The Score - Higher
PLAYSIERRA
Mi ritrovo a camminare con accanto Connor tirandolo per la mano vendendolo più furente che mai con gli occhi fissi sui paparazzi accalcati sopra il tappeto rosso che conduce alla porta principale dell'edificio. Sembra voglia saltare da questo giardino con il solo intento di sgozzarli dal primo all'ultimo, ma ora come ora non voglio che rovini tutto in un momento delicato come questo; sono l'ultimo dei nostri problemi.
Ora siamo sul parco della terrazza superiore del secondo grattacielo, sto andando verso un'entrata che solitamente usano i dipendenti quando vogliono fare una pausa fuori per andare al bar dell'azienda.
Seguita dalle guardie, cedo gli ordini sul da farsi facendo da sola. Avrò di che discutere con il nonno una volta che saremo entrati al sicuro dai paparazzi ormai già in cerca di notizie. Tutto ciò a cui devo pensare ora e a come fare passare Connor inosservato. Non ho la minima idea del perché, ma ha voluto che lo portassi insieme a me all'azienda McGarden nonostante tutto. Era talmente arrabbiato che sono stata obbligata a consentire.
Vedo i suoi occhi quasi scuriti fissare oltre i cespugli attorno alla ringhiera che contorna la terrazza innevata dagli alberi quasi spogli coperti di neve.
«Pattugliate la zona, non state troppo di fronte questa porta, la chiuderemo dall'interno una volta entrati. Chiudete dall'interno anche la porta del terzo grattacielo e sorvegliatele unicamente dall'interno. Tutti gli altri, avvertite i dipendenti dell'azienda che chi vorrà uscire potrà usare solo la porta principale. Aumentate il controllo su quest'ultima per il resto, guardate le telecamere e tenete degli uomini in pattuglia la zona, usate le apparecchiature per sentire gli ordini dall'interno e procedete come dovete. Tutto chiaro?» Annuiscono portandosi le dita all'apparecchiatura all'orecchio per premerlo bene e comunicare ciò che ho detto indietreggiando e separandosi come ho appena ordinato.Raggiungo ben presto la porta liberandomi con difficoltà dalla ferrea presa di Connor per aprire la porta. «Entra su.» Con ancora lo sguardo fisso su quel maledetto punto, entra ringhiando sorpassando.
Chiudo la porta alle mie spalle serrandola a chiave poggiandomi su di essa cacciando un sospiro. Mi passo il dorso della mano sul naso congelato strofinandolo leggermente.
I muscoli di Connor da sotto la felpa sembrano del tutto contratti e il suo viso chino è nascosto ai miei occhi.
Inclino la testa preoccupata cercando di scorgere i suoi occhi, ma i riccioli d'oro me lo impediscono. «Connor, alla fine quelli se ne andranno, non possono restare qui per sempre e abbiamo sempre il museo sotterraneo per andare da un grattacielo all'altro.» Lo rassicuro io.
Mi premo contro la porta deglutendo rumorosamente nel vederlo alzare un minimo il viso facendomi scorgere i suoi occhi da dietro i capelli spettinati. Scuri, scurissimi come la notte in tempesta, paiono quasi neri. Alza del tutto la testa quasi reclinandola all'indietro mantenendo il mento alto in superiorità. Abbozza infine un sorrisino. «Ti ho solo accompagnata a lavoro, è tutto ciò che devi fare, non curarti del resto, sono stato chiaro?» Aggrotto le sopracciglia. «Perc-» Assottiglia lo sguardo. «Sono. Stato. Chiaro?» Richiede lui. Sento le sue dita scrocchiare nel stringersi in due pugni.
Sospiro. «Come vuoi, ma dovrai seguirmi. I patti sono questi. È un posto di lavoro e per quanto ti possa dare fastidio, qua comando io e i dipendenti non devono agitarsi per i paparazzi o altro. Tu stai con me.» Sbuffa sonoramente dal naso. «O questo, oppure te ne vai. Sai già come funziona qui.» Alle mie parole, un ghigno sfugge dalle sue labbra. Si avvicina con passo felino facendomi indietreggiare automaticamente, non più di tanto però, data la porta appena serrata alle mie spalle. «So che l'ultima volta ti stavo per sbattere contro la vetrata che dà alla città. Sarà facile farti cambiare idea anche questa volta.» Poso la mano sul suo petto mantenendo una distanza fissandolo con sguardo serio ed imperturbabile. «Se credi che farmi sottomettere un paio di volte sia un segno di debolezza, ti sbagli di grosso. Sono io che decido quando stare ad ubbidirti e quando no. In azienda mi pare chiaro che a decidere sia proprio io, qua sono alla pari di un capo: o resti buono attaccato al mio culo, oppure te ne vai e sono cazzi tuoi se i giornalisti ti prendono. Vuoi che la nostra famiglia a Miami ti veda in televisione anziché di persona?» Nel ricevere un ringhio infastidito alla verità delle mie parole, abbozzo un sorrisino vittorioso. «Vedo che siamo d'accordo.» Scosto la mano superandolo. «Seguimi, dobbiamo parlare con mio nonno ora.»
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Still Alive (S.3) [NON PERMANENTE SU WATTPAD]
Romance[IN CORSO] (S.3) ❝Continuo. «Ho sentito la voce di qualcuno sono scesa e poi l'ho visto.» Ancora una volta la mia vista si rabbuia per qualche secondo che traballo leggermente. «Chi hai visto?» Chiede a bassa voce Jerry accanto al mio orecchio. Mi v...