Capitolo 48 ☆ Erica

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Per qualche motivo Bianca sembrava terribilmente su di giri. E facevo fatica a pensare che fosse solamente a causa della gita sull'acqua che avremmo fatto molto presto. Sembrava che ci fosse anche qualcos'altro ad invadere i suoi pensieri e potevo quasi scommettere che si trattasse del vicino ritorno a casa.
Era già da giorni che la trovavo a guardare il vuoto, tutta cupa e pensierosa, quando pensava che nessuno di noi la stesse guardando. Vedere bambini che si mettevano a piangere alla vista dei propri genitori o chiunque altro fosse venuto a prenderli era qualcosa che succedeva ogni anno, ma nemmeno loro iniziavano a sconsolarsi già a metà agosto.
A dirla tutta, non credevo che a Bianca importasse così tanto del campeggio. Non erano le cabine, i boschi, o l'estate in sé che le sarebbero davvero mancati. Erano le persone che vi aveva incontrato. E la capivo benissimo perché anch'io mi sentivo allo stesso modo.
Dire addio a Kai all'inizio di ogni settembre, sapendo che con molta probabilità ci saremmo rivisti solamente e giugno, faceva sempre malissimo al cuore. Anche con Luca era stato orribile, nonostante lui abitasse a solo una mezz'oretta di macchina da me. Non osavo immaginare come sarebbe stato separarsi da Bianca.
Anche lei sarebbe stata estremamente vicina, ma questo non mi faceva sentire meno triste. Anche se avesse vissuto nella casa dall'altro lato della strada, sarebbe sempre stata più lontana di quanto non avesse mai fatto. La distanza di un solo letto a castello era difficile da superare.
Ma, in un modo o nell'altro, ce l'avremmo fatta. E volevo che anche lei lo capisse.
Le libellule avevano deciso che, per motivi legati alle più alte probabilità di vittoria, io e Bianca saremmo di nuovo dovute andare come ultime. Eravamo quindi sedute sulla riva del lago, il mio sedere e le mie cosce che ormai avevano preso la forma stessa dei sassi. Bianca teneva gli occhi fissi sulla canoa su cui Edoardo e Sofia stavano pagaiando al loro meglio, mantenendo un testa a testa per il terzo posto con la squadra delle Rane Gialle. Ogni tanto si portava le mani a coppa intorno alla bocca, urlando qualche grida di incoraggiamento per i nostri concorrenti, ma avevo seri dubbi che a quella distanza e con tutto quel vento nelle orecchie sarebbero riusciti a capire mezza delle sue parole.
Era davvero carina però, mentre la sua faccia diventava tutta paonazza e stringeva i pugni lungo i fianchi, come se stesse per esplodere dalla troppa competitività, quindi non le dissi niente. Continuavo a prenderla in giro, ogni tanto, ma trovavo molto più intrattenente vederla arrossire per dei complimenti fuori luogo o per le troppe attenzioni.
Quando finalmente arrivò il nostro turno, le porsi una mano per aiutarla ad alzarsi dal terreno. Lei la prese, mezza sconsolata, mezza con quella che sembrava vera paura intrisa negli occhi.
«Non cadrai in acqua questa volta, te lo prometto su qualsiasi cosa al mondo» le dissi, cercando di rassicurarla. Costasse quel che costasse, non avrei permesso a nessun'altra canoa di avvicinarsi troppo alla nostra. Anche se questo significava remare con tutte le mie forze e tagliare il traguardo per prime.
Le nostre escursioni al lago erano diventate molto frequenti e anche se, fra un bacio e l'altro, Bianca era riuscita ad imparare a galleggiare, ancora non se la sentiva di addentrarsi troppo al centro del bacino d'acqua. Aveva troppa paura. Non l'avrei sottoposta nuovamente a quella tortura che aveva vissuto ad inizio estate.
Lei sembrava titubante, ma in qualche modo riuscì a rivolgermi un piccolo sorriso. «Mi fido di te, è degli altri che ho paura.»
Quelle parole non era affatto pensate per fare sentire meglio me, ma in qualche modo uno strano moto di calore mi pervase tutto il petto. Si fidava di me. Si fidava di me e a me non serviva nient'altro che quello.
«Per gli altri non posso fare nulla, ma farò il mio meglio per evitare che succeda alcun incidente. Ti posso promettere solo questo» replicai io, allungando le mie dita verso le sue, alla ricerca della sua mano. Anche dopo tutto quello che era successo fra di noi, solamente quel gesto bastava per farmi volare uno stormo di api nello stomaco e farmi sentire tutta calda e confusa nella pancia. E speravo che Bianca non smettesse mai di farmi quell'effetto, come una nuova avventura ogni giorno, ero pronta a buttarmi in lei.
La aiutai a salire sulla canoa, tenendola ferma mentre lei vi si arrampicava dentro, poi fu il mio turno. Quando fui seduto sul piccolo sedile di legno, il remo fra le mie mani, presi un grande respiro. Chiusi gli occhi per qualche secondo, alla ricerca di concentrazione.
Sapevo come si remava. Andavo in canoa da quando avevo iniziato a camminare, in pratica. Forse non ero naturalmente dotata per quello sport, ma sapevo muovere una canoa senza farla ribaltare, di questo ero sicura.
L'ultima volta ero stata solamente troppo stupida da alzarmi in piedi senza pensare che, con Bianca dietro di me in piena modalità panico, sarebbe potuto succedere un casino. Ma questa volta ero pronta all'evenienza e non avrei più agito così, su due piedi, senza nemmeno un secondo pensiero.
Da qualche parte alle nostre spalle Sarah si mise il fischietto alle labbra e diede il via alla gara con un unico sonoro fischio.
Bianca iniziò a remare subito, mantenendo un ritmo lento ma deciso, così cercai di rimanere sulla sua stessa lunghezza d'onda. In quel modo avremmo dovuto continuare ad andare dritte senza troppi problemi.
Il mio cuore stava pompando a mille, in ansia come non era mai stato per una di quelle stupide attività del campeggio. Gli altri gareggianti non sembravano aver nessun pensiero in mente se non la vittoria e tutte le loro canoe sembravano volare sull'acqua, verso la linea del traguardo, senza nessun intoppo. A quanto pareva, avevano tutti lasciato i loro migliori rematori per il round finale.
Con molta sorpresa mi ritrovai a pensare che era stato un bene. Così avrebbero tolto buona parte della competizione per i turni successivi. Scossi la testa, perché stare intorno a Bianca mi stava rendendo un po' troppo competitiva.
Con gli altri distanti ormai molti metri non c'era più rischio di essere colpite e affondate, ma continuammo a mantenere il nostro passo fino alla riva opposta del lago.
Arrivare ultime non era una grande vittoria per Bianca e vedevo che si sentiva alquanto sconfitta, ma almeno non era fradicia come un piccolo pulcino.

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