Capitolo 68
Mi ero illuso che svegliandomi lo avrei trovato accanto a me, magari con il suo solito viso rilassato e la sua bocca socchiusa, il respiro caldo sul collo, ma ancora il letto è vuoto come me in questo momento. Mille dubbi mi assalgono la testa, tutti che hanno una sola risposta al momento: lui non mi ama più come prima.
Poggio una mano sul viso per la troppa luce che che entra dalla finestra e poi la passo freneticamente tra i capelli come se così riuscissi a rimuovere tutti i pensieri che stanno facendo a botte dentro la mia testa. Mi metto seduto e appoggio la schiena al muro, prendo il telefono e scorro un po' la home e qualche storia Instagram, non mi ero accorto che ne avesse messa qualcuna ieri sera. Il caso vuole che ce ne sia una proprio con Valerio mentre sono in mezzo alla pista e lui gli bacia la guancia più volte completamente ubriaco mentre Lele sorride. Blocco il telefono e lo lancio sul letto poggiando la testa al muro e alzo gli occhi al soffitto. Non mi è mai sembrato più interessante di così, completamente bianco e ancora intatto, come una tela ancora tutta la dipingere. Vengo interrotto dalla porta che si apre e Lele che entra. Subito mi sorride, ma io semplicemente abbasso la testa e riprendo il telefono. Lo vedo con la coda dell'occhio sedersi sul letto e poi avvicinarsi fino a sdraiarsi con la schiena all'insù e la sua testa vicina alle mie gambe "com'è che sei già sveglio?" Chiede "pensieri" rispondo freddo. Il suo sguardo si fa improvvisamente più serio e la fronte si corruccia "ti va di parlarne?" Chiede preoccupato "non è il momento" dico girandomi per sedermi sul bordo del letto dandogli le spalle "che ti prende Tanche?" Chiede ancora più preoccupato di prima "nulla che debba interessarti" dico alzandomi. Lui fa lo stesso e viene verso di me mettendosi di fronte "Tanche smettila di fare l'orgoglioso e dimmi che c'hai" dice lui poggiando una mano sulla mia guancia. A quel contatto mi sento quasi rabbrividire e mi tolgo velocemente da lui per andare verso l'armadio e prendere dei vestiti puliti sotto il suo sguardo confuso "mi vuoi dire che cosa ti prende una volta per tutte?" Chiede iniziando ad arrabbiarsi. Io mi volto verso di lui e punto il mio sguardo nel suo, non mi tocca ma è come se lo facesse, mi sento i suoi occhi in ogni parte di me "mi chiedi cosa c'è Lele? Sul serio?" Dico urlando. Lui cerca di avvicinarsi ma io lo spingo via, il suo odore e le sue mani mi fanno sentire vulnerabile "Tanche davvero non capisco" dice lui continuando a guardarmi "Valerio cazzo" dico di getto "che cosa c'entra Valerio?" Chiede ancora più confuso "non ci ho dormito io con lui stanotte abbracciato sul divano invece di stare con il mio ragazzo che forse poteva aver bisogno di me" dico voltandomi per per tornare a sedermi sul letto. Lui mi segue "ti avevo detto che aveva bisogno di aiuto, ha vomitato altre volte finché non si è addormentato e io lo stesso poco dopo" dice quando ormai è quasi vicino a me "avevi anche detto che saresti tornato da me, invece no, e non è che tu abbia dormito con lui il problema ma come. Potevi evitare di abbracciarlo e farti abbracciare in quel modo, e non venirmi a dire che vi siete mossi mentre dormivate perché non me la bevo, non è la prima volta che siete così attaccati o vi sorridete come due innamorati". Per tutto il tempo il suo sguardo è stato attaccato al mio, come se avesse paura che le mie parole lo allontanassero, come a voler imprimersi ogni sfumatura per non dimenticarla mai. Si avvicina di nuovo e adesso siamo a pochi centimetri l'uno dall'altro "Tanche è Valerio, lo conosco da anni, non c'è nulla tra di noi e non potrà mai esserci, è un fratello, non ho mai pensato a lui in quel modo e mai riuscirei a farlo e lui lo stesso con me". Osservo i suoi movimenti, tendere la mano verso di me e sfiorarmi delicatamente la guancia facendomi rabbrividire e chiudere gli occhi spezzandomi il fiato. Quando riapro gli occhi lui si avvicina ancora di più "stavolta non mi basta Lele" dico prima di sfuggire di nuovo da lui e uscire dalla stanza senza voltarmi. Fa male, il suo sguardo, lo stesso di quella sera prima dell'incidente quando mi chiedeva perdono con gli occhi grandi e profondi con cui mi sono scontrato così tante volte da perderne il conto. Quando entro in salone Valerio è seduto sul divano al telefono, tiro dritto facendo finta di nulla e vado in cucina per prendere qualcosa da mangiare. Lo vedi alzarsi e venire verso di me "buongiorno bro" dice dandomi una pacca sulla spalla con gli occhi lucidi e la sua faccia ancora assorta nei postumi dell'alcol