Capitolo 18 ☆ Erica

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Controllare sei diverse squadre nello stesso momento si era rivelato più facile di quanto non avessi potuto pensare.
Lo so, sembra un controsenso, ma le sfide a cui potevano partecipare erano solamente cinque, e sembrava che tutti avessero deciso di partire dalla mensa che ormai straripava di persone.
C'era così tanta affluenza che Danilo aveva fatto sedere ben tre cabine ad aspettare fuori che arrivasse il loro turno, per non creare troppa confusione all'interno.
Le libellule erano le uniche ad aver completato la prima prova e ora stavano fuori dall'edificio, tutti messi a cerchio intorno al piccolo pezzettino di carta che Danilo gli aveva dato.
«Allora» mi schiarii la voce alle spalle di Sofia. «Avete trovato qualcosa di interessante per le nostre indagini?»
Il gruppo si aprì per farmi vedere il foglietto che Alex, il quale sembrava essersi autoproclamato nuovo leader della squadra, teneva in mano.
Sapevo già cosa ci avrebbero trovato scritto: solamente una frase che li avrebbe potuti condurre in due posti diversi, a seconda dell'interpretazione che gli veniva data e ora sembravano intenti a litigare proprio su quello.
«Secondo me dovremmo andare a controllare le cabine, dice "chi dorme non piglia pesci", è un detto legato al dormire, non ai pesci veri e propri» stava dicendo uno dei ragazzi.
Jamila scosse la testa, con decisione. «Invece, secondo me, dovremmo prenderlo più alla lettera. Dovremmo andare al lago.»
Non mi era concesso fare favoritismi in quella gara, così come a tutti gli altri caposquadra, e certamente non li avrei portati sulla strada giusta. Ma avrei potuto mettergli i bastoni fra le ruote. Nessuno mi impediva di farlo.
«Se posso intromettermi» dissi io, portandomi una mano al fianco, dove tenevo una pistola di plastica, solamente per fare un po' di scena. «Penso che nessuna delle vostre idee sia giusta. Perché non provate a pensarci sopra un altro po'?»
In realtà, qualunque scelta avessero fatto, non sarebbe stata sbagliata perché al lago li aspettava Sarah e alle cabine avrebbero trovato Camilla. Le due ragazze avevano indizi diversi, ma entrambi validi al fine della sfida.
Bianca alzò gli occhi al cielo. «E pensi che ti crederemo? Andiamo da quello che è più vicino e basta, non possiamo perdere altro tempo altrimenti le altre squadre ci raggiungeranno in pochissimo tempo.»
Ci avevo provato, ma sembrava che anche gli altri non avessero intenzione di darmi ascolto. Sembrava veramente che quell'anno, nonostante tutti i miei sforzi, la fortuna non stesse girando dalla mia parte.
Decisero così di andare a provare a vedere se c'era qualcosa di utile nelle cabine, partendo dalla prima che si incontrava sulla strada: quella delle Rane Gialle. Poi avrebbero continuato per il sentiero, facendo capolino in ogni porta, fino a quando il lago sarebbe stato a pochi metri di distanza.
Devo ammettere che, per quanto mi remasse contro, fosse veramente un piano con i fiocchi. E sembrava che la sua ideatrice - Bianca - ne fosse alquanto consapevole, vista la sicurezza con cui lo aveva esposto a tutti.
Solamente dopo che il gruppo partì alla via del secondo indizio, mi accorsi che Bianca si teneva per mano con Denise, una delle due bimbe più piccole. Quest'ultima sembrava quasi spaventata.
Probabilmente sarei dovuta andare a controllare qualche altra squadra, assicurandomi che tutti fossero sul pezzo tanto quanto le libellule, se non di più, ma mi fermai a parlare con Bianca e Denise.
«Sta andando tutto bene?» le chiesi.
«Tutto alla grande» mi rispose Bianca, con tono un po' saccente.
«Stavo chiedendo a Denise, non a te» replicai di rimando io, facendole una mezza linguaccia.
Bianca divenne leggermente paonazza prima di borbottare delle scuse e lasciare che fosse Denise a parlare.
«Tutto apposto. Non ho paura.» Ma la sua voce tremolante lasciava intuire che di paura ne avesse. E anche molta, a dirla tutta.
Secondo le regole del campo avrei dovuto prendere Denise da parte e tenerla con me finché non si fosse calmata, permettendo al resto dei campeggiatori di continuare la loro avventura senza altri intoppi. Ma in quel momento aveva un altro compito ben preciso da svolgere e anche tutti gli altri capisquadra erano occupati in qualche modo, quindi non avrei saputo a chi lasciarla. Faceva quasi strano che Emma e Sarah non avessero pensato all'evenienza che uno dei bambini potesse spaventarsi. Era un evenienza molto probabile quando si ha a che fare con sangue e omicidi.
Questa volta mi rivolsi sul serio a Bianca, quasi sussurrandole all'orecchio così che Denise non potesse sentirci. «Non puoi continuare a portartela dietro, la nostra cabina è libera, posso portarla a dormire se non vuole più continuare a giocare.»
Lei mi guardò con occhi apprensivi, passando poi lo sguardo a Denise che al momento le si era aggrappata al braccio con entrambe le mani. Stavamo passando per un sentiero meno illuminato del precedente, ma che ci avrebbe portato in pochissimo tempo alla piazzetta delle cabine.
«Vengo anch'io con voi» rispose poi, «voglio assicurarmi che stia bene.»
Ovviamente non si fidava di me. Onestamente, nemmeno io mi sarei fidata molto a lasciarmi da sola con dei bambini inpanicati, ma poteva darmi un po' più di fiducia. Comunque non dissi niente, acconsentendo silenziosamente.
«Denise,» pronunciò allora Bianca con gentilezza, fermandosi e abbassandosi al livello della bimba. «Io penso di andare a letto, sono molto stanca e sono sicura che gli altri se la caveranno da soli. Anche Erica verrà con me. Però ho un po' paura a stare da sola con lei, per caso ti va di accompagnarmi?»
Dipingermi come cattiva della storia in quel modo non mi piaceva affatto, ma parve avere l'effetto desiderato su Denise, la quale si disse più che contenta di tornare in cabina, se era quello che Bianca voleva, non certo perché avesse paura.
Così il nostro trio si separò dal resto del gruppo.
Dopo essersi a malapena cambiata nel pigiama e infilata sotto le coperte, Denise stava già dormendo alla grande.
«Sembra che tutta la tensione della sera l'abbia fatta crollare» commentai io, rimboccandole le coperte fin sotto il mento. Quell'estate non faceva molto caldo e, in mezzo al bosco in cui ci trovavamo, le temperature scendevano molto in fretta durante la notte. «Se vuoi puoi tornare alla sfida, non penso che il mio compito fosse così indispensabile da notare la mia mancanza.»
«E non pensi che alla città serva il suo sceriffo per scoprire l'assassino?» chiese Bianca, alle mie spalle, una punta di ilarità fin troppo presente nella sua voce.
Strinsi le spalle. «Questo sceriffo ha cose più importanti di cui occuparsi al momento. Non posso lasciare Denise incustodita e devo accertarmi che non si svegli in preda al panico prima che tornino anche gli altri.»
Probabilmente sarei stata in piedi tutta la notte per assicurarmi che riuscisse a dormire senza fare degli incubi, ma questo non potevo certo dirlo a Bianca.
Passò qualche secondo di silenzio, prima che Bianca si sedette sul suo letto, le gambe incrociate. «Terrò compagnia a questo sceriffo dal cuore d'oro, allora.»
Mi stava guardando con gli occhi scuri che brillavano nel buio della stanza come due piccoli diamanti, tutta sorridente, come se avesse appena scoperto qualcosa di strabiliante.
La odiavo.
«Non ho un cuore d'oro, ho solamente dei doveri da seguire» sibilai di rimando.
Lei alzò un sopracciglio sottile. Qualcosa mi diceva che non mi credesse affatto. «Perché non vuoi ammettere che sei preoccupata per lei? Non c'è nulla di cui sentirsi in imbarazzo. È tipo una cosa totalmente normale.»
Era pronta replicare chiedendole se vedesse qualcun altro in quella cabina oltre a noi, se davvero gli altri non si fossero scordati di Denise e stessero continuando la loro serata come se nulla fosse, ma non lo feci. C'era qualcosa di molto più intrattenente che avrei potuto chiederle.
«Beh, io mi sento molto in imbarazzo, invece» dissi, fingendo una certa frustrazione. «Perché non mi dici anche tu qualcosa che non vorresti far sapere in giro? Così saremo pari.»
Gli occhi di Bianca si assottigliarono nel buio mentre lei prendeva una ciocca di capelli scuri e se li faceva passare dietro le spalle. «Non ho voglia di giocare a questi giochini.»
«Oh, eddai. Ti sto solo chiedendo di aprirti un po' con me, non di raccontarmi la storia della tua vita.»
«E cosa mi garantisce che, qualsiasi cosa io ti dicessi, non la andresti a raccontare in giro?»
Mi strinsi nelle spalle. «Hai la mia parola.»
Per qualche secondo calò il silenzio fra di noi. Potevo vedere i suoi pensieri muoversi dietro i suoi occhi alla velocità della luce. Il fatto che paresse soppesare ogni più piccola mossa in ogni secondo della sua vita mi faceva saltare i nervi.
Ma cercai di rimanere calma.
E la mia pazienza mi ripagò poco dopo.
«Okay, va bene. Ti dirò qualcosa che, anche se racconterai in giro, nessuno crederà che sia vera» annunciò, allungandosi con il busto verso di me. Si portò le mani sotto il mento, con aria cospiratoria. «Sono arrivata al campeggio con un piano molto preciso: entro la fine dell'estate voglio trovare qualcuno con cui fidanzarmi.»
Per poco non le iniziai a ridere in faccia. Dovetti trattenere le risate per non svegliare Denise.
«Tipo un fidanzato?» le chiesi, la voce rotta dal tentativo di rimanere seria.
Lei si ritrasse, fulminandomi con lo sguardo. «Sì. Sei forse scema e non capisci più quello che dico?»
Forse era lei quella scema: le stavo servendo un fidanzato fatto e finito su un piatto d'argento e lei non se lo filava nemmeno di striscio. Ero sicura che avesse capito le intenzioni di Kai e proprio non capivo cosa aspettasse a cogliere l'occasione al volo.
Per qualche motivo, tuttavia, il mio cuore aveva iniziato a palpitare più velocemente.
In quel momento Denise iniziò a muoversi nel sonno, quasi lamentandosi. Così lasciai cadere il discorso, per evitare di svegliarla del tutto.

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