Fosse l'ultima cosa che faccio, quest'estate troverò un ragazzo. Era questo il mio costante pensiero durante i primi giorni di vacanza.
L'anno successivo sarebbe stato il capitolo finale della mia storia da liceale e, se non avessi cambiato le cose in fretta, si sarebbe concluso con la protagonista più single mai vista sulla faccia della terra.
Tutti hanno avuto almeno un fidanzato nella loro vita, sopratutto alle superiori, ma non io. Asilo, elementari, medie, liceo: non sono mai uscita con nessuno.
Non è mai stato un problema di non avere il coraggio di confessarsi o di sentirsi troppo brutta per fare il primo passo; non ho solamente mai trovato l'occasione giusta o la persona giusta.
Ma quest'estate sarà diverso.
Troverò un ragazzo, costi quel che costi.
In fin dei conti, i campeggi estivi sono fatti proprio per questo, no? E guarda caso, mi stavo proprio dirigendo in uno di essi.
Dai finestrini della macchina riuscivo a vedere solamente file e file di alberi verdi che si susseguivano, senza lasciare mai cambiare il paesaggio se non per qualche piccola radura disseminata da fiori incolti, o qualche allevamento di cavalli.
Era in quei boschi, lontano da ogni comfort della civiltà, che avrei passato i prossimi tre mesi e, se tutto fosse andato secondo i piani, avrei trovato la mia anima gemella.
Okay, forse non anima gemella, ma almeno qualcosa che vi si avvicinava. Perché sì, ero in disperato bisogno di un ragazzo, ma non per questo mi sarei buttata sul primo che mi sarebbe capitato a tiro.
«Siamo quasi arrivate, tesoro» sorrise mia madre guardandomi attraverso lo specchietto retrovisore dell'auto. Riuscii a scorgere il riflesso dei suoi vispi occhi azzurri e una ciocca di capelli biondi prima che rivolgesse nuovamente lo sguardo sulla strada.
Come per confermare la sua affermazione il navigatore iniziò a darci indicazione più precise riguardo al nostro punto di arrivo.
Dopo avermi fatta scendere mia madre se ne andò, lasciandomi così con la mia valigia in un largo spiazzo vuoto, davanti ad un grande edificio in legno, scomparendo prima che io potessi chiederle di accompagnarmi dentro. Il campeggio era stata una sua idea, in realtà. Diceva che doveva imparare a "sbrigarmela da sola" e che ormai ero troppo grande per non saper nemmeno rifarmi il letto senza il suo aiuto.
C'erano altre piccole capanne sparse per il boschetto in cui mi trovavo, tutte dislocate lungo piccoli sentieri che si allungavano verso il basso della collina.
Sembrava che non ci fosse nessun in giro, forse ero veramente in ritardo. Comunque, mi avviai verso il portone d'ingresso, ma non feci in tempo a varcare la soglia che un'ondata bianca mi ricoprì la faccia.
Mi portai una mano al viso, schifata, cercando di togliermi dagli occhi e dalla bocca quella che sembrava panna montata.
Appena la mia vista si schiarii un pochino e non mi sembrò più di trovarmi nel bel mezzo di una nuvola, scorsi davanti a me una ragazza dai capelli corti, di un rosso accesso, la mano ancora in aria, con un piatto di plastica dove pochi rimasugli di panna rimanevano attaccati quasi penzolando.
«Tu non sei Kai» constatò lei dopo avermi osservato per qualche secondo.
«Decisamente non Kai» replicai io con tono acido, ancora intenta a togliermi dalla faccia ogni più piccola traccia di panna e a buttarla per terra scrollandomi le mani.
La ragazza si mise a ridacchiare, davvero non so cosa ci trovasse di tanto divertente in quella situazione. «Fermati principessina, non sporcare così l'ingresso o chiunque entri ci scivolerà sopra.»
«Per prima cosa, non sono una principessina, e per seconda, cos'altro dovrei fare?» sbuffai io alzando un sopracciglio. Volevo proprio sapere quale fosse la sua soluzione geniale.
Lei scosse la testa con fare quasi incredulo, facendo ballare le corte ciocche rosse. «Vatti a sedere a quel tavolo, torno subito da te» disse indicandomi un tavolo di legno grezzo vicino ad una delle pareti.
Per fortuna la mia entrata spettacolare sembra essere stato uno spettacolo solamente per uno, visto che la stanza era completamente vuota. Non c'erano persone e i passi della ragazza riecheggiavano sul pavimento quando i suoi scarponcini da montagna vi ci passavano sopra con poca grazia. Ci trovavamo in quella che sembrava quasi una mensa: molti tavoli appaiati con panche di legno erano disposti in maniera casuale per lo stanzone rettangolare, un piccolo podio rialzato si trovava al centro, sotto un enorme candelabro a forma di corna di cervo, dei banconi in alluminio da caffetteria occupavano la parete opposta all'entrata; bandiere, poster e foto erano appiccicati su ogni centimetro di muro colorando l'intero perimetro, attirando subito la mia attenzione.
Invece di sedermi dove mi era stato detto mi avvicinai alla parete, facendo passare il mio sguardo da una locandina pubblicitaria del campeggio risalente ai primi anni del duemila dove un ragazzo, intento a cantare una canzone, sedeva davanti ad un falò accesso, per poi passare ad una foto di campeggiatori molto più recente, dove tutti erano vestiti di arancione, i volti pitturati con larghe strisce dello stesso colore, per poi posarsi infine su un disegno di una notte stellata, forse uno dei tanti ricordi che qualcuno aveva vissuto in quel posto.
Questo genere di cose, dove si accumulano ricordi, memorie, persone, momenti, sono le mie preferite. È un modo per lasciare il segno, dire "Io sono passato di qui, io ho camminato fra questi sentieri, io ho mangiato a questi tavoli, io ho nuotato in questo fiume", ma anche solamente per ricordare a degli sconosciuti che "Io ho vissuto, io sono esistita".
Sorrisi al solo pensiero che alla fine di quell'estate ci sarebbe stato anche il mio di segno, in mezzo a quelli di mille e altri ragazzi.
«Vedo che l'arrabbiatura ti è passata in fretta, principessina» disse la ragazza, comparsa come dal nulla alla mia destra, troppo improvvisamente per non farmi paura.
«Dio mio, avvisa prima di parlare così di punto in bianco» esclamai portandomi una mano al cuore. «Mi hai fatto venire un colpo. E, per la cronaca, sono ancora arrabbiata.»
«Siediti e lasciami pulirti, allora. Sono al suo servizio, principessa» scherzò la ragazza facendo una riverenza e inchinandosi porgendomi una salvietta.
Ero ancora troppo arrabbiata per ridere.
Mi sedetti nell'angolo della panca, lei si mise davanti a me. Mentre stava per allungare una mano, la fermai e le tolsi la salvietta dalle dita. «Posso fare da sola, mi sembra di aver capito che tu abbia un certo Kai da trovare.»
Lei mi guardò da capo a piede per qualche secondo, gli occhi grigi che mi scrutavano in silenzio. «Non sembri una tipa da campeggio.»
«Cosa dovrebbe essere questo? Un insulto? Per tua informazione mi sentivo già abbastanza insultata con un chilo di panna in faccia.»
«Era solo una constatazione» replicò, stringendosi nelle spalle ossute.
«A me sembrava un pregiudizio. Immagino sia perché porto una gonna e non dei pantaloni pieni di tasche come i tuoi, no?» continuai a pungolarla, dando un'occhiata veloce ai suoi cargo.
«No, è perché ti sei riuscita a perdere anche in mezzo alle capanne.»
«Anche tu sei qui, quindi non sei meglio di me.»
«Almeno io sono consapevole di dove mi trovo, tu non lo sembri molto. Comunque, il punto di incontro è dall'altra parte del campeggio, ti conviene correre se non vuoi arrivare in ritardo il primo giorno e perderti l'assegnazione della squadra.»
Disse indicandomi il retro dell'edificio, dove due grandi finestre si affacciavano sul resto della collina. Lei sembrava non volersi muovere da lì, così mi alzai e me ne andai, cercando di trovare il posto giusto, almeno per quella volta.
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Summer Nights ☆ {GIRLxGIRL}
RomanceOra disponibile su Amazon: https://amzn.eu/d/c1vqEYS Bianca sta cercando l'amore della sua vita. Erica vuole solamente far arrabbiare sua madre. Un campeggio estivo le porterà ad avvicinarsi l'una all'altra per poi non volersi più allontanare. ⚠️ATT...