Settembre ☆ Erica

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Avevo esagerato.
Sapevo di aver esagerato sin dal primo istante. Da quando avevo visto ogni briciolo di gioia sparire dal suo volto, da quando i suoi occhi avevo iniziato a farsi traslucidi e le labbra tremolanti. Ora non sembrava nemmeno riuscire a vedermi, o a sentirmi. I suoi occhi erano fissi nel nulla mentre i suoi polmoni andavano in iper-ventilazione.
E, come se non fosse abbastanza, per migliorare la situazione, un gruppetto di persone stava iniziando a notare la nostra interazione, indicandoci di nascosto, alcuni con fare preoccupato, altri con non altrettanto buone intenzioni.
«Bianca» ripetei per almeno dieci volte. «Bianca ti prego fai un grosso respiro, ti prego.»
Le avevo procurato un vero e proprio attacco di panico. E questo stava mandando nel panico più totale anche me.
Non era nelle mie più remote intenzioni farla crollare in quel modo davanti a tutti. Pensavo... pensavo, non lo so, che mi avrebbe risposto a tono, che mi avrebbe detto che sì, le stavo troppo addosso e aveva bisogno di una pausa da me, se non proprio di lasciarmi una volta per tutte.
Quella notte, quando le due erano passate e ancora non avevo ricevuto alcuna notizia da Bianca, avevo deciso di partire, da sola, salendo sul primo treno che andava in direzione della sua città, dormendo nemmeno una ventina di minuti fra una stazione e l'altra, per poi salire su due diversi autobus, solamente per raggiungere la sua scuola. Non avevo idea di dove abitasse, ma mi aveva detto di star frequentando un liceo scientifico e, per fortuna, Google mi aveva rivelato essercene solamente uno nella sua piccola città.
Mi ero appostata lì dalle sei in poi, proprio davanti ai cancelli che tutti gli studenti, piano piano, stavano utilizzando per entrare a scuola. Ho aspettato più di un'ora in piedi nella speranza di vederla, tutto solamente per rovinare la nostra relazione con la mia lingua tagliente. Ma sapevo che se non lo avessi fatto Bianca non avrebbe mai avuto il coraggio di confrontarmi e di dirmi come stessero in realtà le cose. E io avevo bisogno di sentirmelo dire.
«Che cosa sta succedendo qua?» una voce sconosciuta, da dietro le mie spalle, mi fece girare all'improvviso.
Una ragazza che non avevo mai visto prima mi stava osservando dall'alto al basso, con aria di disgusto e preoccupazione, come se stessi importunando una povera vittima. E, in effetti, era un po' quello che sembrava io stessi facendo.
«Niente che ti riguardi, è tutto sotto controllo» risposi quasi sibilando e tornando a guardare Bianca. L'avevo fatta sedere sul muretto della scuola, ora stava iniziando a respirare a velocità normale, ma ancora non riusciva a smettere di piangere. La situazione non era per nulla sotto controllo e non avevo idea di che cosa avrei dovuto fare.
«E invece credo proprio che sia una cosa che mi riguardi. Sono una cara amica di Bianca e non ho la minima idea di chi sia tu.» La ragazza dai capelli corti non sembrava essere venuta per giocare, avrei quasi giurato che avrebbe potuto iniziare a prendermi a botte se non me ne fossi andata al più presto. Ovviamente non per questo lo avrei mai fatto.
«La stessa cosa vale per me. Come faccio a sapere che sei veramente una sua amica e non mi stai solamente mentendo per, boh, non lo so, farle del male?» chiesi di rimando, socchiudendo gli occhi, rimandandole indietro tutta quell'aria di strafottenza che emanava.
Bianca, all'improvviso diventata più consapevole della situazione intorno a sé, tornò a parlare, anche se la sua voce era ancora roca e udibile a malapena. «Erica, per favore, lasciala fuori da questa storia.»
Mi indicai il petto con fare innocente. «Io? Io non so nemmeno chi sia questa tipa, è lei che si è intromessa per i fatti suoi. Sarei più che felice di lasciarla fuori da questa storia.»
L'altra ragazza, come se tutto quello che avessimo detto le fosse entrato da un orecchio ed uscito dall'altro, senza nemmeno dare il tempo al cervello di processarlo, si abbassò su un ginocchio, portando i suoi occhi al livello di quelli di Bianca, ancora seduta sul muretto di mattoni scuri.
«Vuoi che ti riporti a casa? O che chiami la polizia?» chiese con dolcezza, rifilandomi un'occhiataccia a quell'ultima parola.
Non potevo credere che davvero quella completa sconosciuta credesse che io, io fra tutte le persone di questo mondo, stessi cercando di fare del male a Bianca. Bianca che io amavo con tutto il mio cuore e non avrei mai potuto toccare nemmeno con un solo dito.
Bianca scosse la testa, asciugandosi le ultime lacrime che le stavano ancora bagnando le guance. Era tutta rossa in viso, ma ormai la parte peggiore sembrava essere passata. «No, va bene così. Grazie del pensiero, però.»
Poi si rivolse a me, i suoi occhi che non riuscivano nemmeno a guardarmi in faccia, ma si erano fermati poco più su della mia vita, ad osservare un punto imprecisato nello spazio. «Ora devo decisamente salire in classe, probabilmente sarò già anche in ritardo.»
«Bianca» la bloccai subito io, prima ancora che potesse alzarsi del tutto. «Non era mia intenzione... tutto questo. Avevo solamente bisogno di parlarti.»
Lei scosse la testa, fissando il pavimento. «È tutto okay. Almeno ora so che cosa pensi veramente di me e» guardò per un secondo l'altra ragazza, prendendo una piccola pausa, «e della nostra amicizia.»
Amicizia. Quello si che era un modo perfetto per descrivere quello che c'era stato fra di noi.
«Penso che tu te ne debba andare, la tua presenza non sembra essere molto gradita al momento» si intromise nuovamente quella sconosciuta un po' troppo saccente, facendo addirittura segno di mettermi una mano sulla spalla e farmi allontanare da Bianca.
«Erica, io-»
«Ti lascio in pace, allora» furono le ultime parole che le rivolsi prima di girarmi di spalle e iniziare silenziosamente a piangere.

Summer Nights ☆ {GIRLxGIRL}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora