Capitolo 43 ☆ Bianca

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«Dobbiamo proprio continuare ad uscire durante la notte? Ho paura che qualcuno ci scopra, sul serio.»
Erica aveva preso il vizio di trascinarmi fuori dal letto a giorni alterni, per andare al lago o in qualche altro posto tranquillo del campeggio. E per quanto amassi passare del tempo con lei, mi attanagliava ancora la paura di finire nei casini.
«Quante volte lo abbiamo già fatto? Tipo dieci? Non credo proprio che ormai succederà qualcosa» mi rispose tranquillamente lei, stringendo leggermente la presa sulla mia mano. «Andrà tutto bene. E poi, oggi voglio portarti in un posto speciale. Lì di sicuro nessuno ci troverà.»
«Hai intenzione forse di uccidermi e far sparire il corpo?» scherzai io. «Sai, non mi scordo che hai ucciso un uomo solamente per vendetta personale.»
Lei fece finta di alzare gli occhi al cielo, ma potevo vederla ridere sotto i baffi. «Quella storia è vecchia di secoli, ormai è tutta acqua passata. Ma se un uomo verrà a prenderti per portarti via da me, non posso promettergli di salvargli la vita, questo è vero.»
Io ero sicura che un uomo non avrebbe mai potuto allontanarmi in quel modo da lei. Negli ultimi giorni, la consapevolezza dentro di me era cresciuta in maniera esorbitante. Avevo iniziato a ripensare al mio passato, rinvangando eventi ormai confusi e sfocati, per studiarli a fondo, e molte cose avevano iniziato a fare assai più senso di quanto non avessero mai fatto prima.
Mi ero sempre chiesta perché, quando le mie compagne di classe, alle elementari, mi chiedevano quale bambino mi piacesse, io facevo sempre fatica a trovare una risposta veritiera e finivo per nominare quello a cui tutte andavano dietro. Perché se piaceva a tutte, un motivo doveva esserci, no? Se piaceva a tutte, probabilmente piaceva anche a me, solamente non riuscivo bene a capire cosa significasse avere una cotta per qualcuno, no?
Mi ero sempre chiesta perché, quando le mie amiche mi trascinavano in discoteca o in qualche locale, non riuscissi mai a guardare un ragazzo e pensare "sì, questo è proprio il mio tipo, voglio andare a conoscerlo". Tutte loro lo facevano sembrare sempre così facile. Io pensavo solamente di avere degli standard troppo alti e che la persona giusta non avesse mai incrociato il mio cammino.
Ma la verità era che non sapevo nemmeno come fosse fatta la mia persona giusta. Stavo cercando un ragazzo, magari alto e con i capelli biondi, magari un ragazzo per bene, sempre pronto a farmi sorridere, quando in verità avrei dovuto tenere gli occhi aperti per una ragazza.
E se ci ripenso, molti tasselli della mia vita che prima stridevano fra di loro, iniziavo finalmente a combaciare, come per magia. Non era un caso se il mio personaggio preferito di Harry Potter da piccola era Hermione. Non era un caso se quando giocavo con le bambole finivo sempre per farle baciare. Non era un caso se il solo pensiero di fidanzarmi con un maschio mi faceva rivoltare le budella.
«Non penso proprio che mi farei portare via da un uomo» mormorai. Era difficile da dire ad alta voce, ma in qualche modo pensavo che Erica dovesse sapere. Non che essere lesbica cambiasse qualcosa fra di noi. Ma volevo solamente che lei sapesse.
Lei comprese subito cosa stavo cercando di dirle. «Una donna, allora. Farà la stessa fine, non mi importa del suo genere, se prova a rubarti finirà sotto le mie grinfie.»
Non potei fare a meno di ridere un po' più forte a quella sua ultima frase.
Da quanto avevamo iniziato ad uscire insieme - da quando ci eravamo fidanzate - avevamo smesso di battibeccare come prima, anche se la nostra natura scontrosa non si era del tutto cancellata. Tuttavia, passavamo molto più tempo a ridere che a dirci cattiverie, il che era un grande cambiamento. Un cambiamento per il meglio.
Non penso di essermi mai divertita tanto quanto avevo fatto con lei in quelle ultime notti d'estate. Stare con lei mi faceva sentire come su delle nuvole.
In quello che era sembrato un batter di ciglia eravamo arrivate davanti alla mensa.
«Cosa facciamo qui? Vuoi infiltrarti in cucina?» le chiesi, incapace di comprendere che cosa ci fosse di così speciale in quel luogo da volermici portare a tutti i costi.
Lei fece segno di no con la testa, guidandomi sul retro dell'edificio, dove si aprivano due porte. Le avevo viste, passando nella zona, ma non mi ero mai chiesta a dove conducessero. Pensavo fossero solamente zone usate dal personale e nulla più. «Ci sono le cucine, è vero. Ma c'è anche qualcos'altro, al piano di sopra.»
«Ora sto davvero iniziando ad avere paura.»
Scelta una delle due entrate, Erica tirò fuori un mazzo di chiavi da una delle tante tasche dei suoi soliti pantaloni cargo. Non l'avevo mai vista indossare altro se non quel tipo di indumento e mi domandavo quante identiche copie dello stesso modello dovesse avere nel suo armadio.
Una volta entrate, l'unica cosa che si parava davanti a noi era una ripida rampa di scale di legno che sembrava portare sopra la mensa. In effetti, da fuori l'edificio sembrava essere molto alto, ma il soffitto della mensa non era abbastanza alto da giustificarlo.
Salendo iniziai a capire di cosa si trattasse. Una volta arrivate al pianerottolo, dietro un'altra porta che aveva bisogno di una chiave per essere aperta, si apriva un appartamento. Ci ritrovammo in una cucina con tanto di salotto e tavolo da pranzo, le finestre che davano sul bosco e lo stile di arredamento moderno, che nulla centrava con tutto il resto del campeggio.
Corrugai la fronte. «È qui che abitate durante l'anno, quando il campeggio non è in attività?»
«Sei davvero sveglia» annuì lei. «Però abbassa la voce, non so se mia madre è in casa.»
Sgranai gli occhi, pronta ad ucciderla. «Cosa stiamo facendo qua se ci potrebbe essere tua madre? Non mi pare proprio il caso.»
«Facciamo silenzio, ecco cosa facciamo. E andiamo a controllare se c'è, prima di tutto.»
Una volta entrate nell'ufficio e nella camera da letto della mamma di Erica e aver constatato che la donna non si trovasse in casa - Erica mi aveva spiegato che spesso andava in città ad aiutare i nonni -, lei mi portò nella stanza che voleva veramente farmi vedere.
Camera sua sembrava proprio una di quelle stanze che vedi nei cataloghi, nuova di zecca e con i mobili in legno chiaro. Non azzeccava nulla con la sua personalità, ma l'ordine che regnava sembrava solamente dato dal fatto che qualcuno l'aveva pulita prima di spedire Erica dentro la cabina. Sapevo per certo che non sarebbe riuscita a tenere tutto così immacolato per più di dieci minuti.
Tuttavia, i poster di alcune band che non conoscevo sui muri, una serie di Dr Martins alquanto rovinate in un angolo e una gigantesca bandiera bisessuale sopra la testiera del letto, mi urlavano il nome di Erica ad altissima voce.

Summer Nights ☆ {GIRLxGIRL}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora