Roma ma letto al contrario

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Roma, casa dolce casa, finalmente potevo staccare da tutto e tornare per un po' a quella che era la mia vita prima di tutto questo. Lele da giorni neanche più mi guarda, ha saputo cosa è successo tra me e Giulia perché Diego glie lo ha detto, avevano sentito tutto sia lui che Gian e appena è tornato a casa la sera stessa non ha perso occasione per raccontarglielo. Da quel momento non ci incrociamo più neanche per sbaglio, lui aspetta sempre che io esca dalle stanze per entrare e se provo ad avvicinarmi quando lo vedo scappa immediatamente. So che si sta frequentando con Nicolò, l'ho sentito parlarne a Diego ieri, ha detto di essere felice e di stare finalmente bene e io sono ancora più distrutto di quanto già non lo fossi, sapevo che quella cosa con Giulia sarebbe stata imperdonabile, ma pensavo anche che a lungo andare sarebbe tornato sui suoi passi perché gli sarei mancato, ma così non è stato. Io continuo a sentirmi con lei, ci siamo visti in questi giorni finché lei è stata a Milano, adesso che torno a Roma voglio stare da solo con la mia famiglia, mi mancano le mie sorelle e se c'è una cosa che so bene, è che per staccare da tutto, quello è il posto migliore. Abbiamo il treno alle 12.00, sono le 10.00 e ancora devo finire di preparare le ultime cose, non staremo via molto, giusto il tempo di staccare un po' dalla monotonia che si è creata qua e sbrigare delle faccende per dare il via ai prossimi eventi tutti insieme. Vado a farmi una doccia veloce e mi cambio, poi vado in cucina e faccio colazione, gli altri sono pronti e stanno portando le borse in salone. Finalmente riesco a vedere Lele, sembra così diverso, non è quello di prima, questa frequentazione lo sta cambiando e non lo riconosco più "Tancredi muoviti o ti lasciamo qui, tanto non mancheresti a nessuno" dice Diego. Per tutto questo tempo non ha fatto altro che continuate a rispondermi male ad ogni occasione che gli si presentasse, a malapena riusciamo a convivere senza che mi prenda a pugni e la sua sola presenza quando rimaniamo io e lui mi terrorizza. Non l'ho mai visto così arrabbiato, credo mi odi profondamente e spero che questo periodo che andremo dalle nostre famiglie sia un modo per ritrovare noi stessi. Butto tutto nel lavandino e vado a prendere le mie borse in camera poi mi metto il giubbotto. Chiamiamo un taxi e usciamo di casa per andare verso la stazione, siamo in tremendo ritardo e rischiamo di perdere il treno "Tanc è solo colpa tua se siamo in ritardo, non ne fai una giusta" sputa Diego "la finisci di insultarmi? Sono giorni che lo fai e non è più divertente" dico seccato "non lo faccio per divertimento ma perché te lo meriti, anzi in verità ti meriteresti di peggio" dice per poi voltarsi e continuare a camminare "piantatela voi due, siete ridicoli e a nessuno importa dei vostri battibecchi" interviene Gian per calmare la situazione. Arriviamo ai binari e il treno è già li, saliamo e ci mettiamo seduti. Mi metto subito le cuffiette e lascio che sia la musica a farmi da unica compagnia durante il viaggio, con le mie solite canzoni che variano in base al mio umore, oggi un po' meno nero degli altri giorni. Mi perdo a fissare il paesaggio accanto a me che scorre e penso a quanto sarebbe bello se con un pulsante si potesse resettare la tua vita quando vuoi e come vuoi, poter cancellare e riscrivere tutto sapendo come andranno le cose, sicuramente non direi mai più a Lele che non sono in grado di essere la persona che cerca, è stato il mio più grande errore, proprio adesso che l'ho qua davanti e lo vedo sorridere per i messaggi di quel Nicolò sono ancora più sicuro di quanto io in realtà lo avrei reso felice, anche meglio di quel coglione.
Passano in fretta le ore che neanche mi accorgo di essere già arrivati a Roma. Scendiamo dal treno e un po' mi sento perso, sapere che in questi giorni non vedrò più la sua faccia mi fa sentire ancora più vuoto, non mi saluta neanche, dice solo a Diego che si vedranno nel pomeriggio e poi sparisce "Tanc io vado, ci vediamo in questi giorni, cerca di non combinare casini" dice Gian sorridendo "tranquillo bro, ci sentiamo" dico ricambiando il suo sorriso mentre Diego già se ne stava andando anche lui senza dire una parola. Prendo la mia borsa e mi avvio verso casa, mi mancava così tanto la mia famiglia, ho proprio voglia di passare del tempo con loro. Suono il campanello ed ad aprirmi è mia madre con il suo solito sorriso "ecco il mio piccolo che ritorna all'ovile" dice abbracciandomi. Entro e subito Berenice mi corre incontro "ciao fratellone, mi sei mancato da morire" dice stringendomi "anche te piccolina" dico "papà?" Chiedo guardando in giro "è di la, sta guardando la tv". Vado in salone ed è seduto sul divano "sei tornato, fatti abbracciare dal tuo vecchio" dice venendomi incontro. Mio padre non è mai stato un grande amante delle smancerie, quando lo fa è perché c'è qualcosa di importante "come va la tua vita a Milano?" Chiede curioso "bene dai, andiamo alla grande" dico cercando di evitare di pensare che in realtà non vada per niente bene perché la persona che amo mi odia "Lele come sta?" Chiede all'improvviso "bene" dico cercando di chiudere il discorso. Non credevo me lo avrebbe chiesto, non si è mai interessato a nessuna delle mie relazioni prima di adesso e per dirgli che ci siamo lasciati non mi sembra un buon momento "ce lo farai conoscere in questi giorni?" Chiede sorridendo "certo" dico senza pensarci. Merda mi sono appena messo nei guai da solo, come faccio a farglielo conoscere se neanche vuole parlarmi. Vado in cucina a mangiare qualcosa, mia madre viene verso di me "ei Tanc, sei sicuro di stare bene?" Chiede preoccupata "certo mamma" dico mentendo e lei mi lascia stare. Porto su la borsa e apro di nuovo la porta della mia camera. È tutto esattamente come l'ho lasciato, ci sono ancora i miei disegni attaccati alle pareti e tutto mi riporta indietro. Mi sdraio sul letto, non mi sento molto bene, credo di avere la febbre. Mi arriva un messaggio, è Gian sul gruppo di noi quattro
"rega stasera usciamo come i vecchi tempi?"
Rispondo
"io passo, non sto bene"
Diego
"io ci sono, viene anche Elisa"
Lele
"adesso sono con Nicolò, se finisco in tempo vi raggiungo"
Di nuovo un buco allo stomaco, lui è di nuovo con quello mentre gli altri se ne staranno a divertirsi e io qua a casa a pensare a lui tra le braccia di un altro. Poso il telefono e cerco di dormire un po', magari starò meglio e potrò uscire.
Passano un paio d'ore ed è ora di cena, non ho fame, sento solo la testa che mi scoppia. Mi alzo e vado a prendere il termometro per misurami la febbre, mi siedo sul divano e aspetto. Dopo poco mia madre viene a sedersi vicino a me "tesoro sei pallido, fa vedere" mi prende il termometro "38.5, ci credo che stai così, torna a letto" dice andando a prendermi una Tachipirina. Salgo di nuovo in camera e mi metto sotto le coperte. Mi arriva un nuovo messaggio e il nome di Lele compare sullo schermo
"come stai?".
Sorrido, come un idiota sorrido dopo più di una settimana di inferno. Si sta preoccupando per me, come faceva prima
"febbre a 38.5, una merda"
Visualizza e non risponde. Mi aspettavo che mi chiedesse altro, appena mi ha scritto ho sperato con tutto me stesso che mi dicesse che gli mancavo ma non è successo, non riesce a perdonarmi perché quello che ho fatto è troppo pensante per passarci sopra, gli ho preso il cuore e l'ho fatto a pezzi, ma ho rotto anche il mio nel farlo e mai niente potrà essere come prima, nessuno dei due potrà mai essere chi era. Poso di nuovo il telefono sul comodino e mi metto giù a dormire. Sento il suono del campanello seguito poco dopo da passi che vengono verso la mia camera. La porta di apre e lui sta lì, di fronte a me. È come se il tempo si fosse fermato, l'aria della stanza si inonda del suo profumo, i suoi capelli sono completamente arruffati, ha le guance arrossate e gli occhi che brillano, se ne sta lì in piedi sulla porta con un mezzo sorriso che non vedevo spuntare da troppo sul suo viso, e io finalmente ne sono la causa. Nessuno dei due sembra intenzionato a dire niente, riusciamo solo a guardarci così insensatamente che le nostre anime già si sono dette fin troppo, è così perfetto ed é esattamente qui davanti a me in tutta la sua semplicità "ei" dice interrompendo il silenzio. La sua voce è leggera, quasi un sussurro "ei" rispondo deglutendo a fatica con la voce che mi si spezza in gola. Si avvicina e si siede ai piedi del letto "che ci fai qui" chiedo sperando mi urli quanto in realtà io gli sia mancato e quanto siamo stati due idioti a lasciarci scappare quello che avevamo "volevo solo vedere come stavi" dice abbassando lo sguardo. Lo guardo mentre gioca con le sue mani nervoso, sapevo che prima o poi avrebbe ceduto e sarebbe tornato di me, infondo si torna sempre dove si è stati bene "sono felice di vederti". Pronuncio quelle parole con la consapevolezza che potrebbe essere davvero l'unica occasione per averlo di nuovo, che stavolta o la va o la spacca, non ci sono piani, non ci sono più insicurezze, dubbi o paure, ci siamo solo noi come avrebbe sempre dovuto essere. Lui alza lo sguardo e i nostri occhi ricominciano a parlare dopo troppo tempo che erano stati lontani, si stanno chiedendo scusa, si provano a curare le ferite, provano a riprendere i pezzi rotti e incollarli di nuovo "ci ho pensato a lungo se venire o meno, non sapevo se fosse la cosa giusta" dice distogliendo di nuovo lo sguardo dal mio "se lo hai fatto è perché in fondo sapevi che lo sarebbe stata". Torna di nuovo a guardarmi e di nuovo il mio cuore inizia a battere sempre più forte sotto il suo sguardo che mi calma "Lele mi dispiace, ho sbagliato tutto, non avrei dovuto comportarmi così" dico cercando fare in modo che quelle parole gli arrivino e lo riportino da me "adesso non è il momento Tancredi, non voglio parlarne" dice alzandosi dal letto. Colpo basso, il nome intero. Sento di nuovo il cuore che rallenta e quella calma di prima trasformarsi di nuovo in paura. Gli fa ancora male, non è ancora pronto per sentire quello che ho da dire, non finché non smetterà di scappare da me "voglio solo che tu sappia che io sono qui e che non ho intenzione di andarmene, non più". Alle mie parole si volta e di nuovo lo sento, sento che c'è di nuovo speranza, nei suoi occhi vedo di nuovo l'amore, il nostro, e non intendo farlo scappare più. Tutto dura poco però perché subito i suoi occhi si staccano dai miei lasciandomi di nuovo incompleto "non sarei dovuto venire" dice prima di andare verso la porta di camera "Lele fermati" dico implorandolo e lui si volta verso di me "resta, ti prego rimani con me stanotte" dico con tutte le forze che ho, lo sto implorando di rimanere qui accanto a me e non lasciarmi da solo, non stanotte, non adesso che ho rivisto la luce dopo giorni di buio, non adesso che posso averlo di nuovo vicino "non mi sembra una buona idea" dice di nuovo voltandosi per andarsene "ti giuro che non succederà nulla, voglio solo sentirti vicino a me" dico spezzando quelle parole uscite senza neanche accorgermene per aggrapparmi a lui con tutto me stesso "solo per stanotte" dice lui venendo verso di me. Gli faccio spazio, saremo costretti per forza a dormire vicino, il letto è a una piazza e se non vuole cadere per terra dovrà per forza almeno toccarmi. Siamo uno accanto all'altro, fissiamo entrambi il soffitto senza dire una parola. Sono stanco, la testa mi pulsa forte per la febbre alta, spengo la luce e mi volto dal suo lato chiudendo gli occhi. Sento i suoi su di me, so quanto gli piace stare a guardarmi, lo ha fatto altre volte quando dormivamo insieme e finiva sempre per abbracciarmi per tutta la notte. Passano 15 minuti, lui pensa che io mi sia addormentato ma in realtà non ci riesco, saperlo vicino a me e non poterlo stringere è difficile. "Non sai quanto ti odio in questo momento, mi stai facendo uscire fuori di testa. Sono giorni che cerco di starti lontano, ma alla fine torno sempre qui, sempre da te. Mi chiedo cosa tu mi abbia fatto, mi hai fottuto il cervello, non riesco a starti lontano, è più forte di me, se non ci sei sento che mi manca qualcosa, sento che sono incompleto, mi sento instabile e cazzo vorrei mandarti a fanculo, ma quando sto per farlo le parole non vogliono uscire e ti odio ancora di più. La verità è una sola, non potrò mai smettere di amarti neanche se ci provassi ogni giorno della mia vita". Vorrei aprire gli occhi e urlargli che lo amo, che non andrà più da nessuna parte perché è con me il suo posto, che adesso che so per certo che lui mi ama ancora non lo lascio più andare perché non ho mai smesso di amarlo neanche io per un secondo, ma invece non lo faccio, rimango in silenzio qui davanti a lui a due centimetri dalla sua pelle perché non posso dirglielo adesso, non capirebbe. Lo sento voltarsi e darmi le spalle, mi basta saperlo qui, adesso. Mi avvicino piano senza fargli capire che ho sentito tutto e faccio di nuovo appoggiare il mio petto alla sua schiena. Rimane fermo, non si muove, non scappa e io mi accontento di questo, di lui qui, di nuovo con me, al resto ci pensiamo dopo e si, ho intenzione di riprendermelo con tutto me stesso, questo è un nuovo inizio.

|| Il tuo nome sulla pelle || TankeleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora