Capitolo 33 ☆ Bianca

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Il fatto che Erica sembrasse non voler avere nulla a che fare con me mi rendeva felice e triste allo stesso tempo. Era difficile da spiegare, ma sapere che non mi avrebbe parlato mi salvava dal dover fingere di riuscire a guardarla in faccia senza scoppiare a piangere. Allo stesso tempo, non averla attorno e sapere che mi aveva usata come un "bacio usa e getta" o qualcosa del genere mi faceva infuriare e piangere.
«I giochi di oggi saranno fatti tutti a coppie» stava spiegando Emma, sopra il piccolo palchetto della sala mensa. Tutti i campeggiatori erano stati riuniti lì per le attività del pomeriggio a causa della forte pioggia improvvisa. «Se nella vostra cabina siete in numero dispari uno di voi giocherà con il proprio caposquadra.»
Non appena fu dato l'annuncio, per tutta la mensa iniziarono a riecheggiare voci di bambini e ragazzi che si chiamavano a vicenda, ad alta voce, per assicurarsi di finire con il proprio migliore amico o chiunque gli stesse più simpatico.
Anche nella nostra cabina si erano formati dei due ormai indissolubili, come quello di Denise e Clara, o i due gemelli, Edoardo ed Emanuele. In tutto quello io non sapevo bene dove fossi: avevo fatto amicizia con tutti loro, sopratutto con le ragazze ed Alex, con cui condividevo la stanza ogni notte, ma non riuscivo ancora a sentirmi di poter dire che ci fosse qualcuno da cui sarei corsa per prima.
Probabilmente sarei corsa da Erica, se non fosse stato che nella nostra squadra eravamo già in numero pari e se non fosse stato che mi aveva appena distrutto il cuore.
Mi sentivo un po' frastornata da tutto quell'andirivieni che mi circondava - mani che si alzavano per chiamare persone dall'altro lato del tavolo, voci che parlavano quasi urlando per attirare l'attenzione, occhi che si incrociavano senza il bisogno di dire nemmeno una parola.
Con lo sguardo che si spostava da una persona all'altra, alla ricerca di qualcuno con cui unirmi, mi sentivo un pochino disperata e stupida.
Poi la mano di Alex si fece strada sulla mia spalla, appoggiandovisi con forza mentre il suo padrone mi sorrideva. «In quanto i due più competitivi, propongo di unire le forze per puntare alla vittoria.»
Gli sorrisi di rimando, sollevata che fosse stato lui a venire da me. «Ci puoi contare.»
Una volta che tutte le coppie si furono formate e che l'ordine fu riportato sulla mensa, Emma iniziò a spiegare che cosa avremmo dovuto fare quel pomeriggio uggioso.
La pioggia continuava a scrosciare sulle finestre e il vento si stava alzando, ululando dentro gli spifferi e creando piccole correnti d'aria anche al chiuso. Sembrava più una giornata di pieno inverno che un pomeriggio di luglio.
«Per prima cosa, passeremo a distribuire dei bastoncini di legno di varie forme e lunghezze. Poi, quando vi daremo il via, voi dovrete cercare di costruire una struttura il più resistente possibile. Alla fine vincerà chi è riuscito a fare la torre più alta che riesce a stare in piedi da sola, senza l'aiuto di qualcuno» ci illustrò Emma, mentre gli altri caposquadra si muovevano fra le lunghe tavolate della mensa con dei grossi scatoloni di cartone.
Oltre a quelli che sembravano degli stuzzicadenti di varie dimensioni e degli stecchi di ghiacciolo ci furono consegnati anche un paio di forbici, della colla e dello scotch. Con quelle poche cose sembrava impossibile riuscire a elaborare una struttura slanciata, ma Alex sembrava convinto del contrario. Non appena il tempo partì, si mise subito all'opera, spostando tutti i nostri oggetti sul pavimento, dove diceva sarebbe stato molto più facile lavorare quando la torre avrebbe raggiunto maggiore altezza.
Decidemmo di iniziare con una base abbastanza larga, formata solamente da stecchi di ghiacciolo, messi uno di fianco all'altro, come una specie di zattera. Poi avremmo formato una specie di colonnato di stuzzicadenti, su cui avremmo appoggiato un'altra zattera e avremmo continuato così finché avremmo potuto, stringendo sempre di più l'area della struttura man mano che si saliva.
Era un buon piano e, più costruivano, più mi sembrava che avessimo la vittoria in pugno. Arrivati al terzo piano non dava ancora alcun segno di cedimento e non traballava nemmeno quando ci allontanavamo per qualche secondo.
Guardandomi attorno sembrava che fossimo quelli messi meglio della nostra squadra: i più piccoli stavano facendo del loro meglio, ma dovevano spesso chiedere aiuto ai più grandi per le forbici e lo scotch e quest'ultimi sembravano non conoscere molto bene le leggi della fisica.
Ad un certo punto, uno dei caposquadra fece risuonare un lungo fischio per tutta la mensa, annunciando che eravamo arrivati a metà del tempo concessoci per la costruzione.
Mi voltai solamente per qualche secondo, per controllare d'istinto l'orario sull'orologio appeso al muro, e quando riportai lo sguardo su Alex lo ritrovai accucciato per terra, mentre si teneva la pancia con la faccia contrita dal dolore.
«Che cosa è successo? Ti sei tagliato con le forbici?» chiesi, avvicinandomi, anche se non aveva senso, perché non stavamo affatto usando le forbici in quel momento, ma era l'unica cosa che mi fosse venuta in mente.
Alex scosse la testa. «No, solo mal di pancia da ciclo.»
«Vuoi andare a stenderti da qualche parte? Magari riusciamo a trovare una borsa dell'acqua calda se ti può aiutare» proposi, scannerizzando la stanza alla ricerca di qualche posto che sembrasse avere abbastanza spazio per far sdraiare Alex.
Ma lui si alzò prima ancora che potessi trovarlo. «No, non ti preoccupare. Penso che mi siederò in un angolo e basta. Però mi dispiace farti continuare da sola.»
Mi misi in piedi anch'io. «Non ti preoccupare di quello, siamo già avantissimo, posso farcela.»
«O potresti chiedere aiuto ad Erica.» La sua voce lasciava intuire diverse implicazioni. Non ero sicura di quali, ma certamente non era nulla di buono. Cosa stava pensando di fare?
«Non chiederò aiuto ad Erica» sentenzia alzando gli occhi al cielo. L'ultima cosa di cui avevo bisogno era dover sopportare la sua presenza più del necessario.
Tuttavia Alex sembrava non essere d'accordo.
Sorrise lentamente, lasciando ciondolare la testa di lato con fare incuriosito. «Allora lo andrò a chiedere io per te.» Detto questo, Alex si girò, dirigendosi verso il tavolo dei caposquadra.

Summer Nights ☆ {GIRLxGIRL}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora