39. Solo un po'di affetto

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Contenuti che potrebbero urtare la vostra sensibilità.

Ad ogni modo ho cercato di rendere la scena meno truculenta possibile. Spero che questo capitolo vi piaccia lo stesso nonostante sia nettamente diverso dagli altri.
Sono sempre disposta ad ascoltare le critiche costruttive se ce ne sono.
Detto ciò vi auguro una buona lettura.

39. Solo un po' di affetto.

Non tutti i bambini sono uguali.

Non tutti hanno lo stesso destino.

Ce ne sono alcuni che appena nati vengono immediatamente stretti tra le braccia della madre  e scaldati con un abbraccio. Altri che invece sono accolti al mondo con un un'espressione di disgusto, e con tutto il freddo dell'inverno più gelido.

Ce ne sono alcuni che vengono amati più di ogni altra cosa, altri che invece sono ripugnati e odiati come se nessun altra cosa su questa terra potesse essere più orribile, indegna.

Ci sono bambini che fanno i bambini e altri che non lo sono mai stati e che non sanno del gran torto che gli hanno fatto.

Ci sono bambini che semplicemente non sanno di essere tali e vivono una vita che la rabbia, la violenza, l'odio e il male gli hanno cucito addosso.

Uno tra loro ha cucito addosso un terribile destino.

Le sue giornate sono intessute di barriti, di parole aspre sputate in pieno viso. Di pugni che sporcano di viola un corpo, di schiaffi che bruciano una pelle delicata.

"Cesar!" latra una donna.

La signora sui trentacinque anni ha una figura longilinea. I capelli secchi le ricadono come spaghetti poco dopo le spalle e con gli occhi un po'sporgenti si guarda intorno con aria annoiata per cercare Cesar.

"è vivace il bambino, eh Carine?" le domanda una signora seduta affianco a lei sulla panchina.

"Fin troppo" ribatte seccata Carine.

Le sue iridi slittano tra i vari alberi verdi del parco ma non adocchia Cesar da nessuna parte, suo figlio.

Sbuffa accavallando una gamba sull'altra.

"Si sa tutti i bambini a questa età son così" la signora fissa suo figlio che sta correndo con un sorriso che gli spacca il viso in tre parti. 

"Certo" Carine la appoggia con disinteresse.

"Anche Olivier lo è, ma cosa possono fare a otto anni oltre che divertirs-uh eccolo Cesar, Carine" la donna indica con l'indice grassoccio il tronco di un albero a circa una decina di metri da loro.

Carine osserva con attenzione il punto indicato dalla sua amica. Appena vede suo figlio rende gli occhi in due lami sottili e osserva la figura del bambino.

È di statura molto bassa e a differenza della madre è grassoccio. Le guance sono paffute e rosse, i capelli corti e gli occhi vuoti.

Un attento osservatore potrebbe coglierne un dolore profondo.

Un dolore che rode fin dentro le membra e le ossa, un dolore che oramai si è già infiltrato in lui come un veleno al quale è stato gettato l'antidoto.

Invece chiunque incrociasse il suo sguardo, sotto le sopracciglia sempre corrugate, avrebbe sicuramente affermato che quel bambino non ha bisogno di molto oltre che un po'di affetto.

Tra le pieghe delle sue palpebre si possono scorgere tutti i sogni che non ha mai avuto e tutti gli incubi che non hanno mia cessato di esistere.

Cesar nota che le due donne lo stanno fissando una con un sorriso e l'altra con sprezzo, allora ritorna al suo nascondiglio: dietro l'albero.

Rivolge la sua attenzione di nuovo al cagnolino che è ai suoi piedi.

Lo guarda con un ghigno divertito prima di abbassarsi sulle ginocchia per arrivare alla sua altezza.

"Olivier ti starà cercando, sai?" gli domanda come se lo potesse capire. 

Il cagnolino in risposta abbaia.

"Piccolo, tu non devi preoccuparti" dice con voce sognante. "Siamo amici".

Cesar sfila dalla scarpa un coltellino a scatto, lo apre e i suoi occhi luccicano insieme alla lama d'acciaio tagliente dello strumento.

Guarda la lama come un lettore guarda il suo libro preferito, come una regina la sua corona, come un leone la sua criniera... e quel cagnolino sarebbe stata la sua preda.

Il cane inizia ad abbaiare più forte e a saltare allora Cesar, che per la sua età ha una gran forza muscolare, lo trattiene con le mani.

"Zitto, zitto" gli dice talmente arrabbiato da mostrare i denti.

Stringe così tanto il piccolo corpo dell'animale da farlo piangere, poi poggia la punta del coltello sul corpo del cagnolino.

In pochi secondi il cagnolino è solo lamenti e pianto, poi gemiti strozzati ed infine carne è sangue.

Sono minuti interminabili nei quali la mente di Cesar è offuscata dalla rabbia repressa e dal bisogno viscerale di sfogare il suo veleno.

Scopre che il sangue che guarda lo affascina come nessuna altra cosa al mondo. Lo contempla sognante come se fosse la cosa più bella che avesse mai visto prima. 

Agli altri bambini luccicano gli occhi quando vedono una torta al cioccolato o un nuovo giocattolo che i genitori gli hanno appena comprato, ma a Cesar... ma a Cesar no. A Cesar brillano gli occhi guardando il sangue.

Scopre che quell'azione di affondare il coltello nelle carni è appagante a livelli fin troppo alti, ma non sa le terribili conseguenze che questa passione gli porterà. 

Conseguenze amare, molto amare. 

Ma bisogna sempre ricordare un concetto: non sono le conseguenze ad essere rilevanti ma le cause.

Quello che ci ficcano nella mente è il concetto che presente e futuro dipendono solo da noi stessi, e che il passato è l'unico a non poter essere cambiato.

Ma se il passato inevitabilmente influenzasse il nostro presente e il nostro futuro, allora anche quest'ultimi sarebbero contaminati da ciò che non possiamo modificare.

E così, a divenire irreparabile non sarebbe solo il passato.

Spazio noce suprema

Ciao ragazze!❤

Questo come avete notato è un capitolo diverso dal solito per due motivi: è in terza persona e tratta un tema delicato.

Spero vi sia piaciuto lo stesso anche se è un po'cortino ma è stato difficile da scrivere.

Il prossimo capitolo sarà incentrato sui Claney😍

Per ogni cosa il mio profilo INSTAGRAM è @/graffiandoilcielo.
Vi aspetto lì.

A presto noci❤

𝐌𝐘 𝐋𝐈𝐅𝐄 𝐈𝐒 𝐀 𝐂𝐎𝐌𝐄𝐃𝐘|| 𝐂𝐎𝐌𝐏𝐋𝐄𝐓𝐀✔Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora