Capitolo 80
Per la seconda volta aveva deciso che io non ero abbastanza, noi non eravamo abbastanza, aveva giocato le mie stesse carte e faceva male, lo sentivo ogni volta che lo vedevo stringere la presa su di lei o sistemarle una ciocca di capelli dietro l'orecchio donandole un sorriso, uno di quelli sinceri che fino a qualche settimana fa era mio, solo mio.
Quindi era questo quello che io avevo fatto a lui, era questo quello che lui aveva provato quando io lo tenevo lontano da me.
Il resto della serata lo avevo passato cercando di bere il più possibile, più lo evitavo e più lui mi si presentava davanti con lei, sembrava un boomerang e alla fine l'alcol deve avermi giocato un brutto scherzo, sentivo i conati di vomito sempre più frequenti che mi avevano costretto a farmi spazio rapidamente tra le persone per arrivare al bagno.
Non ho avuto neanche il tempo di realizzare che ci ero realmente arrivato, che subito avevo già rigettato tutto accasciandomi sul pavimento con le braccia che tentavano di sorreggere il mio peso sulla tazza del wc.
Dopo il compleanno ci siamo trasferiti in un'altra casa per qualche giorno, Martina era rimasta, ha legato con tutti, soprattutto con Zoe con cui va molto d'accordo e ha passato il tempo con noi come se fosse una del gruppo.
Anche con Lele era stata molto, avevano riso e scherzato come se fossero amici da sempre, mentre con me c'erano solo occhiate di sfuggita, l'unico momento in cui sembrava essere tornata la pace è stato per i sette mesi della ship, nella live che aveva fatto lo avevano scritto e lui ha avuto il pensiero di regalarmi una torta e farla arrivare a mezzanotte precisa.
Ammetto che quel gesto mi aveva lasciato stupito, avevo osservato tutto con un sorriso da ebete e convinto che fosse tutto tornato come prima, che fosse il suo modo per uscirne platealmente, tanto che mi ero completamente dimenticato per un secondo che avevo il flash della fotocamera puntato in faccia con lui mi pronunciava quelle parole che non sentivo da troppo tempo.
Subito dopo mi aveva lasciato lì con la torta e se ne era andato, non mi aveva dato neanche il tempo di dirgli qualcosa che si era chiuso la porta alle spalle ignorandomi di nuovo.
Nel frattempo abbiamo cambiato di nuovo casa perché in quella abbiamo avuto dei problemi, ci siamo spostati vicino a casa mia in un casolare gigantesco che abbiamo affittato per tutto il resto del mese e abbiamo invitato anche tutti i nostri amici.
Ho chiamato nuovamente Martina e con lei è tornata Aurora.
Inutile dire che la situazione è solo peggiorata, Lele da quando siamo arrivati non fa altro che stare il più lontano possibile da me, sta sempre con i suoi amici di Roma, Diego e lei, la maggior parte del tempo neanche ci incrociamo tanto che la casa è grande.
Io mi ritrovo perso, un anima spenta che gira qua e là senza trovare mai un punto preciso, a volte sto con Martina, ma la testa è costantemente a loro due e cosa facciano.
È già quasi una settimana che siamo qua e io cerco di staccarmi il più possibile non solo da lui, ma anche dai social, posto sempre meno sia su Instagram che su Tiktok e la maggior parte del tempo la passo in stanza a pensare.
Forse anche io devo realmente andare avanti come ha fatto lui, forse non serve starci a pensare troppo e trovare soluzioni inesistenti, forse devo soltanto accettare che lui può benissimo fare a meno di me e io devo imparare a fare altrettanto.
Stasera verranno a cena le nostre famiglie, abbiamo organizzato tutto un paio di giorni fa, non li vediamo da tempo e vogliamo stare tutti insieme, le ragazze hanno detto che usciranno a cena fuori, rimarrà solo Zoe con noi.
Credo che saranno proprio le famiglie l'ostacolo più grande da superare, le parole della madre di Lele ancora mi ritornano nella testa più vivide di quel giorno, gli occhi così comprensivi e il calore che mi trasmetteva.
Se solo Lele mi avesse ascoltato come ha fatto lei, se solo fosse disposto ad andare oltre magari non ci troveremo a dover convivere quasi come sconosciuti.
L'ora di cena è quasi arrivata e già stanno arrivando tutti, quando vedo mia madre le vado incontro e la abbraccio.
Non credo di aver mai avuto tanto bisogno di lei come adesso, poche volte mi sono sentito così piccolo tra le sue braccia, il suo corpo che mi avvolge in quella sensazione così dolce e il suo profumo che poche volte mi sono soffermato a sentire.
"Ciao Edo" dice rivolgendomi uno dei suoi sorrisi più sinceri
"Ciao mamma"
Mio padre la segue e di riflesso abbraccio anche lui
"Mi aiuti con queste cose?" Mi chiede indicandomi con la testa il vassoio che aveva tra le mani e quasi a farlo apposta in quel momento entra Lele nella stanza e sembra per un attimo di essere tornati al giorno in cui per la prima volta l'ho portato a casa mia per dire ai miei che stavano insieme.
Lo sguardo di mia madre si alterna tra me e lui che ci guardiamo, poi lui distoglie lo sguardo da me e si avvicina a lei e mio padre per salutarli con se nulla fosse.
Vuole mantenere le apparenze o continua a prendermi per il culo?
"Lele dobbiamo parlare"
Con un sorriso si volta verso di me interrompendo la conversazione con mia madre e mi prende per mano portandomi nella stanza affianco.
Chiudo la porta quasi sbattendola e lui già si è allontanato andando verso la finestra dandomi le spalle
"Mi spieghi a che gioco stai giocando?"
Se non fosse che c'è la musica direi che mi hanno sentito tutti urlare.
"Non sto giocando a nessun gioco Tancredi, voglio solamente passare una serata tranquilla senza che nessuno mi guardi e analizzi i miei movimenti"
Non si è voltato per rispondermi, ma dal riflesso del suo volto sul vetro della finestra posso vedere il suo viso serio e gli occhi che fissano l'immenso giardino esterno
"Prima o poi lo sapranno lo stesso"
Le mie parole escono come in un sussurro più per me stesso che per lui, ma si volta comunque e i nostri sguardi dopo giorni si incontrano per davvero.
È il terremoto, una scossa con noi come epicentro che si spande e si irradia ad ogni passo che fa verso di me.
Come i poli di un magnete istintivamente mi avvicino anche io verso di lui finché non ci troviamo a pochi centimetri di distanza, quelli che separano i nostri corpi dal toccarsi ma non i nostri respiri dal fondersi.
"Solo per stavolta, non voglio vedere mia madre di nuovo triste che fa domande".
La sua voce vicino al mio orecchio esce calma, quasi roca che a contatto con la mia pelle risulta quasi un vento primaverile che mi fa venire la pelle d'oca e deglutire a fatica per mancanza di saliva.
Un solo passo e le sue labbra che scivolano lentamente lungo la mia guancia possono sfiorare finalmente le mie.
Qualcuno bussa alla porta che immediatamente si apre dandoci giusto il tempo di staccarci immediatamente entrambi un po' in imbarazzo con Zoe che ci osserva
"Scusate l'interruzione, siamo tutti a tavola".
Mentre Lele è già uscito dalla stanza mi prendo un secondo per metabolizzare quello che è appena successo.
Stavamo per baciarci se non fosse arrivata o magari semplicemente mi sto facendo solamente un'altra delle mie fantasie dettata dalla voglia di averlo?.
Mi passo una mano veloce tra i capelli come per scacciare via definitivamente quel pensiero e poi torno di là dagli altri per sedermi.
Ironia della sorte il posto rimasto è proprio accanto a Lele che appena mi siedo mi guarda e mi fa un mezzo sorriso che conosco fin troppo bene.
Per tutta la cena posso dire di essere stato come in apnea, ogni tanto sentivo la sua mano che si poggiava sulla mia e gli sguardi felici dei nostri genitori mischiati a quelli confusi di Gian e Diego che non capivano, sembrava di essere su un palcoscenico, lui con il copione perfettamente imparato a memoria e io che dovevo improvvisare seguendolo con sorrisi falsi e qualche battuta.
Iniziavo a sentirmi come soffocare, non eravamo noi e non vedevo l'ora che tutto finisse il prima possibile.
Forse per una volta il destino era dalla mia parte e finalmente i nostri genitori se ne stavano andando.
A sistemare la cucina siamo rimasti io, Lele, Zoe e Diego che appena si accorgono del silenzio che era calato improvvisamente nella stanza con una scusa si allontanano lasciando nuovamente me e Lele da soli.
Mentre poggio i piatti puliti nella credenza sento le sue mani poggiarsi sui miei fianchi e il suo respiro di nuovo troppo vicino al mio collo
"È andata bene"
Mi volto di scatto trovandomi il suo volto difronte al mio.
Adesso basta.
Lo spingo via e inizio a camminare per la stanza con le mani tra i capelli, di nuovo sento come se mi mancasse l'aria.
"Lele finiscila, non ce la faccio più, sono stanco di questi giochetti, lasciami vivere"
Forse non si aspettava questo tipo di reazione, come io non mi aspettavo di piangere.
Il suo sorriso si spegne all'istante e i suoi occhi si fanno immediatamente più scuri
"Credevo lo volessi anche te"
La sua voce è bassa, quasi un sussurro
"Come può piacermi Lele, come posso far finta che tutto questo sia normale dopo quello che è successo?"
Ed ecco che come sempre, avevo innescato di nuovo l'ennesima bomba
"È solo colpa tua se adesso siamo in questa situazione, se non l'avessi baciata staremo ancora insieme"
Ed ecco l'esplosione
"Mi mancavi Lele, mi mancavi da morire come cazzo devo dirtelo? È vero l'ho voluto quel bacio, ma poi mi sono pentito"
I suoi occhi si riempiono di lacrime, i sensi di colpa tornano a farsi spazio dentro di me come un interruttore che viene premuto.
Inizia a muoversi anche lui nella stanza aumentando la mia voglia di prendere, abbracciarlo e dirgli che per me non esiste nessun altro al mondo come lui.
"Ti odio Tancredi"
Questo è il momento in cui dopo l'esplosione osservi le macerie con il fumo che ne esce affievolendosi lentamente, non puoi fare altro che osservare e sperare che un giorno arrivi qualcuno che le raccolga e le ricostruisca, puoi farlo te, puoi provarci, ma nel mio caso è troppo tardi, ho già fallito, lui adesso è distrutto e nuovamente a causa mia.
"Lele mi dispiace"
Non faccio altro che ripeterlo a lui e ripetermelo nella testa mentre il suo sguardo si punta immediatamente nel mio
"Vattene Tancredi"
Lo sputa fuori come veleno mentre cerco di avvicinarmi a lui
"No non me ne vado da nessuna parte"
Provo a toccarlo, a fargli sentire che io sono qui pronto a riprovarci fino a che lui ne avrà intenzione, che io non mollo facilmente e se voglio qualcosa io me lo prendo.
"Ho detto vattene cazzo"
Dolore, solo e soltanto dolore che mi si schianta addosso, ma è lui che ha iniziato e se mi sento ferito, io ferisco
"Vaffanculo Lele"
Il suo sguardo si abbassa e io mi allontano nuovamente da lui
"Fottiti Tancredi"
Forse sarà per la paura che sia davvero tutto finito davvero, forse sarà perché lo voglio sul serio, le mani mi tremano, il respiro si accorcia e i battiti accelerano, lo dico, tutto d'un fiato e con la gola secca
"Sposami Lele"
Immediatamente i suoi occhi si incontrano con i miei entrambi lucidi, misti tra sorpresa e paura.
"Che hai detto?"
Le uniche parole che riesce a pronunciare
"Ho detto sposami".