che normalmente mi avrebbe fatto sorridere, ma che adesso mi fa solo arrabbiare. Mi distolgo e vado a sedermi sul divano, lo stomaco si è chiuso improvvisamente e mi è passata la fame "bro che ti prende?" Chiede venendo a sedersi vicino a me "mi volete lasciare in pace?" Dico urlandogli "calmati volevo solo aiutarti" dice allontanandosi "mi aiuti provandoci con il mio ragazzo?". Lui rimane in silenzio e abbassa lo sguardo "vi ho visti sul divano ieri notte, eri ubriaco ma per dormire abbracciato a lui forse eri fin troppo lucido" dico sputando tutta la rabbia che ho dentro "Tanc non c'è nulla tra me e Lele, ci siamo solamente addormentati sul divano" dice "e serviva abbracciarvi?" Chiedo continuando a urlare. Lui si alza e inizia a camminare per la stanza avanti e indietro "Tanc c'è un motivo se ci stavamo abbracciando" dice poi guardandomi. Gli faccio cenno di continuare e lui abbassa di nuovo lo sguardo davanti a se "ieri quando eravamo rimasti da soli io ero completamente ubriaco, stavo raccontando a Lele di come avessi cercato di farmi una tipa, ma poi non ci fossi riuscito perché quando mi sono voltato ho visto i suoi occhi, due occhi verdi che mi hanno guardato per dieci secondi al massimo per poi voltarsi di nuovo verso gli altri. Non ho idea di cosa abbia sentito, è stato solo così strano, sembrava che mi volesse dire qualcosa ma io non capivo, so solo che quando ho guardato di nuovo la ragazza non riuscivo più a toccarla perché non era lui. Tanc era Diego, quei cazzo di occhi verdi erano i suoi e il dovevo parlarne con qualcuno e Lele era l'unico in quel momento, non prendertela con lui, prenditela con me, non volevo che lo dicesse a nessuno". I suoi occhi si erano improvvisamente spenti, non avrei dovuto essere così aggressivo e soprattutto avrei dovuto credere a Lele. Mi alzo e lo abbraccio e lui ricambia la mia stretta, non so cosa dirgli, sono stato solo un coglione "mi dispiace Vale, non avrei dovuto urlarti" dico per scusarmi "non preoccuparti è tutto apposto, adesso credo tu debba parlare con Lele, vi ho sentito urlare da qua". Gli sorrido e lui ricambia e poi lentamente mi avvio di nuovo verso la nostra stanza. Apro la porta e lui è sdraiato sul letto al cellulare. Rimango un attimo sulla porta, poi mi schiarisco la voce richiamando la sua attenzione. Quando si volta il suo sguardo è serio "posso?" Chiedo e lui non risponde. Mi avvicino piano e mi siedo dal lato vuoto del letto "ho parlato con Vale e mi ha spiegato tutto, non avrei dovuto dirti quelle cose, mi dispiace Le". Lui blocca il telefono e si volta verso di me "ogni volta è sempre così, non mi lasci parlare e mi urli addosso, poi torni e mi chiedi scusa". Il suo tono è serio, quasi distaccato "hai ragione, sono sbagliato Lele, sono sempre stato sbagliato, non ne combino una giusta e ho paura cazzo, ho paura che tu trovi qualcuno migliore di me, che ti sappia dare di più di quanto io riesca a fare". Sospira, continua a guardarmi e allunga una mano fino a toccare la mia "ho scelto te Tancredi, ti ho scelto e ti sceglierò sempre. È vero, sei diverso dagli altri e proprio per questo ti amo in maniera totalmente diversa da come amerei chiunque altro. A me non importa che tu cambi o cerchi di diventare perfetto, non lo sarai mai, io voglio soltanto che continui ad essere solo Tancredi, anzi Tanche, scorbutico, permaloso e dolce solo quando vuole qualcosa in cambio o se ha la luna giusta". Gli stringo la mano e la intreccio alla sua "ho sbagliato tanto Lele, ho sbagliato e credo che continuerò a farlo anche se dirò che non sarà così, però voglio che ci promettiamo una cosa, una soltanto. Se un giorno dovessimo perderci e non saprai dove trovarmi, vai nel nostro posto, io ti aspetterò li. Magari sarai sposato, avrai una famiglia e sarai felice come mai prima, ma io ti aspetterò lo stesso, ogni giorno, su quella panchina, solo per sentire un po' del tuo profumo". Scioglie la presa dalla mia mano e delicatamente la fa scorrere sulla mia guancia "te lo prometto solo se te mi prometti che su quella panchina mi aspetterai la sera solo dopo una delle solite giornate stancanti, io arriverò con i nostri figli e ci siederemo tutti insieme li, gli insegneremo la nostra stella e gli spiegheremo perché brilla più delle altre raccontandogli come ci siamo innamorati e poi sposati, perché io non voglio nessun altro che non sia tu". Gli sorrido, l'unico sorriso che mi faccia stare bene e poi lo bacio, mi perdo in quella sensazione di amore che mi fa sentire finalmente a casa. Non c'è nessuna domanda a cui rispondere o spiegazione che devi trovare: lui mi ama.