Capitolo 12 ☆ Erica

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Una delle attività più amate nel campeggio - e che mia mamma adorava pubblicizzare ovunque su locandine e su internet - era senza discussione il tiro con l'arco.
Le cabine facevano a turno per utilizzare i quattro bersagli rossi e bianchi posizionati in una radura poco lontano dalle capanne e, quell'anno, i primi ad avere l'onore erano state le libellule.
Erano tutti fin troppo entusiasti e io volevo solamente sotterrarmi da qualche parte. Il tiro con l'arco era una di quelle attività in cui dovevo prestare attenzione, anche se non volevo. Va bene tutto, ma non potevo permettere che qualcuno si facesse del male sotto la mia tutela.
Avevo fatto posizionare quattro dei ragazzi più grandi con gli archi in mano, davanti ai bersagli, per far sì che i più piccoli e chi non aveva mai tirato potesse avere una buona idea di cosa dovessero fare per non lasciarci una mano.
Tenevo anch'io un arco nella mano destra e la una freccia nella sinistra. Un altro motivo per cui odiavo il tiro con l'arco era il fatto che mia madre mi aveva obbligato sin da piccola a seguire lezioni su lezioni, rese ancora più numerose dal mio essere mancina. Sembrava che la freccia non riuscisse mai seguire la traiettoria che volevo, ma virasse leggermente più a sinistra, ogni volta. Con il tempo avevo imparato qualche trucchetto, ma era stato comunque uno strazio.
«Dovete tenere l'asta fra due dita, in questo modo» iniziai a spiegare, passando davanti a tutti e mostrando come fare. «Ovviamente, la punta va messa lontano dalla faccia e la piuma vicino alla mano.»
Bianca alzò la mano, probabilmente pronta a fare qualche domanda, ma feci finta di non vederla. Non eravamo certo a scuola e non eravamo certo in un luogo dove le domande ai facevano alzando la mano. Quel suo essere perfettina stava iniziando ad irritarmi più di quanto avesse fatto all'inizio.
Appoggiai la freccia alla corda dell'arco, alzandolo lentamente e portandomi la piuma vicino alla guancia. «Vi basterà posizionarvi in questo modo. Quando siete pronti prendete con le dita che tengono la freccia anche la corda e tirate verso di voi. Ricordatevi di mirare al centro del bersaglio tenendo un occhio chiuso e quando volete lasciate andare la presa per far partire la freccia.»
Mentre parlavo continuavo la mia dimostrazione, finendo tutto con un tiro dritto e un centro perfetto. Sarebbe stato imbarazzante se non fosse stato così.
«Okay, ora tocca a voi» conclusi, gesticolando verso i ragazzi più esperti di partire con i loro primi dieci tiri, poi sarebbe stato il turno degli altri e avremmo continuato ad alternarci fino all'ora di pranzo, quando finalmente quel tormento sarebbe finito.
Ovviamente, i problemi iniziarono non appena Bianca, insieme ai tre bambini più piccoli, prese posizione davanti ad uno dei bersagli. Avevo assegnato ad ogni bimbo due o tre dei campeggiatori più grandi, per assicurarmi che nessuno ci lasciasse le penne, e io mi ero affiancata a Bianca che mi guardava con sguardo omicida da almeno dieci minuti.
Le loro frecce non erano vere e proprie frecce, la punta era stata sostituita con un pezzo di plastica, ma avrebbe comunque potuto fare male a qualcuno se gli fosse finita in un occhio. E Bianca sembrava pronta a farmi dal male. Con la freccia o con qualsiasi altra cosa le fosse capitata sotto mano al momento.
«Cosa c'è?» le chiesi aspra.
I suoi occhi erano simili a due fessure che mi scrutavano con indignazione. «So benissimo che mi hai ignorata, prima.»
«E allora?»
«Avevo una domanda molto importante da fare, magari avresti dovuto ascoltarmi e rispondere.»
«E quale sarebbe stata questa domanda?» chiesi, inarcando un sopracciglio.
«Al momento non me la ricordo» borbottò lei, distogliendo lo sguardo dal mio. «Ma non è questo l'importante.»
Alzai gli occhi al cielo. Parlare con lei sembrava una partita persa ancora prima di iniziarla. Più il tempo passava, più veniva meno la mia convinzione di poterla usare per perdere punti. Forse mi ero sbagliata ad averla voluta con ansia nella mia squadra.
«Sbrigati a fare i tuoi tiri e basta» tagliai corto io, vogliosa di finirla il prima possibile. Le indicai l'arco che teneva fra le mani e le feci segno di sbrigarsi.
Lei se lo portò vicino al viso, ma stava tenendo tutto nel modo sbagliato. La mano era troppo vicina alla punta, così come lo era la punta del suo naso. Per una che amava seguire le regole non sembrava avermi ascoltata così bene quando le stavo spiegando cosa fare.
Sbuffai con esasperazione e lei mi guardò di sottecchi. «Cosa c'è?»
«Hai una qualche voglia suicida di cui non sono a conoscenza? Se fai partire la freccia messa così ti potresti fare del male» le spiegai, avvicinandomi a lei.
Mi spostai alle sue spalle, girata in modo tale da poter tenere sottocchio il bersaglio che, con tanta speranza, Bianca avrebbe dovuto colpire.
Tolsi le mani dalle tasche dei pantaloncini e le appoggiai sulle sue, aggirandola in una specie di abbraccio da dietro. Il mio corpo era ancora a svariati centimetri dal suo, ma la vidi irrigidirsi non appena le mie dita sfiorarono la sua pelle.
Avrei potuto spiegarle come mettersi in qualsiasi altro modo, ma quella era proprio la reazione che stavo cercando. Vederla tutta frustata mi dava una scarica di energia che faccio fatica a spiegare con le sole parole.
«Sto cercando di aiutarti» le mormorai vicino all'orecchio, scaturendo in lei esattamente quello che mi aspettavo. «Non c'è bisogno di aver paura.»
«Non ho certo paura, infatti» replicò lei, tutta impettita, le guance leggermente rosate. Avrei potuto giurare che si trattenesse a malapena dal districarsi dalla mia presa per poi scappare via solamente perché non voleva darmela vinta.
La aiutai a posizionarsi nella maniera giusta, spostandola come se fosse un manichino pronto a prendere qualsiasi forma io le avessi dato.
Così vicino a lei mi accorsi per la prima volta del profumo floreale che indossava. Non sono mai stata il tipo di ragazza che va matta per i profumi, sono più il tipo da deodorante e nient'altro, ma quella fragranza mi stava facendo dubitare molte cose.
La lasciai andare, soddisfatta del mio lavoro. «Okay, ora puoi tirare. Chiudi un occhio e mira al centro del bersaglio.»
«Ah davvero? Pensavo di dover mirare all'albero dietro, fa un po' te» borbottò ancora lei, ma i suoi occhi sfarfallavano verso di me invece che essere fissi sul cerchio bianco e rosso.
Se si fosse trattato di qualunque altra persona, avrei potuto pensare che avessimo appena avuto un momento. Uno di quei momenti in cui capisci qualcosa, in cui ti rendi conto di cosa sta succedendo fra te ed un'altra ragazza. Ma non era quello il caso. Stavo solo cercando di infastidirla, e c'ero riuscita. Tutto qua.
Bianca prese un respiro leggermente tremolante, raddrizzò le spalle e, dopo qualche secondo di ponderazione, fece partire la freccia. Freccia che atterrò a pochissimi centimetri dai suoi piedi, disegnando un arco floscio nell'aria prima di sbattere per terra.
Nemmeno i bambini di fianco a lei stavano tirando così male.
Quando si girò verso di me, la faccia fra il mortificato e il deluso, non potei fare a meno di scoppiare a riderle in faccia.
«Non c'è nulla di divertente! Perché stai ridendo?» sbraitò lei, sembrando sull'orlo di una crisi di nervi.
«È la cosa più divertente che io abbia mai visto, non ne hai idea» continuai a ridere io, sbellicandomi come non mai. «Avrei dovuto farti un video. Se solo avessi dietro il telefono!»
Lei grugnì, alzando le braccia al cielo e rivolgendosi nuovamente al bersaglio. Alzò di nuovo l'arco, questa volta meglio di prima, e con decisione finì il resto dei tiri.

Summer Nights ☆ {GIRLxGIRL}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora