Chiodo schiaccia chiodo

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Sono stati giorni difficili, abbiamo fatto ogni giorno video per gli shooting e ogni volta sempre peggio, ci hanno anche obbligato a farne uno da soli, ed è stato tremendamente difficile non poterlo toccare. Quando l'ho pubblicato ho cercato di fargli capire che avevo bisogno di lui, volevo che lo sapesse e che provasse ad avvicinarsi di nuovo ma tutto ovviamente senza successo. Questo piano al momento non da i risultati che speravo, lui si sta solo dimostrando più forte di me lasciandomi senza appigli e facendomi sentire ancora più fragile di quanto non lo sia. mi sento debole e il cuore non riesce a ricomporsi. Oggi arriva Giulia, mi aveva scritto ieri e mi aveva detto che oggi sarebbe venuta a Milano per fare delle cose con l'agenzia così le ho chiesto di vederci, la farò venire qua a casa e vedrò una volta per tutte la reazione di Lele, e se neanche questo funzionerà allora vuol dire che l'ho perso davvero per sempre. Mi alzo e vado in cucina a fare colazione, poi faccio una doccia veloce e mi metto a giocare alla play. Sento due occhi che mi osservano e riconosco essere i suoi, li riconoscerei anche tra milioni per come sento il mio corpo tremare. Con la coda dell'occhio cerco di percepire le sue intenzioni, rimane dietro al muro della stanza e si affaccia da lì per vedere cosa stia facendo. Sembriamo due bambini che giocano a nascondino, ma lui ha scelto un pessimo nascondiglio e io riuscirei sempre a trovarlo anche andasse in capo al mondo. Cerco di non fargli capire che l'ho visto, continui a giocare come se nulla fosse e ogni tanto mi mordo il labbro e mi passo una mano tra i capelli, solo per il gusto di saperlo impazzire. I suoi occhi scrutano ogni mio movimento, ne è dipendente, non riesce a staccarsi, fa fatica e rimanere immobile e non correre da me, come io da lui, fossimo stati ancora noi probabilmente sarebbe stato un pretesto perfetto per finire a fare l'amore, quello dolce e intenso, quello che ti ripara il cuore e mette apposto l'anima, quello che sappiamo fare solo noi e nessun altro, quello che tanto mi faceva sentire bene e nel posto giusto. Lo sento entrare nella stanza e andare in cucina, seguo silenzioso i suoi movimenti finché non torna a sedersi al tavolo. C'è silenzio, solo il rumore della tv risuona nella stanza, ma in realtà c'è tutto tranne che il silenzio, ci stiamo urlando attraverso i nostri gesti incompresi che tutto questo è più grande di noi e che da soli non riusciamo a farcela, abbiamo bisogno l'uno dell'altro disperatamente ma non sappiamo dircelo perché troppo orgogliosi entrambi. Appena finisce di fare colazione semplicemente si mette sul divano e chiama un qualcuno "ei, come stai? È un po' che non ci sentiamo". Cerco di non dargli peso e continuo a giocare "si lo so che non mi sono fatto più sentire, sono stato uno stronzo e mi dispiace, ti ho chiamato proprio per chiederti scusa". Non so con chi stia parlando, so soltanto che in questo momento la mia voglia di giocare se ne è andata a farsi fottere e riesco solo a sentire la sua voce "ti va se oggi ci vediamo e mettiamo apposto le cose?". Altro pugno dritto al cuore, un altro di una serie infinita che mi sono arrivati in questi giorni. Prendo il telecomando della tv e la spengo, mi alzo e vado in bagno. Chi è quella persona con cui deve vedersi? Con chi deve rimettere apposto le cose? Mille pensieri iniziano a farsi spazio nella testa e milioni di paranoie mi tormentano. Chiamo Giulia "ei Giu, a che ora arrivi?" Chiedo cercando di tenere a freno la mia agitazione "dopo pranzo dovrei essere libera" dice lei "perfetto, quando hai finito vieni subito da noi, ho voglia di vederti". La sento ridere "certo, anche io ho voglia di vederti, non sai quanta". Attacco e lascio cadere il telefono sul lavandino. Mi guardo e vedo solo la rabbia e la frustrazione che si fanno spazio dentro di me e d'istinto tiro un pugno allo specchio che si frantuma davanti a me insieme il mio cuore. Non sento nulla, la mano trema ed è leggermente graffiata dai vetri, ma la mia anima è lacerata e sanguina. Esco e vado in camera, Gian si è appena svegliato, mi guarda e vede la mia mano, si limita solo ad abbassare lo sguardo e tornare a vestirsi, io mi tolgo i vestiti e mi metto qualcosa di pulito, poi esco di nuovo e torno in bagno per disinfettare le ferite. Non fa male, non fa assolutamente nessun effetto perché la mia testa è completamente offuscata dal suono della sua voce. Sono le 12.00, il tempo sembra non voler passare e il mio cervello sta per esplodere, anche Diego si è svegliato e il pranzo è pronto, ci sediamo a tavola e mangiamo. C'è tensione, la stessa che va avanti da ormai quattro interminabili giorni, nessuno ha il coraggio di dire niente sull'argomento, Diego non fa altro che uccidermi con lo sguardo, Lele è completamente assente e Gian cerca di stare il più fuori possibile per non dover prendere le parti di nessuno. Finalmente il mio telefono suona e il nome di Giulia compare sullo schermo "ei Giu, sei pronta?" Dico in modo da attirare l'attenzione di Lele davanti a me che solo a sentire pronunciare quel nome inizia a innervosirsi "okay, ti aspetto" dico prima di chiudere "non vorrai mica dire che quella viene qui adesso" dice Diego evidentemente seccato "si perché, hai qualche problema?" Rispondo a tono. Lui si alza e se ne va senza rispondermi, Gian rimane zitto e Lele semplicemente non risponde, si alza e toglie i piatti per portarli in cucina. Suonano alla porta, è sicuramente lei. Apro e la vedo dopo mesi davanti a me "ei" dico guardandola. Non è cambiata per niente, capelli lunghi sciolti, il sorriso stampato sulla faccia, quegli occhi grandi e leggermente arrossata in viso per l'imbarazzo "ciao Tanc" dice prima di abbracciarmi. Ricambio e sento gli occhi di Lele su di me, bruciano sulla pelle e lasciano una scossa lungo tutto il corpo. La faccio entrare e quando lui la vede il suo sguardo cambia completamente. La squadra dalla testa ai piedi rimanendo immobile alternando lo sguardo tra me e lei. Le poggio una mano sul fianco per tirarla verso di me e lo vedo deglutire a fatica, sto facendo lo stronzo, lo so fare troppo bene e lui lo sa, lo sto torturando con la sua sola presenza, lo sto mettendo in ginocchio costringendolo ad ammettere che lui ha bisogno di me nella sua vita. Distoglie lo sguardo da noi e va in cucina per finire di sistemare le ultime cose, Gian la saluta normalmente e poi ci mettiamo seduti sul divano "ne è passato di tempo dall'ultima volta che ho messo piede in questa casa" dice Giulia guardandosi attorno "fidati mancavi anche a questa casa come a me". Lele si blocca improvvisamente appena sente le parole che ho appena detto, pronunciate con il solo scopo di arrivargli dritto al suo cuore e assestargli un colpo forte quanto tutti quelli che lui mi ha dato lui fino ad ora, e a quanto pare pienamente centrato. Gian mi guarda fulminandomi, sto esagerando e me ne rendo conto, ma sono completamente preso che non mi importa. Lele viene verso di noi "ragazzi io esco, devo vedermi con una persona" dice senza aggiungere altro e io sento di nuovo quella rabbia salire dentro di me come un impeto incontrollabile, non voglio che se ne vada, non voglio che esca da quella porta, ma mentre penso a tutto questo lui se ne è già andato "quindi ti sono mancata" dice Giulia interrompendo i miei pensieri "si" dico io senza troppe smancerie, se non c'è lui non ha senso indorare la pillola "sono davvero felice che tu sia tornato sui tuoi passi, ho sempre saputo che tra di noi c'era qualche possibilità, non era possibile che quelle emozioni le provassi solo io" dice lei sorridendo. In realtà io non provo nulla, non sento quella sensazione che mi fa sentire felice da scoppiarmi il cuore fino a uscirmi dal petto per la sua vicinanza, non mi immagino il futuro nei suoi occhi, non mi sembra di stare toccando il cielo con un dito se mi abbraccia, non sento niente, provo solo tanta tristezza. Riesco a fingere un sorrido a cui lei crede senza problemi perché non sa realmente chi sono e forse neanche lo saprà mai. Ci alziamo e andiamo in camera, devo mandare avanti il mio piano, cerco di sembrare il più naturale possibile nel chiedergli di fare un video con me cercando di mostrargli quella parte di me che si finge interessata a lei. È felice, non ci mette un secondo a dire di sì e correre accanto a me per cercare una canzone da fare. Scelgo quella che mi aveva dedicato Lele un po' di tempo fa, la nostra canzone, una di quelle che parla da sola senza bisogno di capirla, quella che parla di noi. Cerco di guardarla e immagino lui, il suo sguardo e il suo corpo, il nostro noi, tutto quello che può essermi utile a far sembrare che gli occhi che in realtà stanno pensando a Lele siano per lei. È stato difficile, ma è venuto bene, sembro innamorato, la guardo con gli occhi che riservavo solo a lui e sono soddisfatto "è perfetto" dice lei guardandomi "vero" rispondo cercando di sorriderle quando in realtà mi sento morire dentro. Ci mettiamo seduti sul letto "Tanc posso chiederti una cosa?" Dice all'improvviso "si dimmi" dico guardandola "cosa ti ha spinto a riprovarci?" Chiede curiosa "mi mancava semplicemente averti vicino" dico sentendo lo stomaco stringersi in una morsa solo per aver pronunciato quelle poche parole a una persona che non è Lele. Lei sorride e arrossisce, l'ha sempre fatto ogni volta che gli facevo un complimento o parlassi di noi, mi sembra di tornare indietro nel tempo all'estate, con la differenza che prima lo pensavo davvero, adesso è solo finzione. Prendo il telefono e scorro Instagram, vedo una storia di Lele, è a Citylife e con lui c'è un ragazzo, credo si chiami Nicolò, lo avevo conosciuto un giorno a Roma con gli altri, un tipo alto, riccio, occhi marroni, molto semplice, il ragazzo perfetto per Lele. Sono insieme e stanno mangiando nel posto in cui per la prima volta abbiamo mangiato il nostro famoso dolce e Lele sorride felice, un sorriso che non gli vedevo ormai da tempo. Di nuovo quella rabbia si impossessa dentro di me, sento le vene che pulsano e stringo i pugni per trattenere tutto l'odio che sto provando verso quel tipo, perché fino a pochi giorni fa ero io a farlo sorridere in quel modo. Chiudo Instagram e spengo il telefono, guardo Giulia ed è così dolce, ogni volta che incontro i suoi occhi arrossisce e non riesco a ragionare lucidamente, mi sembra di impazzire. Senza pensarci la bacio, scontro le sue labbra con le mie nel bacio più straziante e pieno di dolore che abbia mai dato. La cerco disperatamente, ne richiedo la presenza, la sento ma è come se non ci fosse e non mi basta. La tiro verso di me prendendola per i fianchi sdraiandola sul letto, porto le sue mani sopra la testa e le bacio freneticamente il collo assaporando quella pelle sconosciuta che non è quella a cui sono abituato. Lei si lascia andare e toccare, le tolgo la maglia e lei la mia, fisso i suoi occhi grandi che brillano guardandomi e quella pelle adesso ancora più rossa sotto il mio sguardo attento poi torno a baciarla mentre le sue mani scivolano lungo la mia schiena nuda. Le accarezzo il collo, le spalle, tocco la pelle dei suoi seni sentendo il suo respiro accelerare fino ad arrivare ai pantaloni che sbottono e tolgo insieme alle mutande per arrivare alla sua intimità. Trema sotto il mio tocco deciso e spezza gemiti mordendosi le labbra, mi lascia fare senza dire niente mentre con decisione affondo le mie dita in lei volendo sempre di più.
Continuo a guardarla e cerco di togliere dalla testa l'immagine di Lele e i suoi occhi grandi e le sue mani mentre facciamo l'amore, voglio che il pensiero di lui mi esca dalla testa, voglio che i suoi occhi mi lascino andare, che il suo sorriso smetta di perseguitarmi.
Le tolgo anche gli ultimi vestiti che rimangono, poi tolgo i miei e senza dargli modo di parlare recupero velocemente la protezione ed entro deciso dentro di lei.
Istintivamente le su gambe mi cingono la schiena e rilascia un gemito forte che riempie la stanza, inizio a spingere in un gesto di disperazione, di liberazione da tutto il senso di colpa, dalla frustrazione, dal dolore, dalla voglia di avere la sua pelle invece di quelle della persona che sta qui davanti a me, dal suo profumo che sento presente nella stanza nonostante non sia qui, spingo deciso, senza sentimento, senza nessuna emozione, lei si stringe a me e si muove sotto le mie spinte, le mani suoi miei fianchi e il suo corpo che trema, affondo le mani tra i suoi seni lasciando i segni di un ombra che si riversa su di lei per trovare la pace. Stavolta non è amore, è sesso, pura voglia di sentirmi appagato e scaricare quello che ho dentro fino a che il casino che ho in testa non si alleggerisce.
Siamo sudati, stanchi, sento che sto per raggiungere il culmine e esco da lei per poi terminare guardandola stremata dalle mie spinte incalzanti e venirle addosso macchiandole la pancia.
Mi accascio accanto a lei, fisso il soffitto mentre lei lentamente si alza, recupera dei fazzoletti per ripulirsi e poi torna a sdraiarsi e si stringe al mio petto.
Non è lui, non è il nostro momento dopo aver fatto l'amore dove ci giuriamo di non perderci stando in silenzio, non è la sua testa che ascolta i battiti del mio cuore dedicati a lui, non è il suo corpo accanto al mio bagnato dal sudore di due anime che si sono curate a vicenda, non è semplicemente lui.
Guardo Giulia che si è addormentata su di me mentre io ho la testa ancora a lui e a quel sorriso che non era opera mia, a altre braccia che possono averlo stretto e fatto provare sentimenti nuovi, semplicemente lui che se ne va da me e non posso sopportarlo. Sento solo il rimorso che si fa spazio al posto della rabbia, il rimorso perché sono stato lo stesso coglione di sempre e questa non me la perdonerà mai, non perdonerà mai che sia stato con l'unica persona da cui mi aveva sempre tenuto lontano. Questa è stata davvero la più grande cazzata che potessi fare, tutti i piani del mondo non riusciranno a riportarlo da me quando saprà questo.
"Cazzo".

|| Il tuo nome sulla pelle || TankeleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora