento più sicura e su cui i suoi rapidi ragionamenti avevano trovato ampia approvazione, ma sfortunatamente per lei, il suo corpo cominciava ad essere contrario alle sue decisioni.
E infatti....
"Ugh!"
No, non adesso!
Uno spasmo più forte dei altri le percorse tutto il corpo, calcando la sua impronta dalla punta delle dita dei piedi per poi salire al costato, tartassarle la spina dorsale e infine esplodere nel cervello. Barcollando, diminuì la sua andatura e subito si ritrovò intrappolata in una specie di cilindro dalle mura altissime dove l'oscurità girava come una spirava verso il soffitto.
"Accidenti...non riesco a vedere niente...Whaaa!!"
Improvvisamente qualcosa le aveva colpito la schiena, facendola finire a carponi. Un'immediata calura le invase la schiena, più precisamente laddove la pelle era stata colpita con tanta forza da strappare un lembo della sua maglietta.
"Cos....?"
Neppure si era rimessa completamente in piedi che nuovamente si trovò con le ginocchia puntate a terra, col dolore stavolta rivolto alla bocca dello stomaco.
"Zehahaha!! Vediamo adesso come te la cavi, Yu-chan!" la sfidò l'ex compagno aldilà della struttura da lui creata.
Sedendosi sui talloni, si guardò la mano con cui aveva stretto il ventre per cercare di limitare la sua sofferenza fisica: era macchiata di sangue, del suo sangue, quello che stava rilucendo sul taglio lasciatole da una delle fruste nere che giocavano a nascondino nella torre dentro cui era imprigionata. Lei, che voleva cogliere l'avversario di sorpresa, ora si ritrovava ad essere disorientata e con la testa che continuava a mandarle allarmati messaggi. Fermati, le diceva ma questa non obbediva: sentiva di potercela fare, ma il vedere i lineamenti delle sue mani sdoppiarsi e sfocarsi, realizzò che non le rimaneva molto tempo e che aveva energia a sufficienza per un solo unico e decisivo attacco, quello finale. Anche i tratti dello spirito si erano leggermente affievoliti: ogni fibra della sua testa le doleva terribilmente e quella sofferenza le aveva impedito di percepire l'attacco di quelle spire spesse e appuntite. Quegli squarci caldi e scarlatti bruciavano come se le stessero corrodendo la pelle ed era ad un passo dal superare la sottilissima linea del mondo reale per entrare in quello incosciente dove solo neppure il pensiero le era concesso. Era inutile poggiare le tempie al palmo della mano, nessuno dei sollievi che poteva inventarsi avrebbe funzionato: la sua sola scelta era farla finita prima che anche l'ultimo briciolo di ragionevolezza svanisse con lei.
Un colpo...
Sfoderò i sai con lentezza scrutando con iridi tremolanti quei angoli che le risultavano più bui. Le bastava un segnale, qualcosa che si muovesse e che fosse visibile ai suoi occhi ma che soprattutto, le si manifestasse prima che la già insistente ansia le facesse battere il cuore più di quanto la sua tecnica già stesse facendo.
Cercò, cercò, cercò....eccolo!
Balzò su quel movimento antiorario scorto per un solo istante e lo tranciò dal basso verso l'alto aprendo così la torre che la teneva prigioniera: intercettando la mano di Barbanera protendersi verso il suo collo, si allontanò e compì un salto tanto grande da arrivare a levitare.
"Un solo colpo..!" ringhiò strizzando gli occhi.
Teach dovette coprirsi gli occhi per quell'accecante luce azzurra irradiata di pura ambizione riscoperta: nonostante la distanza fosse giusta, la fonte che stava espandendo tutto quell'haki risuonò come echi angelici e ciò non potè che dargli fastidio. Solo nello sbirciare da un minuscolo spazio fra i due avambracci, vide un gigantesco palmo tre volte grande la sua testa avventarsi su di lui come se fosse una mano divina evocata dal cielo.
"Cosa diav..?!" biascicò nel mentre raggruppava forzatamente il suo potere per respingere quello che gli stava per arrivare addosso.
"E' LA TUA FINE, TEACH" gli urlò la ragazza "DIVINE RECALL: HANDBREADTH COURT!!! (trad:palmo giudiziale)"
La luce divenne più intensa che mai. La mano simboleggiante la sentenza finale di quel giudizio non umano andò ad abbattersi contro il viso scuro e barbuto di Teach, rimasto accecato e paralizzato dall'effetto risonante che questa aveva esercitato su di lui.br />
"GWHAAAAAAAAAAAA!!!!!"
Ce l'avrebbe anche fatta a scansarsi se solo si fosse accorto prima della velocità inaudita con cui quell'attacco l'aveva raggiunto ma non essendoci riuscito, finì in balia di qualcosa che gli diede la sgradevole sensazione di venir accartocciato e fatto esplodere in mille pezzettini, spingendolo a strepitare fino a rompersi le corde vocali.
Livello uno.
L'inferno scarlatto.
"Ma perchè..perchè, perchè, perchè, PERCHE'????"
La sfortuna non poteva essergli tanto avversa, era inconcepibile che fosse tanto crudele nei confronti di un umano a cui aveva beneficiato tutta una serie di miracoli salvifici.
Accidenti! Fra tutti i momenti più opportuni, l'amata fortuna tanto pregata, scongiurata e supplicata in ginocchio, adesso aveva lasciato lui, Buggy il Clown solo, insieme a tutti i prigionieri che aveva liberato da una mezzoretta per assicurarsi una copertura più sicura e già che c'era, anche un pubblico che lo osannasse come un messia. Quando si possedevano le chiavi delle celle e perlopiù, si era un detenuto risalito direttamente dal quinto livello, la stima e il rispetto crescevano vertiginosamente, toccando il picco senza neppure spingerlo. Con l'affiatata collaborazione di Mr3 era tornato all'inizio ma con una sostanziale differenza: ora poteva veramente auspicare a riavere la sua libertà.
Si erano persino messi a ballare quei due tanto erano felici del sempre più vicino traguardo, ma prima che la gioia potesse assumere le forme del tanto immaginato portone d'entrate, il povero capitano dal naso tondo e rosso si era ritrovato a imprecare e al tempo stesso a piangere per la tremenda ingiustizia riservatagli. La situazione era pressoché identica a quella vissuta nel livello due: loro, braccati da un nemico visibilmente più numeroso e vorace. Invece di trovarsi sotto un riparo di cera, si erano imboscati in un angolo del piano e con il potere di Galdino avevano bloccato ogni entrata; inoltre, anziché essere in due, ora erano almeno una ventina, un numero sufficiente per un piccolo assalto....peccato solo che i Blugori che si erano sostituiti alle bestie infernali del secondo piano li superavano di almeno il doppio ed erano tutti armati di simpatiche asce e mazze spacca-teste. Poteva andare peggio di così? Non c'era da escluderlo ma era preferibile non pensarci.
"Capitano Buggy, cosa facciamo?" gli chiese uno.
"I Blugori non demordono e di questo passo rischiamo che ci prendano!"
"Se non facciamo qualcosa arriveranno a sfondare i muri di cera del fratello Galdino!"
Se quella manica di fuorilegge era disperata, il pirata dal naso tondo e rosso era completamente perso e stritolato dal panico che lo stava assalendo per il non saper come sbrogliare quella situazione.
Dannazione! Ma perché deve andare tutto storto proprio ora che siamo ad un passo dalla libertà?? PERCHE'????
Farfugliò parole incomprensibili e finì per inveire contro la parete costruita dal socio, dando prova che la sua sanità mentale era andata ufficialmente a farsi benedire. Non era bastato dover scappare da un branco di lupi affamatissimi su dei trampoli, non era bastato dover evitare di farsi vedere da Magellan, così come non era bastato strisciare sotto la sabbia per evitare le bestie demoniache e correre come un pazzo su per le scale che conducevano al primo piano prima che quelle schifose Manticore facessero di lui e dell'altro dei spezzatini di carne; niente di quanto fatto era bastato se ora si ritrovava nuovamente in trappola e con la prospettiva di non vedere più la luce del giorno!
E intanto quelli alle sue spalle credevano stesse dando prova del suo grande coraggio di capitano impavido e incurante della morte!
"E' incredibile!" diceva uno.
"Guardate con che ardore maledice i Blugori!"
"E' veramente degno di diventare il Re dei Pirati!"
"Capitano Buggy, ti seguiremo fino alla morte!"
Questi devono avere dei seri problemi alla testa...Pensò Mr3, nel guardare il compagno continuare a inveire senza sosta contro il muro di cera.
Stavano rasentando il fondo ed erano i soli ad esserne consapevoli visto che i restanti idioti erano smisuratamente fiduciosi sul fatto che il loro nuovo leader, affiancato dalla spalla destra - lui per l'appunto -, li avrebbero portati fuori da quell'inferno in groppa ad un cavallo alato. La mancanza d'ossigeno lì sotto doveva aver compromesso le capacità cerebrali di chiunque e visto che lì materia grigia scarseggiava in abbondanza, di certo il processo era stato pressochè rapidissimo.
Il lagnarsi e lo strapparsi i capelli non avrebbero fatto altro che renderli ancora più patetici ma non potendo controllarsi davanti ad almeno una decina di fauci affamate, il delirare rientrava perfettamente nella norma. Combattere a mani nude contro quei mostri era improponibile , fra loro e quei bestioni vestiti di blu c'era non c'era paragone, ma non potevano di certo rimanere lì fino a quando le ragnatele non avrebbero ricoperto i loro corpi decomposti per il troppo aspettare.
Non è giusto!!! Pigolò mentalmente Buggy con le lacrime ai occhi Io volevo solo impossessarmi di tutti i tesori del mondo, non chiedevo poi molto!!
Voleva il miracolo, voleva che la grande e dorata mano della fortuna gli aprisse la via verso il radioso sentiero della pirateria, dove al traguardo c'era così tanto oro da far venire la nausea. Voleva crogiolarsi in un mare di monete e gioielli fino a morirci dentro, mica lasciare la pelle in quel postaccio solo perché era stato tanto sfortunato da finire in un avamposto segreto della Marina anziché in uno dei nascondigli di un pirata dal grandioso bottino!
Le tempie pulsanti e la muscolatura rigida erano sul punto di scoppiare e quando ebbe finito di leggere tutta la lista mentale su cui aveva annotato le azioni compiute sino a quel momento, alzò la testa di scatto con tanto di braccia all'aria urlando:
"ADESSO BASTA, VOGLIO USCIRE DA QUI!!! SE AL TRE NON VI SIETE LEVATI DI MEZZO, VI PRENDO TUTTI A SCUDISCIATE!!!!"
Quei tre secondi passarono come se fossero fusi in uno e all'ultimo, si udì un botto tanto grande da far sgretolare la cera posta alla difesa del loro angolo. Urlando, i prigionieri finirono contro il muro insieme al polverone sollevato.
"Coff, coff! Che diav....??"
La testa volante del neo capitano era stata la prima a riprendersi dopo quel botto ma il vedere davanti a sé quattro Blugori, uno sovrapposto all'altro, gli fece spalancare tanto gli occhi che rischiò di incappare nel pericolo di perderli come era successo tempo addietro coi suoi arti.
"Pazzesco! Capitano Buggy, tutti i Blugori sono stati messi fuori combattimento!" lo informò un sottoposto scampato al volo.
"Che???" anche Mr3 si era unito al suo sbigottimento.
Il corridoio era coperto di enormi corpi dalle vesti blu e dove ogni tanto spiccavano lame affilate e chiodi appartenenti alle mazze cadute a terra. Erano veramente stati messi K.O e a far sì che la sua preghiera urlata fosse esaudita era stato....
"C-C-CAPPELLO DI PAGLIA?!?? SEI VIVO???" a momenti rischiò di strozzarsi con la saliva e Galdino con lui, che nel frattempo aveva riconosciuto il suo ex capo e Jimbe, il Cavaliere del Mare.
"Uh? Ragazzi, che bello! state bene!" esclamò il ragazzo di gomma nel vederli.
Nel ricevere quelle parole dette con così tanta sincerità, con una spontaneità insita soltanto in un cuore innocente, i due pirati si sentirono trafiggere il petto da tutta quella purità senza che fosse loro concesso il tentativo di schivarle.
"Maledetto, ci hai fatto male!!" gracchiarono nel sentire la gioia della voce di Rufy toccarli nel vivo.
La sua ingenuità e il non sapere cosa in passato questi avevano tramato alle sue spalle alla fine li aveva puniti senza che Rufy stesso ne fosse consapevole.
"A-ah! Eccovi qua, maledetti traditori!!"
Come se le frecciatine di sincero sollievo da parte di Cappello di Paglia non fossero state sufficienti, Bon Clay rincarò la dose con tutta una serie di calci rotanti sulle loro facce per l'averli abbandonati nell'inferno di ghiaccio.
"E anche questi sono sistemati" sentenziò Ivankov nell'assicurarsi che tutti i Blugori fossero belli che addormentati.
"Sarà meglio procedere" aggiunse Inazuma.
"Mr3, dimmi che anche tu stai vedendo un gruppo di pervertiti con le calze a rete" biascicò Buggy con la faccia gonfia di schiaffi.
"Si" gli rispose lui con il viso ridotto nelle medesime condizioni "Tranquillo, li vedo..."
"Pervertiti a chi?!" il cigno rinato cominciò a tartassarli nuovamente, con attorno la folla dei prigionieri liberati da Buggy che lo intimava di lasciare in pace il loro leader.
Così presi a darsele, soltanto Rufy, Jimbe, Crocodile, Invakov e Inazuma udirono una scossa proveniente dall'ultimo piano rimasto da raggiungere, quello d'entrata. Era difficile dire di che cosa si trattasse; indubbiamente la fonte non poteva essere interna dato che loro lì non ci erano ancora arrivati e, se tenevano conto che quasi tutto il personale di Impel Down se lo erano lasciato alle spalle, la risposta poteva essere solo una: Barbabianca.
Sul viso di Crocodile si dipinse un ghigno sadico che catturò l'attenzione del regino e lo esortò a scoccargli una delle sue occhiate accigliate come per ricordargli di tenere al guinzaglio quel bell'uncino dorato che aveva al posto della mano.
"Il vecchio se la starà vedendo con le corazzate che sono state poste a guardia della prigione. Raggiungiamo l'entrata e cerchiamo di aprirci un varco, dobbiamo portare Ace sulla Moby Dick il prima possibile" disse il Cavaliere del Mare affiancando gli okama che si stavano premurando che Pugno di Fuoco non venisse sballottato troppo.
Il flottaro aveva perfettamente ragione: doveva far salire Ace sulla nave dell'imperatore a tutti i costi, quella era la loro priorità. Portarcelo equivaleva a porre fine al conflitto. Al momento la zona rossa comprendeva le mura interne di Impel Down e sapevano che ingrandirla non era il caso, senza contare che il tempo era contro di loro e che le corazzate potevano anche aver già chiesto rinforzi al Quartier Generale: in tre ore poteva succedere di tutto. Di qualunque entità fosse la battaglia che si stava svolgendo sopra di loro, presto ne avrebbero preso parte e sinceramente nessuno avrebbe preferito rimanere lì o tornare nella propria cella, non con l'occasione di solcare nuovamente i mari a portata di mano.
"Le scale pev il piano d'entvata sono poco più avanti" disse Ivankov smuovendo dalla vaporosa testa la sua grande e sfarzosa corona "Sbvighiamoci"
Alla testa dei suoi adorati pasticcini, il regino di Momoiro fece ripartire tutto il gruppo sempre tenendo sotto torchio Crocodile. Le scosse provenienti da sopra si stavano facendo sempre più frequenti ma Jimbe nel soffermarsi sulla porta appena sorpassata, percepì l'eco di un tremendo boato proveniente da sotto i suoi piedi. Avvertire il pavimento tremare era una buona cosa, ciò stava a significare che Sayuri era ancora viva ma nulla di più: tutto il resto era sconosciuto, enigmatico e quanto più si allontanavano da quel piano, più il dubbio nell'uomo pesce cresceva.
"Sta bene, ne sono sicuro" affermò Rufy interrompendo così il suo pensare "Yucci-chan è in gamba"
"Lo so, Rufy. Tutti i membri della ciurma di Barbabianca sanno il fatto loro" rispose lui.
Peccato però che anche quel bastardo facesse parte della ciurma del vecchio....
Per quanto si fosse cercato di dimostrare a quell'uomo che senza moralità non si poteva vivere nel mondo, Teach fino a quel momento l'aveva spuntata egregiamente e la sua non era stata solamente fortuna. Perché si trovasse a Impel Down invece che a Marineford insieme ai altri componenti della flotta dei sette rimaneva un mistero, ma ciò non voleva dire che la sua presenza fosse stata spostata in secondo piano: rimaneva ugualmente la causa fondante di quella guerra, guerra che forse non si sarebbe scatenata se tutto fosse andato bene. Inoltre, nessuno di loro sarebbe arrivato lì se Sayuri non si fosse appositamente fermata per combattere contro di lui: per quante obbiezioni la sua scelta avesse fatto insorgere, era innegabile che se qualcuno non fosse rimasto a intrattenerlo, nessuno di loro si troverebbe ad un passo dall'uscita. Avrebbe voluto essere più ottimista come il fratellino di Ace e in verità ora il suo umore era più calmo e accettabile rispetto a qualche giorno prima, ma ciò non toglieva che fosse ugualmente un po' in ansia per quella ragazza.
Raggiuncici presto, Sayuri.
Livello quattro.
L'inferno ardente.
"Uh......dov...?"
Faceva caldo.
Faceva incredibilmente caldo, così tanto che voleva strapparsi perfino la pelle dal corpo. La vista della ragazza ora era completamente sfocata, i colori si mischiavano l'uno all'altro senza permetterle di definire bene la forma delle mura, del pavimento e di tutto ciò che la circondava. Senza sapere bene come era finita contro una parete, rannicchiata in un angolo e con gli arti completamente devastati per la stanchezza. Era più morta che viva, il palmo giudiziale del Divine Recall l'aveva svuotata e tutta la sua potenza si era schiantata contro il faccione di Teach, esercitando una pressione così elevata da far appiattire quel suo grosso naso ingobbato e poco estetico. Ma anche lei ne aveva risentito: il contraccolpo era stato veramente duro e al momento dell'esplosione era stata sbalzata via. Fra le molte cose che continuavano a girarle intorno come fumi indistinti, riconosceva soltanto l'eco delle urla di Teach che dilagavano nel mentre la tonnellata d'haki da lei inferta si faceva strada nella sua bocca e nelle cavità oculari per distruggerlo. Al momento dell'impatto ambizione e oscurità si erano mischiate, creando un vortice dai colori binari che aveva colpito il soffitto con tanta incisione da lasciarci l'impronta.
Muscoli, viscere, vasi sanguigni..tutto si accingeva a spegnersi ora che quanto trattenuto era stato lanciato fuori. La ragazza si stava spegnendo, come una candela ormai arrivata a consumare gli ultimi lembi di cera bianca rimasta. Si sarebbe lasciata volentieri cadere in un sonno profondo; il solo sbattere le ciglia e l'ansimare erano azioni pressoché insostenibili. Poteva impegnarsi ma di volontà non ne aveva più, era troppo stanca, più di quando aveva affrontato il direttore Magellan; i polmoni le si stavano riempiendo di fumo e a breve anche quel microscopico barlume di lucidità appena riacchiappato dal nulla sarebbe svanito. Se avesse potuto si sarebbe lasciata rapire dalle fiamme di quel piano ma non essendo quelle a cui si era abituata, preferì resistere e tentare di ricongiungersi coi compagni lasciati andare avanti.
La tasca...devo....
Si sarebbe spaventata se si fosse vista allo specchio. Capelli in aria e pallore a parte, le bende sotto la maglietta e la maglietta stessa si erano impregnate del sangue fuoriuscito dalla ferita riapertasi dopo tutta quella serie di movimenti bruschi. Mugugnò nel sentire l'acuminata fitta di dolore prenderle il petto proprio in quella zona ma, trattenendo il respiro con i denti infilzati nelle labbra, riuscì a infilare la mano nella tasca dei pantaloni prima che lo sforzo le facesse ricadere la testa di lato coi occhi chiusi. Non avrebbe più avuto la possibilità di muoversi se non avesse fatto ricorso all'ultimo ricostituente di Don e seppur sull'orlo dell'annebbiamento totale, non aveva affatto dimenticato che Teach si trovava sul suo stesso piano e che la sua ciurma sarebbe potuta tornare da un momento all'altro. Ovunque fosse, sperò che ci rimanesse e ancor meglio, che non fosse cosciente.
Affondò le dita nella tasca in cerca della siringa col vetrino incorporato ma nel non trovarcela, la poca lucentezza rimasta nei suoi occhi sbiadì, lasciando che la paura li colorasse.
No....ma dov'è? Non è possibile, non...non posso averla persa!
Quello fu il primo pensiero non tanto balbettato che riuscì a formulare nonostante la smisurata spossatezza. Frugò ancora ma finì solo per boccheggiare più velocemente e col cuore leggermente su di giri per quella scoperta: non poteva crederci, la siringa con il ricostituente...le era caduta!
In una qualche maniera le era scivolata via durante il combattimento ed ora era dispersa chissà dove. Forse, era addirittura rotolata giù nelle fiamme..
No...calma, Sayuri..c-calma. Non farti...prendere dal panico..
La castana gemette per la sofferenza fisica e psichica ormai regnanti dentro di lei; si girò sul fianco, trovandosi a guardare il lungo ponte su cui sostava con l'ansia che si innalzava dentro di lei nonostante le preghiere. Le fiamme al di sotto dei ponti si erano fatte più alte, permettendo all'afa e alla temperatura di salire notevolmente, rendendo il pavimento sopra cui sostava ancor più insopportabile, tanto che se non si fosse mossa le se si sarebbero bruciati i vestiti. Fu in quel momento, quando stette per abbandonare nuovamente la tempia contro il muro, che la sua pupilla si scontrò con un piccolo bagliore rosso proveniente a circa una decina di metri da lei. A stento già respirava ma nel cogliere quella lucina scarlatta, l'aria le si stoppò in gola come fosse un groppo indigeribile.
La siringa era là, a dieci metri di distanza da lei e benché la sua vista stesse dando gli ultimi, Bianco Giglio giurò che l'agognato rimedio di cui aveva disperatamente bisogno fosse intero.
Doveva recuperarla, senza non avrebbe più potuto muoversi e ne prese consapevolezza quando le gambe cominciarono ad appiattirsi lentamente. Puntò i piedi verso il basso e con la parte destra del corpo totalmente appoggiata al muro, si tirò su facendo strisciare la sua pelle contro i mattoni di quel minuscolo arco sotto cui si era riparata. Tenendosi l'addome sanguinante, barcollò a destra e a sinistra il più velocemente possibile verso quel riflesso rossiccio. Ogni passo era un agonia, sembrava che le sue ossa fossero sul punto di ripiegarsi su sé stesse, come una struttura mal costruita alla base ma, imponendosi di non desistere, continuò a mettere un piede dopo l'altro fino a quando non fu abbastanza vicina da accasciarsi sulle ginocchia per cogliere il rimedio medico.
Solo...solo un altro sforzo..
Anche se non vicinissima si piegò in avanti allungando il braccio e tendendo la mano insanguinata verso l'oggetto ma, anziché stringere fra le sue dita tremanti il vetrino della fialetta, successe una cosa a cui neppure lei seppe darsi spiegazione. Avendo focalizzato la sua attenzione sulla siringa perduta, non si era minimamente accorta di quel ringhio ansimante e carico di rabbia che l'aveva osservata uscire dal suo nascondiglio: a grandi passi si era avvicinato e, senza che lei se ne accorgesse, avanzò fino ad arrivare a sbatterle la pianta del suo piede contro la guancia, schiacciandola a terra con la stessa irruenza che prima lei gli aveva riservato.
"Peccato, Yu-chan, ti è andata male, zehahahaha!!!!!"
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Giglio di picche
FanfictionIl mio sogno è trovare un sogno. Cercarlo significa vivere? Non lo so perchè io non so se ho il diritto di questa mia vita o di questo mio desiderio. Non so cosa sia un sogno ma lo desidero così tanto perchè forse può darmi la felicità che non ho. A...